Destra di Popolo.net

DA BRAMBILLA A FASCINA, DA ANGELUCCI A SGARBI; GLI ASSENTEISTI CRONICI CHE IL CENTRODESTRA FARA’ TORNARE IN PARLAMENTO

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

LA BRAMBILLA HA IL 99,2% DI ASSENZE, L’EDITORE DI LIBERO IL 96,75%, MARTA FASCINA IL 74%… NELLA LEGA SPICCANO LE ASSENZE DI SALVINI E FONTANA

Da Michela Vittoria Brambilla a Marta Fascina, da Vittorio Sgarbi ad Antonio Angelucci: le liste del centrodestra (e di Forza Italia in particolare) sono pronte a riempirsi di nomi “importanti”, ma noti soprattutto per il loro assenteismo in Parlamento.
A fare il punto è un articolo di Domani che parte dal caso di Brambilla, la rossa pasionaria animalista – già ministra al Turismo nell’ultimo governo Berlusconi – che nell’ultima legislatura è stata recordwoman di assenze: secondo i dati di Openparlamento non si è fatta vedere alla Camera il 99,2% delle volte, partecipando ad appena 95 votazioni su 11.662. Eppure, secondo il quotidiano, è probabile la sua riconferma nelle liste accurre: il partito, così, potrebbe guadagnarsi i voti dell’elettorato animalista e vegano affezionato alla deputata.
Verso la ricandidatura blindata con Forza Italia anche Angelucci, l’imprenditore della sanità editore del Tempo e di Libero e amico di Denis Verdini: lui ha totalizzato il 96,75% di assenze, un dato – paradossalmente – comunque migliore di quello della scorsa legislatura, in cui era arrivato al 99,6%.
Non ha brillato per presenze nemmeno Marta Fascina, la fist lady dell’uomo di Arcore, paracadutata a Montecitorio nel 2018 grazie a un collegio sicuro in Campania: difficilmente le verrà negata la ricandidatura, nonostante il 74% di assenze.
Verso una nuova corsa elettorale con Forza Italia, riporta Domani, vanno anche Vittorio Sgarbi, l’estroso critico d’arte che negli ultimi anni ha depositato solo tre disegni di legge da primo firmatario, e Niccolò Ghedini, storico avvocato di Berlusconi, che non ne ha prodotto nemmeno uno. Nonché Renato Schifani, ex presidente del Senato, che di ddl ne ha presentati due: tentato da una ricandidatura, ha scelto di correre per la poltrona di governatore della Sicilia.
Gli assenteisti non mancano nemmeno nella Lega, a partire dal segretario Matteo Salvini, che in due votazioni su tre, il 62,7%, si è dichiarato “in missione” (giustificando alla presidenza la propria assenza), e così è riuscito a risultare assente solo il 13% delle volte.
Mentre il suo numero due, Lorenzo Fontana, in tutta la legislatura ha al suo attivo una proposta di legge e quattro interrogazioni.
(da agenzie)

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IL CAMPO LARGO DAL CENTRO AL M5S E’ DUE PUNTI SOPRA IL CENTRODESTRA

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

IL SONDAGGIO RISERVATO CONFERMA CHE IL CENTRODESTRA E’ MINORANZA NEL PAESE, MA GRAZIE ALLE DIVISIONI DEGLI AVVERSARI E A UNA LEGGE ELETTORALE DEMENZIALE AVRA’ UNA LARGA MAGGIORANZA

Un ipotetico “campo larghissimo” da Renzi a Fratoianni, come immaginato da Enrico Letta al suo esordio alla guida del Pd, batterebbe la coalizione di centrodestra.
È quanto risulta, scrive Repubblica, da un sondaggio riservato realizzato l’11 agosto, commissionato dal Nazareno e arrivato anche ai partiti alleati.
Secondo la rilevazione, il centrodestra è in leggero arretramento per via del calo di Fratelli d’Italia e di Forza Italia ma si assesta comunque intorno al 45%, una quota, allo stato dell’arte, più che sufficiente per vincere le elezioni e raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento. Anche perchè il centrosinistra nella formazione attuale (Pd+Sinistra italiana/Europa verde+Più Europa+Impegno civico) supererebbe a stento il 30%. Se però la coalizione arrivasse a includere i 5 stelle da un lato, tornati intorno al 13%, e il centro di Matteo Renzi e Carlo Calenda dall’altro, secondo il sondaggio, arriverebbe al 47%, cioè due punti in più degli avversari.
(da agenzie)

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METTENDO IL CARRO DAVANTI A TUTTI QUESTI BUOI, SILVIO COMPLICA IL CAMMINO DELLA RIFORMA

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

SE IL CENTRODESTRA VINCERÀ LE ELEZIONI METTERA’ IL COLLE NEL MIRINO PER DELEGITTIMARE MATTARELLA

Nell’ottica del Quirinale, dove la consegna è un silenzio di tomba perché guai a farsi trascinare nel tritacarne delle polemiche, Silvio Berlusconi non ha detto nulla di imprevisto. Era già chiaro prima, lo è ancora di più adesso, che se riuscisse a imporre la sua riforma presidenziale il centrodestra reclamerebbe le dimissioni di Sergio Mattarella.
Non aspetterebbe un minuto per far leva sulla sensibilità del capo dello Stato nel tentativo di sbarazzarsene. Addirittura già studia qualche formula di transizione per poi procedere senza freni.
Ai piani alti nessuno si era mai fatto illusioni al riguardo; per cui l’uscita del Cav è risuonata nei palazzi deserti come voce dal sen fuggita, la conferma di quanto già prima si poteva intuire. Semmai qualche dignitario è rimasto sorpreso dalla tempistica dell’annuncio berlusconiano: in piena campagna elettorale, con il popolo che deve dire la sua, con un risultato per definizione in bilico fino al 25 settembre, per giunta senza nemmeno sapere in che cosa consisterebbe questa ipotetica svolta presidenziale da mettere nero su bianco, se all’americana o alla francese, con quali modifiche della Costituzione, con che pesi e contrappesi per impedire esiti autoritari, e chi svolgerebbe le funzioni di garanzia oggi collegate alla figura del presidente, e in che modo verrebbe coinvolta l’opposizione parlamentare.
Mettendo il carro davanti a tutti questi buoi, Silvio complica il cammino della riforma (l’esperto Ignazio La Russa gliel’ha fatto notare). Dopodiché la vicenda segnala un rischio: che il centrodestra, se vincerà le elezioni, possa mettere il Colle nel mirino trasformando la casa degli italiani in un campo di battaglia.
Certi segnali fanno pensare. Giorni fa Fabio Rampelli, vice-presidente della Camera per conto di FdI, ha rilanciato contro Mattarella la vecchia (e falsa) accusa di non aver voluto dare nel 2018 l’incarico a Matteo Salvini, spingendo così la Lega nelle braccia dei Cinque stelle.
Il partito di Giorgia Meloni si fa vanto di non aver votato il presidente in carica. La tentazione di delegittimarlo è dietro l’angolo. A chi convenga, nei tempi difficili che viviamo, non si sa.
Certo non all’Italia.
(da La Stampa)

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L’ITALIA NON E’ UN PAESE PER I GIOVANI (CHE FANNO BENE AD ANDARE ALL’ESTERO)

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

RICERCA DI UNIONCAMERE: ALLA GUIDA DELLE AZIENDE ITALIANE CI SONO SEMPRE PIÙ ULTRA-SETTANTENNI. IN DIECI ANNI SI SONO PERSI PIÙ DI UN MILIONE E 300MILA CAPITANI D’IMPRESA SOTTO I 50 ANNI… DOVE SONO FINITI? ALL’ESTERO, DOVE GUADAGNANO DI PIÙ, SONO MAGGIORMENTE RISPETTATI E DOVE IL RICAMBIO GENERAZIONALE È UNA COSA SERIA

Al timone delle imprese italiane ci sono sempre meno giovani. Nella realtà sta accadendo l’esatto contrario di quello che la narrazione prevalente ha accreditato da tempo. Si tratta di dati incontrovertibili.
Secondo un’analisi condotta da Unioncamere e Infocamere sul Registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio, in dieci anni si sono persi oltre un milione e 300mila capitani di impresa under 49.
Per la precisione oggi sono il 53% in meno rispetto al 2011.
Nel medesimo lasso di tempo sono aumentati gli ultrasettantenni che pesano il 27% in più rispetto a dieci anni or sono.
Tra il 2011 e il 2021 il sistema imprenditoriale italiano ha registrato un forte aumento dell’età della classe dirigente.
«Ci sono sempre più teste grigie fra titolari, amministratori e soci al comando delle imprese, soprattutto al Sud dove gli over 70 sono aumentati addirittura del 41%, a fronte di un dimezzamento dei condottieri con meno di cinquant’ anni», scrivono i curatori della ricerca. Un fenomeno che contraddice l’immagine stereotipata da un management sempre più giovane e più rampante, incline ai cambiamenti e alle innovazioni.
Addirittura in procinto di lanciare una rivoluzione digitale, soppiantando i modelli di gestione d’impresa classici. Nulla di tutto questo trova conferma nella realtà.
UNDER 30 INTROVABILI
Più nel dettaglio, la classe di età con meno di 30 anni fra imprenditori e manager si è ridotta del 25,9% e del 28% quella fra i 30 e i 49 anni.
E fra i giovani con meno di 30 anni sono soprattutto il Mezzogiorno e la componente femminile ad avere registrato la maggiore contrazione: rispettivamente -29,8% e -28%.
Contemporaneamente sono ben 623mila in più le persone con incarichi di vertice fra i 50 e i 69 anni (+ 17,1%) Mentre sono 277mila in più gli over 70.
Numeri che non lasciano dubbi e testimoniano pure la carenza di ricambio generazionale a tutti i livelli.
Se mancano i giovani operai specializzati con le caratteristiche ricercate dalle imprese, latitano pure i giovani manager.
Il sistema Italia, così, è sempre meno reattivo alle innovazioni di prodotto e di processo. Una caratteristica che spiegherebbe anche la differenza di produttività nelle nostre organizzazioni rispetto a quelle degli altri grandi Paesi europei. Francia e Germania soprattutto. Un fenomeno, perdipiù, in atto da tempo.
MODERNIZZAZIONE
«Il forte calo di giovani alla guida delle imprese, causato anche dall’invecchiamento della popolazione, pone un serio problema di passaggio generazionale dell’imprenditoria italiana che va affrontato in modo deciso», sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, secondo il quale il fenomeno «rischia di rallentare il processo di modernizzazione in corso del modo di fare impresa in Italia cogliendo i vantaggi legati alla transizione 4.0».
Rischiamo anche di sprecare alcune delle cartucce offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, centrato proprio sulle competenze e sulle capacità digitali che le imprese possono e potranno mettere in campo.
L’indagine di Unioncamere smentisce pure l’agiografia degli “startupper”, i neoimprenditori quasi sempre nativi digitali – pronti a gettarsi a capofitto nei nuovi business innovativi richiesti e spesso creati dalla digitalizzazione dell’economia in atto.
Per quanti possano essere incidono marginalmente a livello numerico sul totale dei capitani d’impresa attivi nel nostro Paese. Ed è logico nutrire il dubbio, a questo punto, che si tratti soprattutto di eccezioni. Diversamente non si spiega l’andamento demografico dei vertici aziendali italiani.
(da agenzie))

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LETTA COME MELONI, IL VIDEO IN 3 LINGUE

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

«PD È EUROPA, MELONI È ORBAN-VOX”

Il Segretario del PD, Enrico Letta, in un video destinato alla stampa internazionale, ricorda le «pericolose alleanze europee di Giorgia Meloni, i voti contro il Next Generation EU del gruppo della leader di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e i fallimenti della destra italiana, come la bancarotta sfiorata nel 2011 a causa del governo Berlusconi».
VIDEO IN FRANCESE
«Il Partito Democratico italiano, il partito che dirigo da quando sono tornato a fare attivamente politica nel mio Paese, l’Italia – afferma Letta nel video in francese- è un partito profondamente europeista. L’Europa é al centro del nostro lavoro, delle nostre idee e delle nostre prospettive. E sarà al centro di questa campagna elettorale. L’Europa è sempre stata nel nostro DNA, perché crediamo che la cooperazione tra paesi e la possibilità di trovare delle soluzioni comuni sia migliore del trovare delle soluzioni che siano soltanto nazionali o nazionaliste. É quel che abbiamo fatto durante la pandemia, con il Next Generation EU i cui fondi stanno aiutando i paesi che hanno più sofferto durante la pandemia, come l’Italia. Ed è stato così anche durante altri periodi della storia europea e sarà così in futuro.Abbiamo bisogno di un’Europa forte, di un’Europa della salute, di un’Europa della solidarietà. Ma tutto questo possiamo farlo soltanto senza nazionalismi nei paesi europei e se ogni paese cerca di stare insieme agli altri in modo solidale.Senza diritto di veto e senza la regola dell’unanimità che i partiti e i governi di destra e di estrema destra nella nostra Europa hanno sempre voluto mantenere. Quello stesso diritto di veto che Orban, amico e alleato della destra italiana, usa ogni volta che ne ha la possibilità per nuocere all’Europa. Così come ha fatto per bocciare le sanzioni contro la Russia o sulle questioni migratorie. I fatti sono più importanti dei discorsi da campagna elettorale. E i fatti dicono che al Parlamento europeo questa destra non ha mai sostenuto il Next Generation EU. Non ha mai supportato la creazione di un’Europa della salute e le scelte in favore di una maggiore solidarietà verso i paesi più in difficoltà come l’Italia.Questa destra ha votato contro tutte le scelte importanti fatte contro il cambiamento climatico.
Questa destra ha persino votato contro il Trattato del Quirinale, il trattato sull’intesa italo-francese che ha messo la relazione tra Francia e Italia allo stesso livello della relazione tra Francia e Germania. Anche su questo trattato, importantissimo per avvicinare ancor di più i nostri due paesi, per essere ancor più protagonisti in Europa, la destra ha votato contro.E questi sono fatti. I discorsi da campagna elettorale non riusciranno a cancellare i fatti, ma li renderanno soltanto più evidenti»
VIDEO IN SPAGNOLO
«Fratelli d’Italia – afferma Letta nel video in spagnolo- è alleata di Vox, il partito spagnolo di estrema destra che àncora le sue principali idee e valori nel franchismo che rivendica. Vox, come tutti i suoi alleati di estrema destra in Europa, considera l’Unione europea una minaccia per la sovranità dei loro Paesi.
Con i loro programmi vogliono porre fine all’integrazione europea. Si oppongono a qualsiasi progetto federalista europeo e a una maggiore integrazione. Vox, come i suoi alleati di estrema destra del resto d’Europa, rappresenta l’ultra conservatorismo, il negazionismo del cambiamento climatico, l’ultranazionalismo ed è contro l’immigrazione, contro la comunità Lgbt»
VIDEO IN INGLESE
«La destra italiana – afferma Letta nel video in inglese- ha già governato il Paese fino al 2011. L`ultimo governo Berlusconi ha lasciato il Paese sull`orlo della bancarotta. Abbiamo avuto bisogno di anni e anni di sacrifici per superare quella drammatica situazione.
I cittadini italiani se li ricordano molto bene. Come sempre, la destra italiana sta interpretando il ruolo del capro espiatorio, sta giocando la carta del vittimismo. Ieri la colpa era del sistema finanziario internazionale o dell`establishment, oggi invece è la stampa internazionale ed estera, solo perché stanno facendo il loro lavoro. Continueremo a batterci per convincere gli italiani a votare per noi e non per loro. A votare per un`Italia al centro dell`Europa»
(da Askanews)

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DIMENTICA IL BAR APERTO, IN TRE PRENDONO DA BERE LASCIANDO I SOLDI SUL BANCONE: “UN GESTO DI RISPETTO”

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

LA TITOLARE AVEVA INAVVERTITAMENTE LASCIATO LA PORTA DEL LOCALE APERTA: “IL REGALO PIU’ BELLO CHE POTESSI RICEVERE PER IL PRIMO ANNO DI ATTIVITA’, AI GIOVANI BISOGNA DARE FIDUCIA”

Certi piccoli gesti sono capaci di scaldare il cuore. Anca Nicoleta Scolareanu è rimasta profondamente colpita dalla dimostrazione di onestà e rispetto che ha ricevuto.
La 32enne originaria della Romania vive in Italia da una decina d’anni; è la titolare del Bar Belvedere di Sant’Angelo in Pontano (provincia di Macerata), che gestisce con l’aiuto di una collega.
Lo scorso venerdì sera, giunto l’orario di chiusura, è andata via lasciando inavvertitamente aperta la porta del locale. La mattina seguente è stata svegliata da una sorpresa.
Sabato mattina Anca Nicoleta Scolareanu è stata svegliata dalla sua collega, che aprendo il bar ha notato qualcosa di strano: la porta era già aperta. All’interno, sul bancone, delle monete e un bigliettino: “Abbiamo preso due Peroni, ecco qui i soldi”.
Una volta giunta sul posto, la titolare del locale è riuscita a ricostruire l’accaduto con l’aiuto delle telecamere di sorveglianza, che avevano ripreso tutto.
Alle cinque del mattino dei ragazzi si erano avvicinati alla porta del Bar Belvedere, forse pensando che fosse aperto visto che dall’interno si intravedevano le luci del frigo delle bevande. Notando l’assenza dello staff, gli assetati giovani avevano preso due bottiglie di birra: avrebbero potuto andare via indisturbati o fare anche di peggio. Invece avevano pagato la merce lasciando sul bancone il famoso messaggio indirizzato alla proprietaria.
Dalle telecamere, la Scolareanu non è riuscita a identificare i ragazzi, ma nel raccontare la sua storia a Cronache Macereatesi ha espresso gratitudine verso chi ha dimostrato correttezza e soprattuto rispetto nei confronti del suo lavoro. Ha specificato che non era scontato quel comportamento: “Va raccontato, soprattutto per tornare ad avere fiducia nei giovani dopo la violenza da cui siamo stati investiti nelle ultime settimane”.
Agli autori del bigliettino ha promesso di offrire un aperitivo per ringraziarli: ha tutta l’intenzione di trovarli. Ha voluto ringraziare anche coloro che le hanno permesso di andare avanti con la sua attività, in mesi difficili post pandemia, quando ripartire è stato difficile dopo il lungo periodo di chiusura e la prolungata serranda abbassata.
“Quello che è accaduto venerdì notte per me è stato il regalo per il primo compleanno della mia attività e il rispetto per tante ore di lavoro dietro al bancone” ha detto commossa.
(da Fanpage)

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MUORE A 18 ANNI MENTRE TORNA DAL LAVORO: L’AZIENDA PAGA IL VIAGGIO ALLA FAMIGLIA PER I FUNERALI

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

UN GESTO DI GRANDE UMANITA’ A DIMOSTRAZIONE CHE IN ITALIA ESISTONO ANCORA IMPRENDITORI VERI, A FRONTE DI TANTI “PRENDITORI” CIALTRONI

Un terribile incidente ha portato lo scorso 8 agosto alla morte del 18enne Moctar Doumbia.
Il giovane, originario della Costa d’Avorio ma cresciuto a Presezza, stava rientrando a casa dopo una giornata di lavoro a Leolandia, il parco divertimento di Capriate San Gervasio, quando, a bordo della moto Ktm Duke 125 prestatagli da un amico, ha impattato contro un furgone Renault Traffic.
Stando a quanto ricostruito, Doumbia aveva deciso di superare il mezzo che, però, all’improvviso, avrebbe svoltato a sinistra travolgendolo e causando un inevitabile e violentissimo impatto.
Sul luogo del sinistro sono giunti immediatamente i soccorsi, che hanno tentato di mettere in atto tutte le operazioni di rianimazione possibili, ma purtroppo vane. Doumbia, come riportato da Brescia Today, è infatti arrivato in ospedale già privo di vita.
Oggi a piangere Moctar Doumbia sono gli amici e i colleghi, ma soprattutto sua madre e i suoi tre fratelli, che proprio nel giorno dell’incidente si trovavano in Africa, dove erano tornati per qualche tempo. Moctar Doumbia era invece rimasto in Italia insieme al padre perché aveva trovato lavoro nel parco divertimento di Leolandia.
Proprio gli imprenditori del parco si sono resi protagonisti di un gesto di estrema umanità, decidendo di pagare alla mamma e ai tre fratelli della vittima il viaggio di ritorno in Italia, in modo da permettere loro di assistere ai funerali del giovane, che si terranno proprio oggi al cimitero di Colognola ad Azzano San Paolo.
Nel frattempo, gli amici e i colleghi hanno avviato una raccolta fondi per pagargli il funerale.
Nelle scorse ore, il parco divertimenti ha pubblicato una nota di cordoglio per omaggiare il giovane lavoratore scomparso: “A Leolandia regalava gioia e sorrisi ai bambini occupandosi di scattare le foto con i Superpigiamini del museo di Pj Mask City. Per ricordarlo, tutto lo staff del parco si è unito in un lungo applauso nel teatro LeoArena. La notizia della scomparsa di Moctar ha sconvolto e lasciato nello sgomento tutti i suoi colleghi: un ragazzo semplice, generoso, entusiasta della vita, che amava stare in compagnia e con un sorriso di quelli da far sciogliere chiunque”.
(da agenzie)

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UN ANNO SENZA GINO STRADA

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

LA SUA EREDITA’ MORALE RACCONTATA DALLA MOGLIE SIMONETTA

A un anno dalla sua morte, Gino Strada lascia “un’eredità pratica prima di tutto: una serie di progetti grandi, realizzati e da realizzare. Emergency sta facendo un grande sforzo per andare avanti senza di lui. Ma credo che l’eredità vera sia l’idea che il mondo si può cambiare, che vale la pena di continuare a crederci e a fare quello che è giusto, anche quando è difficile. Una persona alla volta, appunto”.
Così Simonetta Gola, moglie del fondatore di Emergency, intervistata da ‘Repubblica’ racconta la nascita del libro in uscita a un anno esatto dalla scomparsa del chirurgo e che si intitola proprio ‘Una persona alla volta’.
“È un libro di lotta, in cui Gino mette insieme le due cose che aveva capito nella vita: che la guerra non si deve fare mai e che la salute è un diritto universale – spiega Gola – Quel titolo l’abbiamo scelto una sera a cena, con gli amici e i colleghi di Emergency: è una frase della postfazione, ci sembrava che riflettesse al meglio quello che ha fatto Gino. Salvare il mondo una persona alla volta, appunto”.
Sul conflitto in Ucraina, “che lui non ha visto”, la moglie di Strada sottolinea: “Nessuno dubita su chi sia l’aggressore e chi l’aggredito, ma Gino pensava che la guerra non ha senso in generale e soprattutto in un momento in cui sul tavolo ci sono strumenti di autodistruzione come quelli di cui dispone oggi l’umanità. Serve un modo di pensare diverso”. E sulla morte del fondatore di Emergency, conclude: “Continuo a guardare la foto, quella che abbiamo diffuso dopo la sua morte: a lui piaceva molto perché in quello scatto riconosceva sé stesso in pieno. Aveva raggiunto la consapevolezza di chi era, di quello che aveva fatto, di ciò che voleva. Diceva che era in pace con sé stesso. Non è una cosa da tutti. Questo pensiero mi ha aiutato a convivere con la sua morte”.
(da agenzie)

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TRUMP RISCHIA 33 ANNI DI CARCERE, NON E’ MAI TROPPO TARDI PER UN DELINQUENTE SERIALE

Agosto 13th, 2022 Riccardo Fucile

TRE IPOTESI DI REATO: SPIONAGGIO, OCCULTAMENTO E DISTRUZIONE DI DOCUMENTI CHE RIGUARDANO LA SICUREZZA NAZIONALE

Il mandato che ha autorizzato l’Fbi a perquisire la residenza a Mar-a-Lago in Florida dell’ex presidente Donald Trump si basa su tre leggi penali degli Stati Uniti.
Il New York Times spiega oggi che nessuno dei tre reati dipende dal fatto che i documenti siano stati declassificati.
Della declassificazione aveva parlato proprio Trump. La prima legge è la Spionage Act. Che punisce chi conserva o divulga informazioni relative alla difesa nazionale che potrebbe essere utilizzate per danneggiare gli Usa. Ogni reato ha una pena di dieci anni di reclusione. E copre anche la cattiva gestione dei segreti relativi alla sicurezza. Il quotidiano spiega che le accuse si possono sollevare contro qualcuno che ha divulgato documenti non ritenuti riservati.
Le tre leggi
Il governo non ha specificato quali documenti gli investigatori pensavano che Trump avesse conservato a Mar-a-Lago, né cosa hanno trovato gli uomini del Bureau. Ma la citazione sul «recupero, archiviazione o trasmissione» di informazioni segrete nel mandato offriva un potenziale indizio per almeno una categoria dei file che l’Fbi potrebbe aver cercato. Una possibile interpretazione di quella frase è che alludesse a comunicazioni crittografate.
Le altre due leggi invocate nel mandato non hanno a che fare con la sicurezza nazionale. C’è il Sarbanes-Oxley Act, varato dal Congresso nel 2002 dopo gli scandali finanziari in aziende come Enron, Arthur Andersen e WorldCom. Prevede una pena fino a 20 anni per l’atto di distruzione o occultamento di documenti «con l’intento di impedire, ostacolare o influenzare indagini o l’amministrazione» nell’ambito della giurisdizione federale.
La terza legge invece punisce il furto o la distruzione di documenti governativi. E punisce con la reclusione fino a tre anni
Cosa c’è nei 15 scatoloni
Nei quindici scatoloni di documenti sequestrati lunedì a Mar-a-Lago da una trentina di agenti Fbi ci sarebbero informazioni top secret, manoscritti, dossier legati a segreti nucleari e un report sulla Francia. Tra questi anche un documento email dal titolo «Executive grant of clemency re: Roger Jason Stone, Jr». Che si riferisce alla grazia concessa da Trump a uno dei suoi amici più stretti, incriminato e condannato per falsa testimonianza.
I legali dell’ex presidente ne erano in possesso e lo stesso blitz a Mar-a-Lago non sarebbe stato a sorpresa, come ha sostenuto il tycoon. Persone vicine all’ex presidente avrebbero consegnato una copia del mandato al sito di estrema destra Breitbart, perché ne divulgasse i contenuti, inclusi i nomi – indicati sul mandato – dei responsabili dell’Fbi che hanno condotto l’operazione. Come sappiamo, in ogni caso Trump potrà correre comunque per la presidenza. Anche dal carcere.
(da agenzie)

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