Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
WASHINGTON HA AVVERTITO I VARI GOVERNI E FORNIRA’ LE INFORMAZIONI CLASSIFICATE
Dal 2014 a oggi la Russia ha finanziato con 300 milioni di dollari partiti politici e candidati in oltre 20 Paesi per accrescere la propria influenza.
A dirlo è un rapporto dell’intelligence statunitense. Gli Usa “ritengono che queste siano stime minime e che la Russia ha probabilmente versato segretamente ancora più fondi che non sono stati rintracciati”, ha affermato un alto funzionario di Washington.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha citato fonti dell’Intelligence in un messaggio inviato ad ambasciate e consolati americani, molti dei quali si trovano in Europa, Africa e sud dell’Asia.
Non vengono fatti nomi o citati Paesi ma il dipartimento è sicuro di poterli fornire presto. Fonti del dipartimento sostengono che la cifra di 300 milioni è considerata quella minima. Il trasferimento di denaro sarebbe molto più ampio.
Si tratta di informazioni declassificate di un report dell’intelligence Usa – contrassegnato come “sensibile” e non destinato a un pubblico straniero – che contengono una serie di punti di discussione che i diplomatici statunitensi erano stati incaricati di sollevare con i governi ospitanti in merito alle presunte interferenze russe.
Molti dei massimi funzionari della sicurezza nazionale del presidente Joe Biden hanno esperienza nel contrastare Mosca e hanno prestato servizio nel governo quando il presidente russo Vladimir Putin ha lanciato un’ampia campagna per influenzare le elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e del 2020.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
PRIMO: ANNUNCIANDO DI VOLARE “A WASHINGTON PER TRE GIORNI DI INCONTRI IN CUI ILLUSTRERÒ IL PROGRAMMA DI GIORGIA MELONI”. CHE CI AZZECCA CON IL CONTROLLO DEI SERVIZI?… SECONDO: LA MELONI NON HA DATO MANDATO A URSO DI VOLARE IN USA PER ILLUSTRARE GLORIE E SPLENDORI DI FRATELLI D’ITALIA E NON HA UNA GRAN STIMA DELL’EX FINIANO
“Da oggi a Washington per tre giorni di incontri in cui illustrerò il programma di Giorgia Meloni in politica estera, difesa e sicurezza e sui temi della cooperazione scientifica, tecnologica, economica e industriale. Previsti oltre venti incontri e una videoconferenza con la comunità italiana negli Usa. Incontrerò i principali think tanks americani, istituti e centro studi geopolitici, i rappresentati delle aziende italiane in Usa e delle aziende Usa in Italia, il direttivo della Niaf (National Italian American Foundation) e altri rappresentati della Comunità italiana, esponenti del Congresso componenti le commissioni intelligence, difesa, esteri e bilancio, politologi, analisti e consiglieri di politica estera e difesa”
Un fenomeno, Adolfo Urso: con una fava, ha preso due cantonate. Primo: annunciando su Facebook e Linkendin di volare “a Washington per tre giorni di incontri in cui illustrerò il programma di Giorgia Meloni in politica estera, difesa e sicurezza”, viola il suo mandato di presidente del Copasir, che è il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che esercita il controllo sull’operato dei servizi segreti italiani.
A presiedere tale organismo è un esponente dell’opposizione, appunto Adolfo Urso. Ecco: che ci azzecca il controllo dei servizi e volare a Washington per decantare il governo in pectore di Giorgia Meloni?
Secondo: risulta che la Draghetta non abbia dato mandato a Urso di recarsi a Washington per illustrare glorie e splendori di Fratelli d’Italia. Del resto, la stessa Meloni non ha una gran stima dell’ex finiano, legatissimo all’ex ministro di Alleanza Nazionale Altero Mattioli, trasformatosi poi in un imprenditore che, per anni, è stato in affari con l’Iran. Non esattamente un Paese caro agli Stati Uniti. “La storia ruota attorno alla Italy World Service srl, una società di consulenza in cui Urso ha avuto ruoli operativi e la rappresentanza legale, prima di cedere le quote al figlio nel luglio 2017”, scrive La Repubblica.
A Washington sono infatti perplessi (eufemismo) sulla visita di Urso, presidente di un organismo di un governo dimissionario.
Quindi i suoi decantati incontri americani saranno con esponenti a livello istituzionale del Copasir. Niente di più.
Su politica industriale, difesa e Deep State, si sa, che Donna Giorgia si è sempre affidata al suo consigliori Crosetto – e i due infatti non si parlano granché.
Fa eccezione la volta che, come presidente del Copasir, Urso portò Elisabetta Belloni, capo del Dis, in crisi con Franco Gabrielli, alla presenza della Meloni.
(da Dagoreport)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
DA CALENDA E RENZI UNA CAMPAGNA ELETTORALE TUTTA CONTRO IL CENTROSINISTRA PER ACCREDITARSI A DESTRA DOPO ESSERE STATI ELETTI NEL PD
Un velenoso scambio di battute ha visto come protagonisti il segretario di Azione Carlo Calenda e il leader di Impegno Civico Luigi di Maio, attuale ministro degli Esteri ed ex 5 Stelle, alleato nella coalizione di Centrosinsitra col Pd in vista delle prossime elezioni.
E, di nuovo, ad essere preso di mira è il passato del titolare della Farnesina, che secondo la diceria da giovane avrebbe lavorato allo stadio San Paolo come venditore di cibo e bevande (in realtà era un semplice steward).
Da qui, la squallida stoccata del leader del Terzo Polo: “Se una persona ha fatto il venditore di bibite non la assumerei mai nella mia azienda”. Non si è fatta attendere la (comprensibile) replica piccata di Di Maio.
Luigi Di Maio replica a Calenda: “Anche un venditore di bibite merita rispetto, alimenti la cultura dell’odio. Dovresti solo vergognarti”
Luigi Di Maio ha condiviso sul proprio profilo Instagram una foto in cui compare la faccia di Carlo Calenda con accanto le parole del leader di Azione e la scritta “dichiarazioni vergognose”. A descrizione del post in questione, il commento del leader di Impegno Civico: “Caro Calenda, anche un “venditore di bibite” merita rispetto. La cultura dell’odio e del disprezzo che tu alimenti è classista e discriminante. Chi nella vita è stato meno fortunato di te, e ha fatto lavori umili, non può essere denigrato e messo ai margini della società. Quelle persone vanno aiutate e valorizzate. Quelle persone per me sono eroi. Dovresti solo vergognarti”
Non è la prima volta che nel corso di questa campagna elettorale Calenda e Di Maio si lanciano frecciate velenose. Basti pensare a quando, lo scorso 18 agosto, il leader di Azione aveva scritto su Twitter dopo la rottura dell’alleanza col Pd: “Il sollievo fisico di non dover pensare a Di Maio come alleato vale da solo il 30% dei collegi di coalizione a cui abbiamo rinunciato”. E il ministro degli Esteri aveva prontamente ribattuto: “Carlo, il sollievo è reciproco. Continua a spargere odio e rancore, la cosa ti viene bene. Basta lezioni di coerenza. P.S. saluta Renzi”.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
SE ANCHE LE ELITE, CHE HANNO CAMPATO PER ANNI GRAZIE A LUI, LO ABBANDONANO, A CAUSA DELLE SANZIONI CHE INIZIANO A MORDERE, LO ZAR È DAVVERO FINITO
“Vladimir Putin? Kaput!”. È l’incipit dell’articolo di Alexander J. Motyl per “The Hill”, sito di Washington molto addentro alle “cose di Casa Bianca“.
L’analisi di Motyl parte da una lettera scritta da un soldato 26enne dell’esercito russo, V.V. Tarasenko, morto nella controffensiva ucraina nella provincia di Kharkiv.
Nella missiva, Tarasenko fa luce sulle reali condizioni delle truppe di “MAd Vlad”, costrette a combattere senza munizioni, mandate allo sbaraglio e a morte sicura.
Come scriveva ieri Gianluca Di Feo su “Repubblica”, il morale deii militari russi è bassissimo, sono “sempre più perplessi sulla situazione
(Putin) non ha armi speciali che possano rovesciare le sorti del conflitto. I missili a lungo raggio che piovono in queste ore su Kharkiv sono le ultime scorte, perché l’embargo ha paralizzato le fabbriche.
Insomma, per lo zar del Cremlino, ogni giorno che passa, si mette peggio. Putin ha le ore contate, e ormai lo sa benissimo anche lui, come lo sanno i politici russi, che in questi anni lo hanno sostenuto, appoggiato, idolatrato.
Le richieste di dimissioni che arrivano dai parlamenti locali continuano ad arrivare: ormai sono 50, (47 per la precisione), secondo la CNN.
Scrive Micol Flammini sul “Foglio”: “I deputati di diciassette distretti di Mosca e San Pietroburgo hanno firmato una dichiarazione per chiedere le dimissioni di Vladimir Putin
La scorsa settimana erano arrivate altre due richieste simili, che accusavano il presidente russo di arrecare un grande danno alla sicurezza della nazione. Attorno al Cremlino, mentre gli ucraini avanzano verso il confine orientale liberando i territori occupati dall’esercito di Mosca, è venuta giù l’unità che aveva contribuito a rendere forte e martellante in Russia l’idea che “l’operazione speciale” contro l’Ucraina fosse un dovere, anche di facile realizzazione”.
Non è stato così, grazie ai rifornimenti occidentali e alla resistenza di Zelensky e dei suoi compatrioti. I politici moscoviti hanno adottato una risoluzione che dichiara apertamente che Putin deve andarsene: “Chiediamo che si dimetta perché le sue opinioni e il suo modello di governo sono irrimediabilmente superati e impediscono lo sviluppo della Russia e del suo potenziale umano”.
I pietroburghesi sono stati ancora più radicali. Hanno proposto che la Duma di Stato, il moribondo parlamento russa, accusasse Putin di “tradimento di Stato” con l’intento di farlo rimuovere dall’incarico.§Amorale della favola, sintetizzata da Motyl: “Putin ha perso la sua legittimità e un governante – anche un dittatore- ha bisogno di essere considerato legittimo dalle élite e dalle masse per rimanere al potere. Se, come sembra probabile, le opinioni di Tarasenko e dei politici di Mosca e San Pietroburgo sono diffuse, allora la decadenza in corso dell’esercito russo può solo accelerare e il malcontento popolare può solo aumentare. Un’esplosione sociale potrebbe essere inevitabile. Qualunque sia lo scenario, la fine di Putin è sicuramente vicina e il mondo farebbe bene a minimizzare le possibilità che agisca in modo ancora più distruttivo, accelerando una vittoria ucraina e dando così una spinta all’opposizione democratica russa e chiudendo l’era Putin il prima possibile”.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
OLTRE MILLE, PER L’ESATTEZZA 1.232, HANNO UNA LAUREA, 10.445 UN DIPLOMA DI SCUOLA MEDIA SUPERIORE: “HO UNA FAMIGLIA, I TEMPI SONO QUELLI CHE SONO, IL LAVORO È LAVORO. SE MI PIGLIANO SARÒ UNA NETTURBINA CON LA LAUREA”
Tutti in coda per un posto da spazzino. La Napoli in perenne ricerca di lavoro ieri si è ritrovata dinanzi all’ingresso della Mostra d’Oltremare per provare a vincere il concorso e lavorare come operatore ecologico nell'”Asia”, la più grande azienda di servizi di igiene ambientale del Sud. Cinquecento i posti a disposizione, 26.114 i candidati; non è un record ma ci manca poco. Oltre mille partecipanti – per l’esattezza 1.232 – hanno una laurea, 10.445 un diploma di scuola media superiore, il resto, dunque la maggior parte, possiede la sola licenza media.
Nel lungo percorso transennato c’è di tutto, dal giovanotto in bermuda e maglietta volutamente sgualcita alla signora con un attillato vestito leopardato, dagli over 35 accompagnati da mammà alle donne in stato di gravidanza, sino ai non pochi signori con i capelli grigi o persino bianchi. I candidati che superano i 50 anni sfiorano quota tremila.
Sono tutti in attesa di entrare, hanno una busta gialla con gli effetti personali (borse e zaini sono stati trattenuti come da prassi) e appaiono piuttosto tesi. Il pensiero è rivolto ai cinquanta quesiti a risposta multipla, e al fatto che ci sono cinquanta minuti per rispondere ad almeno trenta quiz sorteggiati fra oltre cinquemila domande di cultura generale, nozioni di igiene ambientale, gestione rifiuti e altro.
Il tema delle risposte si riverbera anche dall’altra parte delle transenne, lì dove sta uscendo chi ha già fatto l’esame. «Io proprio non ho capito il criterio, tante domande per andare a scopare le strade?», dice Luisa. Che poi aggiunge ironica: «Se non so chi ha vinto il festival di Sanremo o non ho visto i film sui pirati non sono idonea al lavoro di spazzino?». Il riferimento è a due quiz che chiedono l’anno in cui i Maneskin hanno vinto la celebre gara canora e il nome del capitano della saga dei Pirati dei Caraibi, una polemica già riecheggiata.
Tra chi aspetta di entrare, invece, c’è Daniele Aterrano, neolaureato in lingua cinese, uno dei pochi disposti a parlare: «Sì, lo so, con il mio titolo di studio le aspettative sarebbero diverse, che dire?, la situazione la conosciamo tutti. Io provo a fare tutte le cose che posso fare, poi vediamo. Tanti amici mi dicono “sali” (al Nord, ndr), però trasferirsi non è una cosa così semplice, e lo stesso vale per la Cina, dove per giunta hanno ancora problemi con il Covid».
Ha qualche desiderio nel cassetto? «Vorrei usare la mia laurea e lavorare con le aziende». Sorride al taccuino della Stampa anche Angela, che sembra una ragazzina ma ha trentotto anni e la fede al dito. «Ho una laurea in Scienze sociali ma sono ancora una precaria. Che dovevo fare? Ho una famiglia, i tempi sono quelli che sono, il lavoro è lavoro. Se mi pigliano sarò una netturbina con la laurea».
Dalla fila, gli sguardi non sembrano essere proprio benevoli, già nei giorni scorsi si erano accese delle spiacevoli discussioni sul web. Una sorta di piccola guerra dei poveri: «… tu solo questo concorso puoi fare, lui (il laureato, ndr) può farne un altro domani (…) chi ha la terza media invece cosa dovrà fare una volta che finirà il concorso per Asia?», si legge in uno dei “post” apparsi sulla chat del concorsone. Fortunatamente la querelle, anche per merito del sole cocente, non attecchisce nello slargo che introduce alla Mostra, gigantesca sede fieristica che negli anni Trenta – insieme all’Eur di Roma – celebrò i fasti dell'”impero” fascista. Ieri i gerarchi che credevano di conquistare il mondo, oggi le folle dei disoccupati disposti a ramazzare le strade.
«Da piccolo venivo a vedere la Fiera», ci confida un altro aspirante netturbino dopo averci visto fotografare le imponenti architetture del Ventennio, e che tuttavia, benché non sia più giovane, non può aver assistito a quelle adunate. «No, no, mi riferivo alla Fiera della Casa – chiarisce ridendo –, era un appuntamento imperdibile. Allora pensavo che da grande mi sarei comprato una di quelle case bellissime e invece mo’ sto qua per provare a fare il monnezzaro, alla mia metà…». Le confidenze seguono l’umore e s’interrompono bruscamente con un drastico «niente fotografie per favore».
Chi invece non ha problemi a farsi riprendere e a dire il suo nome è un laureando dell’Orientale (in francese e in spagnolo). Enzo Brian Baldi è un bel ragazzo dalle idee chiare: «Ovviamente fare lo scopatore non è il mio sogno – sorride con garbata ironia – ma questa era una cosa che andava fatta, non è che si può stare con le mani in mano. Poi si vedrà». A Napoli? «No, no, l’obiettivo è andar via. Appena potrò seguirò l’esempio dei miei fratelli». E torna, dunque, il vecchio messaggio: lavorare è fondamentale, ma lavorare da un’altra parte è meglio. Un mantra che da almeno un secolo a questa parte ha riempito il mondo di meridionali operosi e intraprendenti.
(da La Stampa)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
GIUSEPPE CONTE: “NOI ABBIAMO SEMPRE APPOGGIATO GLI AIUTI MILITARI ALL’UCRAINA’… MATTEO SALVINI: “ABBIAMO SEMPRE SOSTENUTO MILITARMENTE L’UCRAINA E CONTINUEREMO A FARLO’…. IL TALENTO CONTEMPORANEO È DIRE UNA COSA CHE VALE L’ALTRA E NON PENSARNE NESSUNA
Domenica, Giuseppe Conte (no alle armi usate per l’offensiva ucraina, 27 aprile; no all’invio in Ucraina di armi letali, 2 aprile; dopo il terzo decreto basta armi all’Ucraina, 12 maggio; serve una nuova strategia, non mandare nuove armi, 13 maggio; basta, sull’invio delle armi l’Italia ha già dato, 17 maggio, basta inviare armi, adesso è il momento del dialogo, 21 maggio; non servono nuove armi, è il momento della pace, 26 maggio; inviando altre armi non avremo la pace, 1 agosto; noi pensiamo alla pace, gli altri alle armi, 21 agosto) ha detto di essere molto contento della vincente controffensiva ucraina, infatti «noi abbiamo sempre appoggiato gli aiuti militari».
Ieri, Matteo Salvini (mandare più armi non avvicina la pace, 31 marzo; continuando a fornire armi non ne usciamo, 28 aprile; darmi più armi è una risposta debole, 3 maggio; più armi, più morti, 4 maggio; ulteriori invii di armi non sono la soluzione, 16 maggio; dopo tre mesi di guerra conto sullo stop all’invio delle armi, 18 maggio; non ci sto a inviare altre armi, 19 maggio; l’invio delle armi è un errore madornale, 24 maggio; la priorità adesso è fermare l’invio delle armi, 26 maggio; noi parliamo di pace, la sinistra parla di armi, 31 maggio; più armi mandiamo più è difficile il dialogo, 7 giugno; in Parlamento si parli di pace, non di armi, 10 giugno; le armi ad oltranza non sono la soluzione, 23 giugno) ha detto che a destra «abbiamo sempre sostenuto militarmente l’Ucraina e continueremo a farlo».
In politica, dire una cosa e pensarne un’altra può essere una necessità. Ma il talento contemporaneo è dire una cosa che vale l’altra e non pensarne nessuna.
(da La Stampa)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
UN RAPIDO CROLLO RIMANE IMPROBABILE, MA LA CONTROFFENSIVA DI KIEV È COMUNQUE UNA SVOLTA… E’ FALLITO L’OBIETTIVO PRIMARIO DELL’INVASIONE: LA CONQUISTA DI TUTTA LA REGIONE DEL DONBASS
La straordinaria rapidità e il successo della controffensiva ucraina nel nord del Paese stanno facendo emergere possibilità che pochi avevano preso in considerazione quando la Russia ha invaso l’Ucraina a febbraio: che il suo esercito possa essere sconfitto o che possa addirittura crollare.
Un rapido crollo rimane improbabile, dato che non sono chiari nemmeno gli sviluppi della giornata sul campo di battaglia, per non parlare dei piani e delle condizioni precise dei militari russi e ucraini. La Russia controlla ancora circa un quinto del territorio ucraino, superando anche i 3.000 chilometri quadrati che l’Ucraina dice di aver riconquistato questo mese.
Tuttavia, sia per gli osservatori militari russi che per quelli occidentali, c’erano pochi dubbi sul fatto che l’ultima offensiva segnasse un punto di svolta nel più grande conflitto armato che l’Europa abbia mai visto dalla Seconda Guerra Mondiale, almeno interrompendo l’obiettivo dichiarato del presidente Vladimir Putin di conquistare tutta la regione orientale ucraina del Donbas.
“Direi che è un momento cruciale e pericoloso”, ha dichiarato lunedì l’ex direttore della CIA e segretario alla Difesa degli Stati Uniti Leon Panetta in un’intervista a “Balance of Power with David Westin” di Bloomberg Television. Temendo che la Russia possa inasprire il conflitto, anche con un potenziale attacco nucleare tattico, se si sente a rischio di perdere, Panetta ha detto: “È pericoloso perché Putin, se è chiuso in un angolo, deve contrattaccare” – scrive Bloomberg.
Lawrence Freedman, storico militare e professore emerito di studi sulla guerra al King’s College di Londra, ha scritto in un post sul blog del fine settimana che “questa offensiva ha ribaltato gran parte di ciò che si era ipotizzato con sicurezza sull’andamento della guerra”.
Secondo Freedman, l’ipotesi ampiamente condivisa che la guerra fosse destinata a una situazione di stallo per tutto l’inverno è stata stravolta. Non si può più escludere nemmeno un improvviso crollo russo.
“Come per la bancarotta, così per la sconfitta militare”, ha scritto Freedman. “Ciò che sembra essere una lunga e dolorosa battaglia può rapidamente trasformarsi in una disfatta”.
I filmati e i resoconti del caos della ritirata russa, che ha lasciato dietro di sé scorte consistenti, anche se non ancora quantificabili, di armature e munizioni russe, hanno continuato a emergere lunedì, sbalordendo molti.
L’abbandono da parte della Russia di Izyum, un punto di sosta chiave per le truppe e le armi, è stato ampiamente considerato critico. “La riconquista ucraina di Izyum ha messo fine alla prospettiva che la Russia potesse raggiungere i suoi obiettivi dichiarati nell’Oblast di Donetsk”, ha dichiarato l’Institute for the Study of War, un think tank di Washington, nel suo rapporto quotidiano sul conflitto.
L’impatto del successo ucraino sulla guerra dipenderà in gran parte dalla risposta della Russia, che ha visto vanificato prima il tentativo di conquistare la capitale Kiev e ora l’obiettivo di ripiego di conquistare tutta la regione del Donbas. Finora Putin è stato riluttante a dichiarare formalmente guerra e a mobilitare la nazione, a colpire gli alleati dell’Ucraina o a dare seguito agli accenni a una potenziale risposta nucleare.
Presagio dell’inverno
Fino a lunedì c’erano pochi segni che la Russia avesse le riserve pronte per colpire rapidamente. Invece, domenica e lunedì, missili a lungo raggio hanno colpito le infrastrutture elettriche civili a Kharkiv, Dnipro e altre città ucraine, causando blackout che potrebbero far presagire un inverno lungo e freddo per i civili ucraini. I commentatori della TV russa hanno accolto con favore gli attacchi e ne hanno invocati altri.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che l'”operazione militare speciale” in Ucraina continuerà fino a quando non avrà raggiunto i suoi obiettivi originari. Putin non ha mostrato segni esteriori di preoccupazione, dicendo a un incontro economico lunedì che aveva passato la mattinata a lavorare sul bilancio del prossimo anno.
“La situazione rimarrà invariata fino al prossimo anno, a meno che i russi non prendano una decisione politica di ritirarsi”, ha dichiarato in un’intervista telefonica Jack Watling, ricercatore senior per la guerra terrestre presso il Royal United Services Institute di Londra. “Questo è dovuto in gran parte al fatto che gli ucraini non hanno le riserve per sfruttare questa situazione e andare fino in fondo”.
La velocità della controffensiva di Kharkiv ha rivelato che l’Ucraina gode ora di un chiaro vantaggio in termini di uomini, mostrando la capacità di ruotare e dispiegare truppe fresche su più fronti in modi che sembrano sfuggire alla Russia, ha detto Michael Kofman, specialista militare russo presso il think tank sulla sicurezza CNA a Washington, in un’intervista via Twitter del 10 settembre.
“Tutto questo li sta portando, dal mio punto di vista, in un unico luogo”, ha detto Kofman. “La guerra non è sostenibile per le forze armate russe, sia per i problemi di truppe, sia per i problemi di qualità delle forze, sia per i problemi di competenza”
Tuttavia, i dettagli dei combattimenti dell’ultima settimana sono ancora troppo nebulosi per capire quanto pesante possa essere il colpo inferto dalla vittoria ucraina nella provincia di Kharkiv, ha detto Kofman.
A seguito dei recenti rovesci, il Cremlino ha rimandato i referendum previsti nei prossimi mesi per l’annessione del territorio ucraino nelle regioni orientali del Donbas, Luhansk e Donetsk, e nelle province meridionali di Kherson e Zaporozhzhia.
Festeggiamenti moderati
I funzionari ucraini, tra cui il ministro della Difesa Oleksii Reznikov in un’intervista al Financial Times, hanno temperato i loro festeggiamenti con inviti alla cautela e al consolidamento, piuttosto che rischiare che forze stanche e sovraccariche vengano schiacciate da un contrattacco russo.
“La fase di sfondamento, di rapida avanzata, di tsunami è stata sostituita da una fase di consolidamento dei risultati e di lotta per l’occupazione delle linee più vantaggiose – come trampolini di lancio per i prossimi lanci”, ha dichiarato lunedì Oleksiy Arestovych, consigliere dell’ufficio del presidente ucraino, in un post su Twitter.
Tuttavia, la disperazione e la rabbia per l’andamento della guerra hanno continuato a crescere anche tra i blogger militari nazionalisti russi e si sono insinuati persino nella TV nazionale, dove l’ex deputato russo Boris Nadezhdin ha detto che Putin è stato ingannato nel lanciare una guerra “coloniale” che era “impossibile da vincere”. Altri ospiti hanno chiesto alla Russia di scatenare tutta la sua capacità militare contro l’Ucraina.
(da Blomberg)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
LA MELONI VOLEVA FARE LE PULCI AL PNRR SENZA NEANCHE SAPERE COME FUNZIONA
Nella sua foga anti-europea Giorgia Meloni ha mostrato la pretesa di intascare i soldi del Pnrr senza dare al merito all’Unione Europea, anzi facendo la bocca storta e perfino lamentandosi sul fatto che la parte del prestito (un’altra parte è a fondo perduto ma la Meloni pur di recitare il ruolo di quella che schifa la Ue ha fatto finta che fossero briciole) fosse a tasso indefinito.
Ossia la Meloni voleva fare le pulci al Pnrr senza nemmeno sapere come funzionasse il Pnrr. E si è presa una lavata di testa.
La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni «ieri ha detto che non sappiamo che tasso paghiamo sui prestiti del Pnrr. E’ lo stesso tasso che l’Ue paga per finanziarsi. Non e’ un numero preciso: varia con le condizioni di mercato, ma e’ ora di circa 2 punti piu’ basso di quello che paghiamo sul nostro debito. Basta bufale».
Lo scrive su Twitter l’economista Carlo Cottarelli, candidato del Partito democratico in Lombardia.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2022 Riccardo Fucile
“VI FACCIO CONOSCERE GIOVINAZZO”: PECCATO CHE LA FOTO FOSSE DI MOLFETTA
La candidata alla Camera dei Deputati di Forza Italia Rita Dalla Chiesa, capolista per il proporzionale e per il collegio uninominale, si trova attualmente tra i comuni del collegio Bari-Molfetta (dove è candidata) per il suo tour elettorale.
E, nelle ultime ore, ha fatto molto discutere uno scivolone “geografico” che l’ha vista protagonista e che non è sfuggito agli occhi attenti degli utenti social.
Nel promuovere la sua candidatura sul web, infatti, la figlia del generale ucciso dalla mafia ha commesso un grave errore scambiando Molfetta per Giovinazzo.
Nello specifico, la giornalista ha pubblicato una foto di Molfetta scrivendo come descrizione: “Diario di una campagna elettorale in Puglia, faticosa ma piena di realtà professionali importanti. E di troppi problemi che le persone aspettano che vengano finalmente risolti. Intanto, vi faccio conoscere Giovinazzo. Città di mare, di opere d’arte, di cultura e di giovani con grandi speranze”.
Il post con lo scivolone è stato subito cancellato dai profili social di Rita Dalla Chiesa ed è stato prontamente sostituito con le immagini giuste. Ma non è bastato: molti si sono accorti della gaffe prima dell’eliminazione della stessa, come gli attivisti del Movimento 5 Stelle, che hanno colto la palla al balzo per rilanciare quel post e dimostrare la poca conoscenza del territorio della candidata forzista. I pentastellati hanno scritto: “Questo succede quando i candidati vengono calati dall’alto e devono fare corsi accelerati sui territori che dicono di voler rappresentare in Parlamento. Noi però siamo buoni: Rita quando vuoi sapere qualcosa su Molfetta, Giovinazzo e paesi limitrofi siamo a disposizione. A differenza tua qui siamo nati e cresciuti”.
In ogni caso, la candidatura di Rita Dalla Chiesa con i berlusconiani non è stata presa benissimo da molti sin dall’inizio, con un utente che aveva fatto notare come fosse “figlia del generale Dalla Chiesa ucciso proprio dalla mafia candidata con Forza Italia”.
Lo scivolone di oggi di certo non migliora le cose per la candidata forzista, la cui breve ma faticosa corsa verso il 25 settembre sembra farsi sempre più accidentata.
(da agenzie)
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