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“LA PITONESSA” RESTA SOLA: LUCA RUFFINO, PRESIDENTE DELLA HOLDING VISIBILIA E AMMINISTRATORE UNICO DI VISIBILIA EDITRICE, PRENDE LE DISTANZE DA DANIELA SANTANCHÉ

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

“MA QUALE ‘SOCCORSO NERO’, CI DEVE 1,5 MILIONI E PER QUESTO HA MESSO A GARANZIA ANCHE LA SUA CASA. NON HO NULLA DA SPARTIRE CON LEI”

«Ma quale soccorso nero, Daniela Santanchè ci deve 1,5 milioni e per questo ha messo a garanzia anche la sua casa. Non ho nulla da spartire con lei per il resto e stiamo sistemando le cose che abbiamo trovato qui». Luca Ruffino, presidente della holding Visibilia e amministratore unico di Visibilia editrice, non ci sta ad essere definito come un amico della ministra del Turismo e del presidente del Senato Ignazio La Russa.
A Repubblica racconta perché ha investito in Visibilia, società con mille problemi, salvando comunque dal fallimento l’azienda della ministra con un tempismo davvero singolare: nel momento peggiore, ha deciso di puntare su questa società. «È stata una scelta imprenditoriale, guardavo a Visibilia da diversi anni e ne vedevo le potenzialità.
Quando abbiamo deciso di entrare nella compagine societaria la capitalizzazione di Borsa era di 300 mila euro — dice Ruffino — viene fatta confusione tra la posizione debitoria gigantesca che Santanchè ha nei confronti del mondo intero e la posizione della holding, di cui sono presidente. La holding ha solo un debito verso l’Agenzia delle entrate di 150 mila euro, che stiamo pagando. Santanchè è invece una mia debitrice, siamo creditori verso di lei di una somma importante, 1,5 milioni che lei sta ripianando con rate mensili da 50 mila euro».
Molti hanno letto nell’attivismo di Ruffini in Visibilia una sorta di «soccorso nero ». Ruffini, in passato segretario dell’Udc, era finito a processo insieme a Marco Osnato, oggi deputato FdI, e al fratello di Ignazio la Russa, Romano, per una vicenda che riguardava finanziamenti alla campagna elettorale di quest’ultimi e appalti all’istituto che gestisce le case popolari di Milano: tutti sono stati assolti in via definitiva perché «il fatto non sussiste».
«Ma quale soccorso nero — ribatte Ruffini — sono centrista da sempre e ho lasciato la politica. Santanchè la conosco, chiaramente, ci ho parlato fino a 15 giorni fa. Ma non ho rapporti con lei di nessuna natura. So che quaranta giorni fa è stato fatto un atto dal notaio con il quale Santanchè ha messo a disposizione dei creditori principali — tra cui noi — la sua casa milanese, che ha un valore superiore ai 6 milioni di euro»
E con i La Russa che rapporti ha Ruffini? «Conosco sia Romano sia Ignazio. La mia vicenda giudiziaria nasce con Romano e credo di non sentirlo dall’epoca del processo. Conosco anche il presidente del Senato, ma non ho grandi frequentazioni».
(da agenzie)

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LA GUERRA DEI SOVRANISTI AI POVERI

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

IL LIVELLO SALARIALE NON C’ENTRA UNA MAZZA CON L’ASSISTENZA, MA A QUALCUNO VA BENE LO SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA

Che stiano sdraiati sul divano o si diano da fare come matti per due soldi, i disoccupati e i lavoratori sfruttati per le destre sono la stessa cosa: degli sfigati, e pure con la pretesa di essere assistiti.
Per questo il governo ha tolto di mezzo il Reddito di cittadinanza e martedì prossimo farà lo stesso col Salario minimo.
Ma le due cose sono molto diverse, pur contenendo un denominatore comune. Se il sussidio a chi non raggiunge la soglia di povertà è senz’altro un aiuto pubblico alla fascia più debole della popolazione, il livello salariale di chi ha un lavoro non c’entra niente con l’assistenza.
E confondere le cose, come ha fatto ieri il ministro Musumeci, rivela la confusione sullo stato di una larghissima parte del Paese, dove Fratelli d’Italia e compari prendono pure molti voti. Welfare e aumento per legge dei salari minimi hanno però un punto di contatto: sono entrambe misure redistributive, che spostano un po’ di risorse pubbliche, nel primo caso, e risorse private, nel secondo, verso chi ha di meno, rallentando la crescita di una disuguaglianza sociale ed economica sempre più intollerabile e pericolosa.
Dunque, i danni che sta facendo la Meloni, per quanto impercettibili nel breve periodo, e comunque ben nascosti da molta stampa e propaganda, si vedranno drammaticamente nei prossimi mesi e nei prossimi anni . Far convivere i troppo ricchi e i troppo poveri non è mai facile. E se si contrappongono pure Nord e Sud, come vuol fare la Lega con l’autonomia regionale differenziata, a frantumare l’Italia non ci vorrà moltissimo.
(da La Notizia)

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CAROLA RACKETE SI CANDIDA AL PARLAMENTO EUROPEO PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

IL PASSAGGIO SU SALVINI: “SE NE FACCIA UNA RAGIONE, IO HO AFFRONTATO I PROCESSI E SONO STATA ASSOLTA DAI TRIBUNALI ITALIANI, LUI SI E’ NASCOSTO DIETRO L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE”

Carola Rackete si candida in Europa contro le nuove destre. E in Italia ne ha per Salvini ma anche per Galeazzo Bignami in divisa da nazista. La capitana di Sea Watch 3 parla oggi con la Repubblica di Die Linke e delle elezioni del 2024.
Dice la “watchdog ecologista” di Bruxelles: «Mi sono confrontata con alcuni amici dei movimenti a tutela dei diritti e con persone che non vivono in Europa ma subiscono le politiche decise a Bruxelles, compresa la pratica del fracking per estrarre gas. Non sono rappresentati politicamente. In più, in Germania abbiamo il 14 per cento degli adulti che non vota perché non ha il passaporto tedesco. Un vuoto di democrazia inaccettabile. Quindi, ho deciso di essere la loro voce».
L’esproprio dei profitti alle aziende che inquinano
Nel colloquio con Fabio Tonacci però c’è molto spazio per l’Italia. Ma prima Rackete spiega che si candida per la “giustizia climatica”: «Se vogliamo fermare la crisi climatica, dobbiamo ritenere responsabili i responsabili. Mi spiego: le grandi compagnie di petrolio, gas e carbone che hanno causato la crisi climatica, devono essere socializzate». Il suo programma è ambizioso: «Vanno presi i profitti che hanno fatto derubando la Terra e vanno distribuiti per finanziare la transizione ecologica». E aggiunge: «Tecnicamente si può fare: in Germania nell’ultimo anno sono state state nazionalizzate alcune compagnie del combustibile fossile perché stavano per fallire a causa delle fluttuazioni del mercato dovute alla guerra in Ucraina». Sul conflitto, pensa che «è giusto aiutarla a difendersi dalla Russia. Ed è altrettanto giusto discutere quali e quante armi darle».
Le destre e il cambiamento climatico
Secondo Rackete una parte della destra europea, compresa quella al governo in Italia, nega cambiamenti climatici e parla di terrorismo: «A Bruxelles lotterò contro i negazionisti e contro i think tank che diffondono notizie false per influenzare la politica».
Poi la capitana risponde a Salvini, che è tornato a rievocare il suo speronamento della Gdf: «Salvini deve fare pace con un fatto: i magistrati italiani hanno fatto cadere ogni accusa contro di me. È interessante però vedere che l’estrema destra italiana e quella tedesca hanno reagito allo stesso modo alla mia candidatura. Alle prossime Europee la gente dovrà scegliere tra chi ha quel tipo di visione e chi invece propone la tutela dei diritti umani e dell’ambiente».
La deriva post fascista
Due parole anche sul Senato che ha negato l’autorizzazione a procedere per il leader della Lega: «È sempre difficile mettere i potenti di fronte alle proprie responsabilità». Per Rackete c’è una deriva post-fascista in Europa: «Sì, chiaramente. In Germania col partito Afd, ma anche in Francia con Marine Le Pen, in Polonia e Ungheria dove si stanno muovendo in direzione autocratica. E in Italia anche, dove un membro del vostro governo si è fatto fotografare con la divisa nazista e altri rivendicano con orgoglio origini fasciste. È un problema comune che va affrontato in Europa».
(da agenzie)

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DUE DIPENDENTI ACCUSANO DANIELA SANTANCHE’: “CIG A ZERO ORE E LAVORO DURANTE LA SOLIDARIETA’, ECCO COSA E’ SUCCESSO”

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

FEDERICA BOTTIGLIONE E SERGIO LORIZIO RACCONTANO LE FURBATE AZIENDALE DI VISIBILIA

Due dipendenti di Visibilia accusano Daniela Santanchè. E raccontano che anche in altre realtà aziendali c’erano «furbate» sugli aiuti di Stato. Mentre la ministra del turismo attende il 26 luglio, giorno del voto sulla sfiducia individuale. E le nubi si addensano anche su Ki Group. Dove non sono stati pagati i contributi, sempre secondo i lavoratori. A parlare oggi con La Stampa è Federica Bottiglione, 53 anni, ex dipendente della Visibilia editore Spa con il compito di tenere i rapporti con la Borsa e la Consob. Bottiglione è la dipendente che ha fatto causa davanti al tribunale del lavoro di Roma e ha parlato con Report. Nel colloquio con Grazia Longo dice di sentirsi amareggiata e tradita. Sergio Lorizio, giornalista di Ciak invece dice che nulla della Santanchè lo stupisce più.
I due lavoratori
«Mai avrei pensato di venire raggirata come invece è accaduto. Io all’inizio neppure guardavo il cedolino dello stipendio e quindi non sapevo di essere truffata», esordisce Bottiglione. La quale poi sostiene che la busta paga le venisse consegnata soltanto ogni sei mesi: «Anche per questo non mi sono accorta che le cose non funzionavano. Quando ho cominciato a nutrire qualche dubbio ho inviato delle email per avere spiegazioni, che però non mi sono mai state fornite. Anche perché ad un certo punto da Visibilia mi hanno detto che dovevo restituire loro circa 7 mila euro per anticipo cassa integrazione. Mi sono insospettita oltre misura». Così ha scoperto di essere finita in Cig a zero ore senza saperlo: «E lo stipendio era in realtà spesso una nota spese giustificata come rimborso chilometrico. Tra l’altro in pieno lockdown per la pandemia da Covid. Tant’è vero che l’ho contestato. “Ma come avete fatto a darmi rimborso chilometrico se con il lockdown eravamo tutti bloccati a casa?” ho chiesto. Ma non mi hanno risposto. Lo stesso si era verificato quando avevo detto loro “Ma questi pagamenti non vanno bene, non ho ricevute” e da Visibilia mi hanno risposto: “Sono come per gli altri, facciamo rimborsi spese chilometrici”. Cose da non crederci insomma».
Mille euro al mese
Bottiglione guadagnava mille euro al mese. E ha anche svolto attività di consulente per l’allora senatore Ignazio La Russa. «Sì e mi era capitato anche di lavorare per l’allora senatrice Santanchè. Per questo la delusione è stata ancora più grande: non avrei potuto prevedere che la senatrice, rappresentante importante delle istituzioni, potesse trattarmi come ha fatto». Lorizio, caposervizio della rivista di cinema, è ancora più diretto: «So bene come Santanchè gestiva queste cose, le trattenute in busta non versate per anni che diventano poi piani di rateizzazione di debiti contributivi che non rispetta mai». Fino ai contratti di solidarietà che la ministra sottoscriveva «ma poi faceva lavorare lo stesso i dipendenti, segnando i giorni lavorati come “recupero ferie” su un foglio presenze interno e non ufficiale».
Il lavoro durante i giorni di solidarietà
Lorizio sostiene invece in un’intervista al Fatto Quotidiano che i giornalisti di Ciak fossero costretti a lavorare anche durante i giorni di solidarietà. Ovvero quando l’Inpgi paga per non farlo. Le proteste sono sempre state ignorate, spiega nel colloquio con Nicola Borzi e Thomas Mackinson. «Il 21 gennaio 2019 avevo inviato una mail in cui espressamente contestavo quella modalità, evidenziando che in busta paga avrebbero dovuto segnare i giorni effetti di lavoro e quelli di solidarietà. Ma la lettera era rimasta senza riscontro». In busta paga èpo giornate figuravano effettivamente come ore di solidarietà a carico di Inpgi e Stato.
Il recupero ferie
In azienda venivano invece contabilizzate separatamente come “recuperi ferie”. «Non certo per errore. Fino a maggio 2019 dall’ufficio del personale via mail ricevevamo perfino una comunicazione riepilogativa mensile col conteggio esatto delle giornate lavorate a titolo di ‘Recupero solidarietà arretrata’. Poi si sono accorti della delicatezza della cosa e hanno evitato comunicazioni scritte». La fine della storia: «Abbiamo promosso una seconda causa sollevando anche la questione delle modalità non corrette e conformi alla legge sulla solidarietà. Visibilia ha conciliato subito con un accordo tombale su future nostre pretese, riconoscendoci un indennizzo conforme alle nostre richieste», conclude Lorizio.
(da Open)

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NELL’INCHIESTA SUI NEOFASCISTI CHE VOLEVANO CONTROLLARE I MAGISTRATI C’E’ IL NOME DI ARIANNA MELONI: “GIORGIA E’ ENTUSIASTA”

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

LE INTERCETTAZIONI DI TILGHER… IL GIP DI CALTANISSETTA: “AD OGGI NON C’E’ NESSUNA PROVA DI CONTATTI CON MEMBRI DEL GOVERNO”

Nell’inchiesta della procura di Caltanissetta sui neofascisti che volevano controllare i magistrati alcune intercettazioni nominano Giorgia Meloni e sua sorella Arianna. Ieri la Dia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dell’avvocato Stefano Menicacci (91 anni) e di Domenico Romeo. Entrambi sono accusati di aver fornito false informazioni al pubblico ministero riguardo la strage di Bologna. Adriano Tilgher, fondatore della disciolta organizzazione Avanguardia Nazionale e condannato nel 1981 per riorganizzazione del partito fascista, ha subito una perquisizione domiciliare. Così come l’avvocato Saverio Ingraffia e il docente universitario Francesco Scala. Le indagini su entrambi i filoni nascono nell’ambito delle verifiche sugli interessi dell’eversione nera sulla strage di Capaci.
Le intercettazioni
Ma sono le intercettazioni a chiamare in causa alcuni membri del governo e anche i parenti della premier. La Repubblica racconta oggi che per arrivare all’obiettivo di diffamare i magistrati gli indagati volevano far leva su un’avvocata «amica intima della Meloni» e anche molto vicina al sottosegretario Andrea Delmastro. Ma Tilgher temeva che il loro coinvolgimento avrebbe portato il progetto a diventare «roba loro». A quel punto il suo interlocutore (un avvocato) gli risponde così: «Adriano facciamo due conti: da che parte stanno i porci? E per porci sai a chi alludo. Stanno con i sinistrati, no? ehehe. Quindi chi sta ora, ha tutto l’interesse a creare uno strumento». Lo “strumento” è l’Osservatorio sull’attività dei magistrati che i due vogliono varare. I due parlano nel giorno del funerale di Berlusconi. E ne hanno anche per lui, che avrebbe «chiaramente imitato tutte le gesta del “nonno”», ovvero Benito Mussolini.
Il progetto
Tilgher dice che il suo progetto è figlio di una visione strategica. Poi chiama in causa la famiglia Meloni: «In pratica l’amica ha detto che ha parlato con la sorella della Meloni, la quale a sua volta ha parlato anche con Giorgia Meloni, con la caciottara, insomma va! E sono rimasti entusiasti ovviamente, ma c’è un motivo Adriano (Tilgher), tu lo puoi intuire meglio di me il motivo di tanto entusiasmo». E Tilgher replica: «Tocca vedere se è reale!». L’avvocato insiste: «Noooo, reale, Adriano». I due dicono di voler agganciare anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. E trovare una sponda nel mondo giornalistico. «Uno dei canali che si può agganciare subito è “La Verità”», dicono. «Siiii, non c’è dubbio! Ma quelli secondo me, sono della razza nostra, Adriano eh. Proprio nostra! Belpietro…» dice l’avvocato. Che poi aggiunge: «Come si chiama l’altro?».
Il presunto contatto con l’amica della premier
La replica: «Borgonovo?». E lui: «Borgonovo, quello secondo me, al cento per cento. O sono leghisti o sono roba nostra, Adriano, perché parlano un linguaggio molto simile al nostro». I due parlano anche di un presunto contatto con l’amica della premier. La quale, dicono, avrebbe parlato con Delmastro. Che si sarebbe dimostrato entusiasta per il progetto. Ma il giudice delle indagini preliminari di Caltanissetta avvisa: non vi è prova di effettive interlocuzioni con i politici. E nemmeno che gli esponenti del governo abbiano avuto effettiva conoscenza del progetto.
(da agenzie)

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LE SOLUZIONI DEL GOVERNO PER TORNARE IN ITALIA CHE PATRICK ZAKI HA COERENTEMENTE RIFIUTATO

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

NIENTE PHOTO OPPORTUNITY E INDIPENDENZA DA QUALSIASI GOVERNO

Non solo voli di stato. L’attivista Patrick Zaki ha rifiutato altre proposte del governo per tornare in Italia. Le soluzioni gli erano state offerte dall’ambasciatore italiano al Cairo Michele Quaroni. Mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani prova a smorzare le polemiche: «Torni come vuole». E anche Amnesty International spiega che il cittadino egiziano «è un attivista indipendente». Lui intanto rinvia il volo di linea: sarà in Italia tra domenica e lunedì. Atterrerà a Milano e poi farà tappa a Bologna. Il ministro della Difesa Guido Crosetto intanto usa l’ironia: «Ci ha fatto risparmiare».
L’ambasciatore
Il Corriere della Sera racconta oggi delle soluzioni soluzioni del governo per tornare in Italia rifiutate da Zaki. L’ambasciatore Quaroni gli aveva prima offerto un volo di Stato. Rifiutato perché di solito è il mezzo con cui vengono riportati in Italia le persone rapite all’estero. Zaki invece voleva inviare un messaggio opposto, spiega un retroscena su La Stampa: ovvero quello della sua piena riabilitazione da parte di Al Sisi.
La seconda soluzione è stata quella di un accompagnamento diplomatico dedicato.
La terza un viaggio con i parenti e gli amici. Ma qui è entrata in scena la photo opportunity. Ovvero l’eventualità di essere accolto all’aeroporto dalle istituzioni italiane. Proprio questo ha spinto il ricercatore a optare per il volo di linea. «La reputazione di un attivista si basa sull’indipendenza da qualsiasi governo», è la spiegazione fornita.
La partenza slittata
Nel frattempo la sua partenza per l’Italia è slittata ancora perché – ha spiegato lui stesso – «i documenti ufficiali per revocare il divieto di viaggio saranno finalizzati domenica a mezzogiorno». Lo studente – che nel 2020 fu arrestato non appena atterrato all’aeroporto del Cairo – vuole inoltre muoversi in estrema sicurezza. E, prima di partire, vuole assicurarsi «che la mia situazione legale sia chiara al 100%». Ma Zaki non sta nella pelle ed è lui stesso a rassicurare chi lo aspetta: «Stai tranquilla Bologna, arrivo tra un paio di giorni. Dobbiamo solo aspettare altri due giorni».
(da agenzie)

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AL GOVERNO E’ ANDATO DI TRAVERSO IL MANCATO SPOTTONE SUL RITORNO DI ZAKI IN ITALIA

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

IL GIOVANE HA MOSTRATO COERENZA, ARRIVERA’ CON UN NORMALE VOLO DI LINEA

La decisione di Patrick Zaki di tornare in Italia con un volo di linea, e non come era stato predisposto con un mezzo messo a disposizione dal nostro Governo con tanto di passerella e photo-opportunity a Ciampino, ha movimentato le ultime 24 ore, dando molto da fare alla nostra diplomazia e ai Servizi di intelligence che pensavano, invece, di aver archiviato ormai il capitolo.
E creato una tensione per le prossime: bisognerà tenere il fiato sospeso fino a domani a mezzogiorno, quando il vecchio divieto di espatrio che il ragazzo aveva sui suoi documenti dovrebbe scadere. E quindi Zaki potrà finalmente partire alla volta di Bologna. Fino a quel momento la linea è chiara: profilo basso.
I fatti: Patrick sarebbe dovuto salire tra venerdì e sabato su un volo messo a disposizione del Governo italiano, con destinazione Ciampino. A deciderlo era stato direttamente palazzo Chigi, con il sottosegretario Alfredo Mantovano.
Quando, però, era tutto pronto, Zaki ha gentilmente declinato il volo italiano. Spiegando, da un lato, che avrebbe voluto aspettare la sorella e la fidanzata, in modo da arrivare nel nostro Paese con loro. Ma, soprattutto, che quella scelta non sarebbe stata coerente con quello in cui ha sempre creduto, con il suo ruolo cioè “di difensore dei diritti umani, che per natura è indipendente dai governi” spiegano alcune delle persone che gli stanno vicine. Una “libera scelta” appunto.
Che, però, ha inevitabilmente provocato non pochi problemi con l’Egitto. Perché il governo di al Sisi ha trovato davanti a sé prima di tutto un “difensore dei diritti umani”. Creando così un precedente che – spiegano fonti della nostra intelligence – mette in grande imbarazzo il Cairo sul fronte interno, data la linea dura che il presidente Sisi ha sempre avuto con tutte le ong che lavorano nel paese.
A conferma che la scelta di Zaki non sia stata indolore, la comunicazione egiziana arrivata una volta ricevuta la notizia del rifiuto di salire sul volo italiana: “Fino a domenica a mezzogiorno esiste un divieto di espatrio per Zaki. Non può prendere un volo di linea”. Qualcuno ha sperato che potesse essere una leva per convincerlo a salire su quell’aereo per Ciampino. E invece, no: Patrick ha preferito “essere coerente” e aspettare.
Meloni ha dato indicazione di sedare le polemiche e derubrica a ‘’questione secondaria’’ la decisione di Zaki. Resta il fatto che l’esecutivo non ha certo apprezzato la scelta dell’attivista.
Questo lo sanno anche gli “amici” di Zaki che infatti ci tengono a dire che “Patrick è assai grato all’Italia e a questo governo. Non c’è nessun problema, il suo non è un gesto contro. Ma per: per la sua coerenza, per rispetto a quello in cui crede. Nessun problema con la premier Meloni. La stessa scelta l’avrebbe fatta anche se il presidente del consiglio fosse stato, Giuseppe Conte, per dire”. Un po’ di tensione esiste però. “Ci è stato detto che il problema è solamente burocratico e non abbiamo ragioni per non crederci. Esiste effettivamente questo divieto di espatrio, siamo sicuri che domenica passato mezzogiorno Patrick Zaki potrà raggiungerci e arrivare nella sua Italia”.
(da agenzie)

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IL CONVIVENTE DELLA MELONI (LAUREATO IN FILOSOFIA) E’ DIVENTATO ANCHE ESPERTO SCIENZIATO DELLA CALURA ESTIVA

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

LE BATTUTE NEGAZIONISTE AL TG4: “IL CALDO NON E’ POI UNA GRAN NOTIZIA, E’ SEMPRE STATO COSI'”… E POI TAGLIA CORTO QUANDO UN’INVIATA DICE COSE SENSATE SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

Temperature sopra i 40 gradi e chicchi di grandine come palle da tennis, ma per Andrea Giambruno, conduttore di Rete 4 e compagno della premier Giorgia Meloni, il caldo che da giorni sta colpendo l’Italia “non è poi una grande notizia”.
Come a dire: “In estate ha sempre fatto caldo”.
Parole che ricalcano le tesi sbandierate dai negazionisti del clima, questa volta trasmesse in diretta durante la striscia quotidiana Diario del giorno. Così va in scena lo show antiscientifico targato Giambruno: la puntata è quella di martedì 18 luglio, gli ospiti sono la giornalista Karima Moual e Vittorio Feltri, da tempo schierato contro le evidenze del cambiamento climatico.
Gianbruno e l’editorialista di Libero, nonché consigliere comunale di FdI, si danno di gomito: “Direttore – esordisce il conduttore – la notizia, ammesso che tale sia, è che a luglio fa caldo e probabilmente a dicembre nevicherà, ma secondo gli ambientalisti la colpa è di noi cittadini”. La risposta di Feltri: “Gli ecologisti sono dei conformisti che parlano di caldo record, ma è sempre stato così a partire dagli anni Ottanta. A me del caldo non interessa, non lo soffro e non sudo nemmeno”.
“Io ascolterei più gli scienziati di Vittorio Feltri, che ha 80 anni e può ricordare le estati e gli inverni che ha passato ma non è uno scienziato”, interviene Moual.
L’ex direttore di Libero sbotta: “Non mi rompere i c… con la storia dell’età…”. Giambruno sostiene le tesi del giornalista e politico FdI: “Non c’entra l’età – dice – quella di Feltri è un’opinione condivisibile”. Poco dopo, però, è la stessa inviata del programma a contraddire l’opinione che domina in studio.
Giambruno apre il collegamento con Rossella Grandolfo, inviata a Bari: “Va data ragione agli scienziati dell’Ipcc dell’Onu, che studiano tutto questo e che purtroppo per tutti noi hanno confermato che le ondate di calore rispetto agli anni Ottanta sono aumentate e soprattutto si sono ravvicinate di gran lunga”.
Il conduttore non gradisce l’uscita dell’inviata, ma Grandolfo continua elencando le temperature record toccate negli ultimi giorni nelle città italiane: 42 gradi a Roma, 44 a Taranto. Dallo studio Giambruno prova a minimizzare per poi lanciare il servizio sul caldo. Il titolo: “Clima impazzito o è solo estate?”.
(da La Repubblica)

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A CAUSA DELLE TEMPERATURE BOLLENTI DEGLI ULTIMI GIORNI 5 PERSONE HANNO PERSO LA VITA MENTRE ERANO AL LAVORO

Luglio 22nd, 2023 Riccardo Fucile

GLI OPERAI COSTRETTI A SUDARE SOTTO IL SOLE ROVENTE NEI CANTIERI NON POSSONO GODERE DELLO SMART WORKING

Morire di caldo, mentre si lavora. È successo già almeno cinque volte negli ultimi giorni. E i sindacati ora dicono basta: «Fermate il lavoro, se non ci sono le condizioni». Mai più operai di 44 anni che si accasciano sull’asfalto mentre dipingono le strisce, gruisti di 75 anni stroncati da infarto, camionisti che chinano la testa a 62 anni nelle piazzole di sosta.
A queste temperature record, si rischia la vita in cantiere, nei campi, sulle impalcature, per strada a consegnare pacchi e pizze
Il clima cambia, deve cambiare pure il lavoro.l tavolo, a cui hanno partecipato anche le imprese, non ha dato per ora risposte. La ministra del Lavoro Marina Calderone ne ha capito l’urgenza al punto da riconvocarlo per lunedì. La sua proposta di smart working emergenziale è sembrata a tutti fuori fuoco, visto che il problema non è dentro gli uffici. E allora si cerca un’altra soluzione: la Cassa integrazione ordinaria “per eventi meteo estremi” va semplificata, potenziata, soprattutto finanziata.
Esiste dal 2017, quando i sindacati degli edili spinsero per allargarla da neve e pioggia anche alle alte temperature. Poi fissate in almeno 35 gradi «reali o percepiti», dice la nota Inps. «Significa aggiungere 10-12 gradi in più a quelli ufficiali se parliamo di asfaltisti o addetti alla fornace dei laterizi», spiega Alessandro Genovesi, segretario generale di Fillea Cgil.
Nel 2022 c’è stato il picco di domande a Inps per la “Cig meteo” da giugno a settembre: l’hanno chiesta 4.784 imprese, quasi il doppio delle 2.428 del 2021. Nel 2017 e nel 2019 si viaggiava attorno alle 1.650, solo 484 nel 2018. Nel mese di giugno dell’anno scorso furono 1.392, appena 68 quest’anno. Ma c’è da scommettere che il dato di luglio possa battere le 2.506 richieste record del 2022.
Il non detto degli imprenditori è che si possa fermare un pezzo dell’economia del Paese, nel bel mezzo di una stagione turistica che si preannuncia effervescente. Prevenire le tragedie, evitare che la conta dei morti sul lavoro salga oltre il record dei mille all’anno, è però interesse di tutti. Ecco perché la ministra Calderone vorrebbe presentarsi lunedì con lo strumento della Cig, semplificato e finanziato.
(da agenzie)

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