Febbraio 27th, 2023 Riccardo Fucile
“NON E’ VERO QUELLO CHE DICE PIANTEDOSI, SIAMO INTERVENUTI ANCHE CON MARE FORZA 7”
Orlando Amodeo, medico soccorritore a Crotone e per lunghi anni
dirigente medico della polizia di Stato, lancia accuse forti sul naufragio di oggi al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Quei migranti potevano essere salvati. Non è vero che le condizioni del mare, come dicono Interni e fiamme gialle, rendevano impossibile avvicinare la barca dei migranti. Noi abbiamo imbarcazioni in grado di affrontare il mare anche a forza 6 o forza 7. Io sono salito a bordo di quelle imbarcazioni, qui in questi anni, e abbiamo compiuto salvataggi in condizioni simili». Amodeo lo ha detto in diretta a Non è l’Arena di Massimo Giletti su La7. «Perché ancora chiacchieriamo su questo? La vita è sacra per tutti, basta con i porti chiusi, i porti aperti, il blocco navale, lo sblocco navale», ha aggiunto Amodeo, «bisogna aiutare queste persone a venire qua con delle navi e con degli aerei: gli scafisti li inventiamo noi, se Italia ed Europa diventassero più umane non ci sarebbero più scafisti e queste tragedie non esisterebbero più».
(da Open)
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Febbraio 27th, 2023 Riccardo Fucile
UN LUNGO E COERENTE PERCORSO PRIMA DELL’OPA SUL PD
È il primo pomeriggio di domenica e un militante della sinistra bolognese scrive su Facebook: «Cara Elly Schlein, eravamo quattro universitari scappati di casa, quando cinque anni fa ci hai preso per mano e letteralmente istruito politicamente».
Mancano poche ore alla chiusura dei seggi delle primarie PD, la vittoria della prima (e più giovane) segretaria donna è in arrivo, ma ancora materia per scommettitori forti, e questo compagno di Schlein nelle prime battaglie, lancia un appello a votarla, ricordando l’epoca in cui dalla formazione politica, è passata alla pratica.
Bologna dopo gli USA, ovvero Civati per Obama: viene spesso ricordata la partecipazione di Schlein come volontaria a due campagne elettorali vincenti dell’ex presidente americano, così come la sua adesione a Possibile di Pippo Civati, in rotta con il Pd in seguito alla mancata elezione di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica.
Precedentemente e durante tutto questo, sta la prima vera messa in atto di quell’essere di lotta e di governo, di cui Elly ha fatto un segno distintivo conquistando la sinistra italiana.
Scrivono le sue biografie on-line che Schlein è arrivata a Bologna dopo la maturità nel Paese di nascita, la Svizzera. Qui si iscrive al Dams, passando poi a Legge. Parlando di sé, all’epoca in cui era blogger del Fatto Quotidiano, dice: «Sono laureata in Giurisprudenza a Bologna ma aspirante regista da sempre», poi aggiunge di essere «attiva nelle associazioni universitarie, in particolare sui temi dell’immigrazione e del carcere, con Progrè».
È il 2011, Elly si laurea, fonda questo gruppo ed ecco l’impronta di lotta e di governo. Se da un lato infatti questi studenti che Schlein guida organizzano prima incontri in facoltà, che poi diventano tre giorni di convegni su migranti e carceri (Promigrè) patrocinati dallo stesso ateneo, dalla regione Emilia-Romagna, dal comune e da altre istituzioni, che prestano i luoghi centrali della vita pubblica cittadina; dall’altro, mette in atto azioni di disobbedienza civile che attirano l’attenzione delle cronache locali.
La Lega di Salvini è il nemico naturale di Progrè e diventa celebre l’operazione con cui i militanti rispondono a una campagna pubblicitaria leghista. I manifesti salviniani sostengono che gli stranieri siano privilegiati rispetto agli italiani, nell’accesso a servizi come la casa e la salute. Progré ne affige altri che riprendono il design originale, ma contesta il contenuto con dati statistici.
Proprio con Matteo Salvini, quando già Schlein sarà approdata al Parlamento Europeo, utilizzando il suo seggio per battersi contro il concetto di primo paese d’approdo che guidava la politica comunitaria sui migranti, sarà obiettivo di un’altra azione di lotta in stile Progrè.
Il segretario leghista sta cenando in un ristorante della provincia bolognese. Schlein lo attende all’uscita con un metodo molto usato dai contestatori di ogni fazione e, quando l’incontra, gli domanda perché nessuno del suo partito abbia preso parte attiva al dibattito sulla riforma dei Trattati di Dublino.
«Perché a Bruxelles non siete mai venuti a nessuna delle ventidue riunioni di negoziato sulla riforma migratoria più importante per l’Italia?», domanda Elly. Salvini tentenna poi risponde: «Le riunioni che importavano io le seguivo».
I delusi della sinistra italiana, incominciano a vedere in lei una luce di speranza. Lo stesso compagno della prima ora, sintetizza il concetto così: «Il Pd continua a farmi ribrezzo e lo ritengo irriformabile, come dimostra l’opa che è stata lanciata contro di te. Tuttavia, non mi lascio sfuggire l’occasione di votare per qualcuno di cui mi fido davvero».
Una fiducia che Schlein ha guadagnato anche grazie alla sua sensibilità culturale. Progré, per esempio, oltre a invitare esperti dei temi che le stavano a cuore quali migrazione e carcere, non ha mai messo da parte le rassegne cinematografiche, le mostre e il teatro. La vittoria alle primarie è il risultato di un percorso molto più lungo, che Schlein ha realizzato dentro e fuori il partito, così come dentro e fuori dall’Italia, la cui prova generale, però, è andata in scena a Bologna tra il 2011 e oggi.
(da La Stampa)
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Febbraio 27th, 2023 Riccardo Fucile
DALLE ORIGINI UCRAINE ALLA CARRIERA POLITICA
Elly Schlein è la prima persona alla guida del Pd a essere nata e cresciuta
all’estero. Cioè a Lugano, nel Canton Ticino svizzero
È la più giovane persona a essere arrivata alla guida del partito, anche se di poco: ha 37 anni, e Matteo Renzi ne aveva appena compiuti 38 quando vinse le primarie nel 2014
È iscritta al Pd solo da meno di tre mesi, eppure nelle sue liste è stata eletta già nel 2014 al Parlamento Europeo, e il 25 settembre dell’anno scorso alla Camera
È di origine ucraina: suo nonno Hershel Schleyen lasciò la città di Žovka (a nord di Leopoli) allora sotto l’impero austro-ungarico per emigrare a New York. Era ebreo, come la donna che conobbe e sposò in America, Ethel, di origine lituana
Non è la prima della sua famiglia a fare politica e a essere in parlamento. L’altro suo nonno, Agostino Viviani, celebre avvocato senese del Foro di Milano fu senatore del partito socialista. Grande garantista, amico di Marco Pannella, presentò la prima proposta di legge sulla responsabilità civile dei magistrati, e fu anche membro del Csm
I nomi delle due nonne di Elly Schlein, Elena e Ethel, sono anche il doppio nome della nipote all’anagrafe
I genitori di Elly Schlein si conobbero per sorte proprio a Bologna, dove lei andò a vivere 19enne e dove nel 2020 fu eletta alla Regione, diventando poi la vice presidente di quel Bonaccini che le ha conteso la guida del Pd. Melvin Schlein frequentava un corso post laurea alla Johns Hopkins University, mentre Maria Paola Viviani era già docente di Diritto Costituzionale all’università di Milano. Decisero di andare a vivere a Lugano, dove Elly è nata e cresciuta
Elly ha due fratelli. Una, Susanna, ha intrapreso la carriera diplomatica ed è ora primo consigliere dell’ambasciata italiana a Atene. Tre mesi fa è uscita illesa da un attentato rivendicato da anarchici greci per protesta contro il 41 bis a Alfredo Cospito
Elly ha partecipato da volontaria a entrambe le campagne elettorali di Obama per le presidenziali Usa, nel 2008 e nel 2012
Schlein con la proclamazione ufficiale della sua vittoria entrerà da segretaria nella stessa sede del PD al Nazareno che occupò simbolicamente insieme ad altri giovani bolognesi dieci anni fa dopo la mancata elezione di Romano Prodi al Quirinale, causata dal “tradimento” di 101 grandi elettori dello stesso Pd.
(da Open)
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Febbraio 27th, 2023 Riccardo Fucile
LA NASCITA IN SVIZZERA, IL NONNO EMIGRATO NEGLI USA, GLI ANNI DI BATTAGLIE CHE L’HANNO VISTA AVVICINARSI E ALLONTANARSI DAL PARTITO CHE ORA E’ CHIAMATA A GUIDARE
Dalla protesta di OccupyPd alla guida del partito, dopo la sfida nel derby emiliano con Stefano Bonaccini. La parabola politica di Elly Schlein, che oggi è diventata a sorpresa la nuova segretaria del Partito democratico, attraversa anni di battaglie e esperienze che l’hanno vista avvicinarsi e allontanarsi più volte dal partito, componendo via via la figura di giovane donna vocata a rinnovare la sinistra italiana.
Una famiglia internazionale
Il nonno materno, Agostino Viviani, era un noto avvocato senese e antifascista, mentre il nonno paterno, Harry Schlein, era emigrato negli Stati Uniti da una famiglia di origine ebraica, dell’Europa Orientale.
Nata in Svizzera nel 1985, da madre italiana e padre americano, Elly ha scelto Bologna come città per laurearsi in giurisprudenza e vivere. Oltre a Susanna, la diplomatica dell’ambasciata greca vittima a dicembre di un attentato, ha anche un altro fratello che vive all’estero.
Antirenziana
Volontaria nella campagna elettorale di Barack Obama – esperienza che raccontò in un blog – nel 2013 Schlein lanciò insieme ad altri OccupyPd, nata per protestare contro i 101 che affossarono l’elezione di Romano Prodi al Quirinale e proponendo 102 (una in più) idee per cambiare il centrosinistra. L’anno dopo fu candidata con le liste del Pd alle Europee e, un po’ a sorpresa, venne eletta. Ma poi uscì dal partito, insieme a Pippo Civati e in aperto contrasto con Matteo Renzi, per fondare Possibile, altra esperienza da cui si allontanò.
La battaglia alle Regionali a fianco di Bonaccini
Decise poi di non ricandidarsi alle elezioni Europee ed è tornata in campo per le Regionali di gennaio 2020, dando vita ad un rassemblement ecologista-progressista, Emilia-Romagna Coraggiosa, con l’obiettivo di raccogliere tutte le forze di sinistra che sostenevano Bonaccini in quel momento fortemente minacciate dal centrodestra.
I sondaggi ventilavano una disfatta in uno dei suoi storici fortini e Matteo Salvini era impegnato a battere il territorio quasi ogni giorno per sostenere la candidatura Lucia Borgonzoni. In una di queste occasioni, a San Giovanni in Persiceto, il leader leghista trovò proprio Schlein, con un gruppo di attivisti, ad attenderlo fuori da un comizio e incalzarlo sulle politiche migratorie dell’Unione europea e non solo.
Bonaccini alla fine vinse e si riconfermò presidente e Emilia-Romagna Coraggiosa contribui’ con il 3,8% ma Schlein fu primatista di preferenze con 22mila voti personali, raccolti in tre collegi.
A Bologna, da sola, ne prese più dei big del Pd. «Non vogliamo fare la sinistra della ztl, perché la sinistra può e deve tornare a parlare a quei territori che si sono sentiti un po’ abbandonati», commentò.
La sfida alle primarie
Entrata di diritto in giunta, Bonaccini le diede l’incarico di vicepresidente con la delega al Welfare, ruolo che ha rivestito per gli ultimi tre anni, attraversando tutto il periodo Covid. E da vicepresidente si è candidata alle Politiche di settembre 2022, capolista, ottenendo un seggio alla Camera, pur rimanendo ancora non iscritta al Pd.
Due settimane dopo la discesa in campo di Stefano Bonaccini, ha annunciato la sua scelta di correre per la segreteria del Pd sfidando proprio il presidente dell’Emilia Romagna. Partita come outsider è riuscita a imporsi come prima segretaria del Pd.
(da Il Sole24ore)
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Febbraio 26th, 2023 Riccardo Fucile
LA GUERRA IN UCRAINA AVREBBE DOVUTO CREARE UN’ONDA D’URTO DI RIFUGIATI, CON CONSEGUENTE DESTABILIZZAZIONE DEI GOVERNI EUROPEI. MA NON È ANDATA COSÌ
La «bomba migratoria» di Vladimir Putin non ha funzionato: i profughi
dall’Ucraina non hanno avuto alcun effetto destabilizzante in Europa. Né si sono materializzate le ondate di «migrazioni da carestia» che dovevano invadere l’Europa dall’emisfero Sud.
Forse la questione dell’immigrazione perderà un po’ del suo potenziale esplosivo perfino nella prossima campagna presidenziale americana? Infatti Joe Biden, mentre elogia la Polonia per la sua accoglienza dei profughi ucraini, a casa sua rinnova i provvedimenti restrittivi di Donald Trump.
La scommessa di Biden è questa: dimostrare che l’immigrazione può essere controllata, regolata e mantenuta dentro il rispetto delle leggi. Peraltro negli ultimi anni la riduzione dei flussi migratori negli Stati Uniti ha coinciso con un netto miglioramento nelle paghe operaie, anche a beneficio di minoranze etniche come gli afroamericani.
Uno degli scenari esplicitamente evocati nel 2022 dagli esperti russi di geopolitica era questo: la guerra in Ucraina avrebbe creato come danno collaterale un’onda d’urto di rifugiati, con effetti destabilizzanti sui governi europei, analoghi a quelli che avvennero nel 2015 con gli arrivi in massa da Siria e Afghanistan.
La guerra in Ucraina, creando penurie alimentari e iperinflazione, doveva generare carestie, nuova miseria di massa, e un’altra onda d’urto migratoria dall’Africa verso l’Europa, anche questa con effetti politici e sociali destabilizzanti sulle democrazie. Nulla di tutto ciò si è verificato. Adesso possiamo aggiungere la «bomba demografica» all’elenco delle tante profezie apocalittiche che sono state clamorosamente smentite dai fatti.
Il caso emblematico è la Polonia, perché è il paese che ne ha accolto il numero maggiore. Nel corso del 2022 quasi dieci milioni di profughi hanno attraversato la frontiera tra Ucraina e Polonia, un numero altissimo anche in proporzione, visto che la Polonia ha solo 38 milioni di abitanti.
Però i dati sugli attraversamenti della frontiera tra i due paesi includono i transiti multipli, e molti di quei profughi sono tornati a casa loro non appena è stato possibile. Alla fine del 2022 si annoveravano… «solo» due milioni di ucraini rifugiati in Polonia. Questo fornisce una prima spiegazione sul perché la «bomba demografica» di Putin non ha avuto gli effetti politici che lui sperava.
I paesi di accoglienza come la Polonia percepiscono l’immigrazione dall’Ucraina come un’emergenza temporanea, perché in larga parte lo è. Gli ucraini fuggono dalle bombe e dai missili di Putin ma vogliono tornare a vivere nel loro paese e a ricostruirlo non appena possibile. In quanto a quelli che rimangono, anche i due milioni di ucraini tuttora in Polonia non hanno scatenato reazioni di rigetto. Qui pesa il fattore dell’affinità culturale.
Biden ha elogiato la capacità di accoglienza dei polacchi. Ma questo gli è valso un bel po’ di polemiche a casa sua. La sinistra del partito democratico lo accusa: applaudi i polacchi ma tu chiudi le frontiere. Mi riferisco, per esempio, ad una lettera firmata da quattro senatori del partito democratico (Bob Menendez e Cory Booker del New Jersey, Alex Padilla della California, Ben Ray Lujan del New Mexico) che contestano le ultime decisioni di Biden sull’immigrazione. Queste, in effetti, rivelano una continuità con la politica di Donald Trump.
A parte la costruzione del Muro con il Messico, un’operazione per lo più simbolica (e già cominciata dal presidente democratico Bill Clinton un quarto di secolo prima), l’azione più efficace di Trump per contenere l’immigrazione clandestina era stata la norma Title 42. Si trattava di un decreto che consentiva l’espulsione con procedura direttissima di coloro che varcavano la frontiera degli Stati Uniti in modo illegale.
Ora che la pandemia è cessata, Title 42 non poteva prolungarsi. Biden l’ha sostituito con una normativa essenzialmente identica: consente l’espulsione con procedura veloce di chi attraversa illegalmente il confine senza avere prima notificato una richiesta di asilo.
E’ un tentativo di arginare quel boom di ingressi illegali che si era verificato nel 2022, e che secondo i repubblicani era stato incoraggiato dai messaggi lassisti del partito democratico in tema d’immigrazione. L’anno scorso ci furono due milioni di attraversamenti illegali del confine, secondo i dati della Border Patrol, la polizia di frontiera.
Biden vuole difendersi dall’accusa di avere creato il caos alle frontiere e di avere contribuito a una nuova invasione di stranieri senza documenti, con tutti i problemi che comportano. Nel frattempo però Biden sta cercando di riattivare dei flussi migratori regolari. Nel corso del 2022 la sua Amministrazione ha rilasciato 7,3 milioni di visti, dai permessi di lavoro temporanei alle Green Card a durata indeterminata. L’immigrazione legale è tornata ai livelli pre-Trump. La sfida di Biden è dimostrare che i flussi migratori possono essere governati: in modo da bilanciare le esigenze del mercato del lavoro, con quella della legalità, l’ordine, il senso di sicurezza dei cittadini.
(da Il Corriere della Sera)
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Febbraio 26th, 2023 Riccardo Fucile
“SE CI FOSSERO I MEZZI A SOCCORRERE, NESSUNO MORIREBBE IN MARE”…E NON DOVREMMO VEDERE IPOCRITI CHE ORA FINGONO DI ESSERE ADDOLORATI
“Questa non è una tragedia, è la conseguenza di scelte precise da parte del governo italiano e dell’Europa. Se ci fossero i mezzi a soccorrere nessuno morirebbe in mare”. Così Veronica Alfonsi, presidente di Open Arms Italia.
“Noi come Open Arms abbiamo lanciato una petizione per chiedere l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul Mediterraneo, alcuni parlamentari hanno aderito e aspettiamo altre adesioni”.
Stesso concetto ribadito anche da Emergency: “Il dramma di Crotone é il frutto di precise scelte politiche che impediscono vie di accesso legali e sicure all’Europa. Con la Life Support continueremo a fare la nostra parte, a soccorrere chi è in difficoltà e a salvare vite, ma i farti dimostrano che è necessario che l’Italia e l’Europa organizzino una missione di ricerca e soccorso, mettano mano a una riforma del sistema di accesso, asilo e accoglienza e aprano vie legali di ingresso per chi cerca una possibilità di vita migliore”.
La Comunità di Sant’Egidio: “Occorre continuare e incentivare il salvataggio di chi è in pericolo nel Mediterraneo, incrementare le quote dei decreti flussi insieme a nuove vie di ingresso regolare. Chiediamo soprattutto all’Europa di uscire dal suo torpore, incrementando la cooperazione e attivando subito un ‘piano speciale’ di aiuti e di sviluppo per i paesi di provenienza dei migranti”.
(da agenzie)
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Febbraio 26th, 2023 Riccardo Fucile
NEL 2014 SBRAITAVA CONTRO LE SANZIONI A MOSCA, NEL 2021 IL FLASHMOB DI SOSTEGNO ALLA RUSSIA, OGGI DICE IL CONTRARIO
Sarà bastato un viaggio in Ucraina a fare cambiare idea alla premier
Giorgia Meloni sulla guerra in Ucraina e sui rapporti con la Russia? Nell’ottobre del 2014, l’allora onorevole semplice parlava in Aula della Camera dei deputati denunciando le sanzioni a Mosca. “Italia, stai serena” era lo slogan di Matteo Renzi che non faceva dormire sonni tranquilli alla Meloni proprio per le sanzioni imposte alla Russia.
“Giorgia, stai serena”, la guerra in Ucraina è stata già condannata, le mire espansionistiche di Putin erano già chiare.
Nel 2014 la Meloni era preoccupata per il business italiano e per gli equilibri geopolitici. Dunque, chiedeva apertamente in aula e in qualsiasi altro luogo di non “bisticciare” con Vladimir Putin.
La storia è andata avanti per diversi anni. Nel 2015 su Twitter e Facebook tornava a chiedere “un sussulto di dignità”.
E rivolgendosi all’allora presidente del Consiglio Renzi proponeva di non confermare le misure.
Nel 2017, cambia il governo e il premier diventa Paolo Gentiloni ma la Meloni con una citazione cinematografica torna all’attacco. “Gentiloni è peggio di Tafazzi”, personaggio comico di Giacomo Poretti con la caratteristica di prendersi a bottigliate.
Nel 2021 alla Garbatella, quartiere dell’associazione che Meloni ha presieduto da giovane, venne organizzato addirittura un flashmob davanti all’ambasciata russa. Il movimento si schierava dichiaratamente con il popolo russo e contro gli Stati Uniti e l’Europa.
Poi, nel 2022 prima dell’invasione della Russia in Ucraina la Meloni evidenziava come fosse fondamentale rimanere in buoni rapporti con Putin: “Serve una pace secolare con la Russia ma mi sembra che Biden usi la politica estera per coprire i problemi che ha in patria”.
Improvvisamente, ecco assistere alla metamorfosi della premier Meloni che ieri si presenta davanti alle telecamere elegante e con i capelli raccolti ma soprattutto con una voce preoccupata, a un anno dall’inizio dell’invasione. “Un anno fa la Federazione russa ha scioccato il mondo invadendo l’Ucraina – dichiara la Meloni anche un tantino sorpresa -. La Russia aveva già compiuto in passato aggressioni nei confronti dei propri vicini. Non aveva mai spento le rivendicazioni su quelli che chiama i suoi confini storici. Ma nessuno avrebbe potuto immaginare un atto così grave. Ci eravamo illusi. L’obiettivo di Putin era far capitolare l’Ucraina per poi rivolgere le sue mire espansionistiche agli altri Stati confinanti, non solamente europei”.
Trasformazione completa
La metamorfosi, però, non è conclusa perché ecco calarsi pure nei panni di un personaggio biblico. Come Tommaso che dovette toccare con le proprie mani e vedere con i propri occhi per credere, cosi “Santa Giorgia” dopo il viaggio in Ucraina si è redenta.
“A Bucha e Irpin l’ho visto con i miei occhi e non lo dimenticherò. L’Ucraina non è e non sarà sola perché sta difendendo anche i valori di libertà e democrazia su cui nasce l’identità europea e le fondamenta stesse del diritto internazionale, senza il quale varrebbe solo la forza militare e ogni stato del mondo rischierebbe di essere invaso dal proprio vicino. Non possiamo consentirlo ed è nostro dovere lavorare per arrivare a una pace giusta. Il mondo libero è debitore nei confronti delle donne e degli uomini ucraini. L’Italia è dalla loro parte”.
In molti potrebbero gridare al miracolo o qualche “fattura” fatta dall’opposizione ma probabilmente sarà stato l’effetto in ritardo del vaccino di Sputnik che tanto difendeva.
(da La Notizia)
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Febbraio 26th, 2023 Riccardo Fucile
L’IPOTESI È QUELLA DI DARE IL VIA LIBERA IMMEDIATO ALLE GARE, COME IMPONGONO LE NORMATIVE EUROPEE, MA CON TUTELE (ANCHE ECONOMICHE) PER GLI ATTUALI GESTORI – BISOGNERA’ VEDERE SE LA “CASTA” DEI BALNEARI ACCETTERA’ UN COMPROMESSO
L’unico compromesso possibile a questo punto è un decreto legge. A Palazzo Chigi lo ritengono inevitabile. Un intervento normativo non immediato perché dovrà essere il frutto di un’interlocuzione con almeno tre attori: la Commissione europea, il Quirinale che ha sollevato i rilievi e infine la categoria dei titolari di concessioni balneari, i cui interessi Giorgia Meloni continua a voler proteggere, ma non più a tutti i costi, bensì nel perimetro di un accordo difficile che contemperi diversi interessi in campo, economici, giuridici e istituzionali.
Fonti di governo per questo motivo raccontano che occorreranno diverse settimane, se non mesi, per arrivare a un intervento normativo che sani il vulnus giuridico introdotto dalle norme contenute nel Milleproroghe, norme che la prima carica dello Stato ha chiesto di correggere. Quelle disposizioni prorogano ancora una volta di un anno, e in alcuni casi di due anni, le gare sulle concessioni balneari. Gare che per l’Unione Europea invece vanno fatte, in base al principio della concorrenza.
È chiaro al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che in queste ore si è raccordato con gli uffici legislativi del Quirinale, che a questo punto l’intervento dovrà avere diversi obiettivi: intanto risolvere la contraddizione di avere due leggi diverse, le norme del Milleproroghe e la riforma Draghi sulla concorrenza
Poi però dovrà anche risolvere il pasticcio che il Colle ha messo sotto la sua lente: al momento una sentenza a sezione unite del Consiglio di Stato dà ragione al diritto europeo e dunque già dai prossimi mesi qualsiasi sindaco, magari di sinistra, può mettere a gara le concessioni balneari dal 2024 e trovare un giudice che gli dia ragione. Il concessionario infatti quasi sicuramente perderebbe la causa, in base al diritto europeo, alla giurisprudenza italiana e a un contesto normativo che è confuso e contraddittorio.
Per raggiungere questi diversi, intrecciati e molteplici obiettivi a questo punto occorre, secondo fonti di governo, che nuove norme vengano studiate in base ad un negoziato che includa la Commissione europea, cercando quanto più possibile di ottemperare alla direttiva Bolkestein, e contemporaneamente rassicuri quello che è un bacino elettorale storico del centrodestra.
Già nella riforma Draghi, votata l’anno scorso sia dalla Lega che da Forza Italia, che ora invece l’hanno messa in discussione, erano contenute delle leggere forme di garanzia per la categoria, per esempio prendendo in esame gli investimenti fatti dai concessionari. Ora si discute di una formula, che andrà comunque discussa anche con la Commissione europea, a Bruxelles, che per ragioni di semplificazione va sotto il nome di «bandi concordati». Si riaprono le gare, i balneari accettano il principio, ma con una tutela rafforzata che ne enfatizzi il ruolo avuto, in primo luogo economico, negli anni di titolarità.
Bisognerà vedere se i balneari accetteranno un compromesso o piuttosto tireranno dritto con la rivendicazione di una proroga infinita delle gare. Bisognerà anche vedere sino a che punto Meloni vorrà scontrarsi con Lega e Forza Italia, che nella gestazione del Milleproroghe non hanno voluto sentire ragioni, ignorando sia i suggerimenti che arrivavano dal Quirinale sia il tentativo di mediazione che il ministro Raffaele Fitto ha esperito.
In questo quadro aleggia comunque una prossima condanna all’Italia della Corte di giustizia europea. La Corte si è rifiutata di ascoltare in udienza le ragioni dei concessionari italiani. Una sua sentenza, che appare scontata, aprirebbe le porte a una nuova procedura di infrazione contro Roma. Ma è in fondo l’ultimo dei mali, visto che ne abbiamo 82 aperte. L’obiettivo più urgente del governo a questo punto è risolvere un groviglio giuridico che può deflagrare in centinaia di cause, senza un intervento.
(da il Corriere della Sera)
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Febbraio 26th, 2023 Riccardo Fucile
17.7 MILIONI HANNO CONCLUSO LA SCUOLA MEDIA, ALTRI 17.9 MILIONI (IL 42% DELLA POPOLAZIONE) HANNO RAGGIUNTO IL DIPLOMA. E I LAUREATI? SONO 6.1 MILIONI, APPENA IL 14%
Quasi quattro milioni di italiani si sono iscritti alle scuole superiori ma
poi hanno abbandonato gli studi. Altri cinque milioni hanno iniziato a frequentare l’università ma poi non si sono laureati. Poco meno di dodici milioni non ha mai neanche cominciato un percorso di istruzione secondaria.
I dati dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), diffusi ieri come anticipazione del Rapporto Plus 2022, suggeriscono come il mondo della scuola in Italia abbia anche altre priorità rispetto a quelle che emergono dalle dichiarazioni del ministro Giuseppe Valditara.
Ancora oggi, infatti, quattro italiani su dieci tra i 18 e i 74 anni hanno raggiunto al massimo la licenza media. Parliamo di quasi 17,7 milioni di individui, il 41% del Paese. Altri 17,9 milioni hanno raggiunto il diploma. Il 42% della popolazione. I laureati sono invece 6,1 milioni – il 14% – mentre solo il 3% possiede titoli superiori alla laurea come master e dottorati di ricerca.
Emerge anche il progressivo invecchiamento della forza lavoro: gli occupati over 50 sono il triplo di quelli under 30, visto che tra questi ultimi solo uno su cinque ha avuto un’occupazione (considerando però che metà è impegnata ancora negli studi).
(da Il Fatto Quotidiano)
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