Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
ERA TORNATA NEL SUO PAESE ALL’INIZIO DEL CONFLITTO, AVEVA 37 ANNI, LASCIA DUE FIGLI DI 14 E 10 ANNI
Una donna ucraina residente in Veneto da 14 anni, Maryana Triasko, 37 anni, sarebbe morta in combattimento nel proprio Paese.
Lo riferisce la Tgr Rai del Veneto. La donna, originaria di Ivano-Frankivsk, risiedeva a Villorba (Treviso), era sposata con un italiano e aveva un figlio di 10 e una figlia di 14 anni. Quando è iniziato il conflitto, è tornata in Ucraina.
L’ex sindaco di Villorba Marco Serena, contattato dall’ANSA, ha confermato che la donna risulta risiedere con la famiglia nel Comune trevigiano, ed è cittadina italiana.
Pochi i riscontri sulla sua vita nella cittadina, che si trova alla periferia nord di Treviso.
Secondo quanto riporta il sito della Tribuna di Treviso, la morte risale a lunedì. Il compagno della donna di professione è una guardia giurata. Maryana Triasko, sempre stando alle notizie riportate dalla Tribuna è andata a prestare servizio nella 102esima brigata separata C del Territoriale Forze di difesa delle forze armate della regione di Ivano-Frankivsk.
Il quotidiano locale riporta anche le parole che al donna ha detto alla televisione dell’esercito il 21 settembre: “Sono stata sul territorio italiano per 14 anni. Quando il dolore si è abbattuto sulla mia terra natale, ho capito che dovevo proteggerla…Chi, se non noi, proteggerà la terra natale . Ho lasciato in Italia i miei figli minorenni, di 14 e 10 anni. E ora sono qui in prima linea perché loro, i miei figli, possano venire nella loro casa natale, per la mia Patria, nella libertà, nella prosperità colore blu-giallo. Non importa quanto male, il bene prevale sempre. Quindi siamo gentili, siamo sinceri e – alla Vittoria!”.
(da La Repubblica)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
FORZA ITALIA HA CHIESTO UN MINISTERO TRA ECONOMIA, INTERNI O ESTERI… TAJANI HA PROPOSTO LICIA RONZULLI, INFERMIERA, MINISTRO DELLA SANITA’ O DELL’ISTRUZIONE E BOCCIATO L’IDEA DI LASCIARE LA PRESIDENZA DELLA CAMERA ALL’OPPOSIZIONE, COME VUOLE LA PRASSI
La corsa di Giorgia Meloni verso palazzo Chigi è in salita, ripida e scivolosa. Un percorso ad ostacoli in cui non dovrà farsi azzoppare dalle paure dei mercati, dallo scetticismo internazionale, dalle difficoltà economiche dell’Italia o dalle minacce degli Europoteri. In questa gincana, la trappola più pericolosa è rappresentata dai suoi stessi alleati.
Lega e Forza Italia, bastonati dagli elettori, hanno un disperato bisogno di coprire i lividi, magari incassando, nei posti di governo, più di quanto i voti gli suggeriscano di chiedere.
Non è un mistero che Berlusconi senta di avere in tasca la “golden share” del governo che verrà. I suoi parlamentari, soprattutto al Senato, sono determinanti. D’altro canto Salvini, dal basso del suo consenso, non puo’ più giocare da playmaker ma deve sgomitare da outsider.
Il ruolo in commedia che gli è rimasto è quello del guastatore capriccioso che puo’ usare quel poco che ha in Parlamento per disturbare il manovratore.
Si capisce allora perché per Giorgia Meloni la strada sia in salita, al netto dei sorrisi di circostanza e delle dichiarazioni confortanti. Il suo faccia a faccia con Antonio Tajani, che le agenzie hanno descritto come “uno scambio di idee”, in realtà è stata una mini-scazzottata.
Tajani ha prima intessuto un pippardone sulla necessaria “rappresentatività” che tutte le forze della coalizione dovranno avere nel futuro governo e poi ha presentato la lista delle richieste: ministeri pesanti per Forza Italia (uno tra Economia, Esteri o Interni).
La Ducetta ha rintuzzato le suggestioni dell’ex monarchico Tajani facendo presente che i tre dicasteri, che rappresentano il cuore del potere dello Stato, vanno “discussi” (e possibilmente concordati) con il presidente della Repubblica Mattarella. Parola d’ordine: evitare subito conflitti con il Colle.
Il coordinatore di Forza Italia si è un po’ stizzito per il rifiuto. Ha masticato amaro e fatto trapelare il suo malcontento. Della serie: così non andiamo lontano. Il boccone è diventato ancora più indigesto quando Giorgia Meloni ha detto di voler seguire la prassi per l’elezione dei presidenti delle Camere, ovvero lasciare la guida di Montecitorio all’opposizione. Tajani si è irrigidito: “Non penso sia il caso, ma ne parlerò con Berlusconi”.
Nel botta e risposta che ne è seguito, l’ex presidente del Parlamento europeo ha provato a scucire alla Meloni qualche nome per il futuro governo. La Meloni si è fatta Sfinge: “Finché non avrò ufficialmente l’incarico, preferisco non sbilanciarmi”.
Tajani ha insistito ma davanti a tanta pervicace ostinazione, il nome alla fine lo ha fatto lui. Ha proposto, tra gli altri, il profilo di Licia Ronzulli, infermiera prestata alla politica, come ministro della Sanità. In alternativa, visto lo spessore culturale della “badante” del Cav, ministro dell’Istruzione.
Risposta della Meloni? Silenzio e gelo.
(da Dagoreport)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
SULLA LISTA CIVICA DELLA MORATTI POTREBBE CONVERGERE ANCHE IL TERZO POLO… L’IMBARAZZO DELLA MELONI
Sarà Attilio Fontana il candidato del centrodestra alle Regionali in Lombardia previste per la primavera del 2023. Ad assicurarlo è lo stesso presidente uscente, il preferito dalla Lega, ai microfoni di TeleBoario: «La mia ricandidatura è assolutamente riconfermata», ha spiegato dal lago d’Iseo dov’era in visita, «ieri abbiamo fatto un’analisi serena del voto in via Bellerio e ripartiamo con lo stesso o anzi maggiore entusiasmo».
Ogni dubbio, o bivio, sulla scelta di chi correrà per la presidenza della Lombardia sembra ormai dissolto, quindi.
Il Corriere della Sera ha raccontato che, comunque, si candiderà anche Letizia Moratti e lo farà con una sua lista civica.
Concluse le elezioni politiche, ora la palla passa dunque alle Regionali dove l’esito delle urne del 25 settembre potrebbe avere degli strascichi. I dati, infatti, parlano di un vero ribaltamento di forze rispetto al 2018: la Lega è crollata dal 29,6% di consensi al 13,9%, mentre Fratelli d’Italia è passata dal 3,6% al 27,6%. Tuttavia, la conferma annunciata da Fontana farebbe pensare che, almeno per il momento, Giorgia Meloni non voglia far sentire più di tanto la sua voce nella scelta del candidato di coalizione.
Sembra, quindi, tramontata l’ipotesi che vedeva Moratti prendere il posto di Fontana, nonostante la vicepresidente quest’estate avesse dichiarato apertamente la propria disponibilità.
Poco male, fanno sapere quelle fonti a lei vicine al Corriere, l’ex ministra non esiterà a offrire il «valore aggiunto» di una lista civica «che si sta ultimando in alcune piccole cose, ma che ormai di fatto è pronta» a un altro schieramento. Una rete nata «dalle richieste giunte dai territori», e costruita con contatti «a tutti i livelli e in tutti i settori: mondo industriale, artigianale, agricolo, terzo settore, mondo della cultura», che potrebbe affiancarsi alle ambizioni di Azione e Italia Viva. Sull’argomento, però, Carlo Calenda rimane ancora vago: «Vedremo le proposte, ne proporremo anche di nostre», ha detto questa mattina a RaiNews, ribadendo che la loro sarà una scelta presa «sempre nell’ottica del buon governo».
Ad escludere una possibile candidatura di Moratti per un posto ministeriale nel prossimo governo ci pensa il sindaco di Milano, Beppe Sala: «Conoscendola bene, credo che continui la sua corsa. Il vero dubbio è se rimarranno in due».
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
“IL REDDITO HA PORTATO ANCHE UN PO’ DI TRANQUILLITÀ SOCIALE FACENDO DIMINUIRE LA MICROCRIMINALITÀ, NON RISCHI DI FARE CAZZATE”… LE TESTIMONIANZE CHE DOVREBBERO LEGGERE TANTI FIGHETTI DI SEDICENTE DESTRA
«Il voto di domenica? No. E a chi lasciavo la cassa del bar? Se non ci dividiamo i turni, io e mio fratello, dalle sei del mattino all’una di notte, tra bollette salate e clienti che calano, mica ti permetti altri dipendenti?». Pasticceria mignon e ciambelle, che qui chiamano “graffe”: oasi dopo chilometri di grigi, e di verde esteso ma abbandonato.
La Caffetteria Zeus è a 200 metri dal carcere “nuovo” di Secondigliano e a 600 dalla Vela (un tempo celeste), non ancora abbattuta
Attraversato lo stradone di via Roma verso Scampia, dietro al bancone di una caotica accogliente merceria, c’è un imprenditore che ha dato la sua preferenza a Giuseppe Conte. «C’era il nubifragio, ma ci sono andato solo per i Cinque Stelle», confessa Angelo Maisto, 49 anni, in mezzo a montagne di piatti, tazze, bicchieri, sedioline in plastica, ma anche detersivi green, «sì, li vendiamo sfusi, 80 centesimi o un euro a litro, per non inquinare». Piacerebbe a Grillo. «Ecco. Io con 600 euro di bolletta Enel e mille euro di Iva trimestrale, avrei dovuto votare per la destra della flat tax o dei condoni fiscali? Ma sono cresciuto con idee sociali, anche se la sinistra è morta. Qui tantissimi ricevono il sussidio: ma li ho visti cercare un lavoro. Da poco si è aperto un concorso al Comune di Napoli, a decine non usavano il computer e li ho aiutati io dal mio, al banco».
Angelo è sposato, due figli, aveva studiato Architettura, «ma poi sono rimasto in negozio. Se non nasci con le spalle coperte, che fai? O emigri come tanti amici, o mi salvavo così».
La Scampia del voto bulgaro al M5S, che qui è arrivato a quota 64 per cento. E la Scampia che con le urne ha chiuso i conti: a che serve. Il quartiere con 120 mila abitanti e un solo giardiniere: nonostante la “ricchezza” d’avere il 60 per cento del verde urbano.
Ma su undici che ne incontri, otto hanno sbarrato le cinque stelle sulla scheda. Come Sharon De Luca, genitori separati, 20 anni, studentessa universitaria che di pomeriggio arrotonda tenendo la cassa di una piccola e seminterrata sala slot, pareti nere e grandi scritte. «Quanto mi pagano? Lasciamo stare. Sì ho votato M5s, ma non per il reddito, a casa lavoriamo tutti. Il Movimento c’ha facce giovani e pulite, ma a me piace proprio Conte, mi dà sicurezza, non mi dimentico quelle conferenze stampa durante il Covid. E poi questa destra non mi piace. I miei? Ho convinto pure mio padre, anche se non vive con me».
A mezzo sorriso, come se spiegarlo fosse di default: «Ché poi è colpa sua se mi chiamo così: gli piaceva troppo Sharon Stone». Se però vuoi penetrare i gironi del Reddito, dei “dimenticati”, devi tornare al lotto P., alias “Case dei Puffi”, sede di una delle piazze di spaccio più potenti del Sud Italia, milioni di euro a settimana peri boss di camorra, fino a 15 di anni fa. Un pezzo di Scampia entrato nella storia criminale del Paese. Dai cui viali, vuoti e bonificati, oggi ti viene incontro Salvatore Porcellano, un sopravvissuto.
Un altro elettore 5 Stelle. Percepiva il sussidio, certo. «Solo per 18 mesi, poi ho dovuto pagare un debito con la giustizia, e me l’hanno tolto. I pezzi grossi che ho conosciuto io? O stanno al 41 bis (il carcere duro, ndr), o al cimitero».
Addosso gli è rimasto attaccato il soprannome, Pollicino: perché era il più piccolo delle vedette (vari processi per spaccio) e sperperava migliaia di euro in Befane al rione. «Non eravamo nati criminali. Ma deboli, ignoranti, con padri ammalati, mamme indaffarate con gli invalidi. Il denaro faceva gola. Qui, c’erano 7 mila famiglie che vivevano tra narcos, spaccio e indotto. Chi faceva la ronda, chi organizzava i panini. Lo vede adesso tutto il quartiere? Calmo. Ma pure senza altra economia. Allora bene il reddito, è chiaro che votano per Conte: quelli ti fanno sentire meno solo, non rischi di fare cazzate. Come me, adesso: che senza il sussidio, sono tornato con moglie e figli a casa di mia madre che prende 660 euro di pensione».
E il lavoro, si cerca? «L’ultima proposta: dalle le 2 di notte alle 5 del mattino, per cinque giorni, al Vomero, il quartiere ricco, a scaricare pacchi in un market, per 400 euro al mese. Ci volevano solo di benzina, ho detto no». Passa il presidente della municipalità, è un 5S, l’avvocato Nicola Nardella, ascolta, prova a risolvere. «Quest’ area ha fatto un grande sforzo di rigenerazione, da sola – dice Nardella. L’incidenza del reddito ha un suo peso, certo. Ma io che entro nelle case, ormai da un anno, mi accorgo che hanno abbracciato anche un messaggio di liberazione dall’illegalità. Anche quelli che ne erano dentro, percepivano l’oppressione di quel dominio. Andrebbero aiutati, adesso: andrebbe coltivato di più questa apertura che è dovuta anche al lavoro silenzioso fatto per anni dalle forze dell’ordine».
Rumore di piallatrice, a pochi metri. Nel lotto P. il falegname Michele Cappabianca, 48 anni, sposato e due figli, sta lavorando pezzi di abete Douglas. «Per me il reddito di cittadinanza è una misura di grande civiltà, perciò li ho votati. Non mi incantano più gli altri, questa almeno è una cosa utile: e qui ne vedo parecchie di situazioni di disagio. Dovrebbero però stangare con durezza chi ne approfitta».
E con l’artigiano c’è Gennaro, apprendista volenteroso, altro ex detenuto, 28enne, a casa tre bambini piccoli, un altro a cui hanno sospeso il sussidio dopo una lieve condanna. «Ora mi sto imparando il mestiere. Ma a Conte l’ho votato lo stesso, magari poi se ho bisogno tornano a darmelo il sussidio».
A dieci metri, rientra con l’auto in garage Anna Di Flora, 55 anni, dipendente di una ditta di pulizie. «Sto tornando dal lavoro. Anche io ho votato per il Movimento. La gente che ha bisogno si aiuta. Qui ha portato anche un po’ di tranquillità sociale». È una chiave di lettura che, a sorpresa, trovi anche in un posto semplice e magico.
È la Scugnizzeria fondata da Rosaria Esposito La Rossa, 34enne scrittore (per Einaudi), editore e attivista: libreria, casa editrice, palestra per giovani attori, attività curate anche con sua moglie, Maddalena Stornaiuolo. «Non mi ha stupito il plebiscito per il Movimento . ragiona Rosario -. Per chi soffre la mancanza di un lavoro vero, chi ingoia rabbia e frustrazione, quella misura è stata una manna dal cielo: poi bisognerà migliorare la legge, ma per me ha prodotto una concreta diminuzione della microcriminalità sul territorio. Un’ancora, ecco: sotto la tempesta ti tiene salvo».
In libreria, tra i suoi giovani collaboratori c’è Luca Arenella, 19 anni, occhi azzurri, studi di recitazione. «E per chi dovevo votare, se non i 5 Stelle? Mi sono sembrati un’alternativa alla destra più del Pd. Al di là del sussidio».
Equazioni che sposa perfino Mariarosaria Marino. Una che conosce «molti drammi del territorio», è consigliera di municipalità per una lista di destra, ma ormai più famosa come «la mamma di Zeudi», la Miss Italia 2021, orgoglio e occhi di velluto di Scampia.
«Da sola, in fasi drammatiche, ho tirato su i miei figli, con un Isee pari a zero. Come avrei voluto allora un reddito di cittadinanza, a placare le mie notti insonni», mormora. E racconta che decine di donne sono venute da lei, in queste ore, dopo il risultato delle urne. Mamma mia, abbiamo votato Conte e non è servito a niente? Adesso ci levano tutto?
(da La Repubblica)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
IN ITALIA I SOVRANISTI VOGLIONO MASSACRARE I POVERI PER FORNIRE SCHIAVI ALLE IMPRESE, IN EUROPA LA POVERTA’ LA COMBATTONO
Il reddito di cittadinanza deve essere rafforzato, perché “è necessario un sostegno più efficace per combattere la povertà e promuovere l’occupazione“. Mentre in Italia Giorgia Meloni ha attaccato la misura di sostegno alle persone indigenti per tutta la campagna elettorale, promettendo il suo smantellamento da parte del futuro governo di centrodestra, dall’Europa arriva un’indicazione che va esattamente in senso opposto.
Oggi la Commissione invita gli Stati membri a modernizzare i loro regimi di reddito minimo, presentando la sua proposta di una raccomandazione del Consiglio per avere in ciascun Stato membro un reddito di cittadinanza adeguato, che garantisca l’inclusione, sollevando le persone dalla povertà e promuovendo al contempo l’integrazione nel mercato del lavoro di coloro che possono lavorare.
Perché? Delle adeguate misure di sostegno al reddito, spiega la Commissione, svolgono “un ruolo chiave durante le recessioni economiche, quando possono mitigare l’impatto sui redditi delle famiglie, prevenire un aumento della povertà e dell’esclusione sociale, promuovendo al contempo una ripresa sostenibile e inclusiva. Reti di sicurezza sociale robuste sono anche essenziali per realizzare il pieno potenziale delle transizioni verde e digitale, attraverso l’attivazione e l’aiuto alle persone ad apprendere nuove competenze in modo da trovare lavoro più facilmente”.
Mentre in Italia il reddito di cittadinanza viene osteggiato, a Bruxelles viene considerato lo strumento principale per raggiungere l’obiettivo di ridurre di almeno 15 milioni di persone entro il 2030 il numero di persone a rischio povertà.
“Un reddito minimo adeguato è estremamente rilevante nell’attuale contesto di aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, poiché le misure di reddito possono essere mirate a favorire in modo specifico i gruppi vulnerabili“.
La Commissione raccomanda di adeguare il sussidio entro il 2030 (pur salvaguardando la sostenibilità delle finanze pubbliche). Inoltre, migliorare la copertura e la fruizione degli aiuti. Ad esempio, nell’Unione europea circa un disoccupato su 5 a rischio di povertà non è idoneo a ricevere alcun sostegno al reddito e stime comprese tra il 30% e il 50% circa della popolazione ammissibile non cerca il sostegno al reddito di cui avrebbe diritto. Bruxelles raccomanda anche un miglioramento delle misure per l’ingresso nel mercato del lavoro. Il Rdc “dovrebbero aiutare le persone a trovare un lavoro e a mantenerlo, ad esempio attraverso l’istruzione e la formazione inclusiva“.
Ma dovrebbe essere anche possibile combinare la fruizione del sussidio con lavori di breve durata. Allo stesso modo, vanno migliorati anche gli altri servizi che dovrebbero accompagnare il reddito: assistenza, formazione e istruzione. Infine, il sostegno dovrebbe essere fornito su base individuale, non solo per nucleo familiare.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
I DATI UFFICIALI LO DIMOSTRANO
L’erogazione media del reddito e di 580 euro e lo percepiscono poco meno di tre milioni di persone.
Solo un terzo di questi, ovvero 900.000, sulla base dei parametri di legge, è occupabile.
Di qtesti 900.000 il 20-22% ha già un impiego che però non gli consente di superare la soglia di povertà.
Ne restano 750.000, il 55% dei quali sono donne, molte con bambini, difficilmente occupabili in settoricome edilizia e agricoltura.
Nelle aree in cui c’e’ carenza di manodopera, ci sono 300.000 percettori del reddito di cittadinanza, molti però hanno un livello di scolarizzazione che non raggiunge la terza media.
(da agenzie)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
PASSATO DA FORZA PUTIN A FORZA STALIN, IL “CAPITONE” NON SI DIMETTE DA SEGRETARIO NONOSTANTE IL FLOP ELETTORALE… DIETRO LE QUINTE SONO VOLATI INSULTI CON I GOVERNATORI: “SE VUOI LA RIVOLUZIONE, LA AVRAI”
La Lega è ormai la nave Diciotti di Matteo Salvini: l’ha sequestrata. Domenica sera, in via Bellerio, lo hanno sentito insultare Fedriga, Zaia e Giorgetti: “Mi hanno fatto perdere”. Ieri mattina ha dato mandato alle sue squadracce di “picchiarli” sui social. Di pomeriggio ha convocato un federale. Non si dimette. Non lascia.
Offre però di condividere con il partito i nomi dei ministri e “più collegialità”. Ha fatto una conferenza post elezioni dove ha detto tutto il contrario. Fa Stalin quando serve e Nelson Mandela quando occorre.
Il Salvini vero è quello di lunedì, quello che privatamente ha parlato con i governatori. I leghisti di governo spiegavano a Salvini che è necessario un cambio: “Non lo vedi che raccolgono le firme nei territori?”. Proponevano: “Prendiamoci insieme responsabilità del fallimento e ricominciamo”. Salvini invece replicava: “Abbiamo pagato il governo Draghi. Da adesso io caccio chi parla con i giornali, chi lavora contro.”. E loro: “Bene, il miglior modo per favorire una rivoluzione”.
Dall’ufficio organizzativo si vuole mandare via Aldo Morniroli. E’ una figura importantissima. E’ il leghista che conosce gli statuti e i regolamenti. Stesso trattamento sarebbe riservato a Sofia Guanziroli, una calderoliana.
Non sono semplici dipendenti, ma ingranaggi della Lega, una Lega che ancora una volta, Salvini, ha requisito. Al suo staff ha fatto inoltrare questa versione. Diceva che il partito gli ha chiesto di “andare al governo in modo da recuperare il consenso perso”. Come merce di scambio ha offerto l’autonomia differenziata e i congressi provinciali.
Si parte con quello di Bergamo e poi quelli regionali da tenere entro il 30 gennaio. Ma il vero capolavoro è “la campagna d’ascolto” che sarebbe pronto a intraprendere in giro per le sezioni, roba da Gianni Cuperlo, con rispetto per Cuperlo. Salvini resta ancora segretario della Lega, una Lega che avrà ancora dei ministri che non la pensano come Salvini. Resta la Lega, il partito che non è di Salvini, ma di Andreotti: doppiezza italiana.
(da Il Foglio)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
10 SONO DELLA LEGA, 8 DI FDI, 6 DI FORZA ITALIA, 4 DEL PD, 3 DI ITALIA VIVA, 1 DEL M5S E 2 DEI MODERATI
Il partito dei condannati, imputati e indagati ha eletto 34 parlamentari e raccolto oltre 2 milioni di voti.
È trasversale, ma molto spostato a destra, visto che ben 23 esponenti appartengono alla coalizione guidata da Giorgia Meloni.
Che però almeno in questa sfida non vince: a precederla c’è la Lega di Matteo Salvini.
Attenzione però: si tratta di dati parziali, perché sono stati considerati solo i risultati dell’uninominale. Altri ancora potrebbero entrare per effetto dello “scorrimento” delle liste, quando gli eletti che si erano candidati in più collegi indicheranno il proprio, consento ai primi non eletti di subentrare.
In ogni caso una prima fotografia è già possibile. Prima della chiusura della campagna elettorale il Fatto ha pubblicato un censimento dei candidati di tutti i partiti alle prese con problemi giudiziari, fossero indagini a carico, processi in corso o condanne passate in giudicato, dividendoli partito per partito: ne saltarono fuori ben 101, come nella famosa carica.
Le urne si sono chiuse domenica e due giorni dopo è possibile indicare quelli che la carica l’hanno avuta davvero, conquistando un seggio nella XIXesima legislatura. La sovrapposizione dei due elenchi dice che le nuove camere avranno 23 deputati e 11 senatori finiti nelle grane per spese pazze, accuse di falso, corruzione, peculato, riciclaggio e via dicendo. Eccoli.
LA LEGA: 10 (8 deputati e 2 senatori)
Tra i primi spicca il “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci, già condannato nel 2017 in primo grado a un anno e 4 mesi per truffa e falso per i contributi pubblici ai suoi giornali e anche imputato per istigazione alla corruzione. La spunta in Lombardia Fabrizio Cecchetti, anche lui è stato condannato a 1 anno e 8 mesi in secondo grado nel processo sulle “spese pazze” della Regione Lombardia, la cosiddetta “Rimborsopoli Lombardia”. Il partito di Salvini riesce ad eleggere anche Antonio Minardo, che conquista il seggio a Ragusa (Sicilia2), con 73mila voti nonostante una condanna definitiva a 8 mesi per abuso d’ufficio per una consulenza affidata da presidente del Consorzio Autostrade Siciliane.
In Calabria è eletto con 57mila voti anche Domenico Furgiuele che la Dda di Reggio Calabria chiede di mandare a processo per gli appalti nella Piana di Gioia. E’ rincorso da accuse di peculato Mirco Carloni, ancora a processo in primo grado, insieme ad altri 54, imputato di peculato per i rimborsi in consiglio regionale tra il 2008 e il 2012, circostanza che non gli ha impedito di aggiudicarsi l’uninominale delle Marche con 80.393 voti. Ha invece patteggiato una pena di un anno per il processo “Rimborsopoli” la neo deputata Elena Maccanti, che da Colegno ha preso 77.315 voti. Va a Montecitorio anche Francesco Bruzzone, capolista Liguria, già senatore e già presidente del Consiglio regionale ligure con alle spalle una condanna in primo grado a tre anni e otto mesi nel processo sulle “spese pazze” nel periodo 2008-2010. L’appello è in corso, ma la Corte dei Conti ligure l0 ha condannato a risarcire oltre 33mila euro. Siederà accanto a lui Riccardo Molinari, eletto in Piemonte circoscrizione di Alessandria, con 105mila voti
Al Senato un seggio andrà ovviamente a Matteo Salvini che dovrà decidere tra Calabria, Basilicata, Puglia e Lombardia. Salvini è a processo a Palermo per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio nel caso Open Arms, per non avere fatto sbarcare 147 migranti nell’agosto del 2019 quando era ministro dell’Interno. Il reato di sequestro di persona, con minori coinvolti, è punito con una pena che arriva fino a 15 anni di carcere. In Senato ottiene un seggio Massimiliano Romeo, candidato a Varese nonostante una condannato in appello per peculato per le spese pazze in Regione dove ottiene 255.695 voti.
FORZA ITALIA: 6 (due deputati, 4 senatori)
Tra le fila di Forza Italia spicca ovviamente il maestro delle pendenze giudiziarie ignorate, Silvio Berlusconi. Si aggiudica il collegio di Monza con 231.440 voti e rientra così in Senato dove fu espulso nel 2013 per decadenza dopo la condanna definitiva a quattro anni per frode fiscale. Le indagini su di lui sono ancora in corso a Milano, Roma e Firenze come presunto mandante occulto delle stragi del 1993. Gli siederà accanto il patron della Lazio Claudio Lotito, eletto in Molise, prescritto nel processo penale (dove era stato condannato in appello a 18 mesi) e squalificato 4 mesi in quello sportivo per Calciopoli. Condannato in via definitiva a 3 mesi convertiti in pena pecuniaria per omessa alienazione delle partecipazioni della Lazio (nello stesso processo prescritto per agiotaggio). E nuovamente prescritto, in fase di udienza preliminare, nell’inchiesta ribattezzata Multopoli e che riguardava la cancellazione di una serie di contravvenzioni.
Con loro ci sarà Mario Occhiuto, fratello del governatore calabrese, sotto processo per bancarotta fraudolenta per il fallimento la società Ofin. La sorella è stata condannata in primo e secondo grado con rito abbreviato. A luglio scorso gli è stato notificato un atto di chiusura delle indagini. Gli viene contestata sempre la bancarotta ma per il fallimento di altre due società. Torna in Parlamento anche Gianfranco Miccichè: per il presidente dell’Assemblea regionale siciliana a febbraio la procura di Agrigento ha chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito al partito, nell’ambito dell’inchiesta “Waterloo” della Dia, Guardia di finanza e Carabinieri. L’indagine sostiene come professionisti, politici, istituzioni e forze dell’ordine fossero – secondo l’accusa – asserviti a Girgenti Acque (la società che si occupava della gestione del servizio idrico nell’Agrigentino) in cambio di favori e posti di lavoro per familiari, amici e amanti.
Alla Camera Forza Italia porta Ugo Cappellacci, eletto con 74.236 voti in Sardegna (Cagliari) nonostante sia imputato di corruzione e peculato nell’inchiesta su una presunta tangente da 80mila euro legata all’assegnazione di contributi pubblici quando era presidente della Regione. Condannato in appello dalla Corte dei conti a 220mila euro per il licenziamento del capo ufficio stampa della Regione. Prescritto, invece, nel processo sulla P3. Passando dalla Sicilia (Gela) torna al Senato anche Michela Vittoria Brambilla, che nel 2019 patteggiò , un anno e 4 mesi, con pena sospesa, per il fallimento delle Trafilerie del Lario di Calolziocorte (Lecco).
FRATELLI D’ITALIA: 8 (Sette deputati e un senatore)
Bocciato all’uninominale entra per il proporzionale Giulio Tremonti, neo deputato alla Camera. Patteggiò 4 mesi reclusione, convertiti in pena pecuniaria di 30mila euro e 10mila euro di di multa, per la vicenda dell’alloggio di via Campo Marzio a Roma, pagato da Mauro Milanese. Torna in Parlamento Stefano Maullu, ex europarlamentare di Forza Italia e oggi coordinatore milanese del partito della Meloni, indagato a Bergamo per false comunicazione a pm nell’ambito di una inchiesta relativa al fallimento della Maxwork in cui è indagato anche il senatore Paolo Romani. A fine marzo la Procura di Bergamo indaga per corruzione il senatore Paolo Romani, storico forzista poi passato a “Cambiamo”. Alla “rimborsopoli” piemontese deve una condanna a un anno e sette mesi e tuttavia Augusta Montaruli conquista con 68.367 voti il suo seggio alla Camera. Pesca 93.648 voti Salvatore Caiata, ex presidente del Potenza Calcio candidato in Basilicata nonostante un’indagine per corruzione e riciclaggio azionata dalla Gdf di Siena che hanno chiesto una proroga delle indagini.
In Emilia viene eletto Tommaso Foti, indagato per corruzione e traffico di influenze illecite per lavori pubblici e appalti che incassa lo stesso dalle urne ben 92.699 voti. Ne prende 117.994 l’ex consigliere comunale di Brescia Giangiacomo Calovini, che Fdi ha candidato in Lombardia 3 (Desenzano del Garda), nonostante sia indagato dalla Procura di Milano nell’inchiesta che vede accusato, sempre di corruzione “per atti contrari ai doveri d’ufficio”, anche l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza.
In Abruzzo passa Guerino Testa, capogruppo di FdI nel Consiglio regionale: imputato insieme ad altre 17 persone nel procedimento sul fallimento delle società riconducibili all’imprenditore Carmine De Nicola. Testa ha chiesto di patteggiare 1 anno e 6 mesi di reclusione per alcune bancarotte (pena sospesa) ed è stato assolto dall’accusa di associazione a delinquere.
In un’inchiesta corollario di questa, però, è finito nuovamente tra gli indagati con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Nel mirino delle indagini la sua attività da commercialista. Al Senato agguanta un seggio Francesco Zaffini, che il partito di Meloni ha candidato in Umbria (Perugia) dove ha ottenuto 199.690 voti, nonostante sia imputato nell’inchiesta sui rimborsi regionali iniziato un anno fa.
ITALIA VIVA: 3 (1 deputato, 2 senatori)
Matteo Renzi e Maria Elena Boschi rientrano in Parlamento accomunati dal fatto di essere imputati per finanziamento illecito nel processo sulla fondazione Open. Il leader e senatore in quanto “direttore di fatto”, insieme a Lotti, Boschi, Bianchi e Carrai (membri del Consiglio direttivo), perché “riceveva, in violazione della normativa”, 3.567.562 euro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open; “somme utilizzate per sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”. La Boschi in quanto membro del Consiglio direttivo andrà alla Camera. Sempre alla Camera passa Giuseppe Castiglione, ex alfaniano appena uscito da Forza Italia, re delle preferenze in Sicilia orientale, imputato per corruzione elettorale e turbativa d’asta nel processo sulla gestione del Cara di Mineo. Quando nel 2015 l’inchiesta è diventata di dominio pubblico, Giuseppe Castiglione era sottosegretario all’Agricoltura del governo Renzi. Ha anche chiesto e ottenuto il giudizio immediato, ma il processo è ancora in corso.
MOVIMENTO CINQUE STELLE: 1 deputato
Nel Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte un solo caso tra 52 deputati eletti. Si tratta di Chiara Appendino che ha subìto condanna in primo grado a 1 anno e 6 mesi per disastro, lesioni e omicidio colposo per la tragedia di piazza San Carlo a Torino, di cui era sindaca, del maggio 2017. Con tutti i componenti della sua vecchia giunta e quelli della giunta Chiamparino è indagata per la vicenda dell’eccesso di morti legati allo smog. Tra gli indagati c’è anche Fassino. La procura ha avanzato richiesta di archiviazione.
PARTITO DEMOCRATICO: 4 deputati
Tra gli 85 deputati eletti col centrosinistra approda a Montecitorio Piero De Luca capolista in Campania 2. Deputato e figlio del governatore della Campania, è imputato per bancarotta per il crac della società immobiliare Ifil C&D, coinvolta nel crac Amato. A De Luca junior, nella fattispecie, viene contestato di aver beneficiato tra il 2009 ed il 2011 del pagamento di viaggi in Lussemburgo, sede lavorativa del rampollo dell’ex sindaco di Salerno: secondo l’accusa, quei voli sono stati pagati con denaro della Ifil dall’imprenditore Mario Del Mese.
Vicino a lui siederà l’ex governatore e attuale senatore Luciano D’Alfonso, a processo per falso ideologico: avrebbe contribuito a certificare, nella delibera di indirizzo per la riqualificazione e realizzazione del parco Villa delle Rose di Lanciano (Chieti), redatta il 3 giugno del 2016, la presenza del presidente in giunta, mentre D’Alfonso si trovava altrove.
Il Veneto elegge Piero Fassino, a processo per la gestione del Salone del libro. Fassino è processato (insieme ad altri) per due vicende. La prima si riferisce al bando per l’organizzazione delle edizioni 2016-2018, che sarebbe stato confezionato su misura per GL Events. Si procede per turbativa d’asta. La seconda è legata alle mosse che accompagnarono ricerca di grossi finanziatori per il 2016. La procura è del parere che pur di aprire le porte a Intesa San Paolo, garantendogli la posizione di sponsor esclusivo, siano stati concepiti bandi di gara ad hoc. E’ anche indagato insieme a tutti i componenti della giunta Appendino e Chiamparino per la vicenda dell’eccesso di morti legati allo smog. La procura ha avanzato richiesta di archiviazione.
In Puglia passa infine Claudio Stefanazzi, capogabinetto di Emiliano, imputato a Torino, insieme al presidente della Regione per finanziamento illecito ai partiti nella vicenda giudiziaria legata alle primarie per la segreteria nazionale Pd del 2017. Ultimo rinvio a marzo. Nello stesso mese a lui e al dirigente della Regione Puglia Elio Sannicandro, è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini. Avrebbe “attestato falsamente” l’idoneità del secondo a ricoprire il ruolo di componente della commissione che ha aggiudicato l’appalto da oltre 160 milioni di euro per la costruzione del nuovo ospedale San Cataldo di Taranto, pur essendo a conoscenza di una serie di motivi che lo rendevano incompatibile.
NOI MODERATI: 2 deputati
Anche “Noi moderati” è della partita, con due nomi come Francesco Saverio Romano e Alessandro Colucci. Il primo è l’ex ministro dell’Agricoltura che conquista un seggio alla Camera in Sicilia (Bagheria) forte di 54.321 voti in Sicilia e candidato nonostante sia indagato dalla Procura di Roma sulla fornitura di mascherine durante la prima emergenza Covid. Attuale deputato, nel 2021 ha Colucci ha patteggiato una pena di un anno, 8 mesi e 20 giorni per lo scandalo “Rimborsopoli” alla Regione Lombardia. In primo grado era stato condannato a 2 anni e 2 mesi. E’ stato candidato a Galatina e avuto 79.977 voti.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 28th, 2022 Riccardo Fucile
TRA GLI STUDENTI NESSUNO VOTA LEGA, IL CETO ALTO VOTA FDI. GLI IMPRENDITORI CALENDA E I POVERI IL M5S (MA LA META’ NON VA NEANCHE A VOTARE)
Oggi Ipsos ha pubblicato un interessante grafico che praticamente nessuno si leggerà sull’analisi del voto del 25 settembre 2022.
Eppure dentro ci sono delle cose assai importanti. Risposte a domande che i partiti dovrebbero farsi.
Prima di tutto: per chi votano i giovani?
Bisogna incrociare due dati: quello sull’età e quello sulla professione. Nella fascia d’età 18-34 anni prevale il Pd con il 18,7 per cento, che prende più della Meloni ma il primo partito è il Movimento 5 Stelle, che sfiora il 21 per cento.
Il secondo dato riguarda la professione. Tra gli studenti praticamente nessuno vota Lega: 3,1 per cento, e solo il 10 vota Fdi. Il Pd è al 24,3 per cento e il M5S è al 24,8 per cento. Conclusione: i giovani votano M5S. Bisognerebbe pensarci su.
Seconda domanda: il ceto medio chi vota?
Anche qui si incrociano più dati ma il principale è quello sul reddito: la fascia media, e medio-bassa dice che vota Meloni per oltre il 27 per cento, quindi 3 punti sopra il risultato complessivo di Fdi.
Il ceto medio-alto vota pesantemente Pd, mentre i ricchi, con una condizione economica elevata preferiscono la Meloni ai Dem, ma di poco.
Ci sono altri dati interessanti
Quelli che votano di più il Terzo Polo sono gli imprenditori, i dirigenti e i liberi professionisti (12,3 per cento). Ma soprattutto chi ha una condizione economica bassa vota per il 25 per cento il Movimento 5 Stelle, e per il 49,4 per cento si astiene.
Insomma: i poveri e chi ha più bisogno di essere aiutato dalla politica non vota. Non crede più a niente, e quei pochi che ci credono pensano che la cosa migliore è essere assistiti dallo Stato. Non una cosa incoraggiante.
(da true-news.it)
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