Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
LA 38ENNE, OPERATA PER UN TUMORE ALL’OSSO SACRO HA SFIDATO LA PIU’ GIOVANE DEL TORNEO DI SPADA, IL MALORE IN GARA
A fermare in pedana la schermitrice Nathalie Moellhausen alle Olimpiadi di Parigi è stata solo la sconfitta contro Ruien Xiao. L’italo-brasiliana quel giorno è svenuta per un malore legato al tumore, che l’ha portata poi a operarsi poco dopo. Davanti alla scena di Angela Carini e l’abbandono contro Imane Khelif, la 38enne è sicura che almeno lei si sarebbe comportata diversamente, come spiega a Repubblica. Di certo, non sarebbe scappata.
L’abbandono di Angela Carini
Mentre la pugile azzurra si ritirava dall’incontro dopo appena un pugno subito dall’avversaria algerina, Moellhausen era in convalescenza in ospedale, dopo l’operazione per un tumore fibroso solitario all’osso sacro: «Rarissimo, dice, solo due operati. Io sono la seconda». La scena di Carini l’ha comunque vista in Tv: «Quello che so è che io mi sarei fatta prendere a pugni fino alla fine».
«Io sono stata lì a farmi umiliare»
Moellhausen, 38 anni, quattro Olimpiadi alle spalle, si rivolge alla pugile 25enne napoletana che dopo il ritiro non aveva neanche salutato l’avversaria: «Sei un atleta, combatti, dai la mano. Io in gara ero la più vecchia di tutte e sono scesa in pedana al primo turno contro la più giovane., la canadese Ruien Xiao, 16 anni, ho perso 15-11, ma sono stata lì a farmi umiliare».
«Ci ho creduto prima di crollare»
La schermitrice spiega la sua provocazione, quando parla di umiliazione: «Perché io la maschera l’avevo non solo sul viso, ma anche sul mio male. Nessuno sapeva e quindi vista dall’esterno sono stata battuta, presa a schiaffi, altro che regina di Spade, da una ragazzina. Avevo la pressione bassissima, ma ho corso il rischio. Lo sport è questo, non garanzia di successo scontato altrimenti l’Italia della scherma avrebbe vinto tutto». Nessun pentimento per Moellhausen, che rifarebbe tutto: «Perché ci ho creduto dal primo all’ultima assalto. Prima di crollare».
(da agenzie)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL MONDO INTERO PARLA DELLA FIGURACCIA DELLA CARINI E DELLA MELONI CHE VA A CONSOLARLA INVECE DI DIRLE: “LA PROSSIMA VOLTA MUOVI LE CHIAPPE E COMBATTI”
Il governo Meloni attendeva le Olimpiadi di Parigi con trepidazione, immaginando una dimostrazione di italica potenza nonché l’opportunità di rafforzare l’identità tricolore e invece è l’Olimpiade più sgangherata di sempre. Sinner rinuncia a partecipare, Jacobs viene punto da un insetto ai blocchi di partenza. L’ex schermitrice Elisa Di Francisca cazzia la nuotatrice Benedetta Pilato perché ha preso con filosofia il quarto posto e in effetti, appunto, collezioniamo una sfilza di quarti posti accompagnati dai soliti laconici “È stata comunque una bella gara”. Non basta.
Il mondo intero parla di noi ma non per l’orgoglio italiano che trova nello sport la sua naturale declinazione, bensì per una figuraccia da oro olimpico: il ritiro della frignante Angela Carini si è trasformato in insulti, polemiche, strumentalizzazioni sportive e politiche, meme sbeffeggianti e perfino in un post del rapper americano 50cent che ha dileggiato la pugile italiana per il suo comportamento sul ring.
Immagino l’imbarazzo della premier Meloni che dopo una vita a urlare con l’occhio della tigre “non bisogna arrendersi e indietreggiare!”, dopo una vita spesa a lodare il coraggio delle forze dell’ordine, si ritrova con una poliziotta che dopo 46 secondi frigna sul ring e si lagna perché i pugni fanno troppo male. E anziché dirle : “La prossima volta muovi le chiappe e combatti” come ci si aspetterebbe, twitta: “So che non mollerai, Angela, e so che un giorno guadagnerai con sforzo e sudore quello che meriti. In una competizione finalmente equa”. Angela in tutta risposta annuncia che lascia la boxe. A quel punto l’oligarca russo e presidente dell’Iba Umar Kremlev fa sapere di voler donare un premio in denaro alla pugile italiana. Insomma, la premier si ritrova pure con un’atleta che rischia di essere foraggiata da un amico di Putin.
Morale: credo che Giorgia Meloni non veda l’ora che queste maledette Olimpiadi finiscano. Ha però almeno due consolazioni: un argento e un bronzo nella gara di pistola 10 metri, segno che il Paese di Pozzolo sa ancora farsi rispettare nelle competizioni che contano. Per non parlare di Marta Maggetti che vince l’oro nel windsurf, quindi è probabile che al suo ritorno da Parigi ci sarà l’ex campione e collega Chico Forti ad accoglierla in aeroporto. L’orgoglio italico, forse, è salvo.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
E’ SEMPRE COLPA DEGLI ALTRI. MAI UN BRICIOLO DI AUTOCRITICA. DIFFICILMENTE SUPEREREMO LE 40 MEDAGLIE DI TOKYO, MA SAPPIAMO GIÀ QUALE SARÀ LA GIUSTIFICAZIONE DELLA PROPAGANDA: HANNO REMATO CONTRO DI NO”
Andiamo oltre il caso Carini-Khelif e poniamoci due domande. La prima: l’Italia ha mai vissuto un’Olimpiade più polemica e tormentata di Parigi 2024? La seconda: davvero ce l’hanno tutti con noi?
Risposta alla prima questione: no.
La tempesta perfetta è stata scatenata da una serie di fattori: l’enorme attesa, lo sbandierato tentativo di superare il record delle 40 medaglie conquistate a Tokyo, la voglia di mettersi alle spalle il flop del calcio all’europeo di Germania, la sede in un paese come la Francia con la quale stiamo vivendo uno dei momenti più divisivi della storia, la strategia molto chiara della destra italiana di mettere pesantemente le mani sullo sport , un certo isolamento del presidente del Coni Giovanni Malagò, sempre più in difficoltà con l’establishment meloniano.
Nessuno come noi. Anche altre nazioni hanno protestato, ma sono stati casi circoscritti . Il CIO non è un’organizzazione no profit. È una potentissima e ricchissima multinazionale dello sport, dove corruzione e affarismo dominano la scena da sempre.
Il caso Italia va però oltre. C’è la sindrome di un paese che si sente accerchiato e vede nemici dappertutto. Si sta riproponendo, nello sport, lo scenario della politica. Italia ormai isolata in Europa e nessuno dei nostri regnanti che si ponga la domanda: sono gli altri che ci hanno messo all’angolo, o siamo noi, con le nostre scelte, che si siamo autoesclusi?
Sicuramente, in questo momento l’Italia gode di simpatie limitate: gli alleati sovranisti, qualche paese sparso nel mondo con il quale sono in corso business importanti – con l’Algeria di Khelif c’è un importante accordo per la fornitura di gas -, l’Argentina di Milei, i trumpisti d’America.
Uscito dalla scena il conservatore Sunak, è da rivedere anche l’asse con la Gran Bretagna, dove ora governano i laburisti. Siamo all’angolo, inutile girarci intorno, ma tutto questo non giustifica il senso di accerchiamento. Non è vero che ce l’hanno tutti con noi. È vero, semmai, che facciamo di tutto per alienarci le simpatie: le proteste reiterate, le sceneggiate, l’intrusione della politica – mai visto in passato un premier che si è tuffato nei Giochi come Giorgia Meloni -, i lamenti, le accuse.
E’ il metodo “io so Giorgia” esteso a tutte le componenti. E’ sempre colpa degli altri. Mai un briciolo di autocritica. Funziona in un paese meraviglioso, ma disgraziato come l’Italia, dove le basi della democrazia sono messe a soqquadro dalla destra al potere, ma non funziona nel mondo dove, al netto delle porcherie che regnano un po’ ovunque, non si vola così bassi.
Difficilmente supereremo le 40 medaglie di Tokyo, anche se sperare, ovvio, è lecito. Ma sappiamo già quale sarà la giustificazione della propaganda di regime: hanno remato contro di noi. Poi, a bocce ferme, dietro le quinte comincerà la resa dei conti e ci sarà da divertirsi. Altro che Olimpiade.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
LA VERA STORIA DEL PRESIDENTE DELL’IBA, NON RICONOSCIUTA DAL CIO
Non chiametelo Kremlev. Ma Lutfuollyev. Umar Lutfulloyev, perché questo è il suo vero nome. E questa è la sua vera storia, quella che nel mezzo di queste Olimpiadi sta mettendo in grandissima difficoltà il governo Meloni davanti al mondo: Umar Lutfuollyev è infatti il presidente dell’Iba, la federazione internazionale del pugilato non riconosciuta dal Cio, che ha squalificato Imane Khelif sostenendo che fosse “un uomo”.
Ed è quello a cui hanno creduto il vice premier Matteo Salvini e diversi esponenti del governo nel lanciare la campagna contro la Khelif e queste Olimpiadi “woke” (Salvini) o “sodomite” (Kremlev). Costringendo così in un angolo la presidente del Consiglio. Perché Kremlev, o Lutfulloyev, non è un buon amico.
Anzi, è una compagnia assai imbarazzante, come racconta un report di trenta pagine del Cio di cui Repubblica è in possesso: pregiudicato, amico di alcuni tra i più grandi narcotrafficanti del mondo, non gradito dalle principali banche mondiali e soprattutto fedelissimo del presidente russo Vladimir Putin grazie al quale ha fatto una fortuna gestendo, insieme alla guardia del corpo dello Zar russo, la lotteria e le principali società di scommesse della Russia.
Luftuollyev è nato in Tagikistan. A marzo del 2010 ha ventotto anni quando si presenta all’Anagrafe del suo paese con una richiesta insolita: ha deciso di cambiare il suo cognome in Kremlev. È più russo, dice. Per gratitudine e ammirazione verso Vladimir Putin.
In realtà la manovra gli serve anche a cancellare dal suo curriculum due precedenti: una per percosse nel 2007 e una per estorsione nel 2004. […] Kremlev è amico di Alexei Rubezhnoi, una delle guardie del corpo di Putin, per questo persona di assoluta fiducia. Kremlev e Rubezhnoi sono amici da ragazzi, entrambi discreti pugili amatoriali. E non a caso nel 2016 con un colpo di mano si prendono la federazione pugilistica russa: Rubezhnoi presidente, l’altro nel board.
È solo l’inizio: perché grazie all’intercessione del bodyguard, Kremlev incontra almeno due volte Putin . Che dovrà ringraziare perché grazie allo Stato alcune sue società prima gestiscono una lotteria nazionale e poi entrano da leader nel mondo delle scommesse con licenze blindate.Ma il Cio che c’entra in questa storia?
Nello stesso periodo in cui Kremlev fa soldi con le concessioni sui giochi in Russia, il Comitato olimpico mette sotto inchiesta l’Iba, la federazione internazionale di pugilato. C’è un buco di decine di milioni di euro e una serie di denunce di corruzione all’interno della classe arbitrale. Il commissariamento sembra la sola strada quando sul palcoscenico arriva Kremlev che si offre di pagare tutti i debiti della federazione purché resti nel programma olimpico. «Kremlev – si legge nella relazione del Cio – dichiara che utilizzerà i suoi fondi privati». È pronto a pagare «16 milioni di dollari di debito» con una provenienza, nota però il Cio, «non tracciabile e trasparente».
Di più: Kremlev è in contatto con il suo predecessore Rakhimov e sostiene di voler partecipare alla nuova presidenza dell’Iba. Risultato: il Cio rifiuta la proposta. E il 26 giugno del 2019 esclude la federazione. A dicembre del 2020 Kremlev è il nuovo presidente di una federazione che, all’improvviso, cancella i debiti e diventa ricchissima: distribuisce premi a valanga, attirando nei fatti pugili da tutto il mondo. Di chi sono i soldi?
Forse quelli di Kremlev. Ma certamente apre il portafoglio Gazprom.
A novembre, dando appuntamento in un albergo di lusso della capitale francese, Kremlev viene a sfidare il Cio che l’ha escluso da Parigi 2024. «I campioni del mondo sono dieci volte più famosi di quelli olimpici» commenta l’oligarca che ha appena fatto tappa a Roma. «Ho incontrato il Papa e abbiamo parlato di pace, della necessità di aiutare le persone» prosegue, lui che è nato musulmano, facendo un parallelo tra l’Iba e «la Chiesa cattolica, che aiuta i bisognosi ». «Dio ha scelto di mettermi a capo della federazione» conclude Kremlev. O forse più modestamente è la lunga mano del Cremlino.
(da la Repubblica)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
LE INGIUSTE ACCUSE DI ESSERE TRANSESSUALE MONTATE AD ARTE DALL’INTERNAZIONALE CRIMINALE SOVRANISTA
L’atleta algerina Imane Khelif è stata accusata ingiustamente di essere una transessuale. Le prove? Nessuna. Non esiste alcun documento o test che dimostri che sia un uomo che abbia completato la transizione.
È altrettanto difficile credere che si tratti di una transessuale che rappresenta la bandiera dell’Algeria, un Paese notoriamente contrario ai diritti LGBTQ+.
Chi l’ha accusata di fingersi donna sono coloro che l’hanno giudicata solo dal suo aspetto fisico e dalle dichiarazioni del Presidente dell’International Boxing Association (IBA), l’amico di Putin e oligarca russo Umar Kremlev, che accusa il Comitato Olimpico di mettere a rischio la vita delle atlete che la affrontano.
Tralasciando la questione politica e come la propaganda russa sfrutti l’occasione, c’è un particolare curioso in questa vicenda, che potrebbe portare lo stesso Kremlev a condannare se stesso e a rassegnare le dimissioni per coerenza.
Imane Khelif aveva già combattuto nelle competizioni internazionali dell’IBA, arrivando seconda nella competizione mondiale del 2022 in Turchia.
Nel torneo del 2023 a New Delhi, in India, era stata squalificata a poche ore dalla finale valida per la medaglia d’oro. La decisione era stata presa e votata dallo stesso Kremlev, che dichiarò il giorno successivo che un test del DNA avrebbe rivelato che Khelif e un’altra atleta si erano spacciate per donne al fine di gareggiare nel torneo. Tuttavia, la stessa IBA non conferma in alcun modo le parole del suo presidente. In nessun comunicato o verbale dell’associazione viene citato il nome del test effettuato, né viene definita l’atleta come uomo o transessuale.
La squalifica e i due test
Secondo il sito delle Olimpiadi, almeno fino al primo agosto 2024, nel profilo di Imane Khelif veniva riportato il presunto motivo della sua squalifica dalla competizione del 2023 in India: un livello troppo elevato di testosterone. Questa condizione non conferma il sesso dell’atleta, in quanto alcune donne sono portate a produrre elevate quantità di questo ormone rispetto alla norma. Il 31 luglio, l’IBA ha pubblicato un comunicato per sostenere che Imane Khelif non è stata squalificata dal torneo a causa del testosterone, ma per il risultato ottenuto da due test condotti rispettivamente nel 2022 in Turchia e nel 2023 in India.
Non è dato sapere di che test si tratti, ma nel verbale del Consiglio dell’IBA condiviso nel comunicato emergono alcuni elementi contrastanti con la narrazione fuorviante diffusa contro l’atleta.
A pagina 2 del verbale del 25 marzo 2023, ossia il giorno prima della finale del mondiale in India, viene riportata la discussione riguardante la squalifica dalla competizione dell’algerina Imane Khelif e della taiwanese Lin Yu-ting. L’introduzione è stata fatta dal responsabile sportivo dell’associazione, Marko Petric, sostenendo che entrambe le atlete «non hanno soddisfatto le regole di ammissione a seguito di un test condotto da un laboratorio indipendente». Non è dato sapere di quale laboratorio si tratti né quale test sia stato effettuato. Il verbale prosegue con un “dialogo” tra il Presidente Kremlev e il Segretario generale dell’IBA, George A. Yerolimpos, prima del voto finale del Consiglio per ratificare la squalifica delle due atlete.
Il problema della squalifica a ridosso della finale
Il principale problema del Consiglio riguardava la ratifica di una decisione così delicata solo alla fine del torneo, escludendo di fatto l’atleta algerina dalla finale. Come spiegato dal Segretario generale, alle atlete era stata notificata immediatamente la squalifica una volta ottenuti i risultati del test, dando loro ventuno giorni di tempo per presentare ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (Court of Arbitration for Sport, CAS). Un ricorso pressoché inutile, visto che il giorno successivo si è disputata la finale, che ha visto la vittoria della cinese Yang Liu. Evidentemente, come scopriremo in seguito, tali test non potevano essere effettuati prima dell’inizio del torneo. Eppure, la richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio risulta essere motivata da un fatto che molti ignorano.
Il Segretario generale, infatti, ha confermato di fronte al Consiglio che test simili erano stati condotti sulle stesse atlete da un altro “laboratorio indipendente” durante il mondiale del 2022 a Istanbul, in Turchia. Entrambe, stando alle dichiarazioni nel verbale, non vennero squalificate dalla competizione perché i risultati vennero acquisiti dall’associazione solo dopo la finale, persa da Imane Khelif contro l’irlandese Amy Broadhurst. Di fatto, il verbale del Consiglio svela che l’IBA era in possesso dei risultati di un test effettuato nel 2022, simile a quello del 2023, ma ciò non aveva impedito ad entrambe le atlete di partecipare alla competizione in India.
La richiesta di misure preventive
Il Presidente dell’IBA, Umar Kremlev, è intervenuto domandando al Segretario generale se fosse stato possibile adottare misure preventive per non consentire alle atlete interessate di competere al torneo di New Delhi, considerando proprio i risultati ottenuti dai test del 2022. Yerolimpos, il Segretario generale, nella sua risposta ha confermato che l’IBA aveva a disposizione il responso dei test effettuati in entrambe le competizioni. Tuttavia, Yerolimpos ha spiegato al Presidente che non era stato possibile condurre il test del 2023 prima dell’arrivo degli atleti a Nuova Delhi, ossia «quando le atlete erano fuori dal controllo dell’IBA»
La narrazione dell’IBA e il test del 2022
Di fatto, l’IBA aveva sottoposto per ben due volte, in due anni, entrambe le atlete a un test (sconosciuto), ottenendo dei risultati (non dichiarati) che dovevano comportare la loro squalifica dalle competizioni in Turchia e India. Se il test in questione fosse stato quello del DNA, riscontrando i cromosomi XY sia in Khelif che nella taiwanese Yu-ting, perché non sono state escluse da tutte le competizioni dell’IBA dopo il torneo del 2022?
Secondo l’IBA, le due atlete dovevano essere escluse anche dalle Olimpiadi di Parigi 2024 per salvaguardare la salute delle altre partecipanti. In un successivo comunicato, pubblicato il primo agosto, l’associazione ha ribadito la sua condanna nei confronti del Comitato Olimpico, citando nuovamente il verbale dell’IBA del 25 marzo 2023 e i due test effettuati durante le competizioni in Turchia e India. Questa volta, però, l’IBA si è allineata alla narrazione del Presidente, affermando che «non sosterrà mai alcun incontro di pugilato tra i sessi».
Se le affermazioni sui cromosomi XY fossero vere, e considerando che la stessa associazione fosse a conoscenza dei risultati del test effettuati nel 2022, il primo a dover essere giudicato dovrebbe essere proprio il Presidente Kremlev e la stessa IBA, in quanto erano a conoscenza di una presunta condizione che avrebbe messo a rischio (cit.) le altre atlete durante la competizione del 2023 in India.
La presunta esclusione da tutte le competizioni IBA
C’è un’ulteriore differenza nel comunicato del primo agosto rispetto al passato. A seguito delle polemiche su Parigi 2024, l’IBA sostiene di “confermare” l’esclusione delle due atlete da tutte le competizioni dell’associazione, nonostante nel verbale del 2023 e nei precedenti comunicati si parli della sola squalifica dal mondiale di New Delhi. Anche considerando questa condizione come valida fin dal 25 marzo 2023, è significativo notare che il profilo di Imane Khelif sia tutt’oggi presente sul sito ufficiale e risulti ancora iscritta (forse ancora per poco) con l’ID SD336. È possibile che debbano aggiornarlo, dal 2023.
La questione del ricorso ritirato
Al fine di sostenere che Imane Khelif fosse una transessuale, molti considerano che l’atleta abbia ammesso qualcosa ritirando il ricorso contro la squalifica del 2023 ratificata nel verbale dell’IBA. Un ricorso pressoché inutile ai fini della competizione in India, considerando che la finale si era svolta il giorno successivo alla squalifica con la thailandese Janjaem Suwannapheng al suo posto sul ring. Se l’esclusione dal torneo comportasse anche quella da ogni ulteriore competizione organizzata dall’associazione, potrebbe essere un motivo valido per proseguire tramite le vie legali presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (Court of Arbitration for Sport, CAS).
Il ricorso è menzionato nei successivi verbali dell’IBA, come in quello del 13 maggio 2023, dove viene riportato anche il codice identificativo presso il Tribunale (CAS 2023/A/9575). L’ultima citazione risale al verbale dell’8 dicembre 2023, in cui si annuncia il ritiro del ricorso da parte dell’atleta algerina, chiudendo di fatto la vicenda. Non viene dichiarato il motivo di tale decisione, ma è possibile considerare alcuni aspetti della vicenda legati allo scontro diretto con il Comitato Olimpico e le stesse Olimpiadi del 2024.
Il disconoscimento dell’IBA e le Olimpiadi di Parigi 2024
A seguito della squalifica di Imane Khelif, nel mese di giugno 2023, l’IBA venne disconosciuta come federazione internazionale dal Comitato Olimpico. Il motivo non era strettamente legato a quanto accaduto alle due atlete, ma piuttosto a diverse mancanze da parte dell’IBA in seguito a una sospensione del 2019, legate alla governance della stessa e a presunti problemi di corruzione. Con il disconoscimento, l’organizzazione delle Olimpiadi del 2024 non riguardava più dall’IBA, ma da un’altra entità creata appositamente con il nome di Paris Boxing Unit (PBU), che considerava i criteri di ammissibilità alle competizioni di Parigi sulla base dei regolamenti precedenti alla sospensione del 2019 dell’IBA.
Come conseguenza del disconoscimento dell’IBA, una nuova associazione chiamata World Boxing sta pian piano prendendo piede come effettiva sostituta nella gestione dello sport a livello mondiale. A partire dal 2023, i tornei organizzati da questa nuova organizzazione risultavano utili per partecipare alle Olimpiadi del 2024. In un comunicato pubblicato il 15 settembre 2023, la World Boxing ha annunciato la qualificazione dell’algerina Imane Khelif. Con l’imposizione crescente di questa nuova entità sportiva, che vede l’Italia come nuovo membro dal 26 luglio 2024, risulterebbe comprensibile la cessazione di una disputa con l’IBA, ormai disconosciuta e priva del suo valore
L’Algeria, la questione LGBTQ+ e il passaporto
Come è ben noto, il Paese nordafricano non è un posto adatto per le persone omosessuali. L’Algeria, infatti, è stata indicata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per aver approvato «leggi contro la “propaganda” o “promozione” di comportamenti sessuali “non tradizionali”». Amnesty International riporta ulteriori casi in cui le autorità algerine sono intervenute contro episodi comunicativi contenenti «simboli contrari alla morale» e ritenuti «contrari ai precetti dell’Islam e ai valori della società algerina». Risulta difficile credere che per anni l’Algeria abbia permesso a un fantomatico transessuale di gareggiare con la bandiera algerina nelle competizioni internazionali e durante le Olimpiadi, soprattutto considerando che le persone transessuali fuggono dal Paese in quanto perseguitate.
Secondo quanto riportato sul sito delle Olimpiadi, l’ammissibilità degli atleti si basa sul sesso e sull’età indicati sul loro passaporto, come avveniva nelle precedenti edizioni olimpiche. I documenti algerini di Imane Khelif la indicano come donna, gli stessi documenti in possesso del Comitato Olimpico, della federazione algerina e mostrati pubblicamente dal padre dell’atleta. Viste le condizioni degli omosessuali in Algeria, risulta difficile che Imane Khelif fosse nata uomo per poi “spacciarsi come donna”.
Un’ulteriore considerazione sulla vicenda potrebbe essere una successiva scoperta della presenza dei cromosomi XY da parte dell’atleta, trovandoci di fronte a un “caso genetico” simile a quello della sudafricana Caster Semenya, che lo scoprì in età adulta. In tal caso, le accuse di essere una transessuale cadrebbero ulteriormente, ma non possiamo sapere cosa potrebbe capitarle nel suo Paese e se potrà mai competere di nuovo sotto la bandiera algerina.
(da Open)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
IL DOSSIER DELLE FINANZE, MOLTE LE ANOMALIE… IDRAULICI ED ELETTRICISTI DICHIARANO PIU’ DI AVVOCATI E DENTISTI… I BALNEARI E I TASSISTI REDDITI IRRISORI, BAR E PASTICCERIE MILLE EURO AL MESE
Un Paese dove ormai gli elettricisti dichiarano al fisco un reddito più alto di dentisti ed avvocati. Dove i balneari dell’Argentario dichiarano 2.678 euro l’anno e quelli di Lignano Sabbiadoro 270 mila. Dove i tassisti e i ristoratori nel 2022 denunciano ancora un reddito di 15 mila euro, pari a quello del 2019, comunque molto basso. Dove le lavanderie, i bar e le pasticcerie, stando ai redditi denunciati al fisco, vanno avanti con meno di mille euro al mese.
Questa è l’Italia che emerge dalle dichiarazioni dei redditi 2022 di alcune categorie economiche (non solo persone fisiche, ma anche società di persone e di capitali), elaborati dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia. Dati inediti che evidenziano ancora di più le anomalie, alcune divenute clamorose, nel difficilissimo rapporto tra gli italiani e il fisco. E che dovrebbero suscitare qualche riflessione ad un governo che vuole rivoluzionare le tecniche di caccia agli evasori.
Effetto Superbonus
La prima cosa che salta agli occhi confrontando i dati del 2022 con quelli degli anni precedenti fino al 2019, è il clamoroso sorpasso fatto dagli idraulici e dagli elettricisti ai danni di categorie professionali come avvocati e dentisti. Il loro reddito medio è arrivato a 60.700 euro, ed è in pratica raddoppiato rispetto a quattro anni prima, quando era poco superiore a 36 mila euro. Il guadagno dichiarato da dentisti e avvocati, invece, è rimasto quasi fermo: per i primi è passato da 52 a 55 mila euro, per i secondi da 42 a 46 mila.
Probabile effetto del 110% e delle fatture pagate con i bonifici «parlanti» che non lasciano margine all’evasione. Lo confermerebbero anche i redditi dichiarati dagli ingegneri e dai geometri, che sono aumentati in quattro anni del 50%. Gli ingegneri sono passati da una media di 30.200 a 47.600 euro, i geometri da 24 a 36 mila
Redditi fermi
Per quasi tutte le altre categorie analizzate, i redditi medi dichiarati nel 2022 ritornano, più o meno, ai livelli precedenti alla pandemia. I tassisti, ad esempio, nel 2019 dichiaravano in media 15.500 euro, sono scesi a 3.700 euro nel 2020, poi saliti a 8.400 nel ‘21 e tornati a 15.500 nel ‘22. Come i ristoranti, che denunciano in media 15.100 euro contro i 14.800 di quattro anni prima (dopo aver registrato una perdita media di 9 mila euro nel 2020). O le tintorie e le lavanderie che stavano a 10.800 e nel ‘22 sono salite a 11.300.
Chi cresce e chi scende
Gli alberghi, invece, sembrano essersi ripresi più che bene dalla crisi del Coronavirus. Nel 2019 il reddito medio dichiarato era 53.200 euro, nel ‘20 e nel ‘21 si sono accumulate perdite medie per 110 mila euro, e nel ‘22 è salito a 72.931 euro. Cresce di poco il reddito medio dichiarato dai meccanici, mentre quello di bar e pasticcerie resta a livelli bassissimi: nel ‘19 era pari a 17.800 euro, nel ‘20 è crollato a 300, poi è risalito a 6.800 e nel ‘22 si è attestato a 12.260 euro.
Il caso dei balneari
Se già queste medie evidenziano forti incongruenze, i dati a livello territoriale mostrano alcuni casi paradossali. Quello dei balneari (tema politicamente sensibile) è clamoroso: la media dei redditi ‘22 è di 26 mila euro, ma variano dai 2.700 euro dell’Argentario e i 10 mila di Vasto ai 270 mila di Lignano e i 217 mila di Sorrento, passando dai 30 mila di Rimini, i 38 mila di Jesolo, i 44 mila di Riccione, i 55 mila di Forte dei Marmi, i 17 mila di Senigallia.
Taxi e bar
A Bolzano, la città con la propensione all’evasione più bassa d’Italia, i dentisti dichiarano tre volte di più che a Roma (134 mila contro 44 mila, come a Potenza e Campobasso) , gli ingegneri (87 mila euro) il doppio (44 mila euro a Roma, meno di Ancona) . I redditi dichiarati variano molto anche tra i tassisti, dai 27 mila euro di Venezia-Mestre, si scende ai 20 mila di Firenze e Bolzano, ai 19 mila di Milano, ma a Roma la media è di 10 mila euro, a Napoli e Palermo di 9 mila.
Tra i ristoranti i maggiori redditi si registrano a Trento e Venezia con 32 mila euro, 29 mila a Milano, ma a Roma, Bari, Napoli e Palermo si crolla a 12 mila euro. Lo stesso per i bar: a parte la solita Bolzano con 30 mila euro e Milano con 20 mila, nelle altre grandi città del Paese di Bengodi i bar guadagnano 9 mila euro, 750 euro al mese.
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
OGNI ANNO UN 2% IN PIU’
Cresce il numero di stabilimenti balneari che occupa le spiagge in Italia: dal 2011 si parla di un incremento totale del 26,4%, distribuito circa al 2% ogni anno. Sono i numeri, risalenti alla fine del 2023, che emergono dall’ultima indagine Unioncamere-InfoCamere, basata sul registro delle Imprese delle Camere di Commercio. L’area della costa più attrezzata di lettini, ombrelloni, locali e attività di accoglienza e benessere dei turisti è la riviera romagnola. Ma sono tutte le zone a registrare aumenti: Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180).
In tutta Italia sono 7.244 le imprese registrate nel settore della gestione di stabilimenti balneari contro le 7.173 del dicembre 2021 (+1%). Di queste, 1.052, quindi circa il 14,5%, si trovano lungo la costa romagnola: 186 a Ravenna, 154 a Rimini e 150 a Cervia. Sono le tre città che guidano la classifica per quantità. Seguono Riccione e Cesenatico. Al secondo posto si trova la regione Toscana, con Camaiore, che presidia l’elenco della densità di imprese per chilometro di costa, contandone ben 92 lungo solo 3 km di litorale. La media è di 30 per km. A Pietrasanta, altra città del litorale tirrenico, la densità di imprese è di 22,3 per km. Sul terzo gradino del podio delle regioni, si trova la Liguria – meta storica del turismo estivo per i residenti del Nord ma apprezzatissima anche da tanti altri visitatori, italiani e stranieri – con 797 stabilimenti balneari.
Crescita degli stabilimenti al Sud Italia
Andando ad analizzare e osservato più nel dettaglio la dinamica della crescita, i dodici anni trascorsi mettono in evidenza le attività delle regioni del Sud. Dal 2011 al 2023, la Sardegna ha triplicato le imprese balneari e brilla con una crescita eccezionale del 190%, mentre la Calabria ha visto più che raddoppiare le attività sulla spiaggia con sede legale nel suo territorio, con un aumento del 110,4% nel periodo. Anche Sicilia (+75,4%), Puglia (+52,5%) e Campania (+36,9%) hanno conosciuto una fioritura di imprese che contribuiscono a rendere il Sud un polo sempre più attrattivo per i turisti di tutto il mondo.
La cultura del mare
Le imprese balneari italiane sono spesso a conduzione familiare, riflettendo la nostra cultura del mare come luogo di incontro e tradizione. Le società di persone rappresentano il 42% delle imprese, mentre le società di capitale sono in crescita (31%), indicando un settore sempre più professionalizzato e pronto ad affrontare le sfide del futuro. Entrando nelle stanze dei bottoni, l’industria balneare si rivela una concreta opportunità di sviluppo per l’imprenditoria femminile. Oltre il 25% delle imprese balneari (contro la media del 22% che si registra per il totale dei settori dell’economia) è guidato da donne, con la Basilicata (33,3%) e Calabria (30,9%) al vertice dell’incidenza di imprese rosa sul totale.
Le spiagge libere
L’altra faccia della medaglia è, ovviamente, il calo vertiginoso di spiagge libere. Secondo alcuni dati più recenti di Legambiente, solo il 50% delle coste italiane è gratuito e, in gran parte anche a causa dell’erosione di quasi metà del litorale nel corso degli ultimi dieci anni, ciò che rimane libero è sempre più scadente e scomodo. Liguria, Emilia-Romagna e Campania sono le tre principali regioni dove quasi il 70% dei litorali è occupato da stabilimenti balneari (che comunque danno lavoro a circa 300 mila persone). Segue le Marche con il 61%, la Toscana con il 52% e l’Abruzzo con il 48%. Sardegna e Sicilia sono le regioni dove solo il 20% delle spiagge sono libere. Insieme alla Puglia, sono le uniche regioni che hanno deciso di stabilire un diritto di accesso al mare, fissando la percentuale minima di spiagge libere al 60%. Quindi superiore a quella in concessione (40%). In Lazio, invece, la quota è al 50%.
(da Il Corriere della Sera)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
I PENSIEROPIATTISTI ITALIANI: I CONSERVATORI DELLA PROPRIA IGNORANZA
Mi ha dato molto da pensare, la vicenda della pugile algerina Imane Khelif. No, non soltanto per la sua personale vicenda: stiamo comunque parlando di una persona con una affezione molto particolare, di una atleta, di un essere umano che molti – tra cui esponenti della nostra politica – si sono permessi di dileggiare, chiamandola “l’algerino”, dandole non solo del “maschio” abusivamente infiltrato in una competizione femminile, ma sottintendendo (quello era il loro scopo reale) che alla base di quello che per loro è il “sovvertimento” della natura c’è un’ideologia perversa, una volontà umana e ideologica – identificata con la “sinistra”, il progressismo o qualunque cosa sia appena più a sinistra di Tajani – d’opporsi a “ciò che è naturale”, di cui loro, i conservatori (la premier ha di recente detto che i conservatori sono i veri rivoluzionari: un ossimoro, diremmo, se non temessimo di risultare oscuri, e quindi offensivi, a taluni ministri…), si vogliono dire custodi e difensori.
Ma non è questo, non solo, il punto.
Riflettevo sul fatto che maschio-femmina sembra una delle articolazioni binarie più semplici del mondo. Ciò che è femminile o maschile lo è “evidentemente”. E ogni evidenza è sempre rassicurante: costruiamo il mondo a partire dalle evidenze, e poi passiamo la vita a catalogare le sottigliezze, le sfumature, le contraddizioni, le aporie, e a reagirvi.
Eppure, signore e signori, nemmeno questa categoria è così rigidamente binaria, e la vicenda di Imane – al di là della necessità di avere regolamenti sportivi chiari o qua
Così come dimostra come per certe forze politiche tutta la realtà sia da incasellare, il più strettamente possibile, in chiare caselle sì-no, bianco-nero, maschio-femmina, amico-nemico. E ogni ragionamento, sfumatura, obiezione, articolazione di più viene dal diavolo, e va respinta.
Il che vuol dire respingere a priori qualunque esercizio di (attenzione, sto per scrivere la parola chiave, la parolaccia) complessità.
Per costoro non la Terra ma il pensiero è, e deve essere, piatto: sono pensieropiattisti. E per sua natura il pensieropiattista detesta e respinge qualunque cosa possa rialzare – letteralmente – il livello della sua visione del mondo. Dunque ogni conoscenza, se conoscere è mettere perennemente in crisi ciò che già sappiamo, o rischiare di farlo.
Imane è “maschio”, e non deve gareggiare con le femmine perché “è ingiusto” (che poi, il loro senso della “giustizia” applicato alle donne fin qui mai s’era visto, e lo salutiamo quindi con perplessa gioia), men che meno femmine italiane: il patriota si leva subito, pavlovianamente (scusate se esagero col lessico: ho una formazione da nerd di sinistra), a difesa dei sacri confini, sia pure del ring.
La condizione di Imane, i suoi precedenti (mi spiace informare i pensieropiattisti che la pugile è ben lontana dall’essere una macchina da guerra, è stata sconfitta molte volte, sempre da donne, e dunque questa preoccupazione d’un vantaggio a prescindere, causa testosterone, sembra davvero poco fondata) renderebbero la questione complessa, richiederebbero informazioni, valutazioni, confronti, dialettiche: troppo, per i pensieropiattisti e per quelle forze politiche – chiamiamoli nostalgicobigotti, o destremi, o conservatorivoluzionari o come vi pare – che lucrano, non soltanto in Italia, sul pensieropiattismo e ne fanno la propria, solida (in quanto piatta) base elettorale.
So che la condizione di Imane ha un nome: “intersex”, che non è una semplice condizione ma un intero spettro di situazioni. Una di quelle cose che lasciano i pensieropiattisti senza parole, solo col furore di essere “da una parte”.
Che brutta vita, quella di chi vuole stare sempre da una sola parte, e crede pure di sapere qual è.
(da Huffingtonpost)
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Agosto 4th, 2024 Riccardo Fucile
LO ZAR SI È SCOMODATO ANDANDO FINO ALL’AEROPORTO VNUKOVO DI MOSCA, E SI È STRETTO IN UN LUNGO ABBRACCIO CON KRASIKOV, AGENTE DELL’FSB PER CUI PUTIN ERA DISPOSTO A RILASCIARE PERSINO NAVALNY… COSA HA FATTO PER INGRAZIARSI COSÌ TANTO “MAD VLAD”?
Vladimir Putin notoriamente non si scomoda mai a venire ad accogliere gli ospiti all’aeroporto. Ma la sera del 1 agosto ha fatto un’eccezione: si è presentato all’aeroporto Vnukovo di Mosca, direttamente sulla pista di atterraggio, sulla quale era già stato srotolato un enorme tappeto rosso, con due file di soldati in uniforme cerimoniale ai lati.
Una scenografia solenne riservata solitamente alle visite di presidenti e monarchi, ma che stavolta era stata allestita per dieci passeggeri, otto adulti e due bambini, che sembravano turisti di ritorno da una vacanza in qualche villaggio: magliette, jeans, giacchette e cappellini da baseball.
Il padrone del Cremlino ha abbracciato tutti quelli che scendevano dalla scaletta, per riservare poi un abbraccio particolarmente caloroso, insieme a un «Zdorovo!», una forma di saluto molto cameratesco, all’uomo che quasi tutti ritengono essere il vero protagonista e bottino dell’operazione già entrata nella Storia come il “grande scambio” di prigionieri.
L’uomo si chiama (forse) Vadim Krasikov, ha 56 anni e una condanna all’ergastolo in Germania per aver ucciso un indipendentista ceceno in un parco di Berlino.
Diverse fonti che hanno partecipato al negoziato per lo scambio dei prigionieri sono unanimi: più di chiunque altro Putin voleva riportare a casa lui, il “killer della bicicletta”, per il quale si era mostrato disposto perfino a liberare la sua nemesi, Alexey Navalny.
Desiderava Krasikov a tal punto da rinunciare, dopo la morte di Navalny, al principio “uno contro uno” per offrire 16 prigionieri politici in cambio di otto agenti russi: oltre al killer, due hacker, un trafficante di tecnologie militari e quattro spie sotto copertura operative in Europa.
Il “grande scambio” però si è distinto per due caratteristiche senza precedenti nella Storia di tutte le guerre fredde.
La prima è che a venire scambiati, da entrambe le parti, erano quasi esclusivamente russi (alcuni con doppio passaporto americano o tedesco), nessuna spia occidentale, nessun 007 di Sua Maestà, soltanto agenti dei servizi da un lato e dissidenti, attivisti e giornalisti dall’altro. La seconda è la dimensione pubblica solenne che Putin ha voluto dare al ritorno a casa dei suoi killer, hacker e infiltrati.
L’abbraccio con un 007 con la licenza di uccidere è un segnale esplicito mandato ai russi, e al mondo. In perfetta simmetria e sincronia con Joe Biden e Olaf Scholz che accoglievano i dissidenti con ancora indosso le giubbe del Gulag nel mondo libero, il tenente colonello del Kgb Putin ha organizzato un ricevimento per i suoi colleghi come un trionfo dei servizi
Era da 60 anni che la Lubyanka non ammetteva, almeno ufficialmente, missioni di killer all’estero, e il “grande scambio” segna questa svolta inquietante, di orgoglio corporativo, di messa da parte di pudori e ipocrisie
La Russia sceglie i suoi eroi, dell’Fsb, del Gru, dell’Svr, di tutte le sigle ereditate dal vecchio Kgb, e butta fuori, senza nemmeno chiedere il loro consenso, i suoi dissidenti.
Ai molti commentatori, anche della opposizione russa in esilio, che vedono nel “grande scambio” un’apertura del regime, la politologa Tatiana Stanovaya obietta con pessimismo: «Più che un’azione comune per ottenere un obiettivo condiviso sembra una divisione dei beni in un divorzio».
(da La Stampa)
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