Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
I GIUDICI HANNO RIBADITO CHE SCADRANNO INDEROGABILMENTE IL 31 DICEMBRE DI QUEST’ANNO, E I RINNOVI DOVRANNO AVVENIRE TRAMITE GARA PUBBLICA
Nessuna deroga, nessuna proroga. Sulle concessioni balneari il Consiglio di Stato tiene il punto e con una pronuncia emessa lunedì dalla Sesta sezione, respingendo un ricorso contro una sentenza emessa dal Tar di Lecce torna a ribadire che le concessioni balneari scadono inderogabilmente il 31 dicembre di quest’anno.
E i rinnovi dovranno avvenire tramite gara pubblica come prevede la direttiva Bolkestein che vieta il rinnovo automatico delle concessioni. Secondo l’avvocato Roberto Biagini presidente del Coordinamento Nazionale Mare Libero il Consiglio di Stato «ribadisce il dovere da parte di tutti gli organi dello Stato (giudici e pubbliche amministrazioni), di disapplicare le proroghe previste per le scadenze delle concessioni demaniali marittime».
Tra i balneari la notizia ha creato non poca preoccupazione mentre la trattativa col governo è ancora aperta, Biagini ha colto l’occasione per mettere in guardia «i comuni costieri ad allungare il brodo oltre il 31 dicembre. Funzionari e amministratori locali non possono più trincerarsi dietro al fatto che ” lo prevede la legge”. La commedia è finita
(da agenzie)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
UNICA CERTEZZA: LE NORMALI CONFERENZE STAMPA POST-CDM SONO SOLO UN RICORDO DEL PASSATO: DAVANTI ALLE DOMANDE, LA MELONI SBROCCA
Sistemata la sorellina Arianna come Ducetta-bis, a che punto è la
notte del governo Meloni? Giunto a quasi un anno di permanenza a Palazzo Chigi, la compagna di Giambruno ora si ritrova per la prima volta (lo scorso anno è stata una pacchia: ci aveva pensato Draghi) la grande rogna di risolvere la finanziaria, senza avere in cassa le risorse necessarie per attuare le sue promesse elettorali.
Il primo Cdm post-vacanze è stato surreale con Gggiorgia che non ha trovato di meglio che rifilare un pippone sul Superbonus sul groppone di Conte e Draghi e stanziare 2,2 miliardi sulla Rete Unica. Non ci sono soldi per le pensioni, che rimangono quelle della riforma Fornero, e il famoso taglio delle tasse non si vede nemmeno in fotografia, anzi verranno tolte varie agevolazioni fiscali.
Una cosa è però successa. La ‘’rimozione’’, forse perché ex gabinetto di Salvini, del ministro dell’Interno Piantedosi sulla questione migranti, proprio mentre i sindaci del nord, gran parte cari alla Lega, lanciano le loro grida di dolore sull’’’invasione’’: ora è tutto “permanentemente” in mano del solito Mantovano.
A cosa sono serviti gli strombazzanti viaggi della premier in Libia e Tunisia per fermare l’”invasione” non si è ben capito. Anzi, si è invece capito benissimo: a un bel niente (bei tempi quando la regina della Garbatella invocava sgolandosi, seduta sui banchi dell’opposizione, il “blocco navale” per respingere i migranti). Anche perché il Fondo Monetario Internazionale non ha mai sganciato alla Tunisia gli attesi 1,9 miliardi.
Alla fine è arrivata la conferma che le normali conferenze stampa post-Cdm sono solo un ricordo del passato: davanti alle domande dei giornalisti, la Meloni sbrocca e, pur possedendo la famosa verve di capopopolo che non ha paura di niente, al massimo concede il suo pensiero alle marchette di “Chi” e alle interviste pilotate e senza contraddittorio via Zoom, come è successo a tre giornaloni durante la vacanza alla Masseria Benificio.
Mentre Forza Italia sta diventando un partito con un piede nella maggioranza e l’altro fuori e nel suo partito i fratellini che non hanno ottenuto potere sono diventati fratellastri e fanno la fronda, tutti i nodi della Meloni sono arrivati al pettine: dopo aver guerreggiato, anziché discutere, per un anno con l’Unione Europea, ora la poverina si ritrova su Mes, Patto di Stabilità, Pnrr, con una mano davanti e una indietro.
(da Dagoreport)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
ANTONIO MISIANI, RESPONSABILE ECONOMICO DEL PD, MENA DURO SUGLI “ERRORI” DEL GOVERNO MELONI, DAL CONTRASTO ALL’EVASIONE AL PNRR: “SONO IN DIFFICOLTÀ, CERCANO CAPRI ESPIATORI: IERI LA BCE, OGGI IL SUPERBONUS. PER FARE CASSA TAJANI VUOLE PRIVATIZZARE I PORTI. PER CARITÀ: NON LASCEREMO TRASFORMARE L’ITALIA NELLA GRECIA CHE HA VENDUTO IL PIREO AI CINESI”
Antonio Misiani, che tipo di manovra prepara il governo?
Una manovra rinunciataria e inadeguata, che arriva dopo mesi di sottovalutazione del rallentamento dell’economia e delle conseguenze dell’inflazione e dell’aumento dei tassi di interesse. Per troppo tempo ci hanno raccontato che le cose andavano bene, finché il ministro Giorgetti, tardi, ha dato la sveglia a tutti, riportando Meloni e i ministri di fronte alla realtà. Una serie di scelte andavano impostate prima, altre andavano evitate.
Quali?
Andava impostata con anticipo un’azione seria di contrasto all’evasione fiscale. Invece il governo è andato in direzione opposta, al punto che ha dovuto eliminare dal Pnrr l’obiettivo di riduzione del tax gap. E fa sorridere che lunedì Meloni, come una maestrina, abbia invitato i ministri a riorganizzare i capitoli di spesa: non è un lavoro che si fa a ridosso della legge di bilancio. Il risultato è che oggi vanno a caccia di coperture per due terzi della manovra che ipotizzano. Una situazione che può portare a scelte improvvisate e dannose. Sento aleggiare l’idea di deindicizzare le pensioni: indebolirne ulteriormente il potere d’acquisto, facendo cassa sui pensionati, sarebbe iniquo dal punto di vista sociale ma anche controproducente sotto il profilo economico, perché deprimerebbe ancor di più i consumi. La congiuntura difficile non è colpa della destra. Ma alcune scelte del governo hanno peggiorato le cose: i ritardi nell’attuazione del Pnrr, il mancato rilancio del programma Transizione 4.0 per le imprese, il taglio delle risorse per combattere la povertà. E il brusco stop alla cessione dei crediti fiscali legati agli ecobonus.
Per il governo il superbonus ha scassato i conti.
Sono in difficoltà, cercano capri espiatori: ieri la BCE, oggi il superbonus, domani sarà il destino cinico e baro.
Cosa non va nella vendita Tim?
L’operazione che il governo ha avallato è un unicum in Europa: separazione della rete dai servizi e privatizzazione. Meloni ha enfatizzato il ruolo dello Stato ma la realtà è che con il governo sedicente sovranista il fondo americano Kkr diventerà proprietario al 65 per cento di un asset strategico del nostro paese. È necessario capire quali garanzie siano realmente previste per le scelte strategiche, l’occupazione, gli investimenti, e la tutela dei dati. Per fare cassa il vicepremier Tajani vuole privatizzare i porti. Ma per carità: la gestione dei servizi portuali è già affidata ai privati. Un forte regolatore pubblico è indispensabile: non lasceremo trasformare l’Italia nella Grecia che ha venduto il Pireo ai cinesi.
(daDomani)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
E SE IL POS “NON FUNZIONA”? È UN PROBLEMA DELL’ESERCENTE: IL CLIENTE PUÒ RIFIUTARSI DI PAGARE IN CONTANTI, E TORNARE QUANDO IL BANCOMAT FUNZIONERÀ DI NUOVO
Il vero tormentone dell’estate 2023? Gli scontrini folli. Ormai non
si contano più i post sui social di clienti di bar, ristoranti e stabilimenti balneari che raccontano le loro disavventure estive. Ma oltre allo sdegno per certi comportamenti commerciali poco corretti, il consumatore cosa può fare, oltre che non rimettere piede in quel locale?
L’Unione nazionale consumatori, sulle pagine del Corriere della Sera, spiega quali sono i diritti di chi consuma e che tipo di rimostranze può avanzare all’esercente.
Partiamo dal Pos. Per legge il ristoratore o barista non può negarne l’uso e se accade il cliente può chiamare la Guardia di Finanza o la polizia locale che può sanzionare il titolare del locale con 30 euro più il 4% della transazione negata. Ovviamente il buon senso ci dice che se un giorno il Pos è fuori uso, allora è bene avere comprensione, ma se il guasto si ripete, allora bisogna vederci chiaro.
E se solo quando arriva il conto si lamenta che il Pos non funziona?
«Il cliente deve pagare, certamente, ma poiché il disservizio è responsabilità dell’esercente, può tornare in un altro momento a saldare o fare un bonifico. E nessuno può trattenerlo» avverte Massimiliano Dona, presidente dell’unione consumatori.
Inoltre per il Pos non c’è alcun importo minimo, quindi si può pagare anche un caffè ed in genere non si può aumentare l’importo per il pagamento elettronico. In entrambi i casi si possono chiamare la finanza e polizia locale ed «il cliente si può rifiutare di procedere».
Mai pagare uno, due o qualsiasi euro in più solo per un piatto vuoto o una forchetta pulita in più.
«Stoviglie, piatti e tovaglioli dovrebbero essere inclusi nel coperto – spiega Dona, presidente dell’unione nazionale consumatori – motivo per cui – arrivati alla cassa, il mio consiglio è controllare sempre lo scontrino. Se si trovano voci del genere ci si può rifiutare di pagarle».
(da Leggo)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
DOPO LO SCIVOLONE SUGLI EBREI C’È CHI ALL’INTERNO DI FDI HA PRESO POSIZIONE, SPINGENDO PER LE DIMISSIONI DEL PORTAVOCE DI ROCCA. TRA QUESTI IL QUESTORE DELLA CAMERA PAOLO TRANCASSINI – PER IL CENTRODESTRA ERA TROPPO ALTO IL RISCHIO DI ROMPERE CON LA COMUNITÀ EBRAICA
Chiederà un incontro alla premier Giorgia Meloni per scusarsi dei danni che le polemiche sulle esternazioni antisemite hanno provocato anche a lei e al governo.
Marcello De Angelis ora vuole voltare pagina, tornare in Croce Rossa e lasciarsi alle spalle un periodo che, ha confessato alle persone a lui più vicine, lo ha devastato. Ma ha devastato anche il partito che ha scelto e benedetto la candidatura di Francesco Rocca. Per questo, forse nel tentativo di tastare il terreno, intanto avrebbe chiamato la sorella della premier Arianna Meloni. Una telefonata confidenziale, si dice, per avvisare la nuova responsabile della segreteria politica del partito e ricevere un feedback sulla sua posizione e sull’idea che in FdI hanno di lui dopo le dimissioni.
Nonostante il silenzio stampa dei giorni scorsi, c’è chi ha preso posizione all’interno di FdI schierandosi per la necessità di arrivare alle dimissioni. In particolare a schierarsi su questa linea è stato il questore della Camera dei deputati Paolo Trancassini che è anche coordinatore del partito nel Lazio, preoccupato per i riflessi che le continue notizie su De Angelis avevano sulla Regione e di riflesso sul governo.
Anche perché nel frattempo la situazione di De Angelis si è drasticamente compromessa dopo l’uscita dei testi antisemiti e dopo la denuncia dell’ex dem, di religione ebraica, Lele Fiano.
Il punto per i più critici in FdI è proprio questo: la credibilità ormai a zero di De Angelis. Lo stesso, continua il ragionamento interno a FdI, vale per la Comunità ebraica di Roma visto che dopo quel post col candelabro e nonostante le lettere di rassicurazioni, proprio su Repubblica il presidente Victor Fadlun ha rincarato la dose, chiedendo a Rocca di prendere una posizione «chiara e definitiva».
Il rischio di rompere con la Comunità, per il centrodestra era troppo alto e la fronda di chi non era più disposto a salvare De Angelis intanto aumentava. La linea da tenere ufficialmente, di cui si è fatto carico il presidente Rocca, però è un’altra: puntare il dito contro chi ha denunciato e scavato nel passato (e nel presente) di De Angelis. Limitare il più possibile la questione a una vicenda locale per non dare la soddisfazione alle opposizioni, anche in parlamento, di averla avuta vinta.
In realtà, non è mai stato così neanche per Fratelli d’Italia, né per la maggioranza in parlamento. Nonostante il silenzio da soldati. A dimostrarlo è il fatto che De Angelis punta a incontrare Meloni e nel frattempo ha sentito la sorella Arianna. Se lo farà, andrà all’incontro da dipendente della Cri. Fino al 31 agosto aveva la possibilità di tornare indietro dall’aspettativa.
(da La Repubblica)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
IL 58% RIGUARDA IL BONUS FACCIATE, IL 23% L’ECOBONUS, L’8% IL SISMABONUS, L’1% LE RISTRUTTURAZIONI E SOLO IL 5% IL SUPERBONUS
È sempre la solita storia: sul filo della retorica il governo, nel caso
specifico la premier Giorgia Meloni, infila nella stessa frase il riferimento alle frodi e al Superbonus, indicandolo come fonte di spreco di soldi.
Un “buco” che pesa sui conti pubblici che sono in un affanno non inedito, ma che viene sorprendentemente trattato come una notizia dell’ultima ora. A cambiare però è la cifra, destinata a crescere di slogan in slogan.
L’ultima uscita di Meloni riferisce di dodici miliardi di irregolarità, seppur con la specifica: la cifra include anche il bonus facciate.
Serve a poco: il buco delle truffe da 12 miliardi viene ripresa dai media e dai giornali con titoli che fanno riferimento solo alla misura del 110 per cento, ormai già depotenziato. Un numero avvolto nella nebbia.
Il dato, infatti, è complessivo, lo specifica la stessa premier, ma non si può sapere come sia ripartito in dettaglio, quali bonus edilizi specifici siano interessati dalla truffa di questa portata. L’Agenzia delle Entrate non vuole dare un aggiornamento, il ministero dell’Economia non risponde alle richieste. Inspiegabile.
O forse spiegabile col fatto che non molto potrebbe essere cambiato dagli ultimi numeri rilasciati dall’Agenzia delle Entrate e dal suo direttore Ernesto Maria Ruffini. La relazione di marzo presentava questa ripartizione delle truffe contestate: 58% bonus facciate, 23% l’ecobonus, 8% il sismabonus, 5 % il bonus locazioni, 1% ristrutturazioni e solo il 5% il Superbonus. Percentuali su un totale di 9 miliardi di euro, che poco saranno cambiate e che includono anche la quota di irregolarità da sottoporre o già sottoposta a indagini e verifiche (e che quindi non è dato definitivo).
Ancora, a febbraio il comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, aveva tenuto un’audizione alla Commissione Finanze della Camera riferendo che “il problema non sono tanto i bonus, ma la cedibilità dei crediti” e ribadendo il dato dei 3,7 miliardi di frodi.
Il 98 % dei crediti fiscali fittizi sequestrati riguardavano però attività condotte prima dell’entrata in vigore del “decreto Antifrode” approvato a novembre 2021 dal governo Draghi.
Ancor più facile immaginare che siano diminuiti. E la stessa relazione della Gdf ricorda che le frodi hanno riguardato solo in minima parte il Superbonus, visto che prevedeva un’asseverazione dei lavori, mentre la gran parte ha coinvolto il “bonus facciate”, che non prevedeva di fatto nessun controllo.
Il punto è capire perché il governo se ne crucci proprio ora che non dovrebbe essere neanche più un grosso problema per le casse dello Stato. Non solo il ricalcolo dell’Eurostat sui crediti fiscali ha dato al ministro Giorgetti un maggiore spazio di manovra sul deficit, ma ad aprile e maggio, secondo i dati Enea, c’è stato un forte rallentamento delle asseverazioni, pari rispettivamente a 1,86 miliardi e a 2,4, poi diventati 3 miliardi a luglio.
Un piccolo balzo ma sempre comunque inferiore alla media dello scorso anno (che era stata prossima ai 4 miliardi di euro), complice l’abbassamento dell’aliquota al 90% per le unità monofamiliari e soprattutto lo stop alla cessione del credito e dello sconto in fattura introdotto a febbraio.
Si sprecano invece gli studi che dimostrano il vantaggio della misura sul Pil e sull’occupazione. Ordine dei commercialisti, Svimez, Nomisma – nonostante le diverse cifre – calcolano un effetto moltiplicatore degli incentivi edilizi sull’economia superiore a 1 (un euro di spesa che genera più di un euro di Pil aggiuntivo). Potrebbe non bastare: finora gli oneri a carico dello Stato sono stati pari a 23 miliardi di euro. Sarà la Nota di aggiornamento del Def a svelare per quanto la misurà continuerà ad essere capro espiatorio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
“LE SUE FRASI SONO DA MEDIOEVO, DI UNA VIOLENZA INAUDITA. UN FATTO GRAVISSIMO”… “MI CHIEDO: STIAMO ANCHE SCAGIONANDO GLI UOMINI CHE, INVECE, POSSONO ALZARE IL LIVELLO ALCOLICO A DISCAPITO DI NOI DONNE?”
Alessandra Mussolini, dopo una parentesi tra tv e attivismo Lgbtq+, da novembre è tornata sui banchi del Parlamento Ue, tra i Popolari. È appena atterrata a Bruxelles, ma non è rimasta indifferente alle parole del compagno della premier su Rete4.
Andrea Giambruno ieri ha commentato lo stupro di gruppo di Palermo con parole che hanno creato clamore. Lei come ha reagito quando le ha sentite?
«È stata una violenza inaudita. Un fatto gravissimo, soprattutto se pronunciato da chi è tenuto ad essere quanto più imparziale e in un momento in cui i femminicidi sono all’ordine del giorno. Non si può dare un’opinione così, a maggior ragione se quella che esprimi ci riporta dritti al medioevo. Quando si parla, si hanno sempre conseguenze, non c’è smentita o contestualizzazione che tengano».
«Se eviti di ubriacarti, eviti di incorrere in problematiche perché poi il lupo lo trovi» sono parole che portano di nuovo a colpevolizzare la vittima?
«Sì, ed è una barbarie. Mi chiedo: stiamo anche scagionando gli uomini che, invece, possono alzare il livello alcolico a discapito di noi donne? Con l’esternazione di Giambruno siamo alle solite: un uomo che dice “te la sei cercata”. Quello che non vogliono capire è che io se volessi, dovrei avere il diritto di camminare con il sedere in bella vista, perché non c’è nulla che giustifichi un uomo violento. Lo stupro è stupro, se non capiamo questo, per noi donne è davvero finita».
Giambruno è il compagno della premier Meloni. Si aspetta che la presidente prenda posizione?
«Non mi interessa il legame sentimentale, ma la mentalità diffusa. Come il fidanzato di Meloni ce ne sono a migliaia, lui è semplicemente uno in più. Diventa più grave perché quelle parole sono state dette davanti a una platea di donne, alimentando ancora una volta la paura di denunciare».
(da La Repubblica)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
MELONI DARA’ LE COLPE AD ALTRI, COME SEMPRE
L’unica certezza in vista della manovra di Bilancio è che la maggior
parte delle promesse elettorali non potranno venire realizzate. O meglio, non si potrà nemmeno iniziare ad affrontarle.
Niente «estensione della flat tax per le partite Iva fino a 100mila euro di fatturato» e men che meno il suo «ampliamento a famiglie e imprese», nessuna «indennità di disoccupazione per gli autonomi» e neanche «l’innalzamento delle pensioni minime e sociali», nemmeno un accenno al «piano straordinario di edilizia pubblica» o al «potenziamento dei diritto allo studio».
Tutti annunci roboanti contenuti nel programma di Fratelli d’Italia e del centrodestra di un anno fa, che però si scontrano con la realtà dei conti pubblici. A rimanere fuori dalla Finanziaria, infatti, non sono solo le rivendicazioni della Lega – Quota41 per le pensioni, l’autonomia differenziata, il ponte di Messina e la flat tax – e quelle di Forza Italia che chiedeva l’aumento delle pensioni minime.
Il discorso in consiglio dei ministri della premier Giorgia Meloni ha fissato un perimetro stretto e ben preciso: taglio del cuneo fiscale e misure per le famiglie numerose e di aiuto alla natalità, sulla scia di quanto contenuto nella legge di bilancio 2022 abbozzata dal governo Draghi. Nulla più di questo perchè le risorse sono poche e vanno spese con oculatezza, e anzi ai ministeri viene chiesta una «spending review» per cancellare sprechi e spese non strettamente necessarie.
Una scelta di realpolitik che però rischia di avere un costo molto alto dal punto di vista elettorale e di percezione del governo. L’autunno, infatti, è già stato annunciato con le prime manifestazioni di piazza – da Napoli a Palermo – degli ex percettori di reddito di cittadinanza rimasti senza sussidio da luglio e senza ancora strumenti chiari di inserimento lavorativo. Avvisaglie compaiono anche sui canali social del partito della premier, sotto i cui post in materia economica iniziano a ricevere molte più critiche che complimenti.
Davanti a questi segnali, la linea di palazzo Chigi è quella di individuare le responsabilità fuori dall’esecutivo. Strategia un po’ trita ma potenzialmente efficace, ha come obiettivo quello di comprare altro tempo, nella speranza che i dati economici migliorino.
E’ COLPA DI CONTE
Per questo Meloni, nel discorso al cdm distribuito alla stampa, ha scelto la soluzione di scuola: dare la colpa a chi la ha preceduta. Abilmente scavalcando il governo Draghi, di cui hanno fatto parte anche i suoi due alleati di governo, l’etichetta di sabotatore dei conti pubblici è stata assegnata al governo Conte 2. «Stiamo pagando in maniera pesante il disastro del Superbonus 110%», ha detto Meloni, ricordando che il complesso dei bonus edilizi introdotti dal Conte 2 ha prodotto «più di 12 miliardi di irregolarità». Quindi, a causa di «norme scritte malissimo», ora il governo Meloni deve occuparsi di «coloro che, per queste norme, ora rischiano di trovarsi per strada».
Questa tattica consente a Meloni di indossare i panni che più le sono congegnali, ritornando a fare l’opposizione all’attuale opposizione del suo governo.
Fin tanto che la polemica rimane entro i confini nazionali il governo ha poco da temere. Maggiori rischi, invece, comporta il secondo capro espiatorio individuato dalla comunicazione meloniana.
MA ANCHE DELL’UE
Il crinale è sottile e il rischio di incrinare i rapporti con le gerarchie europee è concreto. Eppure, l’approccio del governo è quello di individuare nelle regole comunitarie una delle cause principali della limitata iniziativa economica italiana. Ad accennarlo è stata la stessa Meloni, quando ha spiegato la strategia per l’ingresso dello Stato in Tim. Citando il caso della cessione di Ita a Lufthansa, ha infatti sottolineato che tutte queste scelte di politica industriale vengono prese «Commissione europea permettendo», la quale «a volte solleva problemi che difficilmente capiamo».
Ieri ha rincarato la dose anche il ministro Guido Crosetto, che è intervenuto sul Corriere della Sera per chiedere all’Ue «un approccio da statisti, non da miopi» in materia di revisione delle regole fiscali europee. «Non è più il tempo di dire che abbiamo sempre fatto così», ha detto parlando del rischio di un ritorno in vigore del vecchio patto di stabilità pre-pandemia, perchè su materie prime, energia e digitale è cambiato tutto e serve «una visione di politica macroeconomica che guardi ai prossimi 10-15 anni». Parole forti, che esplicitano la volontà del governo di intervenire in Europa per rinegoziare il patto ma che fanno emergere anche una certa insofferenza.
La mossa però presenta dei rischi. Dare la colpa all’Unione europea può essere un messaggio che funziona quando usato in campagna elettorale e rivolto ad un elettorato euroscettico. Stando al governo, invece, punzecchiare Bruxelles rischia di rendere ancora più complicata una trattativa che non riguarda solo il patto di stabilità (la prima audizione pubblica in Commissione Econ si terrà il 20 settembre), ma ma anche il via libera alla rinegoziazione del Pnrr.
(da editorialedomani.it)
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Agosto 30th, 2023 Riccardo Fucile
COLLEZIONA GAFFE, SI COMPIACE DELLA POPOLARITA’ E NON RIESCE PROPRIO A ESSERE LA SPALLA DISCRETA DELLA PREMIER
Presidente Meloni, lo destituisca da opinionista e lo promuova vicepremier lavapiatti: “Ora zitto e vai in cucina”. Il suo compagno, e giornalista Mediaset, Andrea Giambruno, non si sta meritando il titolo di cavalier Meloni. Parla quando non deve, polemizza quando non serve, non fa altro che ricordarci la sua fortuna: sono io il compagno di Giorgia. E’ il suo Vannacci da veranda. Il Pd, povero Pd, lo sta già scambiando per quello vero! Lunedì sera, a Rete 4, dove Giambruno conduce la trasmissione il “Diario del giorno”, con la sua frase da preside palestrato, si è promesso, nientemeno, che di rieducare adolescenti e genitori: “Se eviti di ubriacarti, eviti di trovare il lupo”. A breve, scommetteteci, pubblicherà il libro: “Il mondo diritto di Giambruno” (Edizioni Crosetto). Si è convinto di essere Francesco Alberoni, il sociologo scomparso, e che la sua finestra televisiva sia la prestigiosa colonna sinistra del Corriere della Sera. Le opposizioni gli hanno chiesto di scusarsi e Giambruno ha ovviamente precisato il pensiero perché “precisare” è per Giambruno come per Conte la pochette: il fazzoletto della sua vanità. Da quando Meloni si è insediata a Palazzo Chigi, questo giornalista, da tutti ricordato come misurato e inappuntabile, è il migliore rivale della sua compagna. I voti li ha presi lei, ma di popolarità si ubriaca lui. In piena estate, quando si sragionava di cambiamento climatico, ha ingaggiato una polemica inutile con il ministro tedesco della Salute, colpevole di “aver offeso l’Italia” sul clima. Giambruno, in diretta, gli ha lanciato un gavettone. Usa in pratica la telecamera come fosse la pistola ad acqua e quindi, “caro ministro, se non ti sta bene, stai a casa tua. Nella foresta nera”. Meloni si misura con Macron, Giambruno, il Vannacci da veranda, duella con la Repubblica federale tedesca. La speranza è che non faccia mai il diplomatico. Si sta gonfiando e lo fa forte di una speciale immunità domestica: comincia a capire che la corona della compagna trasferisce regalità. I colleghi lo chiamano, e lo adulano, per arrivare alla premier. A Mediaset, chi pensa che sia un giornalista che stecca, deve fare attenzione a dirlo perché è il compagno della premier. A Giambruno, che rilascia più interviste del ministro Adolfo Urso, e che indossa t-shirt improponibili (lo abbiamo scoperto grazie a una foto insieme a Salvini) Mediaset ha deciso di affidare la trasmissione e, come si dice in questi casi, di “puntarci”. Ha fatto bene: Meloni forse arrossisce del suo Vannacci da veranda, ma Mediaset sorride perché i quotidiani, i social, parlano di Giambruno e dunque di Mediaset. Grazie a questi ultimi successi pure il re dell’invettiva di Rete 4, Mario Giordano, rischia di sembrare, rispetto a lui, un Bruno Vespa della tv commerciale. Giambruno sa usare più registri. Quando vuole darsi un tono si mette a parlare difficile, alla Carlo Emilio Gadda, e si serve di “sparimento” al posto di “sparizione”. Quando deve spiegare, ai “suoi” telespettatori, il decreto lavoro, fa sapere che, se permettete, ha delle informazioni di “prima mano”, e che i video della premier “fanno il botto”. Durante la presentazione dei palinsesti, Mauro Crippa, l’uomo a cui Pier Silvio Berlusconi ha consegnato le chiavi dell’informazione della sua azienda, ha precisato che Mediaset era molto soddisfatta dei risultati di Giambruno e di questo Diario. Diario si chiama pure l’appuntamento fisso che si è inventata la premier (“Il diario di Giorgia”) ed è una stanza garbata. A tratti sembra più giornalista lei di quanto lo sembri il vero giornalista di famiglia. E’ la prima volta che l’Italia sperimenta la novità, il “compagno della premier”, tanto da dover trasferire, in italiano, l’anglismo, orribile, “first gentleman”. E però, e dispiace dirlo, Giambruno ci sta facendo perdere, da uomini, questa grande occasione. Era la prima occasione per dimostrare di saper essere uomini discreti di una presidente del Consiglio donna. Le donne ce l’hanno sempre fatta. Lo sono state le mogli, e le compagne, dei nostri ultimi premier. Con Giambruno stiamo perdendo la sfida. Presidente Meloni, lo faccia per noi. Metta un grembiule al suo compagno Giambruno e lo mandi ai fornelli con il cognato Lollobrigida. L’idea ce l’ha data proprio il ministro della Sovranità alimentare con il suo video estivo, in cucina, dalla Puglia, in masseria. Insieme, Giambruno e Lollobrigida, possono aprire la trattoria “Al Granchio blu”. Specialità: cibo povero italiano e pasta alla norma come piatto principale. Chef è Ignazio La Russa, con la formaggiera. Alla cassa, per fortuna, si alternano solo le sorelle Meloni.
(da il Foglio)
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