Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
PRIMA DEL VOTO SI STA RIMANGIANDO TUTTO, L’IMPORTANTE E’ ACCHIAPPARE LA POLTRONA
A tre giorni dalle elezioni politiche del 25 settembre, Giorgia Meloni dopo aver più volte ripetuto nel corso della campagna elettorale l’intenzione di voler rivedere i patti con Bruxelles sul Pnrr, ha cambiato idea.
Già, la leader di Fratelli d’Italia, nel corso della registrazione dello speciale elettorale di Porta a Porta, ha limato la sua posizione, passando dall’idea di una ridiscussione con l’Ue del Recovery Plan, alla possibilità di apportare alcune modifiche ai progetti non ancora messi in cantiere, anche alla luce del fatto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato redatto prima dell’esplosione della guerra russa in Ucraina.
Meloni ha infatti dichiarato: «Io voglio fare un tagliando del Pnrr per capire se questi soldi arrivano a terra. È aumentato il prezzo delle materie prime e i contratti e i bandi non sono stati rinegoziati. Sta per accadere che i bandi andranno deserti. Alle aziende che erano pronte non conviene più. Se non si aggiornano i costi, quei soldi non si portano mai a terra».
E Meloni ha poi aggiunto: «Il Pnrr è stato scritto prima della guerra in Ucraina. Andare a verificare se dopo la guerra quel piano è ancora il migliore possibile, perché dovrebbe bloccare i soldi? Parlo dei progetti che ancora non sono partiti».
E la leader di FdI ha portato, come esempio, il tema dell’energia: «Nel Pnrr veniva stanziato il 5% delle risorse. Ora abbiamo un problema e una grande occasione. Nella tragedia, l’Italia può diventare l’hub di approvvigionamento energetico: vediamo se fra i progetti non ancora messi in cantiere qualcosa può essere perfezionato. Se poi rischiamo veramente di perdere i soldi, certo che nessuno li vuole perdere, ma non mi pare che la Commissione europea sia così irragionevole. Moltissime nazioni stanno aprendo questo confronto con la Commissione: a tutti conviene che quei soldi vengano spesi nel migliore dei modi possibile». La posizione più morbida di Meloni va anche a “risanare” la frattura che si era creata con l’alleato di coalizione Silvio Berlusconi, che aveva definito «gravissima» l’idea di ridiscutere il Pnrr. Ma non solo.
Le parole di Meloni ricalcano quelle pronunciate nei giorni scorsi dal titolare del Mef del governo Draghi, il ministro dell’Economia Daniele Franco, che a Torino ha aperto ad alcuni «possibili cambiamenti mirati sul Pnrr, senza però ridiscutere integralmente il Piano, (perché la ridiscussione) bloccherebbe i lavori già avviati».
(da Open)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
ORA NON LO VUOLE PIU’ ABOLIRE MA “RIFORMARE”
Negli ultimi giorni di campagna elettorale il Sud è diventato il terreno di battaglia principale. Secondo le previsioni delle ultime ore, infatti, da Roma in giù si giocheranno le sorti delle elezioni e della prossima maggioranza parlamentare.
Non è un caso che tutti i leader – da Giuseppe Conte a Enrico Letta fino a Giorgia Meloni – negli ultimi giorni abbiano deciso di dedicare molto del proprio tempo per comizi nel Mezzogiorno. La tendenza è quella di una crescita costante del M5S al Sud che potrebbe creare qualche cambiamento rispetto agli scenari previsti fino a qualche settimana fa. Secondo i report di alcuni sondaggisti, che chiedono l’anonimato visto che i numeri non possono essere rivelati, nel Mezzogiorno ci sarebbero una quindicina di collegi “contendibili”, ovvero quelli in cui il M5S è leggermente avanti o in cui il centrodestra è in vantaggio, ma con una forbice non superiore al 5%. Sono soprattutto in Campania – tra Napoli città e provincia, compresa Giugliano e Torre del Greco – Puglia (Andria e Bari), Sardegna (Cagliari e Sassari) e Sicilia. Non tutti questi sono al Senato, alcuni sono contendibili per la Camera quindi ininfluenti per stabilire quanto sarà ampia la maggioranza parlamentare.
Ma se ai collegi in bilico aggiungiamo un indebolimento del centrodestra nella quota proporzionale al Sud, il rischio paventato da alcuni sondaggisti è che la coalizione guidata da Giorgia Meloni possa avere una maggioranza parlamentare più risicata al Senato.
Le stime più credibili parlano di circa 15-20 senatori di vantaggio pari al 55% (una maggioranza comunque ampia, anche se inferiore alle aspettative), mentre ieri il politologo Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore ha spiegato quale potrebbe essere l’ipotesi peggiore per il centrodestra: che il M5S vinca 15 collegi sui 31 al Sud del Senato e ci sia un exploit del Terzo Polo e di Italexit di Gianluigi Paragone. Voti in uscita dal centrodestra che metterebbero a rischio la maggioranza al Senato.
Questo quadro è ben chiaro nelle segreterie dei partiti. A partire da Giorgia Meloni che negli ultimi giorni ha deciso di concentrare i suoi comizi al Sud: sabato a Bari, domenica a Matera e Caserta, martedì a Palermo, venerdì chiuderà la sua campagna elettorale a Napoli.
La strategia è quella di “fermare l’emorragia di consensi che Conte sta provocando” dice un dirigente di Fratelli d’Italia. E quindi puntare proprio su quei temi cari al M5S.
A partire dal reddito di cittadinanza, che in teoria Meloni vorrebbe abolire. Ma negli ultimi giorni i toni si sono un po’ addolciti da parte di FdI. Anche se l’idea di fondo resta sempre quella di sostituire la misura, Meloni in ogni suo comizio dedica diversi minuti proprio a spiegare come vuole “riformare” il reddito di cittadinanza per “combattere la povertà”. “Non dovete avere paura”, è stata l’introduzione del comizio di Palermo.
Il piano è proprio quello di spiegare nel dettaglio l’alternativa al reddito. Lo si capisce anche dalle parole di Raffaele Fitto, il principale esponente di FdI al Sud: “Non lasceremo indietro nessuno – spiega al Fatto – vogliamo mantenere e aumentare il sostegno per invalidi, inabili al lavoro e accompagnare le persone più anziane. Per i più giovani invece vogliamo trasformare l’assistenza nelle politiche attive per il lavoro”.
Il timore di Meloni di perdere seggi al Sud è dovuto anche al crollo degli alleati: la Lega di Salvini è in caduta libera, Forza Italia resta bassa.
Così Meloni ha deciso di girare il Sud per convincere gli ex elettori del centrodestra. La sua paura non è solo quella di una maggioranza risicata: se dopo le elezioni il centrodestra avesse un vantaggio schiacciante al Nord e il M5S una prevalenza al Sud, il prossimo governo dovrà fare i conti con un Paese spaccato a metà.
“Si rischia il ritorno della guerra tra Nord e Sud, servirebbe un risultato più omogeneo”, dice una fonte di FdI. Ieri Meloni al Messaggero.it ha fatto trapelare qualche preoccupazione: “Il racconto che abbiamo già vinto mi spaventa, non vorrei che questa narrazione deconcentrasse tutti”.
(da agenzie)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA PROBABILMENTE HA DIMENTICATO DI FARE UNO SWITCH DI ACCOUNT E IL RISULTATO E’ PARADOSSALE
Essere in disaccordo con Vittorio Feltri è piuttosto facile. Ma non avremmo mai pensato che lo fosse a tal punto da registrare anche un disaccordo di Vittorio Feltri con se stesso.
«Ma come si fa a spacciare per fascista il saluto romano che ha un paio di millenni alle spalle?» – ha scritto l’editorialista di Libero su Twitter, riferendosi – con ogni probabilità – alla vicenda che ha coinvolto, nella giornata di ieri, l’assessore regionale in quota Fratelli d’Italia Romano La Russa.
Una presa di posizione polemica rispetto al coro dei commenti che hanno caratterizzato, da ieri, la storia che ha messo in subbuglio il partito di Giorgia Meloni.
Talmente polemica, da alimentare – è questo l’effetto che il distratto utente di Twitter si troverà di fronte – una risposta al vetriolo di se stesso, tre ore dopo: «A te invece conviene dormire così eviti di scrivere cazzate».
Non si tratta di un troll che ha modificato appositamente immagine del profilo e nome dell’account per “fingersi” Vittorio Feltri: basta, infatti, verificare il profilo per capire che i due commenti in senso opposto sono arrivati dallo stesso account, con lo stesso nickname, con lo stesso numero di followers (circa 484mila).
Probabilmente, chi ha nelle disponibilità le credenziali d’accesso dell’account Twitter di Vittorio Feltri ha dimenticato di fare uno switch a un altro account, rivelando una scomoda verità: o si utilizzano dei profili alternativi per aumentare le polemiche (e l’engagement) dei tweet del direttore, o qualcuno che gestisce la sua comunicazione, in altre vesti, non deve essere d’accordo con quanto il giornalista afferma.
In entrambi i casi, non proprio una bella immagine.
(da Giornalettismo)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
LE INSIDIE DELL’ULTIMO MIGLIO: DALLA QUASI RIMONTONA DI RUTELLI NEL 2001 AL BLITZ M5S NEL 2013 CON ANNESSO HARAKIRI DI BERSANI
È l’ultimo miglio della lepre. L’ultimo giro del pilota in testa alla gara di Formula 1, con la bandiera a scacchi che è più vicina ma sembra sempre più lontana; l’ultimo chilometro del corridore in fuga nella tappa alpina o dolomitica del Giro d’Italia, tanto per usare una metafora cara a Enrico Letta.
Il momento più ansiogeno di chi – a ragione o a torto – viene considerato il vincitore annunciato; che coincide col momento in cui, in fondo, avendo già vinto, puoi solo perdere.
Guido Crosetto, l’imprenditore e amico, ha trovato le parole per infondere tranquillità a tutta la ciurma di dirigenti di Fratelli d’Italia. Non c’è riunione o telefonata in cui non dica, «ragazzi, quello che è fatto è fatto e credetemi, possiamo solo essere soddisfatti”.
I sondaggi compulsati ogni ora, perché oltre ai propri ci sono sempre quelli commissionati dagli altri, non aiutano a stemperare la tensione.
«Se finissimo a essere il primo partito», ragiona ad alta voce un dirigente di primo piano di FdI, «avremmo fatto una scalata leggendaria. Poi però ti fermi un attimo a pensare e dici a te stesso: e se noi raggiungessimo una cifra alta ma comunque più bassa rispetto a quello che tutti si aspettano, le cose rimarrebbero invariate?».
E qui si passa alle forbici nei sondaggi, che sembrano ristrette ma possono essere larghissime. Alle ultime elezioni, dentro Forza Italia si ragionava alla vigilia dell’ipotesi di un accordo post elettorale di larghe intese col Pd. «E poi – prosegue la fonte – è bastato che Salvini prendesse qualcosa in più di Berlusconi, che i Cinque Stelle rubassero un’altra fetta di elettori a Renzi e puf è arrivato il governo gialloverde e addio sogni di gloria». Tra i sostenitori di Giorgia Meloni c’è qualche veterano che ha fatto in tempo a vedere da vicino l’ultimo miglio della campagna elettorale del 2001, quella del 61 a 0 in Sicilia.
Un risultato all’apparenza già scritto; eppure «se avesse avuto altre due settimane di tempo», confessò Berlusconi qualche mese dopo il voto, «il centrosinistra di Rutelli ci avrebbe sorpassato». Lo stesso Berlusconi, nel 2008, all’alba di un’altra vittoria annunciata, si trovò a urne chiuse a fronteggiare una nutrita pattuglia di forzisti che si era presentata nella tarda mattinata di lunedì a Palazzo Grazioli (si votava per due giorni) a dirgli di abbassare i toni «perché gli ultimi dati che arrivano dimostrano che non avremo la maggioranza al Senato». «Non vi preoccupate», rispose il Cavaliere. «Vinceremo bene!». E così fu.
Andò molto peggio a Bersani nel 2013. Convinto che il margine di vantaggio fosse talmente ampio e richiedesse giusto un po’ di prudenza, di modo da non perderlo, l’allora leader del Pd chiuse la campagna elettorale nell’angusto spazio dell’Ambra Jovinelli mentre a qualche centinaio di metri i Cinque Stelle sigillavano la rimonta a piazza San Giovanni. Tredici anni prima, alle Regionali in cui aveva messo in palio la poltrona da presidente del Consiglio, Massimo D’Alema si sentì dire da un collaboratore che «il nostro vero problema sarà evitare di non vincere troppo». E perse.
Nell’ultimo miglio, che spesso per la lepre è gioia sfrenata. Ma qualche volta no.
(da Il Corriere della Sera)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
“PUO’ VINCERE LE ELEZIONI CON L’AIUTO DEGLI AMICI DI PUTIN”… “DICE DI ESSERE CRISTIANA MA NON SIGNIFICA CHE LE PIACCIA ANDARE IN CHIESA”
La copertina del nuovo numero del settimanale tedesco Stern è dedicata a Giorgia Meloni, definita “La donna più pericolosa d’Europa”. Nel sottotitolo della prima è scritto: “La postfascista Giorgia Meloni può vincere le elezioni in Italia con l’aiuto degli amici di Putin – Questo avrebbe conseguenze estreme per noi”.
Il reportage su Meloni a pagina 22 del settimanale di orientamento progressista, in uscita domani in edicola, apre con una foto sorridente della leader di FdI ma un ulteriore duro titolo ‘Veleno biondo – Si presenta come cristiana, moderna e innocua. Allo stesso tempo Giorgia Meloni vuole trasformare l’Italia in uno stato autoritario, se vincerà le elezioni’.
L’articolo, scritto da Luisa Brandl e Andrea Ritter, parla di una leader che affronta temi sociali e si presenta con efficacia sui palchi in Italia, raccogliendo ampi consensi, ma Meloni avrebbe ultimamente omesso i suoi temi caratteristici come il “blocco marittimo contro i rifugiati”, “l’Europa delle patrie che vuole promuovere con il suo grande modello di riferimento Orbán” e “le tirate contro la lobby LGBT”. Meloni inoltre “dice di essere cristiana, ma questo non significa necessariamente che le piaccia andare in chiesa”.
Sostiene gruppi ultraconservatori che, in nome di Dio, si mobilitano contro il diritto all’aborto e le famiglie ‘non naturali'”. Sulla Russia, scrive Stern, “sia Berlusconi che Salvini curano legami con il Cremlino. Attraverso di loro, Putin avrebbe per la prima volta alleati nel governo di un Paese dell’Europa occidentale e con il loro aiuto potrebbe destabilizzare l’Unione”.
Stern scrive anche che “nel 2020 Meloni ha diffuso false notizie sul coronavirus e ha twittato che l’Ue beneficerebbe dalla pandemia, senza spiegare esattamente come”. Sul piano della politica estera, secondo l’articolo, “molto lascia intendere che Meloni avrà un approccio pragmatico a livello europeo, per garantire che Bruxelles continui a inviare denaro a Roma”, ma i problemi per l’Ue e l’euro sarebbero in agguato e “la paura per l’Italia ‘bambino speciale’ è tornata”, anche a causa dei piani di Matteo Salvini.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
L’ACCUSA: 10.000 EURO VERSATI ALLA SOCIETA’ DI CUI ERA SOCIA QUANDO ERA ASSESSORA AL COMUNE DI CATANIA DA PARTE DEGLI ORGANIZZATORI DI UN CONVEGNO
Barbara Mirabella, attualmente candidata di Fratelli d’Italia alle elezioni regionali in Sicilia, è stata arrestata dalla squadra mobile di Catania per corruzione. Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania ha disposto gli arresti domiciliari per Mirabella, ex assessora alla Cultura nella giunta di Salvo Pogliese, e la sospensione dall’attività per un anno per altri due indagati, Francesco Basile, finora direttore dell’Unità Operativa Complessa (Uoc) della Clinica Chirurgica del Policlinico e l’imprenditore Giovanni Trovato, amministratore delegato di un’azienda farmaceutica.
Le indagini hanno riguardato nello specifico l’attività del professor Basile nell’ambito dell’organizzazione del 123° Congresso Nazionale della SIC – Società Italiana di Chirurgia, di cui è presidente. Gli inquirenti hanno indagato sui rapporti instaurati tra Basile, gli amministratori della società New congress s.r.l., che ha organizzato l’evento, e l’allora assessora del comune di Catania con delega per i grandi eventi, Barbara Mirabella.
Questa la tesi degli inquirenti: «Al fine di ottenere l’incondizionato ausilio dell’assessore e dell’amministrazione comunale per tutte le necessità della organizzazione del prestigioso congresso, gli amministratori della New Congress s.r.l., a ciò indotti anche dal Basile, avrebbero accettato di pagare 10 mila euro alla società Expo srl, della quale era socia l’assessore Mirabella, per la prestazione di servizi non necessari alla organizzazione dell’evento».
Basile avrebbe cercato di corrompere i rappresentanti di due aziende farmaceutiche per ottenere cospicui contributi – in un’occasione pari a 80 mila euro – per il finanziamento del congresso, minacciando anche la sospensione da parte del Policlinico degli acquisti dei prodotti di cui le due aziende erano fornitrici qualora si fossero rifiutate di contribuire con le somme richieste. Giovanni Trovato, amministratore delegato dell’azienda farmaceutica Medical TI S.p.a., avrebbe contribuito con 5mila euro per ottenere, grazie all’intervento di Basile, l’aumento da parte del Policlinico dell’acquisto di dispositivi realizzati dalla propria azienda.
Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catania ha disposto la misura interdittiva della sospensione per 12 mesi dall’incarico di direttore della Unità operativa complessa di Clinica Chirurgica dell’azienda ospedaliera Policlinico G. Rodolico – San Marco di Catania nei confronti di Basile Francesco, nei confronti dell’ex assessora Barbara Mirabella è stata disposta la misura degli arresti domiciliari per il reato di corruzione mentre nei confronti dell’amministratore delegato Giovanni Trovato il Gip ha disposto il divieto di esercitare attività imprenditoriale nel settore delle forniture ospedaliere per 12 mesi in relazione al reato di corruzione.
(da agenzie)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
NELLA NOTTE ATTACCHI IN ALMENO TRE CITTA’
Tra chi scappa e chi è sceso in piazza, c’è anche chi ha deciso di adottare un approccio più violento. Nella notte successiva all’annuncio del presidente Vladimir Putin della mobilitazione parziale dei riservisti da mandare al fronte ucraino, diversi uffici di reclutamento e altri amministrativi hanno subito attacchi.
Uno di questi si trova a Nizhny Novgorod, una cittadina distante più di 400 chilometri a est da Mosca. A riportare la notizia è il quotidiano locale, Nn.ru, che spiega come dopo l’incendio gli esperti hanno trovato una finestra rotta dell’ufficio di reclutamento della città e poco lontano dei frammenti di una bottiglia di vetro.
Stessa cosa è successa quasi contemporaneamente a un migliaio di chilometri più a ovest. Gli uffici di San Pietroburgo sono andati a fuoco anche se non è certo che a scatenare le fiamme siano state anche in questo caso bombe molotov.
Si hanno conferme, poi, di un terzo incendio scoppiato nell’edificio di amministrazione locale di Tolyatti. Il quotidiano locale, Nesluhi.info, parla dell’ingresso del palazzo invaso dalle fiamme e dà la colpa alle molotov. La facciata della stessa struttura era già stata imbrattata con vernice rossa. In nessuno di questi casi si parla di eventuali vittime o arresti.
Come riporta il Moscow Times, sarebbero decine le città russe diventate teatri di proteste, anche violente, contro gli ordini di Putin.
(da agenzie)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
I RUSSI BENESTANTI SCAPPANO IN LIDI SICURI E NON RISPONDONO ALL’APPELLO “LA PATRIA HA BISOGNO DI TE”
La patria ha bisogno di te, ma il richiamo delle spiagge sicure di Dubai è molto più convincente di quello delle trincee fangose e pericolose di Kherson e del Donetsk. Un volo di solo andata per gli Emirati Arabi da Mosca ieri costava anche più di 5.000 euro con scalo, addirittura 14.000 per un collegamento diretto; sugli aerei per Istanbul, nei prossimi cinque giorni, i posti sono tutti esauriti.
Poche disponibilità anche verso Azerbaigian, Kazakistan, Uzbekistan e Kirghizistan. Ci sono voci di limitazioni alle vendite di biglietti agli uomini tra i 18 e i 60 anni imposte alle compagnie aeree russe e alle ferrovie. Chi può, scappa dalla Russia, soprattutto chi appartiene a famiglie benestanti: come spesso succede a pagare le conseguenze della guerra e del richiamo alle armi, sono i più poveri.
Per i meno abbienti le scorciatoie per evitare l’arruolamento sono più cruente: su Twitter il politologo Bremmer ha diffuso un grafico in cui mostra che in Russia una delle voci più ricercate su Google era «come rompersi un braccio». Altra ricerca: «Come lasciare la Russia». La Lettonia sta bloccando i visti ai russi, anche la Finlandia va in questa direzione.
VOLARE
Subito dopo il discorso di Putin, in cui ha annunciato la mobilitazione di 300.000 riservisti (uomini che hanno in passato ricevuto un addestramento militare ma che ora conducono una vita normale), c’è stata la corsa alla ricerca di un modo per fuggire. In aereo, con il moltiplicarsi di prenotazioni di voli diretti negli Emirati Arabi, in Turchia, in Armenia, in Serbia (paese che non richiede il visto in Russia), ma anche in macchina, viste le code che si sono formate al confine con la Finlandia e con la Georgia. Fino ad oggi, specialmente nelle grandi città come Mosca e Sanpietroburgo, dai giovani russi e dalle loro famiglie la guerra in Ucraina veniva vista come qualcosa di lontano, oggetto di noiosi dibattiti in tv.
TIMORI
Un volo per la Turchia costa almeno 1.200 euro la prossima settimana, il triplo del prezzo medio prima del discorso di Putin. E poi c’è la fuga via terra. Non tutti possono permettersi un volo (e soprattutto un hotel) a Dubai. Sui social ieri circolavano i video delle lunghe code di auto ai confini con la Finlandia. La guardia di frontiera finlandese però, con un comunicato su Twitter, ha smentito che vi fossero anomalie rilevanti. Scrive però il quotidiano finlandese Ilta Sanomat: «I valichi di frontiera nel Sud-Est della Finlandia sono Vaalimaa, Nuijamaa e Imatra. Secondo il deputato Revo, circa il 70-80 per cento del traffico è russo». Lunghe code di russi che cercano di passare il confine anche in Georgia.
(da il Messaggero)
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Settembre 22nd, 2022 Riccardo Fucile
PANICO TRA I GIOVANI, UNA DELLE VOCI PIÙ RICERCATE SU GOOGLE E’ “COME ROMPERSI UN BRACCIO”…FUGA DI MASSA DALLA RUSSIA: ESAURITI I BIGLIETTI AEREI, I BENESTANTI SPENDONO 14MILA EURO PER SCAPPARE A DUBAI, LUNGHISSIME CODE AL CONFINE CON LA FINLANDIA
«Abbracciami se anche tu hai paura», si leggeva su un cartello di protesta esibito da una ragazza nella città siberiana di Tomsk, poco prima che la polizia la portasse via. Era la paura, appunto, a dominare lo stato d’animo di milioni di russi, il giorno in cui il presidente Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione parziale nel Paese. In centinaia sono usciti ieri nelle strade e nelle piazze di tutta la Russia per protestare contro la chiamata alle armi di Putin, disposto a tutto pur di prevalere nel conflitto in Ucraina. I manifestanti portavano cartelli con le scritte «no alla mobilitazione», «no alla guerra», «vita ai nostri figli».
A coordinare le proteste il movimento di opposizione Vesna, che già a febbraio aveva organizzato le prime manifestazioni contro «l’operazione militare speciale». «Putin ha passato il limite. Si sta giocando l’intera Russia e le vite di tutti i suoi cittadini», hanno scritto i membri del movimento sul loro canale Telegram, esortando i russi a scendere in piazza. «Migliaia di uomini russi – i nostri padri, fratelli e mariti verranno buttati nella carneficina della guerra. Per cosa moriranno? Per cosa le loro madri e sorelle verseranno lacrime? Per il palazzo di Putin?», continuava il post.
Come a febbraio, le proteste di ieri sono state brutalmente represse dalla polizia, con circa un migliaio di fermi in tutto il Paese. E come a febbraio, ai manifestanti mancava un leader di riferimento.
«All’opposizione manca un rivoluzionario, qualcuno che catalizzi il sentimento di protesta. La Russia non ha il suo Lenin», diceva il giorno prima Vasily, uno studente di Storia dell’Università di San Pietroburgo, anche lui preoccupato per la mobilitazione imminente. L’ultimo a pretendere a quel ruolo di leadership è stato Aleksey Navalny, l’oppositore che ora sta scontando una condanna di nove anni in una colonia di regime severo. Nonostante il suo movimento sia stato smantellato, Navalny continua a far sentire la sua voce. «Putin vuole sporcare di sangue centinaia di migliaia di persone», ha detto ieri l’oppositore, commentando la notizia della mobilitazione.
«L’entità di questo crimine e il numero delle persone coinvolte è in aumento, e questo viene fatto esclusivamente per garantire che una persona preservi il suo potere personale», ha proseguito. Il suo braccio destro Ivan Zhdanov, ora in esilio, ha chiamato i russi a protestare in ogni modo possibile, incluso appiccando fuoco agli uffici di arruolamento. Come dichiarato dalle autorità, la mobilitazione parziale prevede la chiamata alle armi di circa 300 mila riservisti che ora potrebbero essere inviati al fronte in Ucraina
Tuttavia, come fatto notare l’avvocato e attivista per i diritti umani Pavel Chikov, il numero dei mobilitati potrebbe ben presto crescere, data la vaghezza del decreto legge. «Di fatto sarà il Ministero della Difesa della Federazione Russa a decidere chi, da dove e in che numero inviare in guerra», ha scritto Chikov sul suo canale Telegram. Una cosa è sicura: i giorni in cui il conflitto in Ucraina era per i russi solo “un’operazione speciale”, un affare distante riguardante solo un numero limitato di militari professionisti e volontari, sono giunti al termine.
Ora la tragedia potrebbe toccare ogni famiglia, e per il russo qualunque sarà sempre più difficile restare indifferente.
A poche ore dall’annuncio di Putin, erano già in molti i cittadini ad aver ricevuto l’avviso di mobilitazione. Una volta in mano il documento, non presentarsi all’ufficio di arruolamento comporta la responsabilità penale. Intanto è iniziato un nuovo esodo di uomini in età di leva, simile a quello visto a febbraio, subito dopo l’inizio dell'”operazione speciale”. I prezzi dei biglietti aerei avevano incominciato ad aumentare sin dalla sera di martedì, dopo l’annuncio dell’imminente discorso di Putin
Turchia, Armenia, Azerbaijan le destinazioni più prese d’assalto: i biglietti per i voli di ieri si sono esauriti in poche ore, quelli per i giorni successivi sono schizzati alle stelle. Anche via terra, non sono rimaste molte vie di fuga: i Paesi baltici hanno da poco chiuso le frontiere ai cittadini russi non residenti. La Georgia, che aveva accolto la prima ondata di dissidenti in fuga dopo il 24 febbraio, ha recentemente iniziato a respingere i russi alla frontiera. Resta la Finlandia, che per ora ha i confini aperti. «Cercherò di raggiungere la Bielorussia in macchina», dice Dmitry, 34 anni, un agente immobiliare di San Pietroburgo. Per ora non rientra nelle categorie dei mobilitati ma non ha intenzione di aspettare un eventuale allargamento dei criteri, scenario che molti ritengono più che probabile. Suo fratello minore, Artem, un ufficiale in riserva, è quello più a rischio: potrebbe ricevere l’avviso di mobilitazione da un momento all’altro. I suoi amici, trasferitisi a Dubai subito dopo l’inizio del conflitto, stanno organizzando una colletta per comprargli un biglietto aereo e permettergli di raggiungerli. Dmitry e Artem hanno parenti ucraini e non hanno nessuna intenzione di andare a combattere. «Andrà sempre peggio. Vogliono costringerci a uccidere i nostri fratelli», si sfoga sconsolato Dmitry.
(da la Stampa)
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