Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
IL CITTADINO DESIDERA, OLTRE CHE UNA SOLUZIONE TAMPONE LIMITATA NEL TEMPO, ANCHE UNA VISIONE A LUNGO TERMINE
Mancano due settimane al voto e il partito degli indecisi è ancora quello che raccoglie il maggior numero di elettori. Prosegue, più lenta la salita di Fratelli d’Italia che cerca di sfondare il suo tetto di cristallo.
Il Pd contrae i suoi consensi regalando voti al M5S e ai Verdi-Sinistra italiana, suoi alleati di coalizione. I confronti importanti degli ultimi 15 giorni di campagna elettorale si scoprono nel testa a testa tra il M5S, in netta crescita sull’onda dei temi sociali e del reddito di cittadinanza cavalcati fortemente da Conte in tutti i suoi interventi pubblici, e la Lega di Salvini, ancora in calo
Un altro confronto importante vede protagoniste Azione-Italia Viva di Calenda e Renzi e Forza Italia. Per correttezza è importante ricordare che in tutti i sondaggi pubblicati fino a ieri – prima della par condicio – l’errore statistico è sempre stato intorno al 3,1% e per questo i confronti appaiono ancora più tormentati in queste due settimane di black out di numeri.
Raffrontando i risultati delle coalizioni in campo si evince che il centro destra si trova in un buon vantaggio sia a livello di percentuali sia a livello di seggi sia alla Camera sia al Senato al netto di quei pochi collegi ancora incerti sul loro esito.
L’affluenza che si registra oggi è ancora scarsa per diversi motivi tra cui gli elettori segnalano il fatto che il 25 settembre si voti nel solo giorno di domenica e che non sia permesso ad esempio agli studenti e ai lavoratori fuori sede di votare a distanza.
Il fatto che sia inusuale, nella storia d’Italia, il voto alla fine dell’estate potrà incidere sul tasso di partecipazione anche se questa è una tendenza costante da almeno un decennio. Si è assistito a una campagna elettorale “bizzarra”.
Un’assoluta novità vista la contemporanea presenza di comizi – reali e virtuali – e ombrelloni. Sicuramente, dopo la sbornia della vittoria, dal 26 settembre, in concomitanza con l’arrivo dell’autunno, ritornerà il peso di quei due anni difficili, drammatici e complicati che ha vissuto il nostro Paese.
All’improvviso gli italiani si sveglieranno dal torpore delle promesse e dalle cifre miliardarie di cui si è dissertato durante tutta la campagna elettorale. Una campagna elettorale che a giudizio degli elettori è apparsa molto concentrata sul tema delle bollette e dell’energia non lasciando spazio ad altri argomenti – che ne sarà delle restrizioni Covid? – e che ha visto anche i leader reticenti ad affrontare dei dibattiti pubblici multipli dove tutti avrebbero potuto avere l’opportunità di segnare una differenza netta tra le diverse proposte.
Proprio perché la situazione appare complicata il cittadino desidera, oltre che una soluzione tampone limitata nel tempo, anche una visione a lungo termine basata su un percorso, differente a seconda della coalizione/partito, che possa marcare quelle diversità tra le parti politiche che ancora oggi l’elettore fa fatica a distinguere.
I leader nazionali e i loro partiti sono chiamati a credere nelle loro posizioni. È la politica come servizio al cittadino. È la capacità di riuscire a catturare la fiducia di quegli elettori ancora indecisi che si muovono nella nebbia delle promesse elettorali.
Alessandra Ghisleri
(da La Stampa)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
IL COLLETTIVO RUSSO SUONERA’ L’11 SETTEMBRE AL TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI
Le abbiamo conosciute nel 2011, quando hanno iniziato a esibirsi in perfomance non autorizzate di guerriglia punk rock, trasformate poi in video musicali diffusi sulla rete.
Le Pussy Riot, gruppo musicale russo femminista e politicamente impegnato, soprattutto nel contestare Vladimir Putin, sono ora note in tutto il mondo.
Soprattutto dopo la celebre esibizione di protesta nella Cattedrale del San Salvatore di Mosca in cui, con la canzone Maria Vergine, liberaci da Putin denunciarono la subalternità e la complicità della chiesa ortodossa al potere. In quell’occasione, nel febbraio 2012, furono arrestate per blasfemia e condannate a due anni nella colonia penale in Siberia. Liberate alla fine del 2013, tra di loro Maria ‘Masha’ Alyokhina (autrice e attrice), Diana ‘Kot’ Burkot (cantante, attrice, batterista) e Taso Pletner (sassofonista), hanno subito ripreso con i loro spettacoli, video e testi musicali, combattendo ogni volta contestazioni, minacce e ulteriori arresti.
Ora il collettivo russo farà tappa a Milano (alle ore 22 di domenica 11 settembre al Teatro degli Arcimboldi) per l’unica data italiana dei Riot Days, una combinazione innovativa di musica dal vivo, teatro e video nata nel dicembre 2016 e basata sull’omonimo libro di Maria Alyokhina, che racconta la sua storia personale come membro delle Pussy Riot tra azioni nella piazza Rossa e nella Cattedrale, arresto, tribunale e prigione. E che sensibilizza su temi importanti: fluidità di genere, inclusività, matriarcato, amore, decentramento, anarchia ed etica punk. M
a anche sull’aggressione dell’Ucraina, a cui le Pussy Riot vogliono mostrare tutto il loro sostegno. Il contenuto del concerto, però, non è così scontato: lo spettacolo cambia frequentemente, con sempre nuovi episodi e nuovi brani musicali. Ad alcuni media italiani hanno anticipato che «si tratta di un manifesto punk che ripercorre la nostra storia attraverso musica, danza, canzoni, parole. E materiali video delle nostre azioni politiche, movimenti del corpo… Non è uno spettacolo teatrale classicamente inteso…».
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI CRESCONO NEI SONDAGGI: IL PARTITO “DEMOCRATICI SVEDESI” E’ RAZZISTA E HA LEGAMI CON GRUPPI NEONAZISTI E CON LA RUSSIA
Domenica 11 settembre i cittadini svedesi saranno chiamati alle urne per eleggere i 349 membri del loro Parlamento (Riksdag) in un contesto sociale più diviso e teso che mai.
A sconvolgere gli equilibri politici svedesi è la possibilità concreta che i Democratici Svedesi, partito di estrema destra che dal 2010 in poi ha raddoppiato i consensi un’elezione dopo l’altra, conquistando nel 2018 il 17,5 per cento dei consensi, diventi la seconda forza politica del Paese dopo i Socialdemocratici dell’attuale premier Magdalena Andersson, dati da Politico al 29 per cento.
A guidarli verso quello che i sondaggi da circa un mese prevedono sarà almeno il 20 per cento dei voti, il giovane politico Jimmie Åkesson, classe 1979.
La predominanza dei Democratici Svedesi, ma non solo, ha portato la campagna elettorale ad infiammarsi soprattutto sul tema dell’immigrazione e della sicurezza
La campagna elettorale, nonostante gli sconvolgimenti internazionali che hanno toccato da vicino la Svezia – basti pensare alla rapidissima adesione alla Nato in compagnia della Finlandia, che ha rotto la bisecolare neutralità del Paese – il dibattito pubblico e politico si è concentrato quasi esclusivamente sugli affari interni.
C’è stato spazio ovviamente per la crisi energetica e quella ambientale, ma a dominare la conversazione sono state le politiche migratorie, giudicate troppo morbide, e la lotta ai narcotrafficanti.
Nell’ultimo anno il numero di vittime e casi di faide tra gruppi ha riempito le cronache nazionali, e anche i socialdemocratici si sono allineati alla narrativa della destra promettendo di «combattere il crimine a ogni costo»
Chi sono i Democratici Svedesi
Formazione politica nata nel 1988 tramite l’unificazione di varie forze della galassia dell’estrema destra svedese, i Democratici Svedesi vogliono contrastare «l’immigrazione e l’islamizzazione della Svezia». Il partito si è sempre fatto portatore di campagne xenofobe e razziste contro i migranti e i richiedenti asilo e oggi descrive il Paese scandinavo come in mano a orde di criminali e baby gang di stranieri.
Quasi ogni settimana, dirigenti e amministratori del partito sono coinvolti in scandali per legami, passati e presenti, con gruppi dell’estrema destra dichiaratamente neonazisti, come l’Nmr (Movimento di resistenza nordica).
Il loro slogan («La Svezia tornerà a essere buona») richiama il più famoso Make America Great Again, cavallo di battaglia di Donald Trump. Come le loro caratteristiche e istanze politiche ricordano quelle di Fratelli d’Italia, di cui sono alleati in Unione europea nel Gruppo dei conservatori e dei riformisti europei (Ecr), guidato proprio da Giorgia Meloni: campagne contro migranti e Islam, nazionalismo anticomunitario, rapporti con la destra statunitense e con quella russa.
I presunti legami con il Cremlino
Venerdì scorso, i Socialdemocratici hanno accusato Åkesson di essere una minaccia per la sicurezza dello Stato per presunti legami con il Cremlino dopo che, lo scorso marzo, il leader dei Democratici Svedesi aveva risposto a una giornalista dichiarando di «non saper scegliere tra Biden e Putin» in merito al conflitto ucraino.
Le previsioni
Le elezioni del 2018 si erano concluse con un testa a testa tra le coalizione rosso-verde e centro-destra, che ci misero quattro mesi ad accordarsi per formare un governo. Nominarono a gennaio 2019 il premier socialdemocratico Stefan Löfven, poi sostituito alla fine del 2021 dall’attuale prima ministra Magdalena Andersson, ora ufficialmente candidata a governare il Paese. Se anche questa volta lo scontro si profila tra le due coalizioni di schieramento opposto, ciò che preoccupa sia a destra che a sinistra è il sorpasso dei Moderati (17,3%) da parte dei Democratici Svedesi, con cui bisognerà necessariamente scendere a patti. Finora tutti i partiti avevano chiuso la porta in faccia ad Åkesson per via delle sue posizioni politiche estreme, ma ora molte formazioni di destra si dichiarano disponibili a collaborare in un eventuale governo a maggioranza di centrodestra (secondo le stime l’unico modo portare la destra al potere), attirandosi le feroci critiche dei partiti di centrosinistra.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
“SONO CONTRO LA DISPUTA DELL’INCONTRO FINCHÉ CI SARANNO INNOCENTI CHE SOFFRONO. INTENDO SOLIDARIZZARE CON GLI UCRAINI”
No alla partita con la Russia. Edin Dzeko, come Miralem Pjanic, si è detto contrario a giocare l’amichevole prevista dalla sua nazionale, la Bosnia-Erzegovina, il 19 novembre a San Pietroburgo, in segno di solidarietà con il popolo ucraino. ”
Sono contro la disputa dell’incontro finchè ci saranno persone innocenti che soffrono. Sono sempre stato a favore della pace, e intendo solidarizzare con i cittadini ucraini in questo periodo difficile per loro”, ha detto l’attaccante dell’Inter a Sportsport.ba.
In precedenza a criticare la decisione della Federcalcio bosniaca di accettare l’invito di Mosca a tenere un’amichevole con la nazionale russa era stato Pjanic, che aveva parlato di ‘decisione scandalosa’.
L’incontro dovrebbe svolgersi alla vigilia dell’apertura dei Mondiali in Qatar, previsti dal 20 novembre al 18 dicembre, e ai quali non prenderanno parte nè Bosnia-Erzegovina nè Russia. La Federcalcio russa, stando ai media, oltre che con la Bosnia-Erzegovina, ha concordato amichevoli anche con Iran e Kirghizistan. Per l’intervento armato in Ucraina, Fifa e Uefa hanno escluso la Russia da tutte le competizioni ufficiali, autorizzandola tuttavia a organizzare incontri amichevoli.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE DI ZELENSKY PODOLYAK: “NON E’ PERSONA GRADITA, VUOLE SOLO RECUPERARE LA FACCIA IN ITALIA”
Berlusconi come mediatore tra Putin e Zelensky? No grazie. La risposta arriva direttamente da Kiev, dopo che lo stesso leader di Forza Italia – nei giorni scorsi – si è riproposto con il ruolo di interlocutore: “Se c’è una persona che può lavorare al mio posto o al mio fianco è la signora Merkel, con lei mi sentirei di tentare un convincimento”, ha detto Berlusconi a Porta a Porta.
La replica ucraina è stata affidata a Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky: “Arrivano strane proposte da certe figure per mediare tra Ucraina e Russia – ha twittato – ma vanno considerate come un tentativo di utilizzare l’argomento Ucraina per recuperare la faccia nei propri Paesi. Ogni mediatore deve avere credibilità, autorità, rilevanza. Di sicuro né Berlusconi né Merkel ce l’hanno”.
Insomma, una replica durissima alla proposta di Berlusconi, accusato sostanzialmente di voler recuperare credibilità durante la campagna elettorale italiana.
Non è la prima volta, in ogni caso, che Berlusconi viene proposto come mediatore del conflitto tra Russia e Ucraina. Era stato Antonio Tajani, nel marzo scorso, a dire che il leader di Forza Italia sarebbe stato il profilo adatto. Al momento, però, non se n’è fatto niente. E l’opinione di Kiev ora è chiara: Berlusconi non è un mediatore gradito. Tantomeno in campagna elettorale.
(da Fanpage)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
NON È L’UNICA LOTTA FRATRICIDA PER LO STESSO SEGGIO: CORRE ANCHE LUIGI DI MAIO, CHE SI TROVA DI FRONTE SERGIO COSTA, CHE GRAZIE A LUI DIVENNE MINISTRO
Era una storica roccaforte rossa, quando il centrosinistra non si chiamava ancora così. Ma il distretto che ha “allevato” in loco ministri e presidenti della Camera, da Rosa Russo Iervolino a Giorgio Napolitano, dovrà vedersela oggi con troppi catapultati e il meno prevedibile dei duelli: Maria Rosaria, alias Mara, contro Mariarosaria, tutto attaccato. Ovvero, Carfagna versus Rossi. Un tempo relativamente alleate, oggi nemiche tra loro e, da angolazioni diverse, avversarie di Silvio. Entrambe “atterrate” in un territorio complesso.
Di là, il vuoto lasciato dall’ex acciaieria Italsider; in fondo, la costa di Bagnoli con i suoi progetti di nuova vita che hanno consumato la fiducia dei cittadini. In mezzo, lo stadio San Paolo e la memoria di Diego Armando, come lenitivo di ogni ferita.
È in questo spettro di Napoli ovest, nel collegio 2 Uninominale di Fuorigrotta, che sono in campo e candidate alla Camera la ministra uscente vicina a Draghi e la senatrice che ha sposato la causa dei totiani, con la quarta gamba di “Noi moderati”. Vince chi porta a casa anche un solo voto in più rispetto agli altri nomi, e nella mega circoscrizione – quasi mezza città di Napoli, così come detta il Rosatellum – la vera battaglia è quasi tutta tra i big venuti da fuori.
Di Maio contro l’ex ministro Costa
Nello stesso collegio, infatti, corrono anche Luigi Di Maio, candidato per Pd e centrosinistra, e il suo ex amico ministro Sergio Costa, che lo sfida per il Movimento 5S. “Carfagna è qui solo per aiutare Di Maio. Ogni voto dato a lei è un vantaggio e un favore fatto a lui”, ha già sibilato Rossi.
Carfagna non ha colto, mentre l’altra insiste: “Tanto la ministra uscente non ha nessuna possibilità di farcela a Fuorigrotta, ed io non mi sento sconfitta”. Sono parlamentari ormai esperte, le ex “pupille” – con profili ben distinti – del berlusconismo che fu. Entrambe hanno sbattuto la porta, o solo giocato d’anticipo sulla loro emarginazione.
E se a questo si aggiunge il trascurabile dettaglio che a pochissimi metri dal seggio principale di Fuorigrotta, scuola Leopardi, abitava – e vi tornava sempre, per votare – l’allora first lady Francesca Pascale (nella sua vecchia vita: oggi è felicemente sposata con Paola Turci e residente in Toscana ), si capisce quanto polverizzata sia quell’Italia azzurra.
Un cerchio è chiuso, non solo quello “magico”, come fu ribattezzato intorno alla determinazione di Pascale, Rossi e Carfagna. Che hanno perso di fronte al potere della linea Ronzulli, con i berluscones a trazione Lega. E il passato delle due ex signore di FI è evaporato d’un colpo. Un po’ come la struttura di questo grande quartiere, oggi a rischio di crescente astensione.
“Carfagna, Rossi? Non mi dite niente: lo so che è sbagliato, ma io non vado proprio a votare, ci hanno abbattuto piano piano con le delusioni”, alza le braccia Ernesto Arenoso, 70enne titolare di uno storico locale di Fuorigrotta, il bar Monnalisa.
“Sapete qui dentro quanti comunisti sono entrati, a quante discussioni ho assistito? Oggi si parla solo di bollette, degli aumenti sulla pasta e il pane. E a me tutti questi leader mi hanno deluso alla stessa maniera. Cambiano solo lo slogan, poi badano più a farsi le scarpe tra loro che a pensare a un’azione positiva per noi”. Nessuna eccezione? “Ho la prova: se ci tenevano al Paese, avrebbero lasciato Draghi a lavorare in ufficio questi altri otto mesi”.
Le opinioni degli abitanti
A pochi metri, la pensano invece all’opposto. “Berlusconi io l’ho sempre votato e lo rivoterò un’altra volta. Lo so che è vecchio ormai, potrebbe godersi la vita, ma la sua passione politica ti contagia , è importante”, sottolinea Maria Grazia Vecchione, cassiera allo chalet Gazebo.
Chi invece non ne può di vecchi leader e competizione tra signore di centrodestra “ché poi queste parlamentari stavano sempre in televisione, chi le ha mai viste qua” sono i ragazzi che stanno per andare al lavoro, usciti dalla Metro di Furogrotta.
Virgilio Ciabatta fa il cameriere ed è già padre a 22 anni, alza gli occhi al cielo: “Io voterò per Conte : quanto meno ha il coraggio di dire che gli stipendi sono da fame e conferma il reddito di cittadinanza. Ora vorrei andarmene in Germania e sto cercando di convincere mia moglie a seguirmi col bambino. Se non mi do una mossa farò il cameriere tutta la vita, pure precario”.
(da La Repubblica)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
L’UNICA SOLUZIONE CHE HA È ALLARGARE IL PERIMETRO DELLA MAGGIORANZA, COINVOLGENDO LETTA, E CIRCONDARSI DI UN “CORDONE” SANITARIO DI TECNICI … SALVINI E IL SALVAGENTE DI “PRIMA ITALIA”
L’inverno sarà difficile e Giorgia Meloni lo sa. Se dovesse vincere le elezioni e arrivare al governo, la leader di Fratelli d’Italia sarebbe chiamata ad affrontare la crisi energetica, l’inflazione che cresce, la guerra in Ucraina e l’attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza.
Per questo il suo obiettivo non sembra quello di voler governare da sola, nonostante il voto del 25 settembre potrebbe consegnarle un’ampia maggioranza parlamentare. Se Meloni dovesse arrivare a Palazzo Chigi cercherà di circondarsi di un “cordone” di figure tecniche di garanzia e la collaborazione degli altri leader politici sui temi fondamentali: le riforme istituzionali, i temi energetici, il sostegno all’Ucraina, il Pnrr.
Non un governo di unità nazionale replicando l’esperienza di Draghi: Meloni ha spiegato che il suo sarà un governo di centrodestra, mentre in caso di “maggioranza arcobaleno non ci sarà l’apporto di FdI”.
Anche Enrico Letta ha spiegato che il Pd “non governerà mai con Meloni”. Da parte della leader di Fratelli d’Italia, insomma, non c’è la volontà di replicare l’esperienza draghiana
Resta però l’idea di coinvolgere il più possibile gli altri leader e di lavorare in continuità con l’agenda Draghi. Meloni e il premier uscente si sono sentiti spesso nelle ultime settimane per parlare della crisi energetica e per confrontarsi anche sulle misure economiche da approvare (no allo scostamento di bilancio): la leader di Fratelli d’Italia non solo ha in mente di muoversi in continuità con il suo programma ma vorrebbe portare anche Fabio Panetta, che siede nel comitato esecutivo della Bce, al ministero dell’Economia e confermare Roberto Cingolani alla Transizione Ecologica (lui però sta dicendo di “no”).
Due scelte draghiane. Meloni però, al netto della propaganda elettorale, nelle ultime settimane si è confrontata spesso anche con gli altri leader avversari a partire dal segretario del Pd Enrico Letta.
L’idea quindi sarebbe quella di un governo politico ma con dei tecnici nei ministeri chiave e soprattutto di voler coinvolgere i leader della futura opposizione su alcune questioni: le riforme istituzionali con l’idea della Bicamerale espressa nei giorni scorsi ma soprattutto le misure economiche per combattere la crisi energetica (lo scostamento di bilancio), l’attuazione del Pnrr per non parlare del sostegno a Kiev nella guerra contro la Russia. Tutti temi su cui Meloni si è mostrata collaborativa con l’esecutivo di Draghi in questi mesi.
In questo contesto pesa anche il crollo annunciato della Lega di Matteo Salvini che, se dovesse scendere sotto il 10%, rischia la leadership a favore di un esponente considerato più “draghiano”.
In una Lega debole, però, non sperano solo gli alleati, ma anche molti leghisti. Non solo ci sperano, ma ci lavorano, tanto da boicottare la campagna elettorale: qualche gazebo qua, qualche comizio di là, ma senza vero entusiasmo.
Se la Lega scende sotto il 10%, a quel punto le sezioni chiederanno alle segreterie regionali di avviare una stagione di congressi dove sul banco degli imputati finirà proprio l’attuale leader. E lì tutto potrebbe riaprirsi. A patto, però, che in quel momento una figura di spicco prenda coraggio e si ponga come sfidante del Capitano. Massimiliano Fedriga, in primis, o Luca Zaia. Con loro Meloni ha un ottimo rapporto e un dialogo frequente.
Ma nella Lega circola anche una teoria sulla possibile exit strategy di Salvini se i numeri dovessero rivelarsi disastrosi: il segretario potrebbe lasciare baracca e burattini per traghettare un truppone di fedelissimi all’interno di un gruppo unico con FI, di cui diventerà leader, con vice Licia Ronzulli. E il nome sarà Prima l’Italia, col simbolo già presentato in Sicilia. Fantapolitica? Chissà.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
LA CONTROFFENSIVA PROSEGUE, I RUSSI SI RITIRANO E LE TRUPPE FUGGONO
Le forze ucraine sono entrate a Kupiansk, una delle città orientali occupate per prime dai russi dopo l’invasione iniziata il 24 febbraio.
A darne l’annuncio è la consigliera del presidente del Consiglio regionale di Kharkiv, Nataliya Popova: «Kupiansk è Ucraina. Gloria alle forze armate». Nelle ultime ore sono iniziate a circolare foto e video che testimoniano la presenza dei militari ucraini nella città. Soldati con la bandiera giallo-blu davanti al Consiglio comunale della città (con quella russa a terra), altri che la sventolano sopra i tetti dei condomini e truppe che arrivano a bordo di mezzi corazzati.
La controffensiva a Sud
Come riportano Ansa e Afp, l’acquisizione da parte ucraina della città è un serio problema per Mosca, in quanto si trova lungo le rotte di rifornimento ad altre postazioni russe in prima linea.
L’avanzata arriva in un momento in cui la controffensiva di Kiev avanza sul fronte: l’esercito ucraino ha affermato di aver ripreso il controllo di 30 località nell’area di Kharkiv negli ultimi giorni. Kupiansk è una città da 27mila abitanti, lontana circa 120km a sud-est da Kharkiv, ed era caduta in mano russa il 27 febbraio.
Secondo gli osservatori del conflitto, Kiev potrebbe presto aumentare la pressione su altri territori, in particolare su Izium dalla quale arrivano già filmati di truppe appostate alle porte della città. «I nostri soldati stanno avanzando in prima linea nel sud di diverse aree che vanno da due a diverse decine di chilometri», ha detto ai media locali la portavoce del comando militare dell’Ucraina militaria, Natalia Goumenyuk.
Intanto, i media ucraini riferiscono di truppe russe che si starebbero ritirando da Izium. L’Ukrainska Pravda cita un account Telegram del primo viceministro dell’Informazione dell’autoprocalamata Repubblica separatirsta filorussa di Donetsk, Danylo Bezsonov, che dice come la fuga dei soldati «è il risultato di errori dell’alto comando». In giornata, oltre a Kupiansk l’esercito ucraino ha liberato anche il villaggio di Grakove dove prima del conflitto abitavano 800 persone, oggi solo una trentina.
Vista l’avanzata ucraina, l’esercito russo avrebbe deciso di ritirare tutte le sue truppe sia da Kupiansk che da Izium. Yaroslav Trofimov, corrispondente agli esteri per The Wall Street Journal, ha pubblicato su Twitter lo screen con gli ultimi messaggi delle fila russe. Il motivo ufficiale di questa scelta tattica sarebbe una maggiore concentrazione da dedicare alle operazioni nel Donbass. «Le truppe russe si stanno riorganizzando nei pressi di Balakliya e Izyum», comunica il ministero della Difesa. Come fa notare Trofimov, però, Izium era il principale quartiere generale russo per le operazioni nel nord proprio del Donbass. «La situazione è molto difficile», ha ammesso il capo dell’amministrazione filorussa della città, Vladimir Sokolov, «nelle ultime due settimane la città è stata sotto continui bombardamenti delle forze ucraine con munizioni straniere che hanno causato distruzione e un gran numero di morti e feriti». Citato da Interfax, anche Sokolov ha confermato che sono in corso evacuazioni anche da parte della popolazione civile.
(da agenzie)
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Settembre 10th, 2022 Riccardo Fucile
LA MAGISTRATA RESPINGE L’ISTANZA: “ANCHE LE DONNE POSSONO ISCRIVERSI”
Il primo agosto una giudice del tribunale civile di Roma ha dovuto occuparsi di una vicenda particolarmente, vista anche la sezione feriale, urgente: un socio del Circolo canottieri Aniene di Roma si sentiva turbato, ferito e leso nei suoi diritti dalla delibera assembleare del 4 aprile del 2022. Quella con la quale nel circolo del numero 1 dello sport italiano, Giovanni Malagò, veniva consentito alle donne di iscriversi.
Insomma, quella con la quale si cancellava una vergogna dallo statuto di uno dei luoghi più importanti, perché influenti, di Roma.
Il socio, si diceva, era però rimasto turbato dalla variazione e per questo aveva chiesto l’intervento immediato di un giudice. “Affinché venga sospesa subito la deliberazione sussistendo gravi motivi” si legge nell’ultima delle 20 pagine del ricorso firmate dall’avvocato Vincenzo Ioffredi.
Ora, chiaramente, la vicenda è finita ( per il momento) con una pernacchia: nessuna urgenza, nessun motivo per annullare la delibera, le cose restano così ha scritto la giudice, anzi ” il giudice” come si firma, Daniela Gaetano. Ma l’angolo giudiziario è forse il più interessante per guardare la vicenda delle donne all’Aniene.
Un po’ Vanzina, un po’ gerontoburocrazia romana che si sente così lesa in un privilegio arcaico da sentirsi in diritto di rivolgersi a un tribunale. A presentare il ricorso è stato un architetto 82enne, sospeso dal suo ordine professionale per motivi disciplinari. Chiaramente nella sua lunga memoria con cui chiama in giudizio il circolo, da nessuna parte è scritto che la cosa che proprio non mandava giù era di avere una socia come collega.
Il ricorso è tutto scritto in punta di diritto, sollevando alcune accezioni formali, involontariamente e irresistibilmente comiche.
“L’assemblea – si legge – si è svolta il 4 aprile presso la sede del Circolo come risulta dal verbale, che indica l’intervento personale di 397 associati, portatori di novantanove deleghe ” .
Secondo l’architetto, la location non era adatta: “I locali erano inidonei sia al chiuso si all’aperto, per prevenire la diffusione del Covid, per la manifestazione di voto dei partecipanti”. Dunque: per fare entrare una donna, si è rischiata un’epidemia.
Ma quello che proprio non va giù al socio, che durante l’assemblea aveva chiesto di posticipare a un mese la decisione, sono state le modalità del voto. Il presidente dell’assemblea aveva optato per l’alzata di mano, trattandosi verosimilmente di un plebiscito. E invece no: all’Aniene – evidentementeancora scottati dalle truffe, giusto per dirne una, di Massimo Bochicchio che raccoglieva clienti ai tavoli del circolo, dopo le partite di tennis, e mai nessuno si era accorto che stava andando in scena la truffa del secolo – i soci ci tengono a fare le cose per bene.
Precise. ” Il Presidente – si legge nel ricorso – ha invitato i soci a rialzare le mani e a richiamare l’attenzione anche di quanto stava avvenendo nella sala adiacente e negli spazi esterni… L’assemblea – continua il socio – si è tenuta in un clima di spaccatura tra i soci e in un contesto confusionario registrato soprattutto al momento della votazione”.
Nonostante però l’indignazione dell’architetto, come si diceva, la giudice non ha ritenuto che ci fossero gli estremi per annullare l’assemblea. Nel merito perché, come tra l’altro ha scritto lo stesso Circolo nella memoria che è stato costretto a presentare, quello di aprire alle donne è un dovere Costituzionale. E poi nella forma: l’assemblea è stata convocata correttamente, tanto che lo stesso architetto ha potuto partecipare.
E dai documenti presentati, nessuna anomalia si intravede nelle modalità di voto. ” Famo una scommessa: qui una donna non la vedremo mai… ” , ha commentato un vecchio socio del Circolo qualche giorno fa, discutendo proprio del ricorso in tribunale.
Come a dire che c’è qualcosa di più forte della legge: la legge dell’Aniene
(da agenzie)
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