Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
LA STRETTA DEL CREMLINO SUI DISERTORI E’ LA FINE DEL MITO DELL’ARMATO RUSSA… TUTTI “PATRIOTI” CON LA PELLE DEGLI ALTRI
Da oggi in poi in Russia chi si rifiuterà di rispondere alla leva militare sarà punito con la reclusione dai cinque ai dieci anni.
Se poi, pur rimanendo a combattere, si arrenderà di fronte al nemico, la pena detentiva sarà fino ai 10 anni.
Questi solo alcuni degli emendamenti al codice penale firmati poche ore fa dal presidente russo Vladimir Putin. Nel pacchetto approvato dal presidente anche 15 anni di detenzione a chiunque sceglierà di evitare il servizio militare durante la mobilitazione o la legge marziale.
Decisioni che ora appaiono come una dura risposta alla fuga dal Paese operata negli ultimi giorni da molti cittadini russi, dopo che il capo del Cremlino ha annunciato la mobilitazione militare con il richiamo alle armi di 300 mila militari.
Mentre la popolazione fugge o tenta di fuggire, Putin usa l’arma della legge per inchiodare i russi alle loro presunte responsabilità da patrioti. Insieme alle nuove pene previste, il presidente ha firmato anche una legge che facilita l’accesso alla nazionalità russa per i cittadini stranieri che servono nell’esercito russo.
«Dalla scorsa settimana il numero di russi in fuga al confine con la Finlandia è raddoppiato». A dirlo in un’intervista alla Bbc è il prefetto della Carelia del Sud, Satu Sikanen.
La Carelia del Sud è una delle aree della Finlandia che ha il maggior numero di chilometri confinanti con la Russia. «La situazione è stabile e pacifica e ogni persona che attraversa la frontiera dalla Russia viene controllata in maniera esauriente per mitigare qualsiasi minaccia alla sicurezza», ha spiegato ancora Sikanen.
In seguito al discorso alla nazione sono stati esauriti in poche ore i biglietti per i voli diretti da Mosca a Istanbul, a Erevan, la capitale armena e a Tbilisi, la capitale della Georgia, le uniche destinazioni raggiungibili senza scali. Oltre alla fuga aerea, code chilometriche di auto hanno riempito il confine, senza contare le numerose proteste in piazza di chi ha deciso di rimanere nel Paese e i migliaia di manifestanti arrestati.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
I COLLEGI DA TENERE D’OCCHIO… SE IL CENTROSINISTRA DOVESSE PREVALERE IN ALMENO 5 DEI 9 COLLEGI CRUCIALI NELLE GRANDE CITTA’
Trentotto is the magic number. Secondo YouTrend, infatti, è questo il numero che potrebbe indicare il raggiungimento di una maggioranza autosufficiente in Parlamento.
Qualora il centrodestra dovesse superare il 38%, soglia data per raggiunta secondo i sondaggi a 15 giorni dal voto, «sarà molto difficile che la coalizione non abbia la maggioranza» scrive il portale di sondaggi e analisi in un post su Instagram.
Inoltre, guardando agli scenari già ipotizzati nei vari sondaggi estivi, «una non vittoria del centrodestra è improbabile».
Ad esempio, l’ultimo a cura di Swg per La7 vedeva il solo Fratelli d’Italia al 27%, al quale verrebbe poi aggiunto il 12% della Lega e un 6,7% di Forza Italia.
Tenendo sempre in considerazione che in Senato, «per via dei numeri più stretti e della presenza dei senatori a vita, è più difficile avere una maggioranza solida».
Rimane, però, sempre sullo sfondo la possibilità che ci siano alcune sorprese.
Ecco perché, una volta chiuse le urne, YouTrend consiglia quindi di tenere d’occhio i collegi uninominali soprattutto in Toscana ed Emilia-Romagna al Senato: una «tenuta del muro rosso» potrebbe concretizzarsi qualora il centrosinistra riuscisse a prevalere in almeno 5 collegi su 9. Per mantenere vivo il testa a testa, è anche necessario «che il centrosinistra vinca almeno una buona parte delle grandi città», quindi Roma, Torino, Milano, Bologna e Firenze, da cui i risultati spesso vengono prima e si sono già mostrati in passato buoni indicatori.
Da non sottovalutare nel quadro generale «la tenuta del M5s nelle regioni meridionali». Ad esempio, spiega YouTrend nelle slide, se il partito di Conte si ritrova avanti in diversi collegi della Calabria, allora è probabile che contenderà un buon numero di seggi al centrodestra.
Altri segnali: «Le grandi città, soprattutto al Senato. Se il centrosinistra vince almeno il collegio centrale di Roma, Milano, Torino, Bologna Firenze, lo spiraglio è ancora aperto».
E ancora, nelle «ex zone rosse. Se il centrosinistra riesce a vincere almeno 5 dei 9 collegi uninominali di Toscana ed Emilia Romagna al Senato».
Infine, l’alert M5S: «Se riesce a vincere almeno 3 collegi alla Camera e due al Senato in Calabria, significa che è quasi al 30% al Sud», e anche in quel caso «lo spiraglio è ancora aperto».
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
VOTAZIONI CON I MITRA SPIANATI ED ELETTORI PRELEVATI CASA PER CASA: E’ LA DIMOSTRAZIONE CHE HANNO PAURA DEL VOTO LIBERO
Militari che scortano la gente a votare armati di mitra, banchetti improvvisati per le strade delle città, uomini dell’esercito che vanno casa per casa a offrire la scheda per il voto.
Sono iniziate ieri, 23 settembre, le votazioni per il referendum nelle regioni ucraine del Donbass occupate dalle truppe russe: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Cherson.
Flash news ha pubblicato diversi video che mostrano militari russi, riconoscibili dalle fasce bianche legate al braccio o alla gamba, scortare gli abitanti verso edifici in cui poter compilare la propria scheda.
È stato documentato un episodio simile a Energodar, nella regione di Zaporizhzhia. Ma anche il capo dell’amministrazione militare regionale di Lugansk, Serhiy Haidai, descrive questo referendum, come: «Un sondaggio dell’opinione pubblica sotto la bocca delle mitragliatrici». Haidai racconta di militari che, durante la procedura «appartamento per appartamento», per dare una parvenza di garanzia al voto segreto «si offrono di coprirsi con del cartone».
Ma ci sono stati anche casi nei quali le persone hanno dovuto votare più di una volta. Yuriy Sobolevskyi, vicegovernatore dell’amministrazione regionale di Cherson, racconta di residenti che «sono stati costretti a votare per l’intera famiglia». E di «commissioni elettorali accompagnate da soldati armati che vagano per la regione e vanno a caccia di elettori che cercano in tutti i modi di evitarli».
I controlli alle urne
Il ministero della Difesa ucraino, citato da Unian, denuncia come sia «impossibile votare contro il referendum di annessione alla Russia. Perché uomini armati controllano quello che scrivono le persone».
Non solo. Da Kiev fanno sapere che dopo aver votato, «i russi rilasciano passaporti agli uomini. E inviano immediatamente convocazioni di leva per unirsi all’esercito della Federazione».
Anche la stessa Tass, tra le testimonianze di persone entusiaste per le votazioni, mostra foto e video di tavoli piazzati per le strade ammassati di persone su cui votare. Senza garantire in alcun modo la segretezza del voto.
Secondo il generale e vicecapo dello Stato maggiore ucraino Oleksii Hromov, le nuove forze così reclutate potrebbero essere mandate al Servizio di frontiera russo. In questo modo, libererebbero il loro personale militare impegnato nella copertura del confine con l’Ucraina.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
“NOVAJA GAZETA”: “NELLE FUGHE DI NOTIZIE PUTIN VIENE DIPINTO COME INSENSATO E INAPPROPRIATO”… INTANTO A MOSCA IL SINDACO STA FACENDO RIMUOVERE DALLA CAPITALE LE BANDIERE CON LA “Z” A SOSTEGNO DELL’OFFENSIVA
Su un palco allestito in piazza del Maneggio, alle spalle del Cremlino, ieri si sono alternati i leader di diversi partiti politici per salutare l’avvio dei “referendum” sull’annessione alla Russia di quattro regioni ucraine. “È l’inizio di una nuova storia comune”,
“Un momento storico”, hanno scandito mentre la folla – stipendiata, stando a diverse inchieste – riunitasi attorno alla statua del maresciallo Georgij Zhukov, uno dei grandi generali sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale, sventolava bandiere con la “Z”, nastri nero-arancioni di San Giorgio o cartelloni con lo slogan patriottico “Non abbandoneremo i nostri”.
Ma, a dispetto della manifestazione organizzata, non tutti gli uomini del presidente sarebbero d’accordo con il voto orchestrato in fretta e furia. Il primo ad avere espresso la sua contrarietà, stando a fughe di notizie dal Cremlino, sarebbe niente di meno che Serghej Kirienko, soprannominato “il viceré del Donbass”, il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale incaricato di curare i rapporti con le Repubbliche separatiste nell’Est Ucraina e con tutti i territori ucraini “liberati” dalla Russia.
Altri esprimerebbero il loro dissenso verso la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina in maniera più velata. Il primo ministro Mikhail Mishustin con il silenzio, mentre il sindaco di Mosca, Serghej Sobjanin, facendo rimuovere dalla capitale le “Z” a sostegno dell’offensiva.
“Vladimir Putin è in una situazione catastrofica non solo sul fronte ucraino, ma anche su quello interno. Per la prima volta in vent’anni, l’amministrazione presidenziale “sta trapelando” a un ritmo allarmante e nelle fughe di notizie Putin viene dipinto come insensato e inappropriato”, ha scritto su Novaja Gazeta Europe Julija Latynina, l’ex commentatrice di Eco di Mosca e Novaja Gazeta con ottime fonti.
Proclamando la mobilitazione “parziale”, Putin ha scontentato quello che l’analista Aleksandr Baunov ha battezzato “partito delle operazioni speciali” che credeva che soltanto i soldati professionisti dovessero essere coinvolti e che il conflitto dovesse restare ai margini della quotidianità.
Anche se, secondo Latynina, ancora più pericolosi per Putin sarebbero proprio i falchi del cosiddetto “partito della guerra” che chiedevano la mobilitazione, come il leader ceceno Ramzan Kadyrov che ora invita i governatori ad armarsi e il cosiddetto “chef del presidente” Evgenij Prigozhin che recluta prigionieri nel suo gruppo di mercenari Wagner.
“In un modo o nell’altro, in Russia, come in Cina durante la rivolta dei Taiping, il processo di creazione di eserciti privati è iniziato irreversibilmente”, avverte Latynina. E quando, come prevedono diversi analisti militari, si capirà che la mobilitazione “parziale” non ha cambiato le sorti sul campo di battaglia in Ucraina, i Kadyrov e i Prigozhin saranno i primi a ribellarsi.
Il fatto è che, dal 24 febbraio a oggi, “quasi nulla è andato secondo i piani e ci sono seri dubbi sul fatto che Putin avrà risorse sufficienti per stabilire il controllo fisico sul “nuovo territorio russo”, per non parlare del resto”, osserva l’analista Tatiana Stanovaja, a capo del think tank R. Politik. Ma con la mobilitazione “parziale” Putin ha anche rotto il contratto sociale con i suoi cittadini: far tornare la Russia a essere “grande” senza interferire nelle loro vite.
E non basta che le autorità continuino a parlare ipocritamente di “operazione militare speciale”. Con le chiamate al fronte, la realtà del conflitto adesso irrompe nelle famiglie russe. Non si può più nascondere. “La società lentamente si indignerà (non aspettatevi proteste di massa, ma ondate di indignazione)”, prevede Stanovaja. “Il regime aumenterà la repressione. Questa è l’erosione del potere di Putin nella sua forma più pura”.
(da la Stampa)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
AL PRIMO, OLIGARCA RICCHISSIMO E VICINO AI SERVIZI RUSSI, E’ STATO SEQUESTRATO UN PATRIMONIO DI 32 APPARTAMENTI, 26 AUTO, 23 CASE E UNO YACHT DA 93 METRI: E’ ACCUSATO DI ALTO TRADIMENTO, PER AVER VENDUTO SEGRETI MILITARI A MOSCA, E DI CORRUZIONE… YANUKOVYCH E’ L’EX PRESIDENTE UCRAINO, MA FILORUSSO, ACCUSATO NEL 2014 DI AVER FATTO SPARARE SULLA FOLLA IN RIVOLTA
Chi sono queste «persone perbene» che, come dice il Cavaliere, Putin voleva insediare a Kiev? Il principale è quello di cui state per sentire la storia. Il 14 aprile, due giorni dopo che l’avevano ricatturato dopo una fuga durata 48 giorni, gli ucraini sequestrarono a Viktor Medvedchuk 32 appartamenti, 30 terreni, 26 auto, 23 case e uno yacht di 93 metri da 200 milioni di dollari, il Royal Romance, ancorato a Rijeka, n Croazia.
A casa sua la polizia ucraina trovò sfarzi paranoici come la replica di una carrozza ferroviaria d’epoca, arredata d’oro e con finiture in oro, laccata in oro.
Volodymir Zelensky disse: «Si è nascosto per 48 giorni. E alla fine ha deciso di tentare la fuga dal nostro Paese. Trovo particolarmente cinico il suo uso della mimetica militare. Ha cercato di camuffarsi così. Che guerriero. Che patriota».
Vladimir Putin voleva insediare lui, al termine del Blitzkrieg in Ucraina, al posto di «quei drogati» di Kiev. Zelensky propose: «Se Medvedchuk stesso ha scelto un’uniforme militare per fuggire, è soggetto alle leggi di guerra. Sto offrendo alla Russia di scambiare questo suo uomo con i nostri ragazzi in cattività russa».
Il Cremlino rifiutò seccamente quello che l’altra sera ha dovuto accettare con gli interessi. Ma vediamola meglio, questa persona «perbene» che il Cavaliere non si sarebbe preoccupato di vedere al posto di Zelensky con un violento regime change.
Dopo una carriera politica che lo portò a esordire come capo dello staff dell’ex presidente filo Cremlino Leonid Kuchma, e a concludere come capo del partito pro Cremlino “Piattaforma dell’opposizione” (oggi sciolto), Medvedchuk è molto probabilmente, come prima cosa, una figura dei servizi russi. È certo un oligarca ricchissimo, ma lo è diventato grazie a Mosca.
In Ucraina è accusato di alto tradimento per aver venduto segreti militari alla Russia, e di corruzione per aver saccheggiato le risorse naturali della Crimea sotto occupazione. Ha fatto molti soldi (il suo patrimonio supera il miliardo, secondo Forbes) con affari legati al petrolio russo. Cosa che gli ha consentito per anni di controllare tre stazioni tv che facevano propaganda russa in Ucraina, 112 Ukraine, NewsOne e ZIK.
A gennaio gli Stati Uniti lo hanno sanzionato per aver tentato una cospirazione e un «governo collaborazionista» subito dopo quella che sarebbe dovuta essere la deposizione di Zelensky da parte dei russi. E questo ci consente di incrociare anche un’altra delle «persone perbene» che lavoravano per un golpe in Ucraina. Fonti a conoscenza dei piani del Cremlino hanno dichiarato a Reuters che Mosca aveva un apparato di agenti dormienti nei servizi ucraini: il Cremlino aveva pronti Oleg Tsaryov, un proprietario di alberghi, per guidare un governo fantoccio a Kiev, e Medvedchuk per fare il puparo di questa rete.
A giugno un ex procuratore generale ucraino ha rivelato che Medvedchuk aveva un telefono criptato fornito da Mosca per comunicare con Putin, di cui è amico personale. Putin è padrino della figlia di Medvedchuk, Daria. È stato in contatto con il milieu di Viktor Yanukovych, l’ex presidente ucraino pro Russia fuggito dall’Ucraina e accusato nel 2014 di aver fatto sparare sulla folla in rivolta. Persona «perbene».
Ma qui siamo in grado di raccontare anche un dettaglio italiano: nella sua fuga dopo il primo arresto, Medvedchuk si era nascosto in un appartamento a Kiev affittato dall’Italia. Lo raccontò la sua guardia del corpo, Andrey Valerievich Tarad. L’Fsb preparava la sua esfiltrazione attraverso la Transnistria. L’appartamento in Yaslinskaya 11b era stato affittato come copertura da una coppia dall’Italia, Sandro e Sveta. Di persone «perbene» ce ne sono tante anche in Italia.
(da la Stampa)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
TRA CODE ALLA FRONTIERA E INTERROGATORI DELLA POLIZIA ALLA STAZIONE C’È CHI SI RIFUGIA IN QUALCHE DACIA NASCOSTA VICINO SAN PIETROBURGO … C’E’ CHI SCAPPA IN MONOPATTINO, CHI ASPETTA DIECI ORE NASCOSTO IN AUTO PUR DI LASCIARE IL PAESE: “QUESTO GOVERNO HA SCELTO LE ARMI E HA DISTRUTTO I RAPPORTI TRA I NOSTRI POPOLI”
Aleksandr ha capito subito che tirava una brutta aria quando martedì sera hanno annunciato un imminente discorso del presidente russo Vladimir Putin. Il ventinovenne di San Pietroburgo ha subito iniziato a cercare biglietti aerei per la Turchia e l’Armenia.
Ma era già tardi: la maggior parte dei voli erano pieni, quelli rimanenti costavano migliaia di dollari. La mattina dopo i suoi peggiori timori si sono avverati: Putin ha annunciato la mobilitazione parziale del Paese, chiamando alle armi 300 mila riservisti per sostenere lo sforzo bellico in Ucraina.
«Sono anni che mi oppongo a questo governo, non ho nessuna intenzione di andare a combattere per esso», spiega Aleksandr. A corto di opzioni, il ragazzo ha comprato in fretta e furia un volo interno per Ekaterinburg, sui monti Urali. Da lì è riuscito a ottenere un passaggio in macchina fino al confine con il Kazakhstan. Quando è arrivato alla frontiera si erano già formate lunghe file di uomini in fuga. «Ho dovuto aspettare almeno dieci ore per passare il confine», ricorda Aleksandr. Ora il ragazzo si trova a Kostanay, la prima città kazaka dopo il confine.
Trovare un alloggio è stata un’impresa: la città è invasa dai russi che scappano dalla mobilitazione. Il piano ora è raggiungere Astana, la capitale, dove Aleksandr verrà raggiunto dalla moglie Veronika e dal figlio di un anno, Mark.
Vivranno lì per tre mesi, poi si vedrà. «Sono triste perché lascio la mia famiglia e i miei genitori anziani, perché non so quando potrò tornare. Mia nonna è già molto vecchia, non so se la rivedrò ancora», racconta il giovane. A dargli forza, la consapevolezza che sta agendo per il bene della sua famiglia, per il futuro di Mark.
Nell’ultimo periodo, vivere in Russia era diventato difficile a causa dell’onnipresente propaganda bellicista, presente perfino nelle scuole. «Se le cose non cambiano in Russia, non vedo un futuro per mio figlio», dice Aleksandr. «Il nostro governo non solo sta distruggendo il Paese vicino, ma anche il nostro stesso Paese», commenta. Come Aleksandr, migliaia di altri uomini stanno fuggendo dalla Russia per sottrarsi alla mobilitazione.
Il tempo stringe, visto che molti dei Paesi limitrofi hanno chiuso i confini. La prossima a farlo sarà la Finlandia, ai cui valichi si stanno formando lunghe code. Secondo la ong Guide to the Free World circa 70 mila russi sono già fuggiti o stanno escogitando piani di fuga. Chi non è riuscito a prendere un biglietto aereo e non ha altri mezzi sta fuggendo a piedi verso il confine.
Il timore diffuso è che il governo imponga la legge marziale e chiuda i confini. Mentre molti scelgono la fuga all’estero, altri preferiscono darsi alla macchia. Come Pavel, 31 anni, programmatore. La mattina della mobilitazione, Pavel è stato bombardato di chiamate da amici e parenti che lo volevano convincere a lasciare il Paese immediatamente: lui è un ufficiale in riserva, dunque rientra nella categoria di quelli che verranno mobilitati per primi.
Alcuni amici, trasferitisi negli Emirati Arabi all’inizio del conflitto in Ucraina, volevano comprargli un biglietto aereo per permettergli di raggiungerli. Una volta lì, gli hanno detto, non sarà difficile trovare un lavoro ben pagato. Dopo una breve riflessione, Pavel ha deciso che non partirà: è troppo legato alla sua terra, alla sua amata San Pietroburgo. Ha così lasciato il suo appartamento di città per rifugiarsi nella sua dacia (la casa di campagna dei russi) in mezzo ai boschi.
Resterà lì per il prossimo futuro, dove le autorità difficilmente potranno rintracciarlo. Eviterà accuratamente i trasporti pubblici, dove pattuglie di poliziotti, secondo alcune fonti, già fermano uomini in età militare. «Alla stazione dei treni ho già visto che fermavano persone e le portavano via per interrogarle», racconta il ragazzo.
Pavel si è sempre considerato un patriota della Russia. Per lui, il conflitto in Ucraina è una «guerra fratricida» in cui non vuole avere nulla a che fare. «La Russia avrebbe potuto attrarre l’Ucraina a sé in molti modi, dare un buon esempio, sviluppando i nostri legami culturali, sociali ed economici», commenta amaro. «Invece questo governo ha scelto le armi e ha distrutto i rapporti tra i nostri popoli».
(da “la Stampa”)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL PIANO DEGLI ANTI-MELONI: SE I 5 STELLE AL SUD SFILANO NELL’UNINOMINALE UNA DECINA DI COLLEGI AL CENTRODESTRA E IL PD NON CROLLA, MATTARELLA POTREBBE ESSERE TENTATO DI DARE L’INCARICO DI FORMARE IL GOVERNO A QUALCUNO FUORI DAL PERIMETRO DI CENTRODESTRA… MELONI TEME ANCHE CHE NEL SUO CAMPO QUALCUNO SENTA IL RICHIAMO DEI POPOLARI EUROPEI
Come il Covid anche il lodo Z ha infinite varianti. L’ultima prevede l’uso del pallottoliere per contare quanti saranno i seggi del centrodestra al Senato. Il lodo Z è un’invenzione per dire che Ugo Zampetti, segretario facente funzione del presidente della Repubblica, in caso di vittoria di Giorgia Meloni sarebbe costretto ad annunciare che la leader di Fratelli d’Italia ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo.
Così si fanno sottili e intense manovre nella speranza che l’esito delle urne scongiuri quella eventualità. Magari convincendo una parte di Forza Italia atlantista ed europeista che il condominio con Meloni e Salvini è sconveniente
Indizi ce ne sono. Serpeggiano nei talk show, vengono sussurrati con la tecnica del vedo non vedo dai sondaggisti che pur non potendo dare le percentuali fanno l’oroscopo delle urne.
Fabrizio Masia, dagli studi di La 7, ha fatto sapere che «ci sarà un esito sorprendente», illustrando: «Un conto è avere delle maggioranze un po’ più ampie, che vadano oltre i 120 seggi, un conto invece è avere delle maggioranze più risicate che magari superano di poco i 100 seggi, basta un raffreddore di cinque senatori per non poter governare».
È la variante «S», dove S sta per Senato e per Sud. È la speranza di chi ha l’orticaria al solo pensiero di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Il ragionamento è: se i 5 stelle di Giuseppe Conte al Sud sfilano nell’uninominale una decina di collegi al centrodestra e il Pd non crolla il gioco è fatto. Sergio Mattarella potrebbe essere perfino tentato di esperire subito un incarico fuori da centrodestra. La prudenza però consiglia di aspettare. Cosa? Che Giuseppe Conte scelga il nuovo segretario del Pd. Di lui Nicola Zingaretti, il predecessore del già giubilato Enrico Letta, aveva detto «è un punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste».
La variante S la stanno coltivando a villa Nazareth, la parte vaticana progressista pronta a immolare Letta per l’ex loro «seminarista laico» di Volturara Appula e Goffredo Bettini, il cerimoniere rosso del Pd romano, da sempre in ampie intese con i pentastellati.
Ha già fatto proficui sondaggi tra i contiani che pongono una pregiudiziale: via tutto il vertice del Pd che ha dato ospitalità a Luigi Di Maio, di cui Conte & C. chiedono lo scalpo. Stefano Bonaccini, il presidente dell’Emilia Romagna che da tempo si scalda a bordo campo per conquistare la segreteria del Pd, una settimana fa alla festa di Tpi è stato chiarissimo: «Dopo le elezioni bisogna riprendere il dialogo con i 5 stelle». Ne ha data una conferma indiretta Chiara Appendino.
L’ex sindaco di Torino è oggi la stratega dei pentastellati, rinvigoriti nel meridione dai sondaggi in forza del voto di cittadinanza, pardon del reddito di cittadinanza, e a domanda risponde: «Alleanze strutturali con questa dirigenza del Pd mi sento di escluderlo. Poi, se in Parlamento ci saranno delle battaglie dove ci saranno altre forze politiche che ci seguiranno ben venga».
Due notizie in una risposta: Enrico Letta sarà dimesso il 26 settembre; ad applicare il lodo Z i pentastellati ci stanno. Se al Senato il centrodestra ha numeri risicati si tenta questo schieramento: Pd, 5 stelle con Calenda-Renzi e si cerca di strappare almeno un pezzo Forza Italia dal centrodestra. Con la pregiudiziale di politica estera. Molte dichiarazioni vanno in questa direzione.
Se non ci fosse questo tentativo molto sotterraneo e del pari energico, non si capirebbe perché Giorgia Meloni, giovedì sera, dal palco di piazza del Popolo, con tutto il centrodestra schierato e, apparentemente, compatto, abbia sentito la necessità di puntualizzare: «Niente inciuci».
La Meloni teme che i «mai con i 5 stelle» di Carlo Calenda e il «mai col Pd» dei contiani si dissolvano se scatta il lodo Z.
Ma teme anche che nel suo campo qualcuno possa sentire il richiamo dei popolari europei, anzi che glielo facciano sentire da Bruxelles al Colle. Perché il lodo Z è a lento rilascio. Giorgia Meloni s’ accasi pure a Palazzo Chigi, ma con un affitto breve.
Per evitarlo, il centrodestra ha una sola opzione: stravincere. Perché se Conte fa il miracolo al Senato il lodo Z scatta. I collegi su cui si gioca sono una quindicina: bastano per andare a dama. Un po’ di Forza Italia con i senatori a vita è, in quel caso, sufficiente a Palazzo Madama, dove siederanno solo in 200, per far cadere il governo. Dopo tocca a Conte-Bonaccini-Calenda-Renzi, benedetti dai popolari europei. L’unico rischio? Che qualcuno richiami Mario Draghi per cambiare aria al Colle. È la variante incontrollabile del lodo Z.
(da La Verità)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
DENUNCIATO I L PRIMO CITTADINO, CI SONO PRECEDENTI SENTENZE CHE VIETANO DISCRIMINAZIONI RAZZISTE
A Montorio al Vomano, comune di poco più di 7 mila abitanti nella provincia abruzzese di Teramo, è valanga di polemiche per l’ultima delibera del sindaco Fabio Altitonante, storico consigliere di Forza Italia in regione Lombardia, dal 2020 alla guida del comune natio.
«A Montorio al Vomano, dopo la mensa e l’asilo nido, anche il trasporto scolastico è gratuito per i figli delle famiglie residenti, in regola con il pagamento dei tributi comunali, in cui almeno uno dei genitori abbia la cittadinanza italiana o di un Paese dell’Unione europea», si legge nel comunicato diffuso dall’amministrazione comunale di centrodestra.
Al posto del reddito, il requisito per la gratuità diventa la nazionalità.
La nazionalità
«Una vergogna illegittima e illegale», ha commentato a La Stampa l’avvocato Alberto Guariso dell’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. «Una discriminazione nei confronti dei bambini sulla base della nazionalità dei genitori, che non può avere alcuna ragione d’essere, se non ideologica» ha sottolineato il legale che, insieme ai colleghi dell’Arci, ha già presentato un ricorso alla sezione civile del tribunale di Pescara.
Il processo si aprirà il 2 dicembre. La delibera, si legge nel ricorso, è contraria sia alla convenzione Onu sui diritti del fanciullo sia al testo unico sull’immigrazione, «che impongono per tutti i minori l’accesso alla scuola dell’obbligo e ai servizi a parità di condizione dei cittadini italiani».
Intanto, il dissenso di una parte della cittadinanza è culminato in una piccola manifestazione e nell’affissione di uno striscione sul palazzo del Comune: «Sui bambini, le discriminazioni sono anche più ripugnanti, Altitonante lurido razzista!».
Il sindaco si è difeso accusando il centrosinistra di strumentalizzazione: «Mai discriminato qualcuno per il colore della pelle. Avevamo già adottato il requisito lo scorso anno per le mense, la questione ora è stata strumentalizzata dal centrosinistra perché siamo in campagna elettorale. Ci siamo semplicemente adeguati ai criteri nazionali usati dalla carta giovani e, fino a qualche mese fa, dalla carta famiglia», ha detto.
L’illegittimità
Peccato che le carte siano state dichiarate illegittime dalla Corte di giustizia dell’Unione europea il 28 ottobre 2021, sempre su ricorso dell’Asgi. Anche nei casi precedenti, episodi simili si sono visti a Brescia come a Lodi, si finì in tribunale. Nel 2018, quando la sindaca leghista di Lodi escluse i bambini figli di stranieri dalla mensa scolastica, il Comune perse in ogni grado di giudizio.
(da agenzie)
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Settembre 24th, 2022 Riccardo Fucile
IL RISCHIO E’ L’ISOLAMENTO DELLE TRUPPE, MA PUTIN PRRETENDE DI DETTARE LA STRATEGIA FALLIMENTARE
Vladimir Putin sta entrando in modo sempre più diretto nella pianificazione delle strategie di guerra in Ucraina. A dichiararlo sono alcuni funzionari americani che raccontano come il presidente russo stia respingendo le richieste dei suoi comandanti di potersi ritirare da Cherson: la prima grande città occupata dai russi e, a oggi, l’unica capitale regionale sotto il controllo di Mosca.
Come spiega il New York Times, un ritiro porterebbe alla salvaguardia di equipaggiamento e soldati, ma significherebbe anche riconoscere un fallimento e un’altra vittoria ucraina.
La strategia di Putin è ormai incentrata sulla vittoria a tutti i costi. «Le scene che stiamo vedendo di russi che lasciano il loro Paese ci dicono che questa guerra è impopolare anche in Russia», ha spiegato la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre: «Putin è in una posizione di debolezza».
Il rischio di isolamento
Quel che è certo, è che la mobilitazione di 300mila riservisti ha dimostrato l’insufficienza delle truppe di Mosca per poter continuare la sua offensiva e che, nonostante la sua determinazione, Putin stia accettando alcune raccomandazioni dei suoi ufficiali.
«Potrebbe mettere fine alla guerra domani, se volesse», ha continuato Jean-Pierre anche se la situazione in Ucraina è ancora troppo «dinamica». L’area ancora particolarmente critica è quella intorno proprio a Cherson. Si parla di alcuni problemi che l’esercito russo deve affrontare nel sud dell’Ucraina.
Le forze di Kiev sarebbero sulla buona strada per ripetere l’avanzata che ha portato alla riconquista di ampie aree nel nord-est a inizio mese. La più grande minaccia per Mosca è che l’Ucraina potrebbe isolare la Crimea.
Non è la prima volta che gli alti ufficiali russi mettono in discussione i piani di guerra di Putin. Prima della mobilitazione parziale e della richiesta di ritiro, infatti, i comandanti avevano messo in dubbio anche la strategia di una guerra lampo per la conquista di Kiev. Il New York Times spiega come i militari considerassero insufficienti le truppe impiegate, cosa che ha portato lo scontro a trasformarsi in una guerra di logoramento.
Il rifiuto della realtà
Nei giorni scorsi Putin ha ordinato di continuare a combattere a Cherson. I russi hanno perciò fatto saltare la diga sul fiume Inhulets, in modo da arrestare l’avanzata ucraina. Tuttavia, le forze di Kiev hanno risposto facendo saltare i passaggi sul fiume Dnipro tagliando fuori gran parte delle truppe russe.
Per questo motivo i comandanti hanno chiesto il ritiro, così da poter salvare il salvabile e riorganizzarsi più indietro. Ma come spiega Michael Kofman, direttore degli studi sulla Russia presso l’istituto di ricerca sulla difesa in Virginia, «in punti decisionali importanti Putin ha procrastinato, rifiutandosi di riconoscere la realtà, fino a quando le opzioni sono diventate di male in peggio».
Nel frattempo, Bloomberg rivela come Mosca aumenterà del 43% la spesa militare nel 2023 e supererà il 40% anche i finanziamenti alla sicurezza nazionale e alle forze dell’ordine.
(da agenzie)
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