Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
L’IRONIA TEDESCA: “GLI ITALIANI SONO IN GRADO DI PASSARE DALLA SUPERSTAR INTERNAZIONALE DRAGHI ALLA POST-FASCISTA MELONI: LA LORO VOLATILITA’ E’ UN FENOMENO SOCIALE, E’ UN PAESE DOVE TUTTI POSSONO GOVERNARE ALMENO UNA VOLTA”
“Fugace come una scorreggia”. È questo il titolo di un articolo del giornale tedesco Süddeutsche Zeitung sulla volatilità dell’amore degli italiani per i loro leader politici. E in particolare sull’attuale innamoramento per Giorgia Meloni.
“L’Italia si è innamorata di nuovo, questa volta della postfascista Giorgia Meloni – si legge nel sottotitolo -. La cosa positiva è che (gli italiani) si disinnamorano altrettanto velocemente. In un Paese che evidentemente tutti possono governare una volta”.
L’autore del testo, Oliver Meiler, analizza in un colloquio con due giornalisti italiani, Filippo Ceccarelli e Aldo Cazzullo, la rapidità con cui gli elettori cambiano gusti. “Bisogna immaginarselo, da Mario Draghi, la superstar internazionale, il salvatore dell’euro e con questo dell’Europa, a Giorgia Meloni, leader dei postfascisti, ‘romana di Roma’, come dicono in Italia”, aggiunge Meiler, quando dal “cliché” si finisce “nel grottesco”. “Questo è possibile solo da noi – commenta Ceccarelli -. Da Draghi a Meloni, con massima disinvoltura. Danzando”.
“Che succede agli italiani?”, si legge ancora nel testo. Perché “perdono la testa” per “clown, impostori, imbonitori, rottamatori”, e ora “per l’epigono dei fascisti? E perché si disinnamorano così facilmente?”, la questione posta dall’articolo.
“L’estrema volatilità degli elettori italiani, questa politica totalmente fluida, è un tema permanente, un fenomeno sociale”, è il commento di Meiler, che trova riscontro nelle analisi dei due intervistati. “L’Italia non ha una cultura della stabilità politica. Mai avuta”.
È Ceccarelli poi a sostenere: “Quando sarà stata cinque sei mesi a Palazzo Chigi con l’incarico di capo del governo, ci saranno i primi che diranno: che tortura questa Meloni. Guarda, pensa solo a sé. Cosa pensa lei alla fine, chi è?”, dice Filippo Ceccarelli. “E poi andrà probabilmente via. In una scorreggia”, conclude l’articolo.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
A RAPPORTO DAI SUOI REFERENTI INDUSTRIALI, QUELLI CHE PRENDONO CONTRIBUTI STATALI E POI ASSUMONO SOLO PRECARI A TEMPO DETERMINATO
A Londra Meloni andrà dopo le elezioni, se le vincerà. A Cernobbio invece andrà domani e da candidata a palazzo Chigi «rilancerà l’agenda Draghi», che detta così sembrerebbe una provocazione se non fosse uno dei maggiori dirigenti di FdI a sostenerlo.
Il paradosso è usato per spiegare la parola d’ordine del leader della destra, che è «rassicurare».
E quanto dirà agli imprenditori italiani spera di ripeterlo da premier agli investitori londinesi. Perché c’è un motivo se a Meloni «tremano le vene ai polsi»: i resoconti dei frequenti colloqui con il presidente del Consiglio, con membri del board della Bce, con grandi banchieri nazionali, con manager delle aziende pubbliche e con il capo di Confindustria le appaiono «bollettini di guerra».
La situazione disegna in prospettiva un drammatico scenario per il Paese, «senza precedenti nella storia repubblicana». E la battuta con cui prova a esorcizzare il momento – «abbiamo avuto la sfiga di beccare questa fase proprio quando possiamo vincere» – le serve a prender fiato tra una conversazione e l’altra.
«Nero è lo scenario globale», secondo l’ex ministro Tremonti che corre con FdI: «Quanto all’Italia gli attriti sociali non si sono ancora visti».
Il riferimento è ai gravi affanni del sistema produttivo, ai timori di un massiccio ricorso alla cassa integrazione, all’inflazione che porrà in agenda il problema del recupero di potere d’acquisto dei lavoratori.
Perciò nei primi giorni di campagna elettorale Meloni non la prese bene quando i suoi alleati iniziarono a darci dentro con le promesse: «Lo so che l’Italia rischia il default e non sarò io a farla precipitare dentro. Piuttosto preferisco ritirarmi».
Non l’ha fatto e ovviamente non lo farà, ma nei suoi comizi nazional-popolari – tra una battuta contro i media e un’altra contro i poteri che chiama «loro» – avvisa che «diremo la verità e se dovremo prendere misure impopolari le spiegheremo».
Per «rassicurare» i mercati si è messa in linea con Draghi, esprimendosi contro la richiesta di un nuovo scostamento di bilancio. Per «rassicurare» i partner del Vecchio continente ha fatto inserire nel programma della coalizione la «piena condivisione del processo di integrazione europea».
Per «rassicurare» l’alleato americano continua a sostenere la difesa dell’Ucraina. Nel partito ha rafforzato la regola del capo, dando «ordini tassativi» – racconta uno dei nuovi arrivati – sulla linea di comunicazione, «soprattutto in politica estera».
Ieri ha apprezzato la dichiarazione priva di pregiudizio rilasciata sul suo conto da Hillary Clinton al Corriere . L’altro giorno si è compiaciuta per le parole di apprezzamento del presidente del Ppe Manfred Weber.
«Non ci sono ostacoli ideologici internazionali», dice una fonte autorevole di FdI: «Il resto dipenderà da noi». «Ma anche da altri», ha spiegato Meloni al suo gruppo dirigente. E per altri intende anzitutto l’Europa
La scommessa politica di Meloni si giocherà nel Palazzo, fuori avrà bisogno delle imprese. È a loro che si appella e non a caso nei sondaggi su base regionale FdI ha le migliori percentuali nel Nord produttivo, a partire dal Veneto. A Cernobbio andrà domani, per Londra ha sconvocato il volo di mercoledì: motivi di agenda elettorale, è la versione ufficiale.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
I SEGNALI SONO CHIARI, IL “CAPITONE” HA GIÀ MANDATO BORDATE CONTRO GLI USA E BRUXELLES
Il rischio – è l’allarme che scatta immediatamente nel quartier generale di Giorgia Meloni – è che la Lega indebolisca la linea dura europea contro lo Zar, esponendo l’Italia nei confronti di Washington. Un segnale, appunto. Che conferma alcuni timori della leader di destra.
Ormai consapevole che la prima sfida di ottobre – in caso di vittoria elettorale e di ascesa a Palazzo Chigi- sarà proprio quella di tenere ancorata alla linea atlantica la maggioranza.
Lo scontro è ancora sottotraccia, ma potenzialmente deflagrante. E le preoccupazioni di Meloni – riferiscono diverse fonti – ormai note.
La leader va dicendo di perdere spesso il sonno, pensando alla gravità dei problemi d’autunno.
Il timore, che inizia a diventare patrimonio comune dei vertici politici e istituzionali del Paese, è che l’eventuale ritorsione di Mosca si possa concretizzare proprio in quei giorni, mentre nasce e si insedia il nuovo esecutivo.
Salvini, questo è l’incubo, sarebbe deciso a spostare Roma su una posizione simile a quella dell’Ungheria, che soltanto due giorni fa ha siglato con la Russia un patto per aumentare la fornitura di gas in vista dell’inverno.
Meloni conosce questo scenario. È consapevole dell’influenza della linea russa su molte delle posizioni dell’alleato. Grazie al rapporto con Draghi, conosce la gravità della crisi energetica e i piani d’emergenza per affrontarla. Di più: con ogni probabilità terrà al ministero dell’Energia Roberto Cingolani, in modo da garantire continuità.
L’unica cosa che non intende accettare è che l’aspirante ministro dell’Interno spinga l’esecutivo a cedere alla ritorsione di Putin. E non solo per ragioni di principio, ma perché non intende distruggere la complicatissima operazione di avvicinamento agli Stati Uniti, avviata con la condanna dell’aggressione di Mosca a Kiev.
Come in un gioco di specchi, Salvini sgambetta con ostinazione uguale e contraria questo percorso della leader. E lo fa spargendo briciole di indizi.
Ieri ha scelto di colpire con un altro tweet anche Hillary Clinton, che in un’intervista a Repubblica chiedeva agli italiani di non cedere ai populismi e alle ingerenze esterne.
L’affondo non è casuale, perché l’ex segretaria di Stato apre anche alla possibile ascesa di Meloni a Palazzo Chigi e raccoglie l’ovvio gradimento dell’aspirante premier
La competizione, per ovvie ragioni elettorali, resta al momento confinata ai segnali incrociati. Ciononostante, non si arresta. Meloni immagina un cordone di sicurezza, che non coinvolge solo Cingolani.
All’Economia dovrebbe andare Fabio Panetta, membro del board della Bce. E immagina un ministro degli Esteri atlantico, senza esitazioni. Che sia Antonio Tajani dipende anche dalla linea che Forza Italia assumerà nella partita del gas.
Perché Salvini è convinto – o almeno così confida ai suoi dirigenti nelle ultime ore – che il Cavaliere sosterrà la linea morbida verso Mosca, in quanto amico intimo di Putin.
(da la Repubblica)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
LA RISPOSTA SURREALE DEL CIALTRONESCO FUNZIONARIO DI MOSCA: “IN FASE DI DISCESA HA FATTO UNA INVERSIONE DI ROTTA”
Le accuse di Mosca di continui attacchi missilistici messi a segno dagli ucraini contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia rischiano di traballare dopo che è diventato virale sui social un video realizzato durante l’ispezione degli esperti dell’Aiea, in corso da ieri 1 settembre.
Nella scena rilanciata su Twitter dal corrispondente Rai Ilario Piagnerelli si vede il capo dell’agenzia atomica, Rafael Grossi, chiedere a un delegato dell’esercito russo informazioni su un razzo piantato nel terreno, proprio nell’area della centrale.
Osservando l’inclinazione del razzo, a Grossi appare evidente che il missile sia partito dai territori occupati dalle forze filorusse.
Un’ipotesi che, se confermata, smonterebbe le accuse russe sugli attacchi degli ultimi giorni che proprio secondo Grossi hanno «violato l’integrità fisica di Zaporizhzhia».
Secondo il funzionario russo, Renat Karchaa, il missile arriva dal lato ucraino e, quando è in fase di discesa, farebbe un giro di 180 gradi, quindi una completa inversione della rotta.
Karchaa – sociologo, poi specializzato in diritto amministrativo e finanziario – è attualmente consigliere del direttore generale di Rosatom, azienda statale russa che si occupa di nucleare.
Nel 2004, il nome di Karchaa è stato al centro delle cronache nazionali: durante una campagna elettorale investì e uccise un 16enne, scappando poi a bordo dell’auto e venendo infine arrestato. Karchaa si stava dirigendo nella regione di Pskov per la candidatura dell’allora governatore Evgenij Michajlov.
L’attuale consigliere del direttore generale di Rosatom ha lavorato in passato anche in Abcasia, la regione rivendicata dalla Georgia ma autoproclamata “Repubblica di Abcasia” con l’appoggio dei russi. Nel 2020 Karchaa era assistente del presidente.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
CRITICA I VERTICI RUSSI E DICE CHE “SI PRENDERA’ UNA LUNGA VACANZA”… IL TORTURATORE E’ UN CADAVERE CHE CAMMINA
Ramzan Kadyrov, leader della Cecenia, ha annunciato che intende prendersi una pausa “indefinita e lunga” dal suo incarico. In un video postato su Telegram, Kadyrov, che dal 2007 governa la Repubblica cecena russa con il pugno di ferro, ha affermato di essersi “reso conto di essere rimasto seduto per molto tempo” a occupare la sua posizione di potere e che “sia giunto il momento” di lasciare.
Lo riporta il Guardian, ma anche l’agenzia russa Tass conferma le intenzioni di Kadyrov. “Penso che sia venuta la mia ora prima che gli altri mi caccino via”, aggiunge.
Kadyrov, 45 anni, si è spesso descritto come il “soldato di fanteria” di Putin. Governa con pugno di ferro questa repubblica del Caucaso russo a maggioranza musulmana dal 2011; è stato ripetutamente accusato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea di violazioni dei diritti, che lui ha sempre negato.
I suoi uomini – i famigerati ‘kadyrovtsy’, una vera e propria milizia paramilitare al suo comando e ritenuta responsabile di torture, rapimenti e arresti arbitrari – sono dietro la campagna di persecuzione contro gli omosessuali, denunciata e documentata nel 2017 dal giornale Novaya Gazeta, e a cui Kadyrov rispose con la ormai celebre frase “non ci sono gay in Cecenia”.
Due anni prima, nonostante le smentite del Cremlino, si era ipotizzato un suo diretto coinvolgimento nella morte dell’oppositore ed ex vice premier russo, Boris Nemtsov, suo grande critico e assassinato di fronte al Cremlino in un delitto di cui ancora non è stato individuato il mandante.
Signore della guerra e torturatore, la giornalista Anna Politkovskaja, due giorni prima di essere assassinata, l’ha descritto così: “Lui è pazzo, un idiota assoluto. Come un bambino terribile, dice e fa ciò che vuole. Uccide molte persone”. Dopo la fine dell’Urss nel 1991, Mosca ha combattuto due feroci guerre contro i separatisti in Cecenia. Da allora ha versato ingenti somme di denaro nella regione per ricostruirla e ha concesso a Kadyrov una larga misura di autonomia in cambio di fedeltà e stabilità.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
DOVREMO RIDURRE LA DOMANDA DI 6 MILIARDI DI METRI CUBI, PARI A CIRCA L’8% DEL FABBISOGNO. CON DUE GRADI E DUE ORE IN MENO AL GIORNO DI RISCALDAMENTO IL PROBLEMA E’ RISOLTO SENZA TANTI ALLARMISMI
Se l’Unione europea metterà il tetto al prezzo del gas, la Russia minaccia di non fornire più il suo metano all’Europa. Il G7 pensa di mettere il tetto anche al petrolio.
Che cosa succederebbe? Qual è il livello di sicurezza energetica del nostro Paese? E su quali riserve possiamo contare?
L’Italia come altri Paesi europei ha un sistema di riserve sia petrolifere sia di gas. Per il gas si parla di stoccaggi: si tratta di depositi dove viene immesso (in gergo si dice «iniettare») metano che si compra giornalmente. La stagione di stoccaggio inizia ad aprile e termina a ottobre.
L’Italia ha una capacità di stoccaggio pari a 17,5 miliardi di metri cubi (di cui 4,5 sono riserve strategiche). I depositi ora sono pieni all’82,5%. L’obiettivo del governo è di arrivare al 90% entro ottobre
Dove sono?
I depositi sono ex pozzi di estrazione ora esauriti. In tutto sono tredici campi. Nove sono gestiti da Stogit, una società controllata da Snam, tre da Edison e uno, piccolo, da Ital Gas Storage.
Si trovano prevalentemente nel Nord Italia (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) mentre due sono in Abruzzo. Sono pozzi sotterranei collegati alla rete dei gasdotti. Le riserve strategiche si possono utilizzare in stato di emergenza: la decisione spetta al comitato di emergenza gas del Mite.
Quanto dureranno?
Il sistema di depositi copre complessivamente circa il 20% del fabbisogno annuale di gas dell’Italia che nel 2021 ha toccato i 76 miliardi di metri cubi.
La durata delle riserve dipende dal consumo. Attualmente (dati Snam relativi a ieri) il nostro Paese ha un afflusso di gas pari a 192 milioni di metri cubi, di cui circa 25 milioni provenienti dalla Russia, che fino al 2021 era il nostro primo fornitore e ora è scivolata dopo l’Algeria e l’Azerbaijan. Ieri poco meno di 150 milioni di metri cubi sono stati consumati e il resto è stato messo nelle riserve.
In inverno, quando i riscaldamenti sono accesi, il consumo sale a 300-330 milioni di metri cubi al giorno e arriva a 400 milioni nei giorni di freddo eccezionale. Calcolando una media di 350 milioni di metri cubi, le riserve basterebbero per una quarantina di giorni, ma questo senza considerare gli altri flussi di gas che l’Italia ha.
Il nostro Paese è uno di quelli che più hanno diversificato, riceve il metano anche dal Nord Europa attraverso Passo Gries in Piemonte, dall’Azerbaijan dal Tap in Puglia; in Sicilia a Mazara del Vallo arrivano i flussi dall’Algeria (oggi nostro primo fornitore) e a Gela arriva il gas della Libia. Poi ci sono anche i tre rigassificatori, che trasformano gas naturale liquefatto in metano.
Complessivamente il nostro Paese ha una capacità di rigassificazione di oltre 15,25 miliardi di metri cubi l’anno. Il governo vuole aumentare la capacità di rigassificazione e Snam ha comprato due navi rigassificatrici da 5 miliardi di capacità ciascuna: la prima potrebbe essere operativa la prossima primavera, la seconda dal 2024.
Come funzionerebbe il sistema Italia se Mosca chiudesse i rubinetti ?
La Russia nel 2021 ha fornito il 38% della materia prima, ora è scesa intorno al 18-20 per cento. Ciò significa che la Russia annualmente fornirebbe circa 13-14 miliardi di metri cubi.
Con lo stop di import russo, e quindi in caso di scenario peggiore, secondo il ministro Roberto Cingolani dovremo ridurre la domanda di 6 miliardi di metri cubi, pari a circa l’8% del fabbisogno. Solo agendo sulle utenze civili.
Da qui due gradi e due ore in meno al giorno di riscaldamento negli edifici. Enea calcola anche che serviranno almeno due settimane in meno di accensione da programmare magari a inizio novembre e fine marzo quando le temperature sono più clementi. Se il clima fosse mite aiuterebbe a superare l’emergenza.
Abbiamo riserve anche di petrolio?
In Italia consumiamo 65 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all’anno (dato Unem). Una direttiva europea prevede che nell’ambito della sicurezza energetica si debbano avere solo scorte strategiche obbligatorie di petrolio.
Le scorte sono gestite da Ocsit, l’Organismo Centrale di Stoccaggio Italiano. Gli obblighi sono in carico agli operatori. Ogni anno viene stabilito l’ammontare in coordinamento con l’Aie. In base al decreto pubblicato a maggio 2022 dal ministero della Transizione ecologica, per il 2022 l’ammontare complessivo di scorte di sicurezza è di oltre 9,7 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti, un livello superiore al 2021 quando le scorte erano state fissate sopra 8 milioni di tonnellate.
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
PROBABILE CONFERMA DI DESCALZI E DEL FANTE, L’ASCESA DI DONNARUMMA, LA CONFERMA DI BELLONI E GABRIELLI
Quando il governo Draghi è caduto, nella seconda metà di luglio, molti amministratori e boiardi di Stato hanno tirato un sospiro di sollievo pensando alla futura partita delle nomine.
Troppo verticistica e impositiva, a loro avviso, la linea Draghi. Troppo imprevedibile per manager e dirigenti abituati a lunghi ménage con la politica la scelta di una curia ristretta (il ministro dell’Economia Daniele Franco, il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera e il super consigliere Francesco Giavazzi) come vertice per le nomine.
Draghi ha agito da uomo solo al comando, anche a costo di compiere scivoloni, come accaduto a maggio con la doppia sostituzione di Marco Alverà e per qualcuno anche Giuseppe Bono rispettivamente da Snam e Fincantieri, per imporre una precisa verticale di potere su partecipate, apparati, servizi. Ora con le elezioni alle porte e la prospettiva di una vittoria del centrodestra guidato da Giorgia Meloni la questione si fa complessa.
Per i boiardi di Stato, il ritorno alla normalità del gioco politico impone un vantaggio, ovvero la possibilità di negoziare con cordate politiche e apparati partitici, non v’è dubbio. Ma a tutte le forze che concorrono, questa è l’impressione degli addetti ai lavori, manca la visione di sistema che un governo Draghi, nel bene e nel male, possedeva.
E il riequilibrio delle forze in casa centrodestra e il declino di “numeri due” importanti come Giancarlo Giorgetti e Gianni Letta, ascoltatissimo sui dossier più caldi nelle passate esperienze dei governi di Silvio Berlusconi, aprono a nuove e imprevedibili dinamiche. Tutto è sul tavolo.
E quel che è certo è che il “grande gioco” di Draghi che pensava di unire in un fronte unico le nomine alle partecipate e i servizi nella fase finale del suo esecutivo cadrà di fronte alla pressione del centrodestra a trazione meloniana in caso di boom di Fdi.
La partita nei servizi e il destino di Gabrielli e Belloni
L’arrocco di Draghi, racconta chi è maggiormente interessato al dossier nomine e segue da vicino Palazzo Chigi, sarebbe dovuto iniziare dalla risoluzione della contrapposizione, non più sostenibile, tra Franco Gabrielli e Elisabetta Belloni nei servizi.
A Gabrielli sarebbe stato garantito un ruolo maggiormente attivo nel rapporto con la politica, a Belloni, direttrice del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), sarebbe stata invece prospettata la presidenza dell’Eni nelle imminenti nomine di primavera.
Per l’ambasciatrice prestata ai servizi si prospettava dunque un promuoveatur ut amoveatur che non avrebbe avuto però il sapore della sconfitta, essendo quello del Cane a sei zampe un mondo in cui l’arte diplomatica e la visione di politica estera sono doti sempre più richieste.
Ora la partita, sondaggi alla mano, si complica: il centrodestra stima apertamente Belloni, che gode di approvazione trasversale nei partiti specie alla luce del caso Quirinale. A essere contendibile è invece la poltrona di Gabrielli come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza.
Fdi, confidano a Tag43 accreditate fonti vicine alla coalizione conservatrice, mira in caso di exploit elettorale a occupare questa casella perché, «legge alla mano, nominare l’autorità delegata è una facoltà del presidente del Consiglio» che nessuno nel partito dubita sarà Giorgia Meloni.
E poi, si aggiunge maliziosamente, i più autorevoli contendenti nel centrodestra sono stati messi alla porta dai rispettivi partiti: Raffaele Volpi, ex presidente del Copasir, non sarà ricandidato dalla Lega, mentre Elio Vito ha abbandonato Forza Italia. Favorito per la prestigiosa poltrona è Adolfo Urso, attuale presidente del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica.
I boiardi di Fdi: da Donnarumma a Mariani e Cutillo
Lo stop all’arrocco, che vedrebbe Belloni confermata al Dis, rende più liquida e fluida la partita delle nomine alle partecipate.
Un eventuale governo Meloni pare interessato a non mutare, nella forma, lo schema Draghi di sostituzione dei presidenti nominati nel 2020 in Eni, Enel e Leonardo su spinta del Movimento 5 stelle, ma farà un ragionamento più articolato sugli amministratori delegati.
In caso di vittoria del centrodestra, in particolare, in ascesa è dato Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, che molti prevedono in predicato di “promozione” a Enel in luogo di Francesco Starace. Il cui peccato originale è il rifiuto netto e deciso del nucleare, che invece il centrodestra porta avanti come obiettivo. Mentre in Leonardo Alessandro Profumo pagherebbe la sua percepita vicinanza al centrosinistra.
Risulta insomma assai probabile che Profumo, vicino storicamente a D’Alema e al centrosinistra come l’amico ed ex presidente Gianni de Gennaro – e unico top manager bancario italiano nel 2007, anno della nascita di Unicredit sotto la sua guida a votare alle primarie del Partito Democratico – possa essere sostituito.
Lorenzo Mariani (a lungo direttore Commerciale e Sviluppo business e oggi managing director di MBDA Italia) e Gian Piero Cutillo (capo della Divisione Elicotteri) sono indicati come papabili sostituti.
Per un ruolo apicale qualcuno in Fdi è arrivato a ventilare l’ipotesi del fondatore del partito e esperto di Difesa Guido Crosetto, ma secondo quanto Tag43 ha avuto modo di verificare non ci sono appigli concreti su questa ipotesi.
Più incerta la partita della presidenza: il generale Luciano Carta, nominato in quota giallorossa ai tempi del Conte due, sarebbe stato senz’altro sostituito da Draghi e ora risulta in bilico. E il suo caso mostra quale sarà il vero scoglio di un eventuale governo Meloni: arruolare una classe dirigente all’altezza.
La partita delle nomine sarà sicuramente più incerta ma potrebbe, in fin dei conti, essere un Gattopardo alla rovescia: cambiare poco (nei fatti) perché tutto cambi (nella percezione).
Il possibile governo di destra appare destinato a confermare ad di peso come Claudio Descalzi in Eni e Matteo Del Fante in Poste Italiane, scelti entrambi dal centrosinistra; se promuoverà Donnarumma in Enel, dovrà cercare per Terna un sostituto tra le grandi municipalizzate legate alle giunte di centrosinistra (Acea, A2A, Hera). dovrà dipendere da figure dell’establishment della vecchia guardia come Belloni; potrebbe confermare ministri del governo Draghi come Roberto Cingolani per partite strategiche come quella energetica e per le nomine politiche di figure destinate a prendere le redini dei dossier più caldi pensa a figure come Fabio Panetta, membro del board Bce e draghiano di stretta osservanza, favorito per il ruolo di ministro dell’Economia. Intoccabile pare invece Rivera, il vero stratega delle nomine, come si è visto in occasione della recente vicenda di ItaAirways.
Discorso simile per i servizi. A maggio Draghi ha rinnovato per due anni il direttore dell’Aisi (agenzia informazioni e servizi interni), Mario Parente, e per quattro anni il numero uno dell’Aise (agenzia informazioni e servizi esterni), Gianni Caravelli.
Meriti operativi sul campo e contesto globale rendono difficili “rivoluzioni” di sorta, specie se Meloni vorrà, in caso di ingresso a Palazzo Chigi, ottenere solide credenziali atlantiche.
L’esecutivo potrebbe dover essere “conservatore” anche garantendo continuità a un sistema di potere che appare radicato ben più in profondità del caduco establishment partitico. E il cui rafforzamento potrebbe essere il portato maggiormente strategico dell’era Draghi.
(da Tag43)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA NO VAX SARA CUNIAL ACCUSATA DI MASSONERIA DAI COMPLOTTISTI PER UN GESTO DELLE MANI… BENVENUTI AL REPARTO PSICHIATRICO
Chi di complotto ferisce di complotto perisce: deve saperlo bene la deputata Sara Cunial, ex 5Stelle e fondatrice del movimento “Vita”, nonché alfiera indiscussa delle più strampalate e assurde teorie no vax ai tempi del Covid e oggi vittima di accuse simili a quelle che per tanto tempo ha sostenuto e rivendicato.
Anzi, le è andata pure peggio: Cunial è stata additata come infiltrata della massoneria, l’associazione esoterica che più di ogni altra secondo i complottisti custodisce le redini dei “poteri forti”, alla stregua di un Enrico Letta o di una Ursula von der Leyen qualsiasi.
Le accuse di massoneria si sono abbattute su Sara Cunial a causa di un fermo immagine immortalato durante un comizio in Piazza Duomo a Milano, in cui si vede l’ex pentastellata che incorcia i polsi sopra il petto con i palmi delle mani rivolti verso il corpo. Un gesto del tutto casuale catturato mentre Cunial stava applaudendo al pubblico, ma che i suoi (fantasiosi) seguaci non hanno potuto non cogliere, ricamandoci subito sopra varie e strampalate teorie.
L’accusa è che quello fosse niente meno che il segno massonico del Buon pastore che, come fa notare un utente di Facebook, è una delle mosse incluse nella preghiera del “rito scozzese di Kansas City”. Qualcosa di vergognoso e inaccettabile per i seguaci di Cunial, con qualcuno di loro che di fronte a tale evidenza commenta “io non vado a votare”. Anche perché è stato subito diffuso in rete un collage di foto che, oltre a Cunial, mostra pure il segretario dem Enrico Letta e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen fare lo stesso gesto del “Buon pastore”.
E via con la shitstorm nei confronti della loro paladina, che adesso viene vista come alta traditrice. “Si tratta del 18esimo grado della Massoneria di rito scozzese e dei Rosa Croce”, spiega una ragazza su Facebook. E pensare che Sara Cunial, le cui pagine social sono state sospese per “disinformazione”, adesso non può neanche difendersi.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
“L’ITALIA RISCHIA TENSIONI SOCIALI, STA GIOCANDO CON IL FUOCO”
«Sta arrivando una recessione che potrebbe durare anni». Nouriel Roubini, economista della New York University che ha previsto la crisi subprime, ha pochi dubbi su cosa attende l’economia globale. Parlando dal forum The European House-Ambrosetti di Cernobbio, Roubini punta il dito sull’inazione di banche centrali e governi. E mette in guardia le cancellerie, Italia compresa.
Professore, quanto è pericolosa la situazione di oggi, tra fiammate dei prezzi e crescita in declino, rispetto alla crisi finanziaria globale?
«Assolutamente molto più alto. Il problema della stagflazione, o peggio della recessione, è concreto. Sarà un periodo lungo, brutto, brutale, non sarà breve e superficiale, sarà associato a difficoltà finanziarie. Le famiglie faranno fatica, le imprese avranno problemi di zombificazione. Il tutto mentre i governi non potranno agire con la leva fiscale come dovrebbero fare, perché i margini per farlo sono bassi. La mia sensazione è che ci sarà una brutta recessione».
Le banche centrali hanno perso tempo nel frenare le pressioni dei prezzi?
«Il dibattito sul fatto se l’inflazione fosse temporanea o più persistente è stato l’ultimo serio. Penso che la questione fosse già risolta nel dicembre dello scorso anno, quando l’aumento dell’inflazione sia negli Stati Uniti, in Europa, nell’area euro, nel Regno Unito e nella maggior parte dei Paesi avanzati, ad eccezione del Giappone, ha mostrato un aumento dell’inflazione molto, molto acuto e persistente. Quindi penso che sia fuori discussione. Anche le banche centrali erano convinte che fosse transitoria, e sbagliavano».
Solo questo?
«No, poi c’è stato un dibattito sull’assunzione che l’inflazione sia stata causata dalla sfortuna o dalle cattive politiche economiche, fiscali e monetarie. Proprio mentre si verificavano choc negativi sul lato dell’offerta. Il Covid, lo stop delle filiere produttive, i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento globali, la riduzione dell’offerta di manodopera negli Usa. E poi la guerra in Ucraina, l’impatto delle fiammate dei prezzi dell’energia, delle commodity agricole, dei fertilizzanti, e infine la politica “Zero Covid” della Cina. Tutti fattori negativi, che hanno fatto pressione sui prezzi».
Federal Reserve e Bce come possono agire?
«Devono stringere i cordoni della borsa, anche se poi c’è il rischio di indurre una recessione. Tanto nel Regno Unito quanto nell’eurozona, e forse anche negli Stati Uniti, anche se le probabilità sono leggermente inferiori. Siamo decisamente nel campo di un hard landing (atterraggio duro, ndr). E l’Europa è più soggetta a shock negativi dell’offerta, come sappiamo. L’esposizione alla Russia, persino esposizione alla Cina, così come il rallentamento dell’economia globale e i problemi politici in Europa ovviamente aumentano il rischio di frammentazione».
Quindi?
«Quindi penso che le cose stiano diventando via via più difficili. Mi aspetto che quello statunitense sia un atterraggio duro. Idem per l’Eurozona. Stesso dicasi per il Regno Unito. Ma mi attendo un dibattito scarno e superficiale su ciò che sta succedendo».
In che senso?
«Ora sempre più persone, persino le banche centrali, dicono che forse il nostro approdo sarà la recessione. Certo, cercheremo di evitarlo, ma sarà il nostro approdo. Lo possiamo chiamare metafore ed eufemismi, ma ci sarà per forza un po’ di sofferenza, tensioni sociali, crisi insomma. Ci saranno trimestri negativi. E, attenzione: se hai sei mesi di recessione, questi “esperti” credono che l’inflazione cadrà come un sasso, per poi tornare al 2% e ritracciare gli squilibri finanziari. Non mi piace quella storia».
Come mai?
«Primo, perché abbiamo affrontato una crisi finanziaria, quella del 2008, che ha visto esplodere il debito, pubblico e privato, portandolo oltre il 200% del Pil. Secondo, dopo altri due shock negativi, fra cui quello del Covid, stiamo utilizzando la politica monetaria in modo aggressivo nonostante l’elevato debito perché la domanda è stata scossa e c’è stata una deflazione, e quindi in buona fede abbiamo voluto tassi zero, tassi negativi, allentamento quantitativo, allentamento del credito. Questa volta, invece, dobbiamo aumentare i tassi perché l’inflazione è al di sopra dell’obiettivo. Questa è un’enorme differenza».
Siamo peggio rispetto agli Anni Settanta?
«Oggi abbiamo il peggio degli anni ’70 perché abbiamo un numero elevato di shock negativi dell’offerta e il peggio del mondo post crisi finanziaria globale perché abbiamo troppo debito, troppi squilibri».
L’Italia va al voto in un contesto poco favorevole.
«Sì, perché dipenderà da chi sarà al potere e quale sarà la politica economica, monetaria, fiscale. Le debolezze dell’Italia sono conosciute da tempo. Ed è una delle ragioni per cui gli spread si stanno allargando. È un circolo vizioso a cui si aggiunge la recessione. Senza dimenticare le tensioni sociali. E questo ritengo sia un rischio elevato. Non dico che accadrà, ma l’Italia deve stare attenta. Sta giocando con il fuoco».
(da La Stampa)
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