CASO KHELIF: CHE BRUTTA VITA QUELLE DI CHI VUOLE STARE SEMPRE DA UNA SOLA PARTE E CREDE PURE DI SAPERE QUALE
I PENSIEROPIATTISTI ITALIANI: I CONSERVATORI DELLA PROPRIA IGNORANZA
Mi ha dato molto da pensare, la vicenda della pugile algerina Imane Khelif. No, non soltanto per la sua personale vicenda: stiamo comunque parlando di una persona con una affezione molto particolare, di una atleta, di un essere umano che molti – tra cui esponenti della nostra politica – si sono permessi di dileggiare, chiamandola “l’algerino”, dandole non solo del “maschio” abusivamente infiltrato in una competizione femminile, ma sottintendendo (quello era il loro scopo reale) che alla base di quello che per loro è il “sovvertimento” della natura c’è un’ideologia perversa, una volontà umana e ideologica – identificata con la “sinistra”, il progressismo o qualunque cosa sia appena più a sinistra di Tajani – d’opporsi a “ciò che è naturale”, di cui loro, i conservatori (la premier ha di recente detto che i conservatori sono i veri rivoluzionari: un ossimoro, diremmo, se non temessimo di risultare oscuri, e quindi offensivi, a taluni ministri…), si vogliono dire custodi e difensori.
Ma non è questo, non solo, il punto.
Riflettevo sul fatto che maschio-femmina sembra una delle articolazioni binarie più semplici del mondo. Ciò che è femminile o maschile lo è “evidentemente”. E ogni evidenza è sempre rassicurante: costruiamo il mondo a partire dalle evidenze, e poi passiamo la vita a catalogare le sottigliezze, le sfumature, le contraddizioni, le aporie, e a reagirvi.
Eppure, signore e signori, nemmeno questa categoria è così rigidamente binaria, e la vicenda di Imane – al di là della necessità di avere regolamenti sportivi chiari o qua
Così come dimostra come per certe forze politiche tutta la realtà sia da incasellare, il più strettamente possibile, in chiare caselle sì-no, bianco-nero, maschio-femmina, amico-nemico. E ogni ragionamento, sfumatura, obiezione, articolazione di più viene dal diavolo, e va respinta.
Il che vuol dire respingere a priori qualunque esercizio di (attenzione, sto per scrivere la parola chiave, la parolaccia) complessità.
Per costoro non la Terra ma il pensiero è, e deve essere, piatto: sono pensieropiattisti. E per sua natura il pensieropiattista detesta e respinge qualunque cosa possa rialzare – letteralmente – il livello della sua visione del mondo. Dunque ogni conoscenza, se conoscere è mettere perennemente in crisi ciò che già sappiamo, o rischiare di farlo.
Imane è “maschio”, e non deve gareggiare con le femmine perché “è ingiusto” (che poi, il loro senso della “giustizia” applicato alle donne fin qui mai s’era visto, e lo salutiamo quindi con perplessa gioia), men che meno femmine italiane: il patriota si leva subito, pavlovianamente (scusate se esagero col lessico: ho una formazione da nerd di sinistra), a difesa dei sacri confini, sia pure del ring.
La condizione di Imane, i suoi precedenti (mi spiace informare i pensieropiattisti che la pugile è ben lontana dall’essere una macchina da guerra, è stata sconfitta molte volte, sempre da donne, e dunque questa preoccupazione d’un vantaggio a prescindere, causa testosterone, sembra davvero poco fondata) renderebbero la questione complessa, richiederebbero informazioni, valutazioni, confronti, dialettiche: troppo, per i pensieropiattisti e per quelle forze politiche – chiamiamoli nostalgicobigotti, o destremi, o conservatorivoluzionari o come vi pare – che lucrano, non soltanto in Italia, sul pensieropiattismo e ne fanno la propria, solida (in quanto piatta) base elettorale.
So che la condizione di Imane ha un nome: “intersex”, che non è una semplice condizione ma un intero spettro di situazioni. Una di quelle cose che lasciano i pensieropiattisti senza parole, solo col furore di essere “da una parte”.
Che brutta vita, quella di chi vuole stare sempre da una sola parte, e crede pure di sapere qual è.
(da Huffingtonpost)
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