Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
PECCATO CHE I DATI UFFICIALI DELLA BANCA D’ITALIA LO SMENTISCANO E IL RECOVERY PLAN DICA ALTRO
Matteo Salvini ignora il programma del centrodestra sul tetto all’uso
del contante, oltre ai giudizi di Banca d’Italia e alle richieste dell’Unione Europea.
Per la terza volta dall’inizio della campagna elettorale, il leader della Lega è tornato a battere sul tema predicandone la totale abolizione: “Non esiste il tetto di spesa in denaro contanti – ha detto – Perché uno non può pagare in contanti? Il tetto di spesa per i contanti in Germania è di 10mila euro, qua ormai devi usare il bancomat anche per un caffè”. “E chi ci guadagna? – si è chiesto retoricamente – Le banche, ecco di ingrassare le banche penso sia venuto anche il momento di farne a meno”. Il solito refrain.
Eppure il programma del centrodestra recita tutt’altro. Certo, è previsto un innalzamento del tetto ma avendo come parametro quanto accade negli altri Paesi Ue: “Innalzamento del limite all’uso del denaro contante, allineandolo alla media dell’Unione Europea”, si legge nelle promesse elettorali condivise con Fratelli d’Italia e Forza Italia.
Senza che si aggiunga una sola parola sulla lotta all’evasione fiscale, nonostante l’Italia debba ridurla di 12 miliardi in due anni come da impegnati del Recovery plan.
Ignorare il problema, insomma, può costare decine di miliardi di aiuti europei.
Uno degli ultimi studi sul tema da parte di Palazzo Koch, in realtà, racconta tutt’altro. Il paper Pecunia olet di Banca d’Italia, che risale allo scorso novembre, prendeva in esame il periodo dal 2015 al 2017, cioè i tre anni a cavallo dell’aumento della soglia a 3mila euro deciso da Matteo Renzi, poi riabbassata a 2mila euro nel luglio 2020, scesa fino a mille euro per qualche mese e rialzata a 2mila attraverso un emendamento al dl Milleproroghe per volere proprio dei partiti del centrodestra.
“Abbiamo concluso – si legge nell’abstract – che una crescita delle transazioni cash porta a una crescita dell’evasione fiscale da parte delle imprese, e che l’aumento della soglia deciso nel 2016, motivato dallo scopo di incoraggiare i consumi, ha avuto l’effetto collaterale di condurre a un ampliamento dell’economia sommersa”.
Di quanto? La decisione “ha aumentato di 0,5 punti percentuali la quota dell’economia illegale” e “un aumento dell’1% nell’uso del cash porta a una crescita tra lo 0,8% e l’1,8%” del sommerso, sottolineavano i tecnici.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
IN VENETO, LOMBARDIA E PIEMONTE MELONI DAVANTI A SALVINI: SARANNO CONTENTI I NOTABILI LEGHISTI CHE, PER NON AVER AVUTO LE PALLE DI SCARICARE SALVINI, PERDERANNO LA POLTRONA
In Veneto, Lombardia e Piemonte alle prossime elezioni del 25 settembre probabilmente assisteremo a un fenomeno molto curioso.
Fratelli d’Italia è candidato a sorpassare la Lega nelle regioni del Nord storicamente guidate dal Carroccio.
E il distacco tra i due partiti, secondo alcuni sondaggi, sembra addirittura incolmabile. Visto che in alcuni casi ammonta anche a dieci punti percentuali. Cinque anni fa i rapporti di forza erano invertiti.
A parlare del fenomeno oggi è il Fatto Quotidiano, che cita alcune rilevazioni “riservate” che circolano nei report di YouTrend. E dicono che al Nord in media Fdi è al 25% contro il 18% della Lega.
Veneto, Lombardia e Piemonte
Per quanto riguarda il dettaglio delle regioni, nel Veneto guidato da Luca Zaia Fdi arriverebbe a sfiorare il 30%. Contro il 18-20% della Lega. Cinque anni fa il Carroccio prese il 32% (quasi il doppio della media nazionale) e Fdi il 4%.
Una situazione che gli iscritti della regione spiegano con la perdita dell’attenzione verso i temi identitari: autonomia, sicurezza e impresa.
In Lombardia invece la situazione è più fluida. Qui il partito di Giorgia Meloni supera il 20% e in alcune zone tocca il 23-25%. Contro il 18-20% della creatura di Matteo Salvini.
Molto più ampio il distacco in Piemonte. Dove invece Fratelli d’Italia è data al 24-26% mentre la Lega arranca al 14-16%. Dieci punti in più.
E il fatto che Fdi vada benissimo proprio nelle zone dove la Lega è più in difficoltà fa dire ai sondaggisti come Antonio Noto di Noto Sondaggi che Meloni potrebbe prendere più voti in termini assoluti al Nord rispetto che al Sud.
Questo perché Fdi accresce il suo potenziale pescando proprio tra gli elettori delusi del Carroccio. Per questo nel Mezzogiorno cresce di meno: perché lì i consensi della Lega sono storicamente minori.
Per essere precisi, secondo il sondaggista quel tipo di elettorato prima sceglieva Forza Italia, poi è passato al Carroccio e oggi sta su Meloni.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
I FANCAZZISTI DA UNA VITA CHE SE LA PRENDONO CONTRO CHI PRENDE IL REDDITO DI CITTADINANZA ADDIDATO COME LADRO E APPROFITTATORO… PARLA CHI NON HA MAI LAVORATO E VIVE DI POLITICA DA 20 ANNI E VUOLE INGRASSARE I CONTI IN BANCA DEI “PRENDITORI” CHE VIVONO DI SUSSIDI ALLE IMPRESE DA ANNI
Qualche ora fa Giorgia Meloni a Perugia ha ribadito quello che è nel
programma elettorale della destra: abolire il reddito di cittadinanza. “Sarebbe più facile per me”, ha detto alla folla “se io venissi qui e dicessi che vi do 780 euro a tutti, invece no”.
A parte che l’importo medio per percettore del reddito di cittadinanza è 581 euro – la differenza di duecento euro non è poca cosa – Giorgia Meloni finge di ignorare che il reddito di cittadinanza non è per tutti, ma per chi si trova senza lavoro e in particolari condizioni di vulnerabilità.
Giorgia Meloni finge di ignorare che i dati e le dichiarazioni dell’Istat sono stati chiarissimi: “Il reddito di cittadinanza ha salvato un milione di persone dalla povertà assoluta”.
Nella stessa giornata ma qualche ora dopo, Silvio Berlusconi ha fatto quello che fa Silvio Berlusconi: negare se stesso, affermando che il reddito di cittadinanza “non deve essere abolito”. Dimenticando così che Forza Italia (cioè lui) ha firmato da giorni il programma della coalizione di centrodestra e il programma è chiaro: abolizione. Esattamente come ha confermato a Perugia la leader Giorgia Meloni.
Quello che è insopportabile è una campagna elettorale giocata sulla pelle dei più deboli: attraverso la demonizzazione dei percettori – dipinti come approfittatori, ladri, spendaccioni, immeritevoli o fannulloni a seconda dei casi – il reddito di cittadinanza viene trasformato nel suo opposto, cioè in un’ingiustizia sociale da abolire, e non (magari) in qualcosa di perfettibile e perfezionabile, questo sì, soprattutto nella fase della cinghia di trasmissione verso la possibilità di trovare un lavoro che permetta di emanciparsi da una condizione sicuramente non auspicata da nessuno dei percettori: la disoccupazione di lungo periodo.
Inventarsi narrazioni alternative per colpire chi non ha neanche uno scudo di cartone per difendersi, è insopportabile.
Intendiamoci: la menzogna è sempre orribile, ma usarla per creare astio verso chi prende 500 euro al mese, da parte di chi ne prende 500 al giorno, è fuori dai canoni del sopportabile. E una campagna elettorale basata sulla rappresentazione malefica dei percettori del reddito di cittadinanza è veramente orribile.
Perché tutte le colpe ricadono sempre sui più poveri? Ve lo dico io: perché è più facile.
Userò l’ironia, ma pochissima: i poveri sono un bersaglio perfetto, ad esempio sono ricattabili per il lavoro. Lo sono anche i ricchi, ma i ricchi possono ricattare a loro volta mentre i poveri no, non hanno i mezzi per reagire e di solito non hanno contatti importanti né amicizie altolocate, altrimenti non sarebbero poveri, e se chiamano un giornale non li conosce nessuno.
I poveri non hanno soldi per finanziare adeguatamente le campagne elettorali di qualche partito che poi sarà riconoscente “per l’impegno profuso e il determinante contributo alla vittoria che la donazione di quel privato gli ha dato”.
I poveri stanno zitti, e quando provano a parlare non hanno cassa di risonanza, gliel’hanno tolta. Per questo è più facile aggredire chi non ha soldi rispetto – ad esempio – a chi viaggia con il jet privato.
Poi in Parlamento i poveri non ci stanno, e quelli che ci sono non erano poveri neanche prima di entrarci, figuratevi ora.
I poveri hanno profili social scarsi, non hanno milioni di followers, altrimenti non sarebbero poveri. Perciò se i poveri scrivono qualcosa non li legge nessuno, si demoralizzano e smettono anche di lamentarsi. Dunque meglio attaccare i poveri che i ricchi, è così che ragionano in tanti.
I poveri se vogliono organizzare una conferenza stampa non hanno tempo, non sanno come fare, poi dovrebbero comprare il buffet per i giornalisti mangioni, ma essendo poveri hanno difficoltà a prenotare un buffet con Fanta e Sprite per il compleanno della figlia, figurarsi per gli altri.
I poveri si sono rotti le balle, ma sono frantumati fra loro. Non riescono a coalizzarsi, a sentirsi uniti perché l’unione nella sfiga, in fondo, non piace a nessuno.
I poveri salvati dalla povertà assoluta grazie al reddito di cittadinanza sono un milione secondo l’Istat, ma non si sentono, non fanno rumore, non hanno tempo di gridare, e quando lo fanno gridano dalle loro case di periferia, e il grido si affievolisce prima di arrivare al centro delle città.
I poveri sono stanchi, perché devono sopravvivere.
I poveri votano e sono potenti ma non lo sanno: qualcuno dovrebbe dirglielo.
(da Fanpage)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
NUMERI IMPIETOSI CHE SONO UN GROSSO PROBLEMA ANCHE PER GIORGIA MELONI… PER SALVARSI, BERLUSCONI AVRÀ LA TENTAZIONE DI FEDERARSI CON SALVINI, E MOLLARE LA MELONI AL SUO DESTINO (LONTANO DA PALAZZO CHIGI)
«Lo sai che cosa sono questi, no? Sono numeri farlocchi, dati che non stanno né in cielo né in terra. Tutti i sondaggi ci danno sopra Calenda, non sotto», è sbottato l’altro giorno Antonio Tajani quando gli hanno messo sotto il naso la prima rilevazione che dava il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi qualche decimale sopra i consensi attribuiti a Forza Italia.
Ufficialmente, com’ è fin troppo ovvio e scontato quando una campagna elettorale è in pieno svolgimento, per i vertici azzurri – Silvio Berlusconi in primis – ci sono temi che semplicemente «non esistono»: non esiste la possibilità di finire per la prima volta nella storia dietro i big che hanno abbandonato «la casa del padre», che ieri rispondevano al nome di Gianfranco Fini e oggi si chiamano Mara Carfagna e Mariastella Gelmini; non esiste la possibilità di terminare la corsa elettorale abbondantemente al di sotto della doppia cifra, come previsto da molti sondaggisti; e non esiste nemmeno lo scenario «fine di mondo» di raschiare il barile del 7%, quel cataclisma elettorale tale da provocare un azzeramento nella catena di comando del partito.
Eppure, il fatto che di questi temi non si parli apertamente tra coloro che sono finiti in una posizione blindata per accedere in Parlamento, mentre invece sono il pane quotidiano di chi mastica amaro per essere finito in fondo alle liste o in posizione difficili, non sancisce oltre ogni ragionevole dubbio che questi temi non si ripresentino il 26 settembre sotto forma di un conto salatissimo. Anzi.
E così, visto che da giorni ogni interlocutore lo sottopone al giochino dell’«obiettivo minimo», per provare a capire se c’è una cifra in grado di provocare un terremoto post-elettorale all’interno di Forza Italia, Tajani ha trovato una riposta standard da dispensare a chiunque: «Un obiettivo minimo c’è ed è vincere le elezioni. Il centrodestra che vince le elezioni è l’obiettivo minimo nostro, punto e basta. Se poi c’è qualcuno che mi chiede dove può arrivare Forza Italia, ecco, secondo me la campagna elettorale è ancora tutta da giocare: possiamo raggiungere anche il 14 o 15%».
Lontani ormai dal sogno di arrivare a quel 20% di cui Berlusconi parlava apertamente all’indomani della caduta del governo Draghi, i forzisti cercano di ricalibrare il peso dei loro sogni ancorandogli obiettivi alla portata di una realtà più complicata.
La ritrosia berlusconiana a immaginare di presentarsi alle consultazioni con Mattarella con il nome di Giorgia Meloni per la presidenza del Consiglio, inizialmente alimentata e poi smentita dal diretto interessato, deve fare i conti con i numeri delle rilevazioni demoscopiche.
Privilegiare il dialogo interno al centrodestra con Matteo Salvini, finora, non ha prodotto risultati di rilievo né nella distribuzione dei seggi all’uninominale né nei sondaggi, dove la somma di Lega e FI è quasi sempre al di sotto dello score attribuito al partito di Meloni.
E poi c’è quel «che fare?», l’interrogativo leniniano alla base della lenta ascesa dei tanto odiati «comunisti» all’inizio del Novecento, proiettato sul governo che verrà qualora Fratelli d’Italia sbancasse il jackpot elettorale e Forza Italia si trovasse, nell’arco di due elezioni, a passare dal primo al terzo gradino del podio del centrodestra fondato nel 1994.
Qualcuno, nella cerchia dei berlusconiani, già ipotizza che lo schema «Meloni premier e Salvini ministro degli Interni» possa rappresentare non la fine ma un nuovo inizio per FI.
«Noi abbiamo la cultura di governo che loro non hanno», si è sentito dire l’altro giorno Berlusconi da un amico. Al quale ha risposto: «Hai ragione. E non è una cosa da poco».
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
L’ORGANIGRAMMA LE DECIDONO LE LOBBY CHE CHIEDONO CONTINUITA’ PER POTERSI SPARTIRE I SOLDINI DEL PNRR … IN CAMBIO LA MELONI PROPORRA’ DRAGHI PER IL DOPO VON DER LEYEN
Mentre il governo Draghi toglie le “castagne” dal fuoco a Giorgia
Meloni premier, per il governo di centrodestra prossimo venturo ci sono due nomi molto cari a SuperMario.
Ovvero quelli di Fabio Panetta, indicato come prossimo ministro dell’Economia. E di Stefano Cingolani, che manterrebbe il suo posto alla Transizione Ecologica.
Le voci su una vicinanza tra il premier in carica e quella in pectore si rincorrono da mesi. Tanto che la Lega qualche tempo fa lanciò l’allarme sul “pericolo” dei ministri di Draghi nel prossimo governo di centrodestra. Mentre i nomi di Panetta e Cingolani fanno parte da tempo del toto-dicasteri. E proprio per l’attuale presidente del Consiglio dalle parti di Fdi si pensa a una carica di grande prestigio: ovvero l’indicazione del suo nome come presidente della Commissione Europea dopo von der Leyen nel 2024.
Da qualche tempo i retroscena dei giornali raccontano della vicinanza tra Meloni e Panetta, attuale componente italiano del board della Banca Centrale Europea.
Oggi Il Fatto Quotidiano torna sull’argomento, premettendo che è stato proprio Draghi a fare il nome di Panetta per via XX Settembre alla presidente di Fdi. Il suo, ragionano ai piani alti del partito, è un background sicuramente adatto alla carica. Con le competenze in Banca d’Italia e lo standing internazionale necessario per la carica. Ma c’è un problema. L’attuale governatore di via Nazionale Ignazio Visco vedrà la scadenza del suo incarico nel 2023. E Panetta potrebbe essere più interessato a Bankitalia che al ministero dell’Economia. Se non altro perché quel mandato è meno soggetto alle intemperanze della politica.
In questo caso potrebbe tornare in auge il nome di Giulio Tremonti. Che sarebbe un necessario trait d’union con i governi di centrodestra guidati da Berlusconi. Un altro nome indicato come possibile è quello di Cesare Pozzi, docente dell’università Luiss.
Per la transizione ecologica, oltre a Cingolani, è caldo il nome dell’attuale ad di Terna Stefano Donnarumma.
Per il Viminale, oltre all’autocandidatura di Salvini, circola il nome dell’attuale presidente del Copasir Adolfo Urso. Gli esteri invece sembrano destinati già da oggi ad Antonio Tajani di Forza Italia.
Draghi a Bruxelles nel 2024?
C’è poi l’ipotesi di mandare Draghi alla presidenza della Commissione Europea nel 2024. Qui però ci sono prima tante incognite da superare. La prima è quella del voto alle elezioni europee, che potrebbe cambiare i rapporti di forza all’interno del Parlamento Europeo. Dove d’altro canto oggi Meloni è all’opposizione così come Salvini. Prima della proposta quindi sarebbe necessario almeno un rimescolamento delle alleanze.
Ma, spiega oggi Il Messaggero, su questo fronte già qualche segnale è in arrivo. Visto che Manfred Weber, leader del Partito Popolare Europeo, ha già definito il programma del centrodestra a trazione Meloni come «una garanzia» per l’Europa.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
VENTI DENUNCIATI PER “DISTURBO DI COMIZIO ELETTORALE”, COMPRESO IL RAGAZZO SALITO SUL PALCO CON LA BANDIERA ARCOBALENO… POI FANNO DEVASTARE DAI SOVRANISTI LA SEDE DELLA CGIL SENZA INTERVENIRE
Non solo il ragazzo con la bandiera arcobaleno: a Cagliari Giorgia Meloni è stata contestata anche con cori in sardo di gruppi indipendentisti: “Fuori l’Italia dalla Sardegna” e “Siamo tutti antifascisti”.
Per le contestazioni quattro persone sono state portate in Questura e oltre una trentina identificate: per loro scatteranno le denunce per aver disturbato il comizio elettorale.
Tra le persone identificate anche il giovane salito sul palco a pochi minuti dall’inizio del comizio sventolando una grande bandiera arcobaleno chiedendo il riconoscimento dei diretti della comunità Lgbt+ mentre in una zona della piazza lontana dal palco, si sono levati cori e slogan intonati dai manifestanti di matrice indipendentista e antifascista. Il clima si è surriscaldato e c’è stato qualche parapiglia tra i manifestanti e le forze dell’ordine.
La Digos ha già dato un nome e un volto a quasi tutti: per i quattro giovani portati in Questura è scattata una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. E i ragazzi che sono scesi in piazza a manifestare raccontano la loro versione dei fatti:
“Stasera noi ragazzi di A innantis! siamo scesi in Piazza del Carmine insieme a tanti altri coetanei, indipendentisti e attivisti per i diritti civili, durante il comizio di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. La nostra intenzione era presenziare in maniera pacifica, contro una politica che nei confronti dei sardi non ha alcun interesse se non quello dello sfruttamento. Non appena la bandiera arborense è stata sventolata, gli agenti della polizia ci hanno bloccati, spiegandoci che “per rispetto della democrazia” la contestazione era vietata. ’Italia si proclama tanto un Paese democratico e garante della libertà d’espressione, tuttavia oggi è stato dimostrato ben altro verso chi desiderava esprimere in modo pacifico il proprio dissenso, specialmente minorenni. La risposta ai cori di alcuni ragazzi, è stata la violazione dei diritti umani e della democrazia: cariche e calci da parte della Guardia di Finanza contro i ragazzi lì presenti, con l’aggiunta di due arresti. Siamo stati allontanati dalla scena e più volte ci è stato richiesto di abbassare la bandiera arborense ‘’per motivi di sicurezza’’ mentre sotto il palco decine di tricolori (con aste ben più grosse e lunghe) sventolavano incessantemente. Anche oggi abbiamo assistito a come il dissenso pacifico contro il politico italiano di turno è problematico, ma è lecito prendere a calci e nascondere i simboli di libertà di indipendentisti e attivisti. Tutto questo mentre in piazza per bocca della Meloni si parlava di sicurezza e migranti importati per volontà misteriose. Mentre da un lato la Natzione sarda protestava pacificamente, dall’altro l’Italia ha espresso la sua forza repressiva. Per chi crede che i sardi siano liberi sotto il governo italiano eccovi una prova che così non è”
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
E SU CALENDA E IL M5S PER GLI ATTACCHI AL PD: “LO TROVO UN ATTEGGIAMENTO SURREALE”
“I francesi commentano: noi abbiamo la Le Pen e la consideriamo
erede di ideologie che mettono a rischio il nostro sistema; in Italia hanno la Meloni, che è più a destra della nostra Le Pen, ma non se ne preoccupano. Secondo i francesi, quindi, gli italiani preferiscono sempre stare a vedere. Probabilmente i francesi vedono giusto e io non posso non preoccuparmi pensando a quanto questo atteggiamento ci costerà. Urlare al lupo al lupo non serve. Ma va fatta una riflessione”.
Lo dice Romano Prodi in un’intervista al ‘Corriere della Sera’. “Dobbiamo riflettere -aggiunge- sul modello di democrazia e di Stato che vorremmo e che rischiamo di avere. Non è certo quello ungherese o polacco il modello di democrazia europea! Se il centrodestra dovesse raggiungere i suoi obiettivi, questo porterebbe a una democrazia meno liberale. A un Paese che non tiene conto del futuro”.
“Questi continui attacchi al Pd da parte di 5 Stelle e Calenda sono irragionevoli, ma soprattutto politicamente incomprensibili. C’è un vero accanimento: considerano il Pd come l’unico nemico. Ma dov’è la ragione? Non pensano anche al loro futuro? Che ritorno possono avere in un Paese con una maggioranza assoluta di destra? È questo il loro disegno? Lo trovo un atteggiamento surreale, postmoderno”.
“Gli eventi di questi giorni -aggiunge l’ex premier- dimostrano che i partiti basati su un leader personale hanno sempre una pericolosa volubilità istituzionale. In fondo, con tutti i suoi difetti e i suoi errori, il Pd rimane, come dice il suo nome, un partito democratico”.
(da agenzie)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
I RAPPORTI CON IL GOVERNO DI PECHINO SONO NOTI, E TEMPO FA ANCHE IL COPASIR AVEVA LANCIATO UN ALLARME (INASCOLTATO)
A 25 giorni dalle elezioni due leader politici ed ex presidenti del Consiglio sono sbarcati su TikTok, la piattaforma social tra le più popolari tra i giovani: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.
Nel nostro Paese TikTok ha raddoppiato nell’ultimo anno gli utenti fino a sfiorare i 15 milioni mensili. Soprattutto di giovanissimi. Ed è a questo bacino elettorale che puntano i leader politici italiani nell’ultimo miglio di campagna elettorale. Anche se rispetto agli altri social network, TikTok non ammette pubblicità politica.
In barba, però, ai timori su privacy e tutela dei dati personali che aleggiano intorno al popolare social di condivisione di video brevi di proprietà della cinese ByteDance. A inizio agosto infatti “il governo britannico ha deciso di attuare restrizioni su TikTok, a causa delle preoccupazioni legate alla raccolta di dati sensibili, chiudendo l’account TikTok del Parlamento del Regno Unito, dopo che i Servizi di sicurezza ed i deputati hanno sollevato preoccupazioni sul rischio di trasmissione dei dati al governo cinese”, ha ricordato Francesco D’arrigo, direttore dell’Istituto Italiano Studi Strategici “Niccolò Machiavelli” su Startmag.
E l’allarme sulla possibile esistenza di “vie d’accesso” ai dati da parte dei dipendenti cinesi di ByteDance hanno attraverso la Manica fino a spingere cinque Europarlamentari, tra cui tre italiani, a sollecitare Bruxelles per verificare il modo in cui è tutelata la privacy degli utenti sul social media.
Da sempre TikTok ha respinto queste accuse. La società insiste sul fatto che non ha mai fornito dati utente al governo cinese e archivia i dati degli utenti negli Stati Uniti e a Singapore e in Irlanda nel 2023 quando sarà aperto il suo nuovo data center.
Nel frattempo, la società cinese ha scelto di affidare la direzione delle relazioni istituzionali del Sud Europa a un manager dall’impronta fortemente filo Usa e filo Occidente.
“Ciao ragazzi, eccomi qua! Vi do il mio benvenuto sul mio canale ufficiale di TikTok”. Parte così il primo video pubblicato da Berlusconi, che sottolinea come “su questa piattaforma i ragazzi sono oltre 5 milioni e il 60% ha meno di trent’anni”. E proprio a questi 5 milioni e non solo strizza l’occhio anche Renzi che, da parte sua, parte con una domanda ironica – “E che ci fai anche tu su TikTok? Ci mancavi solo tu…” – prima di sottolineare che “la campagna elettorale porta tutti noi a voler trovare dei nuovi canali alternativi per dialogare e discutere”.
Sì perché su questa piattaforma social i politici solo questo possono fare dal momento che TikTok non ammette pubblicità politica, a differenza dei social media del gruppo Meta, Instagram e Facebook.
Tuttavia, in concomitanza della campagna elettorale italiana, la scorsa settimana TikTok ha annunciato l’attivazione di un Centro Elezioni in-app “con l’obiettivo di aiutare chi interagisce con contenuti in materia elettorale ad attingere a fonti e informazioni affidabili”, come ad esempio le informazioni sulle modalità di voto fornite da fonti istituzionali.
“A partire dai prossimi giorni – spiega una nota della società – verranno anche applicate specifiche etichette ai contenuti individuati come relativi alle elezioni politiche 2022 in Italia, oltre che a quelli proposti da account appartenenti a esponenti politici e partiti. Gli utenti, cliccando sulle etichette, avranno accesso diretto al Centro in cui troveranno informazioni relative alle elezioni”.
TikTok ricorda infatti che “applica una policy che non consente annunci politici a pagamento mentre le Linee Guida della Community proibiscono contenuti che presentino disinformazione elettorale, abusi, comportamenti d’odio ed estremismo violento”.
Nel frattempo, cinque eurodeputati di centrodestra hanno chiesto chiarimenti in una lettera indirizzata alla presidente, Ursula von der Leyen, e ai commissari al Digitale, Margrethe Vestager e Thierry Breton, sui rapporti dell’app con la Cina.
Alla commissione europea i cinque eurodeputati, tra cui Susanna Ceccardi della Lega e Carlo Fidanza di Fratelli d’Italia, hanno dopo le indiscrezioni pubblicate da BuzzFeed nel giugno scorso dalle quali emergerebbe l’esistenza di “vie d’accesso” ai dati degli utenti statunitensi da parte dei dipendenti cinesi di ByteDance, la società madre di TikTok.
Come anticipato all’inizio, ad agosto il parlamento britannico ha deciso di chiudere il suo account TikTok proprio perché sollecitato da alcuni deputati conservatori e due lord che hanno espresso preoccupazioni per la possibilità che il social media cinese possa passare i dati degli utenti al governo di Pechino.
La legge sull’intelligence nazionale cinese richiede alle società di fornire dati alle autorità governative su richiesta
Nella missiva si legge: “La prospettiva che il governo di Xi Jinping abbia accesso ai dati personali sui telefoni dei nostri figli dovrebbe essere motivo di grande preoccupazione”. A Westminster è stato così deciso di sospendere il progetto pilota che aveva portato alla creazione di un profilo del parlamento per attirare i giovani utenti del social.
(da Startmag)
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Settembre 3rd, 2022 Riccardo Fucile
35 ANNI, TATUAGGI NEONAZISTI E POSSESSO DI ARMI NEL SUO PASSATO… SI DEFINISCE “CRISTIANO CHE VA IN CHIESA” (ALLORA SIAMO A POSTO)
Si chiama Fernando Andre Sabag Montiel, ha 35 anni ed è di origini
brasiliane l’uomo arrestato la scorsa notte per aver tentato di assassinare Cristina Fernández de Kirchner, vicepresidente dell’Argentina.
L’ha attesa sotto casa insieme alla folla accorsa per manifestare il proprio supporto all’avvocatessa indagata per corruzione, poi improvvisamente ha estratto una pistola e ha sparato. Per fortuna l’arma si è inceppata o semplicemente l’uomo non l’aveva caricata e quindi tutto ciò che ne è venuto fuori è stato il click del grilletto.
Sono stati proprio i sostenitori di Cristina Kirchner a fermarlo, mentre la 69enne realizzava quanto appena accaduto, in attesa dell’arrivo della polizia. Gli agenti lo hanno arrestato e portato in carcere per interrogarlo. Un precedente arresto nel suo passato, avvenuto nel marzo del 2021 per possesso di armi: fermato dalla polizia mentre sostava in una vettura senza targa è stato trovato con un coltello di 12 centimetri. Sui suoi profili social usa uno pseudonimo e si descrive come un cristiano che va in chiesa.
A colpire sono alcuni dei tatuaggi che richiamano alle ideologie neonaziste, in particolare il Sole Nero che ha sul gomito, o Schwarze Sonne come si dice in tedesco, simbolo utilizzato nella Germania nazista che apparve per la prima volta come elemento di design in un castello rimodellato dal capo delle SS Heinrich Himmler. Negli anni è stato poi ripreso da diversi gruppi legati al neonazismo e appare spesso su bandiere e manifesti estremisti.
Non è chiaro se si tratti del gesto di un lupo solitario, di un mitomane, o se sia stato “usato” da qualcuno che voleva colpire la vicepresidente Kirchner. Al momento il movente resta un mistero. “Questo incidente”, ha subito detto il presidente Alberto Fernández in un messaggio diffuso via radio e tv attorno alla mezzanotte, “è estremamente grave. E’ la cosa più grave che sia accaduta da quando abbiamo recuperato la democrazia nel 1983”. Per oggi è stata dichiarata festa nazionale per “dare la possibilità a tutti di manifestare in pace”, ha aggiunto il presidente. Sospese tutte le attività previste, anche quelle sportive.
(da agenzie)
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