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UN MINISTRO ESILARNTE: PER GIUSTIFICARE IL NO ALLA RICHIESTA DI DOMICILIARI PER ILARIA SALIS, NORDIO HA DETTO: “EVITIAMO INGERENZE NELLA GIUSTIZIA DI BUDAPEST. IL GIUDICE UNGHERESE POTREBBE ANCHE INDISPETTIRSI”

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

L’AVVOCATO DELLA DONNA, DETENUTA IN UNGHERIA: “VERAMENTE È IL DIFENSORE UNGHERESE CHE CI AFFIANCA AD AVER CHIESTO CHE L’ITALIA OFFRISSE GARANZIE SUGLI ARRESTI DOMICILIARI NEL NOSTRO PAESE, E SE L’HA FATTO UNA RAGIONE CI SARÀ”

Per spiegare al padre di Ilaria Salis e al suo avvocato che non intendeva fornire il documento che gli stavano chiedendo, il ministro Carlo Nordio è tornato a rievocare — come gli piace fare — il suo passato di magistrato.
Provando a immaginare la reazione del suo (ex) collega: «Il giudice ungherese potrebbe anche indispettirsi se il governo di un Paese straniero gli spiegasse in una nota ufficiale come funziona la propria legislazione; qualora gli interessi può studiarsela da solo, senza che altri gliela illustrino».
L’avvocato Eugenio Losco, che assiste la donna detenuta a Budapest e suo padre Roberto che sta tentando di tirarla fuori dalla prigione, ha provato a replicare: «Veramente è il difensore ungherese che ci affianca ad aver chiesto che l’Italia offrisse garanzie sugli arresti domiciliari nel nostro Paese, e se l’ha fatto una ragione ci sarà».
Volevano una dichiarazione per ribadire che la detenuta in casa sarebbe sorvegliata dal braccialetto elettronico e puntuali controlli di polizia, oltre ad essere portata anche fisicamente nell’aula del tribunale di Budapest ogni volta che fosse stato necessario.
Niente da fare, Nordio non s’è convinto: «Meglio di no, datemi retta. Potrebbe essere controproducente. Altra cosa sarebbe se fosse la magistratura locale a chiederci informazioni, e in quel caso non avremmo difficoltà a fornirne».
Ma l’iniziativa, insiste il ministro, deve partire dai giudici ungheresi, non dai difensori dell’imputata.
(da Il Corriere della Sera)

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NAZISTI INSOSPETTABILI: IL MILIARDARIO TEDESCO THEOBALD “THEO” ALFONS MUELLER, TITOLARE DELL’IMPERO CASEARIO CHE PORTA IL SUO NOME E FAMOSO PER LO YOGURT MUELLER, HA INCONTRATO ESPONENTI DELL’AFD, LA FORMAZIONE DI ESTREMA DESTRA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

LO SOTTOLINEA IL QUOTIDIANO TEDESCO “BILD”, RICORDANDO CHE NELL’OTTOBRE SCORSO L’IMPRENDITORE E’ STATO FOTOGRAFATO A CENA CON ALICE WEIDEL, LA CO-LEADER DELL’AFD

Il miliardario tedesco Theobald “Theo” Alfons Mueller, titolare di un impero caseario che porta il suo nome, si sta facendo notare per incontri e consigli in favore dell’Afd, la formazione di estrema destra tedesca in ascesa alle elezioni e nei sondaggi.
Lo sottolinea il quotidiano tedesco Bild oggi in edicola ricordando che nell’ottobre scorso era emersa una foto che ha suscitato indignazione perché ritraeva Mueller a cena con Alice Weidel, la co-leader dell’Afd, in un ristorante elegante di Cannes in Francia.
In una delle sue rare interviste, ha rivelato al quotidiano svizzero Neue Zuercher Zeitung di aver consigliato al presidente regionale sassone Michael Kretschmer, cristiano-democratico (Cdu), di allearsi con l’Afd in caso questa formazione vinca alle elezioni del prossimo autunno.
Sui piani di espulsioni di massa dei migranti che stanno spingendo centinaia di migliaia di tedeschi in piazza, Mueller ha sottolineato che questa ipotesi piani non sarebbe presente nel programma dell’Afd.
(da agenzie)

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CORRUZIONE A ROMA, ARRESTATO GABRIELE VISCO, IL FIGLIO DELL’EX MINISTRO DELLE FINANZE AI DOMICILIARI

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

IL PROVVEDIMENTO RIGUARDA ANCHE DUE IMPRENDITORI E UN AVVOCATO

C’è anche Gabriele Visco, figlio dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo, tra le persone finite agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della procura di Roma su un giro di corruzioni per una serie di bandi e assunzioni pilotate. I finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutario hanno eseguito l’ordinanza anche nei confronti di due imprenditori e un avvocato romano, eseguendo anche un sequestro preventivo da 230 mila euro. Le accuse contestate nell’indagine, a vario titolo e a seconda delle posizioni, sono di corruzione e traffico di influenze illecite.
«L’indagine ha consentito di ipotizzare – si spiega in una nota della procura -, un sistema di relazioni illecite diffuso e consolidato nel quale un ex dirigente pubblico, con la mediazione di un imprenditore romano, avrebbe favorito, a fronte di denaro e di altre utilità, l’aggiudicazione di un bando di gara di oltre 4 milioni di euro a una società riconducibile a un costruttore e tentato di agevolare l’assunzione presso una partecipata pubblica di una persona vicina a quest’ultimo».
Sarebbe emersa inoltre una vicenda corruttiva nella quale l’ex dirigente avrebbe affidato un incarico di consulenza (per un importo di 230mila euro) presso l’ente in cui era impiegato a un avvocato di sua conoscenza, ottenendo la retrocessione di parte dei compensi fatturati dal legale per prestazioni in realtà mai effettuate.
Fino a pochi mesi fa era dirigente pubblico di Invitalia
Visco Jr, 52 anni, romano, è entrato in Invitalia dopo un’esperienza a Telecom nel luglio del 2007. Entrato come consulente, il figlio dell’ex ministro, è diventato in breve dirigente della società partecipata. Questo aveva fatto sorgere diverse polemiche, anche per la parentela diretta con Vincenzo, suo papà e ministro delle finanze del primo governo Prodi, di due governi D’Alema e poi ancora al vertice del ministero dell’economia, con delega alle finanze, quando Romano Prodi era a palazzo Chigi, tra il 2006 e il 2008.
(da agenzie)

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ANDREA GIAMBRUNO VUOLE RIFARSI L’IMMAGINE CON LA CONDUZIONE DI UN TG (STUDIO APERTO O TG4) E GIORGIA MELONI SPINGE A SUO FAVORE CON MEDIASET

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

L’OBIETTIVO È “LIMITARE I DANNI”, CIOE’ EVITARE CHE GIAMBRUNO SI FACCIA SFUGGIRE RIVELAZIONI IMBARAZZANTI – L’EX MELONCINO È ATTIVISSIMO: GLI SAREBBERO ARRIVATE OFFERTE PER INTERVISTE ESCLUSIVE

Operazione: disinnescare Andrea Giambruno. Giorgia Meloni e il conduttore di Rete 4 si sono lasciati ormai da qualche mese – ufficialmente da fine ottobre, dopo i celebri audio pubblicati da Striscia La Notizia – ma l’anchorman di Mediaset è tornato in pista e fa sapere di non essere uscito dal giro televisivo.
Non solo è diventato il “vice” di Giuseppe Brindisi nel suo talk pomeridiano Diario del Giorno, ma avrebbe chiesto di voler condurre un Tg, uno tra Studio Aperto e il Tg4.
E Meloni, secondo due fonti a lei molto vicine, starebbe spingendo per questa soluzione: l’obiettivo sarebbe quello di “limitare i danni”, ovvero evitare che il suo ex compagno possa metterla in imbarazzo, magari lasciandosi sfuggire particolari su questioni personali o politiche.
Giambruno da ottobre è stato relegato dietro le quinte del suo talk, ma per indole non è tipo da restare a lungo dietro le telecamere. Vuole tornare in video e farlo da protagonista alla conduzione di uno dei telegiornali di punta delle reti Mediaset. Richiesta che sarebbe stata recapitata ai vertici di Cologno Monzese in vista dei prossimi palinsesti per la stagione 2024-2025 (dopo le Europee) e che non sarebbe stata accolta bene da Pier Silvio Berlusconi e dal “corpaccione” Mediaset.
In primis perché la casella del Tg4 è già occupata da Stefania Cavallaro, volto considerato in grande ascesa, ma anche perché all’interno dell’azienda Giambruno non solo non è particolarmente amato ma una sua eventuale promozione non sarebbe vista di buon occhio: sarebbe dare un premio a un anchorman che ha fatto proposte e riferimenti sessisti nei confronti di alcune colleghe.
Eppure Giambruno non è un giornalista qualunque ma l’ex compagno della premier, a conoscenza dei suoi segreti politici e personali. Così Meloni non può disinteressarsi della questione e ripetere lo slogan di cui va più fiera (“io non sono ricattabile”), ma potrebbe mettere il sigillo su un’operazione che porterebbe a “disinnescare” il conduttore
Non è un caso che l’anchorman faccia sapere agli amici di essere tornato sul mercato tv. Secondo diverse fonti incrociate, a Giambruno sarebbero state proposte alcune interviste da parte di grandi media. E lui starebbe tutt’altro che sulle sue, riferendo [ anche di alcune trattative per compensi a doppie cifre.
E forse non è stato casuale che, come ha rivelato il giornalista televisivo Giuseppe Candela su X, sabato sera l’anchorman sia stato a cena a Palazzo Parigi a Milano con il conduttore della La Zanzara Giuseppe Cruciani, con Fedez (autore del podcast di successo Muschio Selvaggio) e con la giornalista del Corriere Candida Morvillo che lo ha intervistato diverse volte sul quotidiano di via Solferino.
La promozione di Giambruno alla conduzione di un telegiornale si incrocerebbe inevitabilmente con gli altri dossier che il governo ha sul tavolo e riguardano gli interessi del Biscione. Non solo la vendita che per ora resta esclusa, ma soprattutto la questione dei tetti pubblicitari e degli investimenti che Mediaset sarebbe costretta a fare secondo la nuova legge sui media
Dopo i fuorionda di Striscia La Notizia su Giambruno, la premier aveva fatto trapelare tutta la sua irritazione E il governo aveva fatto trapelare l’ipotesi di alzare la soglia della pubblicità della Rai in funzione anti-mediaset, mentre la premier aveva chiesto ai suoi ministri di evitare i talk del Biscione. Ora quel veto è venuto a mancare e i rapporti, almeno di facciata, sembrano essersi rasserenati. Chissà ancora per quanto.
(da Il Fatto Quotidiano)

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“SIAMO SCONCERTATI”: IL GARANTE DEI DETENUTI DI MILANO, NON SA COME SPIEGARSI LO STOP ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI GIULIANO AMATO A SAN VITTORE

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

IL DIVIETO NON SAREBBE PARTITO DAL DAP, MA DIRETTAMENTE DAI SOVRANISTI DI PALAZZO CHIGI: PERSONA NON GRADITA DAL GOVERNO

Meraviglia e sconcerto. Ma anche imbarazzo per la promessa tradita di un incontro in carcere a cui i detenuti, da un lato, e il presidente emerito della Corte Costituzionale, dall’altro, tenevano molto.
Quando il Garante dei detenuti di Milano, ieri mattina poco dopo le 11, a meno di ventiquattrore dalla presentazione del libro di Giuliano Amato e Donatella Stasio a San Vittore, ha saputo della cancellazione dell’iniziativa, ha deciso subito di rendere pubblica la sua amarezza.
«Mettiamoci nei panni di un presidente emerito della Corte Costituzionale che si vede sbattuta la porta in faccia – dice Maisto – Di Amato che a 86 anni deve mettersi in viaggio per Milano, così come del Comune che ha investito risorse in un evento che viene annullato poche ore prima di essere celebrato. Ma a fare più male è soprattutto l’interruzione di un dialogo portato avanti nel tempo con i detenuti».
Il Garante tiene a sottolineare come l’inziativa sia parte di un percorso «che va avanti da anni ». «Fa parte – spiega – del progetto “Costituzione viva” a cui partecipa un gruppo di detenuti di San Vittore, con i quali gli autori del libro hanno mantenuto un legame, e con il quale avrebbero dialogato anche in questa occasione. Era questo l’aspetto più significativo. In carcere l’incontro era molto atteso, i detenuti si sono preparati e si sono organizzati anche da un punto di vista logistico».
Quello di cui Maisto si fa portavoce è anche il disorientamento di chi, come il direttore del carcere di San Vittore, Giacinto Siciliano, su questa iniziativa – come su altre simili – ha basato il suo mandato. Ieri i vertici dell’istituto penitenziario non hanno voluto commentare quanto accaduto, preoccupandosi invece di spiegare all’interno dei padiglioni qualcosa di difficilmente comprensibile: lo stop a un’iniziativa che nella presenza di Amato vedeva il compimento di un lungo percorso di recupero dei reclusi.
Ora quel che resta è una presentazione del libro a Milano, già programmata. non in carcere, ma nella saletta dell’Associazione nazionale magistrati al Palazzo di giustizia.
(da la Repubblica)

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TROPPO BELLO PER ESSERE VERO

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

PERUGIA, QUANDO IL “CAMPO LARGO” TROVA UNA CANDIDATA DI ALTO PROFILO

Perugia, per le comunali, si candida una giovane donna, Vittoria Ferdinandi, sostenuta da Pd, Cinquestelle, rosso- verdi, Psi e un paio di liste civiche. È laureata in psicologia, impegnata da diversi anni nel sociale, cavaliere al merito della Repubblica (ha aperto un ristorante per dare lavoro e dignità a persone con problemi psichici), cita Aldo Capitini, è molto radicata nel territorio che andrà al voto. Per giunta, cosa che me la rende molto simpatica, se la ride della nomea di radical-chic: “considero le mie origini borghesi un valore aggiunto”.
Leggo la notizia, un paio di sue belle interviste (su Repubblica e Manifesto) e penso: dev’esserci un errore. Non è possibile che per costruire il fantomatico “campo largo” bastino candidati di alto profilo e un progetto politico che non si limiti ad arrabattarsi sulla difensiva, ma opponga alla destra un’altra idea di città e di società.
È troppo bello per essere vero. Difatti, l’errore c’è. Pare che un pezzo del Pd umbro (solo un pezzo, per fortuna) si senta tagliato fuori e non accetti una candidatura che giudica “affrettata”. E si sia messo di traverso.
Sulla litigiosità a sinistra sono stati scritti, oramai, ponderosi trattati. È una sindrome composita, che si manifesta con sintomi multipli (narcisismo, settarismo, verticismo, pelonelluovismo, ecc.). Difficile dunque azzardare una diagnosi, tra l’altro destinata poi a suscitare ulteriori litigi tra i pazienti in sala d’attesa.
Però, lasciando alla sinistra umbra la propria autodiagnosi, ci sia consentito un sospetto: la paura di una vittoria sulla quale non si può mettere il cappello, è più forte della paura di perdere, però asserragliati, pochi ma buoni, nella propria vecchia bottega.
(da La Repubblica)

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SI RISCHIA UNA FIGURACCIA OLIMPICA: A DUE ANNI DAL VIA, MILANO-CORTINA E’ UN REBUS TRA RITARDI E COSTI LIEVITATI

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

LA PREVISIONE DI SPESA È SALITA DA 2,8 A 3,6 MILIARDI. IL GOVERNO PROMETTE ALTRI FONDI. IN VALTELLINA I RITARDI MAGGIORI, GIORGETTI: “SONO QUASI PENTITO DI AVER PROMOSSO LE OLIMPIADI INVERNALI”

Scoccano domani i due anni esatti alle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. E si accelera il conto alla rovescia che un preoccupatissimo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti vorrebbe fosse ben presente a tutti. Lui stesso ha proposto un tabellone elettronico all’ingresso della Valtellina per battere il tempo agli interessati e consentire di arrivare pronti con impianti e infrastrutture.
Possibilmente senza (altre) figuracce. Uno slalom specialissimo fra preventivi dei costi polverizzati dall’aumento dei prezzi delle materie prime, difficoltà burocratiche e ricorsi che hanno ritardato l’apertura di cantieri. Più cambi di programma e improvvise marce indietro.
Come quella, clamorosa, della pista di bob a Cortina. Sono passati quasi cinque anni dal giugno 2019 quando fu assegnata all’Italia l’organizzazione dei Giochi 2026. Quattro governi (due Conte, Draghi e Meloni). Due decreti della Presidenza del Consiglio, uno nel 2020 e l’altro nel 2023. Due amministratori delegati della fondazione Milano Cortina 2026 (Vincenzo Novari e Andrea Varnier).
E la società che si occupa di realizzare le infrastrutture, guidata da Luigi Valerio Sant’Andrea, che il governo ha nominato commissario per sette opere, costituita solo a giugno 2021. Nel frattempo, i costi dei 111 interventi previsti (46 sportivi, 54 infrastrutturali e 11 di altro genere) sono saliti a 3,6 miliardi rispetto ai 2,8 del primo decreto. Di questi, 3,2 sono già finanziati e il governo si è impegnato a coprire i 400 milioni che mancano.
Pur di accelerare, pochi giorni fa il governo ha affidato ad Anas il ruolo di commissario per cinque infrastrutture in Lombardia: quattro stradali e una ferroviaria. A Bormio, in Valtellina, c’è sollievo dopo la conferma del bob a Cortina: «Significa che resteranno qui lo sci alpino, sulla pista Stelvio, e lo scialpinismo, disciplina al debutto olimpico, di cui in questi giorni ospitiamo i Mondiali Juniores», sorride Samanta Antonioli, assessore con delega ai Giochi, ex azzurra di sci, specialità discesa libera.
Ma anche sulla pista resta molto da lavorare: «Va allargata nella parte finale per migliorare l’area arrivi. E demoliremo le tribune attuali perché in quella zona, usando anche un vecchio stabile delle funivie ora abbandonato, nascerà Ski Stadium». Sul quando, Antonioli fa professione di fiducia: «Inizieremo a primavera, ce la faremo ». Stesso calendario per ristrutturare il polifunzionale Pentagono e per il rifacimento degli impianti sparaneve. Anche a Livigno bisognerà sbrigarsi: sempre in primavera partirà l’allestimento della pista per le prove di snowboard nella zona del Mottolino, mentre sul versante Carosello bisognerà migliorare il rush finale per il freestyle.
A Milano, costi in salita e tempi corti non vanno d’accordo. Così, dopo che la Fiera di Rho-Pero ha già previsto un cambio di architettura e allestimenti per ospitare le gare di pattinaggio di velocità sul ghiaccio, adesso dovrebbe aprire i suoi cancelli anche all’hockey femminile. Causa effettivi costi di ristrutturazione, infatti, è appena naufraga ta l’ipotesi di destinare a questo sport l’ex Palasharp.
Su altri fronti ci sono impegni che andranno rispettati: l’Arena di Santa Giulia, che con i suoi 16 mila posti sarà il teatro dell’hockey su ghiaccio maschile, assicura che accenderà i refrigeratori sotto la pista entro la fine del 2025. A che prezzo, però? In linea con la tendenza generale anche qui si è passati da un costo preventivato di 180 milioni a uno di 250. In soccorso dovrebbero arrivare fondi pubblici.
(da la Repubblica”)

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ROBERTO SALIS: “‘NEGATI DAL GOVERNO POSSIBILITA’ RICHIESTA DOMICILIARI IN AMBASCIATA PER ILARIA, AI MARÒ VENNERO CONCESSI”

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

“MI HANNO RISPOSTO CHE I MARO’ SONO FUNZIONARI DELLO STATO E COME TALI UNA SOLUZIONE SI TROVA, I CITTADINI SI DEVONO ARRANGIARE”

“Cosa immagino per Ilaria? Di dover continuare a fare da solo quello che riesco, non avendo il supporto che ci vorrebbe. Abbiamo chiesto anche la possibilità di trovare una soluzione di domiciliari in ambasciata, ci è stato detto che non si può fare. Gli ho risposto: ‘Per i marò?’. Mi hanno detto che quelli non sono cittadini ma funzionari dello Stato. Per i funzionari una soluzione si trova, i cittadini si devono arrangiare”.
Lo ha detto Roberto Salis, padre di Ilaria, ospite a ‘Prima di domani’ su Rete 4.
Ilaria “resterà in cella ad oltranza” in Ungheria, forse fino alla fine del processo. Dopo giorni di moderato ottimismo, per Roberto Salis, il padre della 39enne antifascista, gli incontri a Roma con i ministri Tajani e Nordio si chiudono con un carico di delusione che non aveva immaginato.
“Non possiamo interferire nel procedimento e nello status di libertà dell’indagato”, sono le considerazioni dei ministri di Esteri e Giustizia, dunque nessuna esplicita richiesta sarà avanzata da parte del governo per i domiciliari – come invocato dagli avvocati dell’insegnante milanese – né in Italia, né in ambasciata a Budapest.
Così come non sarà prodotta alcuna nota che fornisca garanzie sull’applicazione delle misure cautelari nel nostro Paese: “un’interlocuzione epistolare tra un dicastero italiano e l’organo giurisdizionale straniero sarebbe irrituale e irricevibile”, spiega Nordio. Tre ‘no’ che però si aggiungono al pressing dei rappresentanti di governo sull’avvocato ungherese di Salis, affinché chieda i domiciliari in Ungheria, “condizione indispensabile per attivare la decisione quadro Ue del 2009” e quindi l’eventuale esecuzione degli arresti domiciliari in Italia.
“È andata molto peggio di quanto ci aspettassimo, non vediamo nessuna azione che possa migliorare la situazione di mia figlia. Siamo stati lasciati soli. Quanto che abbiamo chiesto ci è stato negato. Credo che mia figlia resterà ancora per molto tempo in carcere e la vedremo ancora in catene ai processi”, ha sbottato amaro Roberto Salis assieme all’avvocato davanti all’uscio del ministero della Giustizia in via Arenula, subito dopo l’incontro con il Guardasigilli.
Poco prima il papà di Ilaria con il legale Eugenio Losco aveva già incontrato “in maniera riservata” il titolare della Farnesina: un colloquio definito “privato e cordiale” da Tajani, il quale in seguito aveva aggiunto con i giornalisti: “Quello che fa l’Italia sulla vicenda “è noto e non c’è nulla da aggiungere, continuiamo a impegnarci affinché possa essere rispettata la normativa comunitaria in materia di diritti dei detenuti”.
Nel frattempo lo stesso dibattito sul caso si stava discutendo in plenaria al Parlamento europeo con esiti che lasciavano intendere ancora spiragli, almeno nelle parole della commissaria Ue per i Servizi finanziari, per la quale “la misura di una detenzione alternativa, compresa quella dei domiciliari, sarebbe in linea con le conclusioni del Consiglio Ue”, ha detto Mairead McGuinness, sottolineando che “la Commissione è a disposizione per aiutare a trovare una soluzione sostenibile”.
Ma alla fine dei due incontri Roberto Salis ha tirato le fila di una giornata per lui sconfortante: “Lo Stato italiano non intende fare nulla, dipenderà tutto dal giudice ungherese, e ritiene di non voler fornire dei documenti che avevamo chiesto per agevolare il lavoro dei nostri avvocati, perché dicono che sarebbe irrituale e che possa creare dei precedenti.
Sulla nota che avrebbe fornito garanzie sull’applicazione delle misure per i domiciliari in Italia, ritengono che dallo Stato italiano sarebbe mostrata come una excusatio non petita. Mi dicono che ci sono 2.500 italiani in queste situazioni e che – ha proseguito – non si può fare un’azione preferenziale nei confronti di nessuno.
Ma se lasciamo tutti lì siamo uno Stato che difende i cittadini? Ricordiamoci che mia figlia è stata torturata senza carta igienica e senza sapone, e non è uscita neanche una nota di protesta dal nostro ministero degli Esteri. Mi sembra che ci sia un totale scollamento nel funzionamento dello Stato, non vedo fluidità delle informazioni e questo a scapito di persone come mia figlia”.
Restano due alternative, con tempi più lunghi, di fronte ai legali di Ilaria: ripartire con una richiesta dei domiciliari a Budapest per la loro assistita, in vista delle applicazioni delle norme europee in seguito – come prospettato in primis da Nordio all’incontro – oppure valutare il ricorso alla corte di Strasburgo, come avevano già annunciato. “Dovremo cercare noi di fare qualcosa – ha spiegato il papà – Ora ci sarà carcere a oltranza fino a quando il giudice ungherese avrà finito il processo o ci sarà un’altra situazione. Ma in quel carcere lì si può anche morire”.
(da agenzie)

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COLDIRETTI ORDINA, LA POLITICA ESEGUE: DALLA GUERRA ALLA CARNE SINTETICA FINO AL SOVRANISMO AGROALIMENTARE: L’ORGANIZZAZIONE GUIDATA DA ETTORE PRANDINI (IN PREDICATO DI CANDIDARSI CON FDI ALLE EUROPEE) DETTA LA LINEA A “LOLLO” E AL SUO MINISTERO DELL’AGRICOLTURA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

“IL FOGLIO”: “IL POTERE DEL COLDIRETTISMO È UN’IDEOLOGIA REAZIONARIA CON UN’ORGANIZZAZIONE MODERNA. I MINISTRI PASSANO, COLDIRETTI RESTA”

Nella serie distopica Black Mirror c’è un episodio in cui, per ottenere la liberazione della principessa del Regno Unito, il primo ministro britannico è costretto dai rapitori ad avere un rapporto sessuale con un maiale in diretta televisiva. È il potere del ricatto. Nella realtà politica italiana, nel 2013, è accaduto che la ministra dell’Agricoltura del governo Letta, Nunzia De Girolamo, si sia presentata in divisa gialla al Brennero per fermare i camion e controllare i prosciutti. È il potere della Coldiretti.
Se qualcuno, senza usare ricatti né violenza, riesce a far controllare i prosciutti su un tir a un ministro della Repubblica, allora vuol dire che può fargli fare quasi tutto. L’immagine della De Girolamo che, a differenza del pubblico nella serie britannica, all’epoca in Italia non scioccò nessuno, è una buona approssimazione di cosa rappresenti il dominio della Coldiretti sul ministero dell’Agricoltura.
Una relazione che non ha pari: la Confindustria può solo sognare di avere la stessa influenza sul ministero delle Imprese, analogamente la Cgil sul ministero del Lavoro o Leonardo-Finmeccanica sul ministero della Difesa. Soprattutto perché prescinde dal singolo ministro e dallo schieramento politico a cui appartiene. Destra, sinistra o M5s non cambia.
Arriviamo ai giorni nostri, alle manifestazioni degli agricoltori europei contro i governi e l’Unione europea contro i tagli dei sussidi e le politiche green. In Italia ci sono state proteste selvagge, con blocchi stradali e autostradali (in un caso, a Catanzaro, una persona è morta dopo un malore nel traffico paralizzato) e, nei vari di agricoltori autoconvocati ci sono state frange più estremiste che hanno bruciato in piazza la bandiera dell’Unione europea, per le sue politiche green, e anche quella della Coldiretti accusata di aver appoggiato la Pac (Politica agricola comune) della Commissione europea.
Di fronte ai blocchi illegali, alle manifestazioni violente, ai roghi e all’abbattimento di una statua a Bruxelles nella piazza davanti al Parlamento europeo dove c’era anche un gruppo della Coldiretti, il governo italiano – solitamente duro contro i metodi degli “ecovandali” – non ha espresso alcuna condanna. L’unico comunicato di censura è stato quello del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, contro la bandiera bruciata. Quella della Coldiretti, però, non quella dell’Unione europea.
“Considero sbagliato e ingiustificato ogni atto di violenza, compreso bruciare le bandiere delle associazioni agricole – ha dichiarato –. A Coldiretti si deve la battaglia contro il cibo sintetico che l’Italia sta guidando anche in Europa con risultati eccezionali”.
Tra il ministro e la Coldiretti c’è una simbiosi. Hanno lanciato insieme una culture war contro la “carne sintetica” approvando una legge che vieta una cosa già vietata e che diventerà inapplicabile non appena la “carne coltivata” verrà autorizzata dall’Efsa (l’Autorità alimentare per la sicurezza alimentare). Lo ha spiegato chiaramente la Commissione europea, che ha bocciato la norma italiana per aver violato la procedura di notifica.
Ma Lollobrigida ha dichiarato che non conta, perché la sua legge è stata approvata per “scuotere le coscienze”. È, cioè, un manifesto ideologico: la legge-simbolo della destra e della sua concezione di “sovranità alimentare”. Ed è tutta farina del sacco della Coldiretti: è l’esito di una sua campagna politico-comunicativa che ha ottenuto il sostegno di tutte le forze politiche: a luglio 2022, in campagna elettorale, tutte le proposte della Coldiretti – tra cui il “no al cibo sintetico” – sono state sottoscritte da tutti i leader politici, da Letta a Meloni, passando per Conte e Calenda.
È questo il potere del coldirettismo, un’ideologia reazionaria con un’organizzazione moderna che detta la linea dei governi. La politica vive nell’illusione di poter prosperare sul consenso e sui voti dei milioni di iscritti alla più grande organizzazione di imprenditori agricoli d’Europa. Ma i ministri passano, la Coldiretti resta.
E soprattutto esiste un legame, quasi patologico, e comunque senza pari in altri ministeri, garantito dalle porte girevoli che fanno passare i funzionari dal ministero alla Coldiretti e viceversa (il caso più recente è quello del capo di gabinetto di Lollobrigida, Raffaele Borriello, che prima era capo delle relazioni istituzionali della Coldiretti – ma gli esempi sono sterminati).
Il governo Renzi, con Maurizio Martina ministro, pensò addirittura di poter vincere il referendum costituzionale grazie alla Coldiretti, che garantì la mobilitazione per la raccolta delle firme in tutta Italia e si schierò per il Sì, in cambio di diverse agevolazioni fiscali (come lo sgravio Irpef ora non prorogato dal governo Meloni).
Poi è arrivato Gian Marco Centinaio della Lega, con cui il rapporto è stato più complicato. Con Stefano Patuanelli il rapporto è stato ottimo, ovviamente, tanto che l’esponente del M5s – in dissenso dal suo gruppo – non ha votato contro il divieto sulla “carne sintetica”.
Come ha scritto il Post, dopo le elezioni del 2022, mentre infuriava il totonomi del nuovo governo Meloni, venne chiesto a Centinaio della Lega se sarebbe tornato a fare il ministro dell’Agricoltura. “Avete sentito il discorso di Prandini (il presidente dell’associazione, ndr) alla manifestazione di Milano? Ha citato quattro o cinque volte Lollobrigida. E quindi se Coldiretti ha deciso, chi siamo noi per giudicare?”. Quella di Centinaio fu un facile profezia.
Ma su cosa si fonda l’influenza della Coldiretti sulla politica? Ci sono vari aspetti. Uno è sicuramente la capacità di mobilitazione, come si è visto in due recenti occasioni. La prima è stata la manifestazione a favore del governo, sotto Palazzo Chigi, per l’approvazione del divieto alla “carne sintetica”, dove il presidente delle tute gialle Prandini è arrivato ad aggredire fisicamente il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova.
L’altra è la manifestazione a Bruxelles, dove Coldiretti ha portato centinaia di giubbe gialle, riuscendo a ribaltare una protesta nata dal basso dagli agricoltori contro alcune decisioni del governo (vedi l’abolizione dello sgravio Irpef) e contro la stessa Coldiretti, in una manifestazione a sostegno del governo Meloni ed esclusivamente contro l’Unione europea.
La mobilitazione è una leva più potente del voto. Perché in realtà ora nessuno, neppure la Coldiretti, riesce a spostare pacchetti di voti, come dimostra la volatilità delle scelte elettorali. Ma con i partiti così fragili, la capacità di mobilitare è una leva formidabile, visto che la politica è terrorizzata dall’ipotesi di avere i trattori in piazza.
Anche perché, a fianco all’organizzazione, la Coldiretti ha un forte capacità comunicativa. Diffonde, cioè, un messaggio e una visione del mondo. La difesa del piccolo contadino, la tutela del cibo italiano, la salvaguardia del made in Italy, la lotta contro le multinazionali e l’invasione di prodotti esteri.
A differenza delle altre associazioni di categoria, che si interfacciano prevalentemente con le controparti e le istituzioni, la Coldiretti parla direttamente alle persone comuni. Lancia continui allarmi contro le importazioni, contro la chimica, contro gli Ogm, contro le farine d’insetto e la “carne in laboratorio” che attentano alla “dieta mediterranea”.
Ma a questa narrazione bucolica e a una cultura un po’ reazionaria, Coldiretti unisce uno spirito pragmatico ed elementi di forte modernità. Sulla comunicazione abbiamo detto. L’associazione, ad esempio, pur attaccando costantemente le multinazionali, non si è fatta alcun problema a stringere un accordo commerciale con McDonald’s: “McDonald’s rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità…”, ha detto il presidente Prandini.
La Coldiretti, in sostanza, svolge un ruolo che va al di là della rappresentanza classica. Fa nomine, comunicazione, advocay, mobilitazione, lobbying, politica, business. Negli ultimi anni ha, probabilmente, assunto un ruolo persino più importante della “Bonomiana”, ovvero della Coldiretti della Prima Repubblica fondata e gestita per decenni da Paolo Bonomi
La Coldiretti ha avuto una rinascita con il suo secondo padre-padrone, Vincenzo Gesmundo, segretario generale dal 1998, che di volta in volta – in base alle stagioni politiche – cambia il frontman: ora il presidente è Ettore Prandini, figlio del politico democristiano Giovanni, più volte ministro negli anni Ottanta.
La Coldiretti di Gesmundo, però, nonostante l’inevitabile declino del settore agricolo rispetto al pil italiano, ha un ruolo più centrale della Bonomiana. Mentre quest’ultima era strettamente legata, e in una certa misura subordinata e controllata dalla politica (ovvero la Dc), la nuova Coldiretti è sopra la politica. Tutta la politica.
Perché ai movimenti politici e ai partiti liquidi, la Coldiretti offre un’infrastruttura fatta di: comunicazione, mobilitazione, proposte legislative e una narrazione trasversale che piace alla sinistra slow-food no-global e chilometro-zero come alla destra sovranista no-Ogm e protezionista. Tutto in cambio di una co-gestione del settore. Un pacchetto all inclusive che per partiti e politici che non hanno idee e non vogliono avere problemi è molto allettante.
Ma qual è allora il problema di questo modello, moderno e reazionario, a suo modo efficiente? È che molto spesso intraprende battaglie anti-moderne, dannose per il paese e per l’agricoltura stessa. Pensiamo solo agli Ogm. Quella legge reazionaria, che da decenni limita la libera impresa e la ricerca scientifica, è stata fortemente sostenuta dalla Coldiretti, che ora chiama la carne coltivata “cibo di “Frankenstein” esattamente come faceva con gli Ogm, seguendo la stessa logica reazionaria e la medesima comunicazione terroristica.
E così oggi l’Italia importa ogni giorno 10 mila tonnellate di soia ogm, venduta peraltro nei consorzi Coldiretti. Queste posizioni sono dannose per gli stessi agricoltori. Non a caso, ora, dopo aver perso venti anni, la Coldiretti è favorevole alle nuove tecniche di miglioramento genetico (Tea – Tecniche di evoluzione assistita). E la politica, al solito, segue: le stesse forze sempre contrarie agli Ogm, sono oggi favorevoli alle Tea usando gli argomenti opposti. Cos’è cambiato? La posizione della Coldiretti.
Coldiretti ora protesta contro le “politiche green” dell’Europa che vuole ridurre l’uso di agrofarmaci. Ma per anni, la Gesmundiana si è battuta ferocemente – e con argomenti spesso falsi – per mettere al bando il glifosato, il più efficace ed economico erbicida che l’Europa ha continuato ad autorizzare. Per fortuna degli agricoltori, la Coldiretti non l’ha spuntata.
Quando in Puglia fu trovata la Xylella, ovvero la più grande catastrofe per l’olivicoltura italiana, Coldiretti diede credito alle peggiori teorie del complotto. Anzi le alimentò. Fu proprio a causa di un rapporto Agromafie, pubblicato da Coldiretti, che venne diffusa un’assurda tesi cospirazionista secondo cui il batterio era innocuo e che diede corpo all’inchiesta della procura di Lecce che bloccò il piano di contenimento dell’Unione europea.
In Italia si parla molto spesso del potere delle “lobby”, dai tassisti ai balneari, e poco del potere della Coldiretti. Che è molto di più di una lobby. Perché oltre alla difesa degli interessi corporativi produce una ideologia e mantiene un forte controllo sulla politica, con effetti molto più dannosi per il paese. L’agricoltura, la sostenibilità ambientale, la ricerca scientifica, l’innovazione industriale e il commercio internazionale sono, in fondo, sfide più importanti per il futuro del paese rispetto a taxi e ombrelloni.
(da il Foglio)

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