IL VERTICE ITALIA-AFRICA È L’ENNESIMA ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA
IL PIANO MATTEI È ANCORA UN FOGLIO BIANCO, E NON A CASO, DUE BIG COME EGITTO E ALGERIA SONO RIMASTI FREDDINI E HANNO SPEDITO DELEGAZIONI DI SERIE B
Di fronte alle delegazioni riunite oggi a Palazzo Madama per la Conferenza Italia-Africa, Giorgia Meloni non riuscirà ad andare molto oltre gli slogan. Annuncerà, certo, alcuni progetti con “Paesi-pilota” sul fronte infrastrutturale e della formazione. Per riuscire davvero a riempire di fatti l’ambizione del Piano Mattei, però, la premier avrebbe bisogno di alleati e sponde solide. Servirebbe il sostegno politico dell’Ue e di Washington. Quello che, a causa delle scadenze elettorali imminenti e di interessi geopolitici divergenti, al momento non si intravede.
Una difficoltà a cui si aggiungere la freddezza di alcuni partner africani strategici, in particolare Egitto e Algeria, come dimostra il livello delle delegazioni spedite a Roma. È il tempo dei buoni propositi, a Palazzo Chigi. E della preparazione della campagna elettorale per le Europee.
Meloni ha deciso di mettere al centro del 2024 il dossier africano. La prima ragione è cercare di invertire il trend assai negativo sugli sbarchi: per sua ammissione, il fallimento peggiore dell’esperienza a Palazzo Chigi. Non potendo più affidarsi alle promesse di blocchi navali, insegue soluzioni per contenere i flussi. La seconda ragione è più prosaica: si è appena aperta la Presidenza italiana del G7 e Meloni immagina il summit anche come una passerella che le garantisca consenso.
A Palazzo Madama, Meloni lancerà la volata per il Piano Mattei, un progetto che sulla carta dovrebbe impegnare l’Italia per quattro miliardi in 5-7 anni. Che prevede il coinvolgimento delle partecipate di Stato — da Eni a Enel — negli investimenti sul suolo africano. Che si propone di arruolare anche Cdp, banche private e università nella cooperazione. E che spera di creare le condizioni per aprire hotspot per migranti lungo le coste del Maghreb, sotto l’egida dell’Europa.
Progetto ambizioso e lontano dal realizzarsi, si diceva. Egitto e Algeria hanno concesso delegazioni di medio o basso livello (la ministra per la Cooperazione il Cairo, il ministro degli Esteri l’Algeria). Certo, sono presenti 21 tra presidenti e primi ministri africani. Dopo alcuni dubbi, dovrebbe esserci il primo ministro del governo di Unità nazionale della Libia, Abdel Hamid Dbeiba e, soprattutto, il tunisino Saied, che non usciva da tempo dal Paese.
Quest’ultimo rischia di essere uno dei protagonisti della giornata: è in affanno, gli mancano 3 miliardi per chiudere il bilancio, finora ha ricevuto solo 150 milioni dall’Europa. Insegue i 900 milioni del Fmi, che restano congelati per l’assenza di riforme. Senza sostegno, Tunisi potrebbe procurare altri problemi migratori all’Italia e all’Europa, anche se Meloni dice alTg1 che l’accordo con Saied va replicato con altri Paesi.
Alla Conferenza ci sarà Ursula von der Leyen. Da tempo gioca di sponda con Meloni, cercando la riconferma alla guida della Commissione. Ma è evidente che Meloni capirà se è possibile arruolare davvero Bruxelles nella sfida del Piano Mattei dopo le europee, in base ai nuovi equilibri dell’Unione.
(da La Repubblica)
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