Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
PRESENTERA’ IN PARLAMENTO UN PROMEMORIA DI 49 PAGINE IN CUI ELENCA GLI ALLARMI INASCOLTATI DAL TESORO, LE NORME BOCCIATE E TUTTI “LE INTERLOCUZIONI” AVUTE DURANTE I GOVERNI CONTE, DRAGHI E MELONI
Un promemoria di 49 pagine. La sintesi nelle prime otto. Poi allegati di dettaglio. C’è tutto: gli allarmi inascoltati, le norme bocciate, quelle da riscrivere, gli scostamenti nella spesa, le interlocuzioni interne. Tre anni di Superbonus, tre governi diversi: Conte, Draghi, Meloni. E ora l’accusa più grave: “Il Ragioniere del buco da 219 miliardi”.
Lui, Biagio Mazzotta, non ci sta. È pronto a rispondere al Parlamento. In trasparenza, per evitare disastri futuri. Come monito. E come difesa. Non sono questi i giorni migliori, per Mazzotta. Nessuno l’ha chiamato. Nessuno gli ha proposto nulla, per ora. Ma le voci girano, i rapporti con Palazzo Chigi e con il ministro Giancarlo Giorgetti, titolare dell’Economia, sono «come sempre ». Freddi. Distanti. Sfibrati.
Oggi iniziano le audizioni parlamentari sul Def, il Documento di economia e finanza appena approvato dal governo. Un Def monco, congelato, fermo ai numeri di settembre, con il solo quadro tendenziale. Una decisione politica che Mazzotta non ha condiviso fino in fondo. Ma che ha subito, senza poterla raccontare: in audizione non è previsto.
Non era mai successo che un Ragioniere generale dello Stato saltasse a metà mandato. Non era mai successo prima che gli fosse addossata, a lui solo, la croce di una misura come il Superbonus condivisa da tre governi, due Parlamenti, la quasi totalità dei partiti. Al punto che sempre più, quel bonus edilizio, sembra un alibi per un cambio di potere senza precedenti ai vertici economici del Paese.
Alla vigilia di una procedura di infrazione per l’Italia, di una pesante correzione dei conti e di una manovra che non riuscirà a mantenere bonus e promesse del governo di destra senza alzare le tasse o tagliare le spese. Ecco perché il disegno del governo per la “cacciata” del Ragioniere si è complicato.
Al momento l’unico punto fermo è la buonuscita: la presidenza di Ferrovie. Un posto di rilievo, ma comunque di secondo piano per chi, come Mazzotta, è da cinque anni il guardiano dei conti pubblici. La casella di Fs garantisce un compenso elevato ed è questa la leva su cui l’esecutivo punta per spingerlo a un passo di lato, dato che il suo mandato a via XX settembre scadrà solo a gennaio del 2026.
La proposta è stata confezionata nelle scorse settimane, quando non a caso Giorgetti ha iniziato a prendere di mira, pubblicamente, l’attività di controllo della Ragioneria sui bonus edilizi. L’episodio decisivo risale a circa un mese fa: Gaetano Caputi, capo di gabinetto di Palazzo Chigi e fedelissimo di Giorgia Meloni, contatta il ministro dell’Economia.
Concordano di inserire il nome di Mazzotta nella partita delle nomine, convinti che il Ragioniere non potrà rifiutare. Sicuri che così la transizione a una partecipata del Mef sarà naturale, un rimescolamento in casa. Ma l’operazione non ha fatto i conti con la “resistenza” di Mazzotta.
C’è poi il problema del rimpiazzo. Chi mettere in quel ruolo chiave? I candidati in campo sono due: Daria Perrotta, fedelissima del ministro Giorgetti, «la più brava di tutti », e il consigliere economico della premier Renato Loiero, spinto da Caputi. Perrotta non convince Palazzo Chigi perché ritenuta parte del problema «Superbonus fuori controllo», nel suo ruolo di capo dell’ufficio legislativo del Mef.
Loiero potrebbe non convincere l’Europa, con il passaggio ardito da Chigi alla Ragioneria. L’attuale direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini sembra fuori gara per limiti di età. Mentre non si esclude un “papa nero” suggerito da Bankitalia.
Un punto sembra però assodato: la premier Meloni vuole guidare la partita. Replicando lo “schema Rivera” che a gennaio 2023 le consentì di cacciare il direttore generale del Mef Alessandro Rivera, senza opposizione di Giorgetti. Fu l’inizio della “melonizzazione del Mef”. Ora il secondo tempo: l’occupazione della Ragioneria.
(da la Repubblica)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
IL RESPONSABILE DI ANTIGONE: “QUEL CARCERE ANDAVA CHIUSO DA TEMPO”
Sono 13 gli agenti di polizia penitenziaria del carcere minorile
“Beccaria” di Milano arrestati nella mattinata di oggi lunedì 22 aprile con l’accusa a vario titolo di essere responsabili di maltrattamenti e di abusi sessuali. Dodici di questi sono attualmente in servizio. Altri otto dipendenti dello stesso corpo di polizia, tutti in servizio all’epoca dei fatti nel carcere, sono stati sottoposti alla misura cautelare della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici. A sorprendere è anche il numero degli agenti di polizia penitenziaria che, stando ai dati del “Beccaria”, non sono di certo pochi. Ma quanti sono? E che rapporto c’è con il numero di detenuti?
L’associazione Antigone: “Già il 2022 è stato un anno orribile”
Stando ai dati di gennaio pubblicati dall’associazione Antigone che si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario, i detenuti dell’istituto penitenziario sono 70, lo stesso numero degli agenti di polizia penitenziaria. Questo vuol dire che gli arrestati sono poco meno del 20 per cento dei poliziotti in servizio. Una percentuale non bassa se si conta anche la gravità dei reati di cui sono accusati i poliziotti.
A Fanpage.it ha commentato la notizia Valeria Verdolini, responsabile di Antigone Lombardia: “Il 2022 per il Beccaria era stato già un anno orribile. Gli eventi di oggi rientrano in un quadro di difficoltà dell’istituto che ha compreso anche l’evasione di sette ragazzi dal carcere di due anni fa”. Allora un gruppo di giovani era riuscito a scavalcare il muro che circonda la struttura e darsi alla fuga: avrebbero organizzato l’evasione approfittando dei lavori di ristrutturazione in corso ormai da anni nel carcere.
“Oltre all’evasione – ha spiegato Verdolini – quello stesso anno c’era già stata la notizia di una violenza sessuale. C’erano stati una serie di episodi: certo è che il clima in questi anni non è adeguato per un istituto di minori. Sicuramente almeno c’è stato un problema strutturale e sistemico. Non ha aiutato di certo neanche il cambio frequente di direttori. A dicembre è subentrato il nuovo direttore ma ci vogliono mesi prima che venga ripristinato l’ordine all’interno dell’istituto: i tempi però per vedere gli effetti sono almeno di sei mesi”.
La soluzione dopo questi arresti è che il carcere venga chiuso? “Noi avevamo già chiesto la sua chiusura a gennaio dello scorso anno: avevamo chiesto la chiusura in assenza di una direzione e di una ristrutturazione che nel frattempo è avvenuta. Ma non basta solo questo. Certo è che l’istituto da solo non ce la può fare, ha bisogno dell’aiuto di tutta la città. Si tratta di un istituto in cui ci sono molte attività ma spesso fanno fatica a svolgersi per vari problemi”. La città di Milano cosa può fare per cambiare la situazione? “Può per esempio migliorare la gestione dei minori non accompagnati che arrivano in città”.
All’Ansa Susanna Marietti, la coordinatrice nazionale e responsabile dell’osservatorio minori di Antigone, ha aggiunto: “Relativamente alle violenze denunciate nell’Istituto Penale per Minorenni (IPM) Beccaria di Milano, ci auguriamo che le indagini facciano chiarezza su quanto sarebbe accaduto. È una buona notizia, nonché uno dei lasciti positivi della legge che punisce la tortura, e che sta rompendo anche il muro di omertà che spesso si registrava, che il caso sia emerso anche con il contributo diretto dell’amministrazione penitenziaria. Da tempo come Antigone denunciamo tensioni e malfunzionamenti nell’ambito delle carceri minorili, così come avevamo avuto modo di raccontare approfonditamente nel recente rapporto ‘Prospettive minori’, presentato lo scorso mese di febbraio”.
“La presa in carico dei ragazzi è sempre più disciplinare e farmacologizzata, con un utilizzo smodato di psicofarmaci, soprattutto per i minori stranieri non accompagnati che vengono spostati come fossero pacchi da un Ipm ad un altro a seconda delle esigenze, con una modalità che contribuisce a creare e aumentare le tensioni. In particolare avevamo denunciato il clima interno teso di quel carcere e in particolare il sovraffollamento, i lavoro di ristrutturazione che durano da anni e limitano gli spazi per le attività, la carenza di personale educativo e direttori cambiati ripetutamente nel corso di pochi anni”. “La risposta di fronte a questa indagine, la prima che riguarda le carceri minorili, è di tornare a ripercorrere il modello educativo e socializzante che era stato impostato negli ultimi trent’anni, messo sotto attacco anche dagli ultimi provvedimenti governativi”.
Come commenta gli arresti il sindacato di polizia penitenziaria
A commentare la notizia è stato anche Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria: “Sono fatti gravissimi riferiti ad una vicenda gravissima che richiede la massima attenzione per ricostruire quanto realmente accaduto. Ma prima di mettere alla ‘gogna’ i colleghi è il caso di ricordare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo con sentenza irrevocabile di condanna”. E quindi: “Prima che si ripeta quanto già successo in altri casi simili, magari pubblicando informazioni e foto sugli indagati, con campagne di stampa contro l’intero Corpo, almeno per noi, va fatta questa valutazione, ribadendo senza se e senza mai che una volta accertate le responsabilità chi ha sbagliato paghi”.
(da Fanpage)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
I LEADER SOVRANISTI CONTINUERANNO A DIRE CHE “LA POLIZIA HA SEMPRE RAGIONE”?
La polizia di Stato e il Nucleo Investigativo Regionale per la Lombardia della polizia penitenziaria, coordinati dalla procura della Repubblica di Milano stanno eseguendo, dalle prime ore della mattina, un’ordinanza emessa su richiesta dei pubblici ministeri del V Dipartimento, con la quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di tredici agenti della polizia penitenziaria, dodici dei quali tuttora in servizio presso l’Istituto Penale Minorile ‘Cesare Beccaria’ di Milano, nonché la misura della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici nei confronti di ulteriori otto dipendenti dello stesso corpo di polizia, anch’essi tutti in servizio, all’epoca dei fatti, presso la medesima struttura detentiva per minori.
Tortura, abuso d’ufficio e tentata violenza sessuale
I reati a vario titolo contestati dalla procura della Repubblica e positivamente vagliati dal gip in relazione alle condotte degli agenti, riscontrate a partire almeno dal 2022 ad oggi e reiterate nel tempo nei confronti di diversi detenuti di età minore, sono quelli di maltrattamenti in danno di minori, anche mediante omissione, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale nonché dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minori; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, anche mediante omissione, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto
Le segnalazioni al Garante dei detenuti
L’indagine, partita da alcune segnalazioni, pervenute all’autorità giudiziaria anche attraverso il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale che ha raccolto le denunce di madri di detenuti, psicologhe in servizio al carcere e di ex carcerati. L’inchiesta è stata sviluppata attraverso diversi servizi tecnici di intercettazione e acquisizione di telecamere interne all’istituto, che hanno permesso di raccogliere indizi di reato per diversi episodi di violenze ai danni dei minori ristretti. In particolare l’inchiesta nasce dalle presunte omissioni nelle torture a un 17enne nell’agosto del 2022, per cui, poi, erano stati arrestati tre giovani. Un episodio, quello delle torture ai danni del 17enne, che lo scorso marzo ha portato alla condanna con rito abbreviato a 8 anni per un 19enne ivoriano, Gnagne Lath, detto ‘Nesco’, con già un precedente per tortura alle spalle e che era stato arrestato in passato in un’inchiesta sulla crew dei trapper Simba La Rue e Baby Gang.
“Trattamento inumano e degradante”
Lath fu arrestato nel dicembre 2022 per tortura, violenza sessuale di gruppo e lesioni perché, assieme a due minori, inflisse ad un 17enne, che era detenuto con i tre giovani nel carcere minorile Beccaria, “con crudeltà” gravi “e reiterate violenze” e un “trattamento inumano e degradante”. Tra l’altro, già nelle motivazioni della sentenza si parlava di un oggetto usato per le torture dai giovani, sequestrato ma sul quale non erano state rinvenute “tracce ematiche”. Nel processo, scriveva il gup Cristian Mariani, si è ventilata anche “la probabilità” di “una manovra di ‘depistaggio’, finalizzata a rimuovere i sospetti di omesso controllo da parte degli agenti di turno la notte dei fatti”. Inoltre, da quanto si è saputo, le indagini hanno preso le mosse anche a seguito degli accertamenti, coordinati per questa tranche dal pm Cecilia Vassena, dopo l’evasione di sette minorenni dal Beccaria la sera di Natale dello scorso anno.
(da agenzie)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
RIUSCIRA’ IL VIRILE VANNACCI, NEL SUO “MONDO AL CONTRARIO”, A FARSI SPEDIRE DALLA LEGA A BRUXELLES O RESTERA’ FUORI PER LA RIVOLTA DEGLI STESSI ELETTORI DEL CARROCCIO?
La candidatura offerta da Matteo Salvini al generale Vannacci ha
innescato una rivolta nella Lega e soprattutto nei gruppi parlamentari, guidati da Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo. I due non hanno perso occasione di bersagliare la tanto evocata discesa in campo del militare, considerato un corpo estraneo sia dalla base che dai dirigenti del Carroccio.
Romeo, in un’intervista “Libero”, ha mostrato il suo scetticismo all’ipotesi: “È una decisione che spetta al Segretario Salvini e al Consiglio federale. Noi sicuramente abbiamo già tanti candidati validi del territorio. Se verrà candidato o meno, spetterà a chi ha il compito di farlo. Mi spiace, però, che si stia parlando incessantemente solo di questo e molto poco delle tante figure che abbiamo sul territorio e degli eurodeputati uscenti”.
Il capogruppo a Montecitorio Molinari si è mostrato sulla stessa “freddezza d’onda”: “Le elezioni europee? Precedenza ai militanti storici. Vannacci? È una valutazione che deve fare il segretario”.
Visti anche i siluri anti-Vannacci sganciati dall’ex ministro Centinaio (“Non lo voterò. Sceglierò uno della Lega che si è fatto il mazzo sul territorio”) e da 21 esponenti del Carroccio con una lettera polemica (“Perché fare accordi con chi non ha la nostra naturale repulsione nei confronti di fasci e svastiche?”), Salvini ha allentato il suo corteggiamento al generale. Della serie: ok, non lo sollecito più. Chissà se alla fine Vannacci, in un “mondo al contrario” dopo tanti rumors e indiscrezioni, finirà fuori dalle liste della Lega per la rivolta dei suoi stessi elettori…
D’altronde che i veri esponenti del Carroccio non vedano di buon occhio la candidatura del generale più chiacchierato della penisola non è certo un segreto, ma a questo negli ultimi tempi si va aggiungendo l’ostentata riluttanza dell’autore de ‘Il mondo al contrario’, attualmente alle prese con la presentazione in giro per l’Italia del suo secondo libro, nei confronti di una discesa in campo con la Lega.
Insomma, nell’analisi costi-benefici, la scelta di arruolare il Vannacci nella speranza che le sue sparate in prosa facciano guadagnare qualche voto in più, porta con sé due contro non da poco: indispone il ceto politico doc (in una fase in cui l’insofferenza nei confronti della linea del segretario è già alta) e sposta il partito all’estrema destra di Giorgia Meloni, rendendolo sempre meno plausibile come soggetto centrale di un’eventuale esperienza di governo.
Se poi in termini di numeri, l’azzardata investitura non fosse nemmeno remunerativa, i detrattori del generale sarebbero doppiamente giustificati ad infierire.
(da agenzie)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
OGGI SI DECIDE IL SILURAMENTO DI PAOLO CORSINI, RESPONSABILE DELL’APPROFONDIMENTO (DESTINATO AD ESSERE SOSTITUITO DOPO LE EUROPEE DA ANGELA MARIELLA, IN QUOTA LEGA) … DOPO IL NO ALL’INTERVENTO DI ANTONIO SCURATI, SERENA BORTONE AVEVA PROVATO A CONTATTARE CORSINI VIA TELEFONO E MAIL MA SENZA RICEVERE ALCUNA RISPOSTA
Giorgia Meloni è furibonda per l’esplosione del caso Scurati, che considera un’inutile grana lanciata verso il governo dalla pippagine dei “suoi” dirigenti Rai.
Per quanto insista sul tema del compenso di Scurati come ragione dello stop al suo intervento (1.800 euro per 4 minuti di monologo), la Sora Giorgia sa che il pasticciaccio va imputato ai turbomeloniani di Viale Mazzini che, per compiacerla, hanno pestato un super-merdone.
Dopo i veleni e le inevitabili polemiche (Repubblica cavalca il caso dedicando fior di paginate per sbertucciare l’animo illiberale di Fratelli d’Italia), a Palazzo Chigi vogliono chiudere il caso prima del 25 aprile, onde evitare che l’inciampo crei ulteriori danni al governo. Il responsabile del caso Scurati, il responsabile dell’Approfondimento Rai, Paolo Corsini, verrà punito: oggi si decide il suo siluramento dall’incarico (come Dago dixit, era comunque in uscita: dopo il voto delle Europee il suo posto sarebbe stato preso dalla leghista Angela Mariella).
L’ad in pectore della Rai, Giampaolo Rossi, ha la stessa urgenza della Ducetta di archiviare presto il caso, visto che ogni giorno che passa la sua futura investitura si logora e perde forza.
P.s. Prima di far scoppiare lo “Scurati-gate” con un post sui social, Serena Bortone ha provato a contattare Corsini con telefonate e mail, senza però ricevere risposta.
(da Dagoreport)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
L’ART 21 DELLA COSTITUZIONE STABILISCE CHE LE COMUNICAZIONI DI QUESTO GENERE “NON POSSONO ESSERE SOGGETTE AD AUTORIZZAZIONI O CENSURE, DEVE ESSERE GARANTITO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO CON LA PAROLA, LO SCRITTO E OGNI ALTRO MEZZO DI DIFFUSIONE”
La comunicazione giornalistica e radiotelevisiva, secondo i noti
canoni della deontologia professionale, deve essere “vera”, “utile” e “interessante”. Tutte qualità fortemente presenti nel “monologo” di Antonio Scurati (riguardante la “liberazione” dai crimini e dalle stragi del nazifascismo: l’assassinio di Matteotti, le Fosse ardeatine, Marzabotto, ecc,), che Raitre avrebbe dovuto trasmettere nella ricorrenza della “Liberazione”, ma che è stato improvvisamente eliminato dal programma con una decisione che, nella sua essenza, è stata contro “la verità storica”, contro la “utilità” di far conoscere, specie alle nuove generazioni, ciò che è realmente avvenuto, e contro l’ “interesse” che tutti hanno di conoscere la storia del Popolo di cui fanno parte.
Ed è gravissimo che ciò sia avvenuto in Rai, cioè in una sede radiotelevisiva che appartiene a tutti i cittadini, i quali, peraltro, proprio ai fini appena detti, pagano di tasca propria un non indifferente “canone” annuo.
Non mi occupo di politica, ma di Costituzione. E pertanto ritengo inutile ricercare gli autori di questo misfatto radiotelevisivo. Desidero solo rilevare che si tratta di una operazione che tradisce in pieno l’articolo 21 della nostra Carta costituzionale, secondo il quale le comunicazioni di questo genere “non possono essere soggette ad autorizzazioni o censure”. Ripeto “censure”, perché di proprio questo si tratta.
E si badi bene che la libertà di “manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, è il principale strumento di cui si serve la democrazia, per quell’enorme salto di civiltà che consiste nel sostituire alla “forza e alla violenza”, la “dialettica e la persuasione”.
Dunque dobbiamo purtroppo registrare un evento gravissimo, che può facilmente essere inteso come il “preannuncio”, insieme a molti altri recenti eventi diretti a evitare il “dissenso” giornalistico, della fine del nostro “Stato democratico”, nella prospettiva di “un uomo solo al comando”: un “premier” eletto direttamente dal Popolo, il quale, inconsapevolmente, si spoglia così del diritto fondamentale della propria “partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3 Cost.).
(da ilfattoquotidiano.it)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
LA STESSA RAI CHE HA PAGATO 70.000 EURO A FEDEZ, SGARBI VALE 3.000 EURO, UN GIORNALISTA DA 300 A 2.000 EURO, VALERIA MARINI 7.000
La premier Giorgia Meloni ha telefonato alla Rai per il caso della censura allo scrittore Antonio Scurati. Prima di scrivere il post in cui si difendeva attaccando si attacca al telefono con il direttore generale Giampaolo Rossi e quello degli Approfondimenti Paolo Corsini. Al secondo chiede perché la questione del compenso non è emersa subito e si è parlato di ragioni editoriali.
Poi si sfoga con i collaboratori: «Mi hanno detto che ha pure chiesto un compenso più alto del solito», dice, secondo quanto riporta oggi La Stampa. «Ho detto che dovevano farne subito una questione di soldi», aggiunge. Poco dopo esce sui social paragonando il cachet di Scurati allo stipendio di molti dipendenti.
La posizione di Rossi
Rossi ha detto a La Stampa che non sapeva nulla di quanto stava accadendo. Secondo alcune fonti di FdI invece era stato informato. Corsini, invece, aveva tirato in ballo la questione dei soldi solo dopo la mail pubblicata da Bortone. Meloni prova a ribaltare la vicenda: «Sono stata io a essere censurata e ostracizzata per anni». La Rai ribadisce la sua posizione. Scurati a quel punto dice di sentirsi con un bersaglio addosso. Il Corriere della Sera intanto fa sapere che tra Rossi e Corsini le telefonate sul caso sono state 15. «Io cerco di far capire che così l’azienda va a sbattere», dice Rossi. Corsini adesso rischia il posto. Per aver gestito male una vicenda da tutti i punti di vista. Soprattutto quello della comunicazione. E proprio su un punto così delicato per la premier come l’antifascismo.
I prezzi delle ospitate
Anche perché, spiega oggi La Stampa, il compenso richiesto da Scurati non appare fuori mercato come ha sostenuto Palazzo Chigi. Pochi giorni prima di Che sarà, per esempio, la Rai ha dato 70 mila euro a Fedez per comparire a Belve. Il quotidiano rivela un prezzario approssimativo. Un giornalista può «valere dai 300 ai 2.000 euro. Con punte alla Sgarbi di 3.000. Molto meno di un attore, un’attrice, una soubrette il cui compenso oscilla dai 2.000 ai 20mila euro (di Belen nel periodo di massimo fulgore). Gli scrittori variano dai 500 euro, agli 800 di Mauro Corona, ai 1.800, appunto di Antonio Scurati (comprensivi di compenso autoriale)». Per avere Valeria Marini «bastano» 7mila euro. Se vuoi un talento gratis devi pubblicizzarne il film, il libro, l’evento teatrale in uscita. Poi ci sono i 2 mila euro per Alessandro Orsini, a cui il prof aveva alla fine riunciato.
(da agenzie)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
“PER PRESENTARE IL MIO NUOVO ROMANZO MI HANNO INVKITATO TRE TRASMISSIONI, SUBITO DOPO PERO’ LA PARTECIPAZIONE E’ STATA BLOCCATA”
Roberto Saviano: lo scorso autunno, a puntate già registrate, è
stata cancellata la sua «Insider. Faccia a Faccia con il crimine»
«Non è mai bello dire io l’avevo detto, ma purtroppo è così, io l’avevo detto».
Roberto Saviano, si riferisce alla mancata messa in onda della sua trasmissione «Insider»?
«Quando è successo a me, in molti hanno taciuto credendo che si trattasse solo della mia persona. Mentre l’antifascismo è un valore condiviso almeno da una parte democratica e importante del Paese, l’antimafia non lo è: continua a essere relegata a tribunali o spazi lontani; quindi, non ci si muove o si reagisce con egual solerzia. Non è considerata fondamentale per la democrazia e la libertà».
Veniamo al caso Scurati. È giusto parlare di censura anche dopo la pubblicazione di quel testo da parte di Giorgia Meloni?
«Ma certo. Anzi. Quel gesto da parte della presidente del Consiglio è il solito atto intimidatorio, perché indica un privato cittadino, come sempre fa Meloni, additandolo come un suo nemico, ed esercitando a suo favore una sproporzione di potere enorme. È il suo metodo abituale».
Ritiene di averlo subito anche lei?
«Un anno fa alla chiusura del Festival di Atreju mi attaccò dicendo che guadagnavo parlando di camorra. Oggi, i media di destra scrivono che Antonio Scurati fa soldi con il fascismo. Questo tipo di attacchi sono mirini sui corpi di alcune persone che vengono poi bersagliate dalla comunità dei sostenitori di Meloni. Aver pubblicato il discorso di Scurati sui suoi media è una sorta di toppa da ufficio stampa, messa dopo il clamore suscitato dalla censura. Ma lei non lo fa per difendere quelle parole. Al contrario, lo fa per aizzare la sua comunità contro quelle parole».
Qualcuno vuole distruggere la Rai, come sostiene l’amministratore delegato Roberto Sergio?
«A mio avviso, Sergio lascia intravedere una sorta di complotto per sabotare la Rai attraverso Scurati, ed è qualcosa che fa ridere in modo amaro. Gli chiederei: e tutti gli altri casi di censura avvenuti finora? Allora, che mandi in onda il mio Insider, per fare un esempio. Sergio dovrebbe cominciare a riparare agli errori che ha fatto lui, naturalmente su indicazione politica. La Rai l’hanno già distrutta loro, in pochi mesi».
Nel 2024, vale la pena di morire non per Danzica ma per la Rai?
«In Italia, la televisione continua a orientare il voto, mentre in altri Stati come Usa, Inghilterra e Francia è ormai sostanzialmente irrilevante. Da noi mantiene invece una sua centralità, e anzi non la sta diluendo nel web. La ragione sta nella nostra altissima età media. Siamo uno dei Paesi più anziani del mondo. Dunque, la televisione pubblica ha ancora un ruolo fondamentale, anche perché gli anziani sono la categoria che va di più a votare».
Quello di Scurati era un testo che doveva parlare del 25 aprile oppure un manifesto politico?
«A dirla tutta, più che un manifesto mi sembra la cornice di un dibattito politico. L’ho letto come un atto non di parte, ma di scelta: il punto dal quale deve iniziare qualsiasi discorso politico, conservatore, liberale, progressista, ovvero il ripudio del fascismo».
Lei davvero pensa che Meloni si stia ispirando a Mussolini?
«Per nulla. Io penso che stia costruendo il Paese ispirandosi a Orban, a quella forma di democrazia illiberale. Lo può fare grazie a opposizioni molto deboli e divise, e grazie alla parcellizzazione dei media. L’opinione pubblica in mano agli influencer, come la stessa Meloni, genera cattiva informazione. Nell’indistinto dei social, l’informazione perde di qualità e di approfondimento. E questo ha permesso una dinamica di perenne populismo, che coinvolge anche l’opposizione, perché il populismo di sinistra è il vero grande alleato di questo governo».
Anche lei crede che in Italia non ci sia libertà d’espressione?
«No, affatto. C’è libertà d’espressione, ma ad alcuni è resa difficile. Il messaggio è chiaro: se volete lavorare, se volete guadagnare, abbassate la testa e siate silenti sul governo. Come è capitato a me, a Michela Murgia, ad altri. E la maggior parte di coloro che oggi protestano sulla Rai, si sono allineati. Sulla vicenda Scurati hanno dato invece la loro solidarietà perché si tratta di una vicenda esorbitante e simbolica. Si sono mossi in tanti, quindi non c’è rischio di essere controllati e danneggiati. Quando si è moltitudine, il proprio nome non pesa».
Sta dicendo che per la sinistra esistono epurati buoni ed epurati cattivi?
«Nel mio caso, si sono mossi in pochissimi. Erano preoccupati di essere visibili, e quindi conteggiati. Molti intellettuali tra quelli che hanno dato giusta solidarietà a Scurati, non hanno alzato un dito per la chiusura della mia trasmissione. Le ragioni sono chiare. La vedevano come una battaglia personale tra me e il governo, quindi era colpa mia, che mi sono esposto, avranno detto “sono c… suoi”. Nessuno ha sentito la propria libertà minacciata. Anzi, me la sono cercata. Un concorrente in meno».
Adesso le cose sono diverse?
«Ora è anche più facile esprimere solidarietà di fronte a una cosa così grave. Ora le cose sono evidenti a tutti. Benché sembri che ci sia uguale solidarietà intorno alle figure prese di mira dal governo, le differenze esistono. Quando Meloni dal palco di un convegno chiese alla folla se dovesse lasciar cadere la querela nei miei confronti, qualche collega mi scrisse in privato che la cosa mi rafforzava, perché mi poneva al centro del dibattito. Non è vero. Si crea invece un profondo isolamento. E infatti tutti imparano la lezione: non prendono posizione, se non quando sono in tanti e si sentono obbligati a farlo».
Meloni ha negato di essere intervenuta sul caso Scurati.
«Per presentare il mio nuovo libro mi hanno invitato tre trasmissioni Rai, che subito dopo hanno bloccato la mia partecipazione, dicendo che volevano ma non potevano. Allora ho chiamato il direttore generale Giampaolo Rossi, uomo di Meloni. Un colloquio cordiale. Mi ha detto che venendo da una cultura che lui considera censurata, non eserciterebbe mai la censura nei miei confronti. Allora ho contattato le tre trasmissioni, seguendo le sue indicazioni, e ho detto che c’è il via libera da parte del loro capo. “Ma comunque è meglio di no” è stata la risposta di tutte e tre. Non c’è manco bisogno di dare un ordine, la censura va in automatico. Perché questo è un governo che ha creato un clima di paura».
(da corriere.it)
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Aprile 22nd, 2024 Riccardo Fucile
L’INTERVENTO CHIESTO ALLA SCRITTRICE E BLOCCATO DAI SOVRANISTI SUI PESTAGGI DEGLI STUDENTI
Adesso narrerò un apologo ai giudici. Uno sparviero, dopo aver ghermito un piccolo usignolo variopinto, lo trascinò in alto fra le nubi, e quello, trafitto dagli artigli ricurvi, piangeva di dolore. Allora lo sparviero gli disse: “Infelice, di che ti lamenti? Sei preda di uno più forte di te; dove ti porto io, tu andrai, anche se canti; ti divorerò o ti libererò a mio piacere. Stolto è chi combatte i più forti: non riporterà alcuna vittoria e, oltre al danno, dovrà subire la beffa”.
L’apologo dello sparviero e dell’usignolo è la prima favola della storia della letteratura occidentale. Si trova nelle Opere e i giorni di Esiodo, un poema del settimo secolo a. C., ed è curioso che la favola sia anche una delle prime riflessioni della nostra civiltà sulla Hybris, la tracotanza, che tanta parte avrà nel mondo classico. Il potere, si evince dalle parole di Esiodo, è innanzitutto un potere fisico: il più forte, il più grosso, colui che ha più armi – in questo caso, gli artigli – tiene in scacco in più debole. Partendo da qui, da una storia per bambini, la Hybris diventò nel mondo classico la più disdicevole delle violazioni: abusare di una carica, agire dentro un dislivello politico era un peccato disonorevole, la rivelazione dell’incapacità di essere all’altezza del proprio ruolo.
Il dovere dell’uomo che governa, proprio in virtù della propria carica divina, è ergersi al di sopra degli istinti e delle passioni proprie del piano umano. Nella Politica, Aristotele elenca i comportamenti che i tiranni devono evitare per non cadere nella Hybris, e ne individua due in particolare: percuotere i sudditi e abusare della loro giovinezza. Monica, madre di uno dei ragazzi colpiti durante la manifestazione in difesa della Palestina a Pisa, ha risposto ai giornalisti che chiedevano se avrebbe accettato delle scuse. È con le sue parole che voglio concludere.
A me delle scuse importa fino a un certo punto. Voglio che queste cose non succedano più. Un’amica di mio figlio è rimasta in osservazione per un trauma cranico, un altro è stato colpito all’addome e aveva sangue nelle urine, si temeva un’emorragia interna. Stiamo parlando di ragazzini, li hanno curati in pediatria.
(da agenzie)
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