AI CANCELLI DI POMIGLIANO, TRA GLI OPERAI DELUSI DA TUTTI: “SOLO CONTE CI DIFENDE”
“QUA MOLTI HANNO VOTATO LA MELONI, DICEVA CHE AVREBBE AIUTATO GLI OPERAI, INVECE TUTELA SOLO I RICCHI E GLI EVASORI”
Franco si guarda intorno e si sfoga: “Ma se Maurizio Landini non dialoga con Giuseppe Conte, in questo momento con chi lo deve fare? Aspettare ai gazebo il nuovo segretario Pd? O dobbiamo rimanere senza voce, peggio di come siamo, specialmente noi del Sud?”. Luigi ragiona a voce alta: “Non perdere tempo. Li abbiamo votati tutti, ci hanno deluso tutti”. Mario fa il caustico. “Ma la presidente del Consiglio, quand’era in campagna elettorale, non voleva dare mille euro agli operai? Con un clic, diceva. Ora l’abbiamo vista sulla manovra: fatta solo per quelli che stavano alla Scala con lei”.
Ciro alla fine squarcia i veli, mentre indica il reparto alle spalle e si avvia alla sua auto, dopo il turno: “Nessuno glielo dirà mai. Ma qui dentro, tantissimi hanno votato Meloni: perché sembra una tosta, una più libera. Io non lo so: io a votare non ci sono andato. Ma la premier, come prime mosse, vicino agli operai non ci sta. Vediamo che succede”.
Cancelli dello stabilimento Giambattista Vico. È la storica casa di Alfa Romeo che nessuno chiama né col nome della proprietà, Stellantis, né con quello del filosofo settecentesco a cui pensò Marchionne, perché per tutti è solo la Fiat di Pomigliano, l’impianto delle dure battaglie e delle tante trasformazioni. Che oggi, con i suoi 4 mila dipendenti sopravvissuti a cassa integrazione e prepensionamenti, sforna circa 700 Panda e 220 Tonale di ultima generazione, ogni giorno. È la fabbrica dove nessuno si è sorpreso per l’incontro tra il segretario della Cgil, peraltro appena candidato a un mandato bis, e il leader del Movimento 5 Stelle. In fondo, molti sono stati grillini della prima ora, sottosezione Di Maio, un “paesano” e difatti in tanti ti dicono tra rabbia e malinconia, “Che peccato Luigi, se fosse per lui mo’ non c’era più neanche questa parvenza di sinistra del Movimento”.
Gli operai su Conte-Landini
“Ne abbiamo viste di tutti i colori, qui dentro, con la politica”, ti ricorda Stefano Birotti, 56 anni, entrato in Fiat nell’89, padre di 2 figli, “di cui uno si è laureato a Edimburgo, sempre con borse di studio e qui non ci vuole proprio tornare. Che peccato che è entrata la Brexit e il fratello più piccolo che voleva seguire le sue orme non lo può fare più, fine di una vera chance democratica per i ragazzi”.
“È chiaro – analizza Stefano – che Conte si vuole accreditare come un riferimento per i diritti sociali, per i non garantiti. E Landini non disdegna di costruirci un legame. Io non sono uno del Movimento, perché Conte ha cambiato alleati troppe volte, ho votato Unione popolare, sia chiaro, ma il Pd ha perso tante di quelle occasioni per rifondarsi”.
Contro la manovra di Meloni
Per Mario Di Costanzo, che ha un ruolo di raccordo in Fiom, alla segreteria Cgil di Napoli, “è evidente che tra i nostri compagni e lavoratori c’è un punto di vista articolato, non tutti pensiamo che Conte sia la salvezza, il futuro. Ma se ci sono politici che danno ascolto e qualche sostanza ai nostri temi, è fondamentale costruirci un rapporto”. Anche perché, interviene Franco Adinolfi, anche lui con 2 figli a carico, da oltre 25 anni in Pcma, l’azienda della componentistica di Stellantis, “contro questa finanziaria una battaglia la si deve fare, o no? Com’è possibile accettare che i nostri salari sono fermi da tanti anni, e ora il governo battezza una flat tax che privilegia chi sta al sicuro mentre noi ci dobbiamo barcamenare tra l’affitto, le bollette da incubo, lo studio per i figli, e pure la benzina per arrivare al lavoro? Ce lo ricordiamo che hanno ridotto il taglio alle accise e noi stiamo pagando di più i carburanti, già dal 2 dicembre?”.
Benzina e proteste
Sulla benzina viene giù il mondo. Si accendono tutti: da queste parti, se sei un operaio di Pomigliano, non hai né un bus né un treno con gli standard da area occidentale in grado di portarti in fabbrica in tempi regionevoli. “Le vecchie convenzioni con le aziende di trasporto sono state tutte cancellate – ricostruisce Mario – Quindi, se da un centro abitato anche non lontanissimo vuoi arrivare allo stabilimento, o metti in conto di perdere un paio d’ore all’andata e altre due al ritorno, visto che i mezzi sono pochissimi e passano a intervalli assurdi; oppure metti mano alla tasca e fai il pieno di benzina. Qui si organizzano in 3 o in 4, ogni giorno, per dividere le spese”.
“Meglio Conte che niente”
E Luigi Maiello, gruista, “ci sono amici che vengono da Salerno a lavorare: capite quanto costa?”. Mimmo Loffredo, manutentore degli stampi , 42 anni: “Se i nostri stipendi sono fermi al palo e invece in Germania il governo li irrobustisce con una bella integrazione, significa che noi vogliamo radere al suolo la classe operaia di questo Paese”. Tommaso, 44 anni, del montaggio Panda, sposato e con due figli. “Io preferisco Conte in questo momento. Non è stato coerente, ma preferisco mille volte lui a un governo che sta favorendo l’evasione fiscale, che premia solo le categorie più protette”.
E Eduardo, che di anni ne ha 58 e sta al montaggio del Tonale, allarga le braccia: “Non ho la stessa cultura politica di Conte, vengo dalle storie di Democrazia proletaria, e ora dovrei, come in quello splendido monologo di Vincenzo Salemme, fare causa allo Stato perché il comunismo è fallito e la sinistra non esiste e più. Ma comunque meglio Conte che niente. Almeno lui la spende la voce per quelli senza diritti: come mio genero, che lavora per un’azienda della logistica per 5 euro e 50 centesimi all’ora: e con mia figlia hanno anche un bambino. A fine mese, mille euro con gli straordinari”.
Il secondo turno
Comincia ad arrivare il secondo turno, un operaio viene accompagnato dai colleghi, ha un piccolo problema di deambulazione. “Peccato abbiano spento le scale mobili per andare in mensa: certo, sono solo due piani e mezzo, ma per chi ha disagi certificati – ricorda Mario – non è piacevole non poter salire con gli altri. Piccole cose ma contano. Fanno sentire più in fondo chi già è rimasto indietro”.
(da La Repubblica)
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