Destra di Popolo.net

L’ABBRACCIO DI BOLOGNA ALLA FAMIGLIA SENEGALESE VITTIMA DI RAZZISMO

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

“CASA NOSTRA E’ QUESTA”

“Avevamo ragione a dire che questa è casa nostra”. Nabu Dieng, protagonista suo malgrado insieme al marito ai figli di 9 e 18 anni di un’assurda aggressione razzista qualche giorno fa, a Bologna, ne ha avuto l’ennesima conferma: la città che li ha accolti ormai già da tanti anni (25 lei, 36 il compagno Mbocke) è davvero la loro casa. E non come gli è stato urlato contro in quei momenti terribili, con tanto di insulti come “negri di m….”, che in poco tempo, dopo la pubblicazione della notizia su Fanpage.it, hanno indignato e chiamato a stringersi attorno a questa famiglia originaria del Senegal in tanti, non solo con chiamate e messaggi di solidarietà, ma anche con la presenza fisica di oltre un centinaio di persone che hanno risposto presente all’invito per un presidio proprio dov’è avvenuta l’aggressione, davanti a un circolo alla periferia della città.
“I bimbi grazie a Dio stanno bene” dice Nabu, conosciuta e ben voluta da tanti sotto le Torri. Qui è presidentessa di un’associazione che si occupa di integrazione ed è molto attiva nel mondo del volontariato, così come il marito, in campo per la drepanocitosi, di cui soffre il figlio appena maggiorenne, con un’altra associazione.
“Facciamo tantissimo sociale qui a Bologna” ricorda la donna, prima di intervenire durante al presidio, a cui hanno preso parte numerose realtà locali, movimenti e collettivi, oltre ad esponenti dell’amministrazione comunale. Dopo l’aggressione, persino il sindaco, Matteo Lepore, ha voluto incontrarli per esprimere la propria vicinanza e condannare quanto accaduto. “Tutta Bologna è con noi -riprende la donna- non siamo soli. Queste persone sono solo degli stupidi, una minoranza di ignoranti, ma noi sappiamo che tutta Bologna ci vuole bene”.
“Il dna di Bologna è quello che ha risposto a questo episodio, però non possiamo pensare che episodi così siano isolati purtroppo anche nella nostra città -commenta la vicesindaca, Emily Clancy-. I fenomeni di discriminazione sono in aumento e un certo odio è veicolato spesso anche da alcuni gruppi politici, che legittimano in qualche modo certe azioni. La risposta corale della città è però quella che vediamo oggi”.
“Sto ancora pensando a quanto accaduto -continua Nabu- e sai perché? Ho sentito di tantissimi altri episodi di razzismo, tantissime persone mi hanno chiamato e mi hanno raccontato quello che hanno vissuto. È veramente una cosa che dobbiamo fermare. Dobbiamo denunciare -conclude- e speriamo che il presidio di oggi serva a qualcosa. Perché siamo nel 2024 e queste cose non devono più sentirsi, veramente. Soprattutto a Bologna, che è una città aperta”.
(da Fanpage)

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IN ITALIA SI GUADAGNA MENO CHE NEL 1990

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

E’ L’UNICO PAESE UE DOVE I SALARI REALI SONO SCESI

La rincorsa prezzi-salari — che innescherebbe una preoccupante spirale inflattiva che ricorda tanto gli anni della «scala mobile» — è da evitare, certo. L’Italia però è inviluppata da anni in una storia di salari troppo bassi, come plasticamente evidenziato da questa classifica dell’Ocse su dati Eurostat che vede i redditi medi italiani sotto ai livelli degli anni ’90 (vedi tabella in alto). D’altronde c’è una vasta area di povertà fatta di chi non ha un contratto fisso, spesso finisce travolto — è il caso dei giovani — nel girone dantesco dei tirocini. L’Inps, registrò l’allora presidente Pasquale Tridico, ritiene che questa area sia composta da «due milioni di lavoratori», fatta anche di contratti stagionali nel turismo e nei servizi in cui la dimensione del «nero» non è irrilevante e le cornici contrattuali scavalcate da illegalità e difese malamente dai pochi controlli.
Il salario reale: la discesa inesorabile dal 1990
La vera misura di quanto guadagnano le persone è quello che in economia si chiama salario reale, cioè il salario rapportato ai prezzi. Secondo i dati Ocse, l’Italia è tra le grandi economie il Paese in cui i salari reali sono diminuiti di più. Meno 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021, anno in cui la crescita dei prezzi trainata dal rincaro dell’energia ha ridotto pesantemente il potere d’acquisto delle famiglie. Paghiamo anni di redditi al palo bloccati (anche) da una produttività stagnante e il conto si scarica pure su chi un lavoro lo ha. Il problema è che si tratta di una tara storica. Come agire sul potere d’acquisto per alleviare le difficoltà di chi «vive sotto i 35 mila euro all’anno» però è oggetto di dibattito da sempre (Qual è lo stipendio giusto per il tuo lavoro? Vai al calcolatore di Corriere.it).
Il ritardo storico
I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. L’alta inflazione generata dalla guerra in Ucraina e della veloce ripresa post Covid aggrava un problema che avevamo già. Se fino a questo punto i protagonisti della storia sono due — i salari e i prezzi — per capire che cosa stia succedendo bisogna introdurre un terzo attore: la produttività. La quantità di prodotto che si riesce a sfornare nell’unità di tempo.
Il nanismo delle nostre imprese
Spiega Tommaso Monacelli, ordinario di Macroeconomia all’università Bocconi di Milano, che «i bassi salari sono la spia di un malessere profondo dell’economia. Che derivano da una crescita anemica della produttività totale dei fattori. I salari fermi sono, a mio avviso, la più grande ferita nel modello di specializzazione produttiva dell’Italia, basata sulle piccole e medie imprese.
(da agenzie)

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“BELIN, NON FATE I TIRCHI, SONO APPENA 450 EURO A TESTA”: ALLE CENE DI TOTI LA GENOVA DEGLI AFFARI

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

ALL’ULTIMO EVENTO A VILLA ZERBINO 600 INVITATI… IL TRUCCO DEL TICKET PER ELUDERE FINANZIAMENTI TRACCIABILI

«Signori buon appetito, ve lo siete pagato, meritato, conquistato». Con queste parole, la sera dell’11 aprile 2024, Giovanni Toti conclude il suo discorso ai partecipanti all’ultima delle sue periodiche cene di finanziamento a Villa Zerbino, dimora storica appartenente ai principi Castelbarco. In otto anni si è abbassata la quota minima di partecipazione, da mille a 450 euro, ma si è moltiplicato il numero dei commensali: da 186 a oltre 600.
All’inizio erano organizzate dalla Fondazione Change, poi, dopo le segnalazioni del 2020 della Banca d’Italia sui finanziamenti sospetti, la palla è passata al Comitato del presidente.
Eventi nei quali si notava soprattutto chi non c’era, perché imprenditoria, finanza, politica e bel mondo erano sempre rappresentati ai massimi livelli.
Per procura e finanza, però, quelle cene eleganti erano anche il modo di compensare favori ricevuti.
Ad esempio, a quella 10 marzo del 2023 Aldo Spinelli deve ripagare Toti per l’aiuto ottenuto per una pratica edilizia, riguardante il Piano casa, relativa all’operazione immobiliare di lusso di Punta dell’Olmo a Celle Ligure, in riviera.
Giorgio Sacchi, titolare dell’omonima impresa di Savona che effettua i lavori a Celle, spiega ad Aldo che, relativamente alla partecipazione alla cena di Toti, il figlio Roberto Spinelli «preferirebbe che la facciamo come impresa e poi ce li rimborsa come Punta dell’Olmo, perché preferirebbe che non risultasse». Aldo Spinelli risponde: «oh…ho fatto venire…ho invitato otto nove miei manager perchè vuole che portiamo tanta gente…Toti…».
Secondo la gip Paola Faggioni si poteva partecipare alle cene anche «per interposta persona» un meccanismo per rende più complicato capire davvero quanto paga un’azienda.
Ad esempio, nell’ultima cena di aprile 2024 si era diffusa la voce che due società, Msc dell’armatore Gianluigi Aponte e Ital Brokers del settore assicurativo, avessero partecipato anche attraverso alcune persone da loro invitate. Msc però ha confermato la sola presenza di un suo manager, mentre la risposta di Ital Brokers è stata «non abbiamo alcuna notizia da comunicare in merito».
Chi invece non faceva mistero di voler presenziare in forze alle cene era l’altro imprenditore portuale Augusto Cosulich che, parlando con Spinelli della serata a Villa Zerbino, gli diceva «venti persone…venti ne porto…», Spinelli replicava che lui ne portava 8 e Cosulich concludeva: «eh belin vedi, tu belin proprio sei il solito tirchio belin..».
Secondo la gip Faggioni, con l’approssimarsi delle scadenze elettorali aumentavano i bisogni di Toti che, per il raggiungimento della vittoria sua o delle liste e candidati sostenuti dal suo movimento sarebbe stato pronto a «svendere la propria funzione e la propria attività in cambio di finanziamenti, abdicando in tal modo ai propri importanti doveri istituzionali».
Naturalmente la sola partecipazione alle cene non equivale certo alla complicità in malefatte penali o morali. I partecipanti pagavano soprattutto per convincimento politico, adesione alla visione totiana della Liguria o, in subordine, per il vecchio e diffuso principio del “non si sa mai”, che a Genova si dice “maniman” ed è una sorta di bandiera dello spirito che anima da sempre la città.
Fra i partecipanti, nelle varie edizioni delle cene di finanziamento si contano nomi di peso per la portualità genovese, e italiana, come di altri settori delle professioni e del mondo economico: oltre al “blocco” Cosulich, Giulio Schenone di Psa, Ignazio e Stefano Messina dell’omonima società di armatori e terminalisti, i Grimaldi, Giulio Musso di Ance, Cesare Castelbarco Albani, padrone di casa, Beppe Costa dell’Acquario e presidente di Palazzo Ducale, Edoardo Monzani di Stazioni Marittime, Mauro Vianello presidente di Ente Bacini (indagato per essere stato uno dei corruttori dell’ex presidente del porto Paolo Emilio Signorni), il costruttore Davide Viziano, il presidente della Porto Antico Mauro Ferrando, il notaio Piero Biglia di Saronno, il presidente di Filse Lorenzo Cuocolo, e poi gli imprenditori della sanità privata, settore al quale Toti ha fatto ponti d’oro in questi anni: Francesco Berti Riboli di Villa Montallegro e Marco Fertonani della Casa della Salute. E poi la potente Webuild, costruttrice del nuovo ponte San Giorgio e della contestata maxi diga, con Nicola Meistro.
La Genova che conta, e che paga (va).
(da La Repubblica)

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GENOVA, IL MODELLO SALVINI ORA SPAVENTA GLI ALLEATI: RIFLETTORI ACCESI SULLA DIGA

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

E TUTTI ANNULLANO LE CENE ELETTORALI CON I FINANZIATORI

L’inchiesta della procura di Genova sul rapporto incestuoso tra politica e affari ha un obiettivo giudiziario esposto, il governatore Giovanni Toti. Ma — dopo l’esplosione dello scandalo — è emerso anche il bersaglio politico, colui che cioè sul modello Genova aveva scommesso e ora immediatamente deve fare i conti con le macerie: il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.
Al leader della Lega nessuna responsabilità viene attribuita. Il punto non è giudiziario. L’inchiesta di Genova, ha infatti già avuto un effetto: accendere i riflettori — anche degli alleati — sui rapporti tra il partito di Salvini e grandi imprenditori, e a cascata tra stazioni appaltanti e appaltatori, tra controllori e controllati.
E lo ha fatto nel momento più caldo della storia del nostro Paese: quello, cioè, in cui sul tavolo ci sono i miliardi di euro del Pnrr che il ministero di Salvini per gran parte si trova a gestire
Le Infrastrutture sono il ramo d’amministrazione con il maggior numero di fondi assegnati: so no circa 23 dei 194 nel portafoglio del nostro Paese, assegnati direttamente al Mit o per il tramite delle sue controllate.
Fdi e Forza Italia diffidano da tempo. E dietro le dichiarazioni di rito, ora vogliono capirci di più sul modello Genova che è diventato modello Salvini. Il pressing dei meloniani per arrivare al voto in Liguria dopo le Europee — e interrompere l’interregno del vicepresidente leghista Alessandro Piana — è sotterraneo ma costante: «Vediamo di capire meglio ma non credo che Toti possa reggere senza dimettersi per più di un mese e mezzo», la previsione di un big di Fratelli d’Italia alla Camera. Sul tavolo anche la possibilità di uno scambio, comunque difficile: al partito di Meloni la Liguria, alla Lega l’ambito Veneto
Ma sono trattative che si svolgono in un clima di nervosismo, sul terreno di una partita che è anche di natura economica. Riguarda le modalità di reperimento delle risorse. E il grande tema è quello del contributo “esterno” ai partiti. Arriva l’alt del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Tommaso Foti: «La vicenda di Genova pone un tema significativo: se il finanziamento privato viene interpretato come vietato sui territori —afferma Foti davanti alle telecamere di Start di Skytg24—allora meglio toglierlo definitivamente perché diventa difficile poi capire i rapporti. È una riflessione che va fatta, in relazione al limite che c’è. Su questo deve pronunciarsi il Parlamento ».
Dichiarazioni che nascono ufficialmente dalla preoccupazione che ogni atto di un’amministrazione possa aprire un’inchiesta per corruzione. Ma qual è il partito che, in Italia, ottiene la quantità più cospicua di finanziamenti dei privati? La Lega. Basti pensare che nel 2023 il Carroccio ha incassato 1,1 milioni di euro da erogazioni liberali, una cifra che è aumentata sensibilmente nell’anno in corso. Da gennaio a marzo, nei primi tre mesi del 2024, la Lega ha già incassato 500 mila euro. La maggior parte dei quali provenienti dal Sud.
E spulciando l’elenco delle donazioni dalle imprese, tra chi ha versato l’assegno più pesante nelle casse di via Bellerio — pari a 30mila euro — c’è la “Ricciardello Costruzioni spa”, con sede nel Messinese. Il patron della società, Giuseppe Ricciardello, che è anche il presidente dell’associazione dei costruttori nella città sullo Stretto, è un grande sponsor del Ponte sullo Stretto: «È una sfida epocale». Un caso? Chissà.
Di certo, se si realizzasse la proposta di FdI, la Lega perderebbe una cospicua fonte di sostegno, superiore a quelle garantire dal 2 per mille e dai sussidi ai gruppi parlamentari. Un’anomalia che vienespiegata con l’esigenza di far fronte al buco nei bilanci causati dalla necessità di restituire allo Stato i 49 milioni sottratti con la truffa durante la gestione Bossi.
Nel Carroccio, adesso, c’è paura. Dice a Repubblica un rappresentante di punta della Lega in Liguria: «Adesso il punto fondamentale è come proseguire con la realizzazione delle grandi opere, a partire dalla Diga. L’inchiesta rischia di bloccare la spesa e non sappiamo ancora se e quanti atti già deliberati potrebbero essere finiti nella lente dei magistrati e annullati». Il clima lo descrive la stessa fonte: «Alcuni di noi hanno annullato le cene di finanziamento elettorale in vista delle Europee. Il rischio — dice sconsolato — è di finire tutti indagati per corruzione».
(da La Repubblica)

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IL SISTEMA TOTI È CROLLATO E SALVINI TREMA: IL “CAPITONE” DA MINISTRO DEI TRASPORTI, GESTISCE LA FETTA PIÙ GOLOSA DEL PNRR (23 MILIARDI). SOGNAVA DI ESTENDERE IL “MODELLO GENOVA” A TUTTI GLI APPALTI PUBBLICI, IN PRIMIS IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA, PER RILANCIARSI COME “UOMO DEL FARE”

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

LA LEGA È IL PARTITO CHE OTTIENE PIÙ DONAZIONI: 1,1 MILIONI DI EURO DA EROGAZIONI LIBERALI NEL 2023, TRA CUI 30MILA DA UN COSTRUTTORE DI MESSINA (UN CASO?) …. L’INCHIESTA HA ACCESO I RIFLETTORI SUI RAPPORTI TRA LA LEGA E I GRANDI IMPRENDITORI… NON SOLO SPINELLI: ANCHE PIETRO COLUCCI, INDAGATO PER FINANZIAMENTO ILLECITO A TOTI, HA FINANZIATO LA LEGA: I TIMORI DEL PARTITO PER EDOARDO RIXI, FEDELISSIMO DI SALVINI

Nella maggioranza di centrodestra il partito che difende più convintamente il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ai domiciliari da martedì con l’accusa di corruzione, è la Lega. “Siamo garantisti”, è la linea che il leader del Carroccio ha dato.
Mercoledì il vicepremier spiegava che un passo indietro del governatore sarebbe “una resa”. Dietro alla difesa della Lega si cela una preoccupazione che arriva ai piani alti di via Bellerio: che l’inchiesta non si fermi qui e si allarghi ancora, anche a dirigenti della Lega ligure.
Ieri il Fatto ha raccontato le intercettazioni in cui l’imprenditore Aldo Spinelli, indagato anche lui per corruzione, spiegava all’allora presidente dell’Autorità portuale Paolo Signorini di aver fatto due bonifici – uno da 15mila euro il 25 maggio e un altro della stessa cifra il 31 agosto – alla “Lega per Salvini premier” per il progetto che riguarda le aree del Terminal Rinfuse.
Non è su Giorgetti che si concentrano le preoccupazioni di Salvini ma casomai è sul viceministro delle Infrastrutture e deus ex machina della Lega in Liguria, Edoardo Rixi, su cui c’è una certa cautela nel Carroccio, anche se non è minimamente coinvolto nell’inchiesta.
Quest’ultimo, che è anche il braccio destro di Salvini al ministero, viene considerato il vero “governatore ombra” in Liguria. Il viceministro però aveva provato a mettere il veto su Signorini a Iren. Rixi viene considerato il candidato naturale della Lega in Liguria per il dopo-Toti ed è stato proprio lui a volere il vertice coi coordinatori regionali per dimostrare il sostegno unitario a Toti.
(da il Fatto quotidiano)

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ANCHE OGGI MANGANELLATE AGLI STUDENTI CHE VOLEVANO MANIFESTARE CONTRO GLI STATI GENERALI DELLA NATALITA’

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

CINQUE FERITI TRA I RAGAZZI, UNA RAGAZZA FERITA ALLA TESTA

Cariche, manganellate e lancio di oggetti al corteo degli studenti di questa mattina per protestare contro gli Stati generali della natalità.
I manifestanti, partiti da piazzale degli Eroi, hanno cercato di raggiungere via della Conciliazione, dove si trova l’Auditorium, ma sono stati fermati dai poliziotti in tenuta antisommossa, che hanno impedito al corteo di raggiungere la zona
La polizia ha fermato i manifestanti con manganellate. Una ragazza è stata ferita alla testa.
“La polizia – denuncia il collettivo universitario Osa – carica con violenza il corteo di studenti e studentesse contro gli Stati Generali della Natalità, a cui oggi partecipa Valditara. L’ipocrisia di questo governo reazionario, che parla di natalità mentre semina morte, oppressione e precarietà, è infame. Ecco il vero volto del Governo Meloni: repressione e manganelli, i veri intolleranti e censori siete voi. Noi non ci fermeremo, il 1 giugno saremo in piazza per la manifestazione nazionale contro questo governo, per cacciarlo via”.
Durante la manifestazione è stato bruciato il programma “educare alle relazioni” del ministro Valditara “Gridiamo per tutte le donne che più non hanno voce”, hanno gridato i ragazzi.
Il corteo al momento è fermo su via Leone IV, nel quartiere Prati, ed è ritornata la calma . Una ragazza parla al megafono, gli altri sono dietro allo striscione.
(da agenzie)

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ZITTI E TOTI, IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA NON HA INTENZIONE DI RISPONDERE ALLE DOMANDE DEI GIUDICI

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

LA LINEA DIFENSIVA DELL’EX GIORNALISTA È CHE TUTTI I SOLDI RICEVUTI DAI SUOI COMITATI ELETTORALE SIANO TRACCIABILI E “SPESI PER SOSTENERE L’ATTIVITÀ POLITICA”… LE DIMISSIONI? “MI CONFRONTERÒ CON GLI ALLEATI”. FRATELLI D’ITALIA PRESSA PER FARLO MOLLARE (COSÌ POTRÀ INTESTARSI IL SUCCESSORE)

In una delle ultime pagine della sterminata ordinanza di custodia cautelare costata i domiciliari a Giovanni Toti nell’inchiesta sui finanziamenti ai suoi comitati elettorali, il gip di Genova spiega che non poteva sospenderlo dalla funzione di governatore perché questa misura interdittiva è espressamente vietata per un eletto. È la risposta indiretta a chi avrebbe auspicato per lui un trattamento meno pesante.
Oggi Toti, intenzionato a non dimettersi, comparirà davanti al giudice per l’interrogatorio di garanzia, ma ha già fatto sapere che si avvarrà della facoltà di non rispondere, mentre il suo legale è convinto di dimostrare che non c’è stata alcuna irregolarità.
Al momento, a svolgere la sua funzione, è il vice presidente Alessandro Piana. In caso di dimissioni del governatore, decadrebbero la giunta, l’intero Consiglio e bisognerebbe andare alle elezioni e, considerato il clima, l’attuale maggioranza potrebbe rischiare qualcosa. Quindi, al momento, tutto resta fermo. Ieri circa 200 persone hanno manifestato davanti a Palazzo Ducale e Regione Liguria chiedendo a Toti di farsi da parte.
Quando alle 14 di oggi è previsto che entri nell’ufficio del gip, Toti dirà perché non intende rispondere alle domande. Una scelta «conseguente e logica», la definisce il suo legale, l’avvocato Stefano Savi. Di fronte ad «un fascicolo enorme, dobbiamo approfondire la lettura degli atti».
Un abbozzo di linea difensiva è già possibile intravederlo: «È totale» la tracciabilità dei soldi ricevuti dal Comitato Giovanni Toti e dal Comitato Change da parte degli imprenditori coinvolti, come il re della logistica portuale Aldo Spinelli e il consigliere di Esselunga Francesco Moncada (accusato di finanziamento illecito degli stessi Comitati come Maurizio Rossi, editore di Primocanale).
I fondi «sono stati tutti spesi» per sostenere l’attività politica, come prevede la legge, tanto è vero che su questo «non è stato contestato nulla» dai pm.
Sul futuro politico del suo cliente, l’avvocato Savi dice che Toti «farà le sue valutazioni che non possono prescindere, a suo dire, da un confronto con tutte le persone che con lui hanno lavorato fino a oggi e con i partiti di maggioranza».
Il gip ha scritto che Toti «ha messo a disposizione la propria funzione, i propri poteri e il proprio ruolo, in favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti».
Per il giudice sussiste il rischio di reiterazione del reato «in occasione delle prossime elezioni», vista la «allarmante sistematicità di un meccanismo corruttivo perfettamente collaudato». La Procura potrebbe valutare di sentire nei prossimi giorni, come persona informata sui fatti, il sindaco di Genova Marco Bucci.
(da agenzie)

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SISTEMA TOTI, CON LE RIFORME SOVRANISTE NON SI SAPREBBE NIENTE

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

VERSO L’IMPUNITÀ, INCHIESTA MORTA E BAVAGLIO AI MEDIA

Il centrodestra di governo ha un sogno nel cuore: impedire che inchieste come quella di Genova possano ripetersi. Se infatti si prendono in blocco tutte le riforme della giustizia approvate o in via di approvazione, con il benestare del fu pubblico ministero, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, ci si rende conto che sembrano studiate apposta per far morire nella culla le indagini sulla corruzione nel mondo politico-economico. A cominciare dalla norma che potrebbe stoppare l’uso del trojan, definito da Nordio “un’arma incivile, una porcheria”. La fine dei captatori informatici sui device degli indagati per reati contro la Pubblica amministrazione l’ha sempre chiesta Forza Italia ed è stato un ex forzista, il deputato di Azione, Enrico Costa, a infilare la norma tra gli emendamenti al ddl sulla cybersecurity. Si distruggerebbe così un punto cardine della Spazzacorrotti. Se la norma fosse già stata approvata non sarebbe stato possibile per i pm genovesi inoculare il trojan nel cellulare di Aldo Spinelli, né ascoltarne le conversazioni durante le colazioni di lavoro al “Caffè la Piazza” col presidente dell’autorità portuale di Genova Paolo Emilio Signorini, “restìo a interloquire telefonicamente con l’imprenditore”, scrive il Gip in un passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare. Così i due si vedevano al bar per incontri durante i quali Spinelli dava per approvato il rinnovo trentennale della concessione del Termine Rinfuse, una delibera che doveva ancora essere discussa dal comitato di gestione dell’Autorità Portuale.
Si dirà, senza trojan resterebbero comunque le intercettazioni “tradizionali”. Sono quasi preistoria se si pensa all’uso dei criptofonini e comunque vengono rese vane in caso di fuga di notizie. Pare esserci stata anche stavolta, almeno a sentire il dirigente bergamasco di Forza Italia Italo Maurizio Testa, cerniera di collegamento – secondo l’accusa – tra Toti e i voti, in odore del clan nisseno Cammarata, della comunità dei riesini nel quartiere di Certosa a Genova. Un giorno Testa viene avvicinato da un tizio in felpa rossa e un capellino con visiera blu “evidentemente conosciuto dal predetto”. Grazie al trojan si ascolta quel che gli dice il tizio in felpa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono… Stanno indagando”. Testa non pare preso alla sprovvista: “Sì, lo so, non ti preoccupare… L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Un colpo mortale alle indagini lo avrebbe inferto anche l’emendamento al ddl intercettazioni della senatrice leghista Erika Stefani, approvato dalla commissione Giustizia che vieta ai pm di intercettare oltre i 45 giorni, eccetto che per mafia e terrorismo o per casi eccezionali in cui emergono nuovi e concreti elementi motivati. Con la legge attuale si può intercettare fino a due anni e per Toti i pm di Genova se li sono presi quasi tutti, dal 1º settembre 2021 in poi, seguendo come Pollicinole molliche degli indizi delle presunte mazzette travestite da finanziamenti elettorali a “Cambiamo con Toti”, a cui seguivano provvedimenti nell’interesse del mittente del bonifico. Con l’emendamento Stefani in vigore, magistrati e finanzieri avrebbero dovuto portare a casa un risultato investigativo durante il primo mese e mezzo di intercettazioni. Il periodo in cui Spinelli e Toti sono in freddo per i ritardi sulla delibera della concessione trentennale, e l’imprenditore non gli molla un euro per sostenere la campagna elettorale delle amministrative di ottobre 2021 (aprirà i cordoni della borsa solo a dicembre). Non solo, ma Signorini pare avvicinarsi allo schieramento nemico, circostanza che si concretizzerà con il “patto della lasagna” di fine ottobre 2021, il pranzo di Spinelli sul suo yacht con i dem Claudio Burlando e Giulio Schenone. L’esperienza giudiziaria insegna che le prime settimane di intercettazioni sono quelle dove è più complicato ascoltare conversazioni che rompono il patto di omertà tra corrotto e corruttore. Le cautele degli interlocutori si traducono in codici e prassi di comunicazioni che hanno bisogno di tempo per essere decodificati, quando gli indagati abbassano la guardia e parlano al telefono. Con limiti così stringenti sui tempi per intercettare e senza trojan, l’inchiesta di Genova si sarebbe interrotta agli albori.
Quando ci sono state le audizioni in Parlamento tutti gli esperti, non solo magistrati, hanno detto che senza il trojan non si può scoprire la corruzione, reato già di suo difficile da scovare. Ma con queste riforme non si disinnescano solo le indagini, si nega anche di diritto all’informazione. A febbraio è stata approvato il bavaglio che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, anche per estratto, all’interno della legge di delegazione europea. Se il governo eserciterà questa delega non si potrà citare alcuna ordinanza d’arresto eccellente (e non). Inoltre, il ddl Nordio, in via di approvazione definitiva alla Camera prevede forti limitazioni alla pubblicazione delle intercettazioni. Cala il sipario sulla mala politica.
(da il Fatto Quotidiano)

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ALLA BERSAGLIERA, UN PAESE IN CORSA VERSO IL BARATRO

Maggio 10th, 2024 Riccardo Fucile

TRA SALARI DA FAME, ALLARME POVERTA’ E SANITA’ ALLO SFASCIO

Fiero l’occhio, svelto il passo. La premier Giorgia Meloni, per l’occasione in scarpe ginniche, sulle note del Flik Flok al seguito della fanfara, accenna la tipica corsa di specialità, segno distintivo del corpo dai tempi della Breccia di Porta Pia. Poi offre il capo alla Vaira, il cappello piumato dei Bersaglieri, concedendosi in favore di telecamere al popolo di Ascoli Piceno, accorso festante per l’occasione.
La settimana era iniziata, lunedì scorso, in grande spolvero per la presidente del Consiglio. Ma nel rapido volgere delle ore, le allegre note che hanno scandito la trionfale marcetta di Giorgia hanno ceduto il passo allo spartito di un cupo requiem al capezzale della Patria.
PICCONATE DA GRATTERI
A rovinarle la festa ha cominciato lo stesso giorno il Procuratore di Napoli Gratteri prendendo a picconate le riforme della Giustizia del governo in carica (Nordio) e di quello precedente (Cartabia). Perché se “le mafie non hanno ideologie”, ma “votano e fanno votare”, secondo il magistrato, che ha rilanciato l’allarme anche in vista delle prossime elezioni Ue, combattere il malaffare sta diventando sempre più complicato. Per via degli interventi sul codice penale “che non deve essere tagliato con l’accetta per dimostrare all’Europa che il numero dei reati in Italia è calato”.
SANITÀ A PEZZI
Ma è solo l’antipasto. Passano ventiquattr’ore e si scopre dall’ultimo rapporto Adoc-Eures, che tra posti letto persi, vuoti di organico, precariato in crescita e liste d’attesa infinite, il trend ultra-decennale in picchiata della qualità delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale, è proseguito pure nel 2023. Quando 4,5 milioni di italiani (+0,6% rispetto all’anno precedente) hanno dovuto rinunciare a curarsi.
REDDITI A PICCO
In attesa che i poderosi investimenti per la Sanità rivendicati dal governo facciano il loro corso, nella stessa giornata è arrivato pure l’uno-due micidiale messo a segno da Istat e Ocse. Istituto quest’ultimo più volte citato proprio dalla premier per sostenere che i redditi delle famiglie in Italia sono messi meglio rispetto ad altri paesi.
Peccato che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico l’abbia sonoramente smentita. E’ vero che il reddito reale delle famiglie per abitante nei paesi Ocse è cresciuto dello 0,5% nel quarto trimestre 2023. Ma nei 19 Paesi per i quali i dati sono disponibili, 11 hanno registrato un aumento, 6 un calo e 2 sono rimasti stabili.
E l’Italia? Tra quelli in flessione ça va sans dire, con una diminuzione dello 0,4%. Prima dell’Ocse, peraltro, ci aveva pensato l’Istat ad anticipare le brutte notizie. Certificando che i redditi delle famiglie, diminuiti nel 2022 in termini reali del 2,1%, non tengono più il passo dell’inflazione.
PIÙ POVERI SENZA REDDITO DI CITTADINANZA
E arriviamo a mercoledì. Quando pure l’Assegno d’inclusione, cavallo di battaglia (ma soprattutto di troia) del governo per scardinare l’odiato Reddito di Cittadinanza, è caduto sotto i colpi della Commissione Ue. La misura delle destre “determinerà una maggiore incidenza della povertà assoluta e infantile (rispettivamente di 0,8 punti percentuali e 0,5 punti percentuali) rispetto al regime precedente”, ha messo nero su bianco Bruxelles.
ALTRO CHE BOOM
Smontando pure la narrazione del governo sul (presunto) boom dell’occupazione. Nonostante i limitati miglioramenti nel 2023, la Commissione Ue ha infatti evidenziato che in Italia “la percentuale di contratti a tempo determinato rimane tra le più alte nell’Ue”. Elemento che, combinato all’elevata incidenza di forme di lavoro non standard, (a cominciare da quello stagionale) ha portato a “una diminuzione del numero di settimane lavorate all’anno e contribuisce a un’elevata disuguaglianza e volatilità dei guadagni annuali”.
Avanti così. Verso il baratro. Alla bersagliera.
(da lanotiziagiornale.it)

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