L’ESPERTO DI DRAGHI CHE DIFENDE SILVIO
DAL MSI AL SANTO GRAAL, ECCO AUGELLO, L’ESPERTO DI DRAGHI RELATORE DELLA CAUSA DI DECADENZA DEL CAVALIERE
Con il che si rende noto al gentile pubblico che il senatore- relatore della causa di decadenza di Berlusconi, Andrea Augello, Pdl, è uno dei più grandi esperti di draghi. Sì, draghi, scritto minuscolo, cioè mitologici serpentoni sputafuoco su cui Augello ha appena pubblicato una specie di atlante, “I draghi d’Italia” (Gaffi) e quindi non Draghi inteso come Mario, il super-banchiere dei poteri forti.
Per cui la triplice, bizzarra combinazione sta nelle coincidenze che si aggrovigliano lasciando già intravedere un intricato finale.
E dunque, la prima simbolica casualità illumina il marchio della Fininvest che ritrae indubbiamente un drago, il cosiddetto biscione, e cioè l’emblema araldico stilizzato di quel basilisco visconteo che i proto-creativi berlusconiani vollero addolcire con un fiore in bocca.
La seconda circostanza, sempre in termini di edulcorazione, è che la principale società immobiliare di Silvione ha nome — guarda guarda — “Dolcedrago”. L’amministrava fino a poco tempo fa il ragionier Spinelli, insieme a un’altra holding battezzata “Idra”, che a sua volta, sempre in mitologia, sarebbe un drago multiplo con la bellezza di sette capocce di serpente, la più grossa delle quali immortale.
Nel suo studio il senatore-relatore Augello, che in un recente tour tematico sul lago d’Orta ha scovato vestigia dell’unica dragonessa italiana, si sofferma sull’immaginario che, dalla preistoria fino ad Hollywood, proietta su tali orrifiche creature una sorta di presidio contro il volto oscuro del progresso.
Ma per tornare all’impegno che lo attende a Palazzo Madama non gli sarà sfuggita — ed è la terza singolare particolarità — l’immagine che da parte di Veronica Lario precedette l’ondata devastante degli scandali sessuali berlusconiani: quella sulle “vergini” — e su questo pare lecito nutrire qualche riserva — che comunque “si offrivano al Drago”.
Quest’ultimo da identificarsi nel ringalluzzitissimo marito, della cui sorte Augello è da domani corresponsabile.
Con quale e quanta perizia giuridica è difficile dire.
Perchè il senatore, che come autore di libri si è pure dedicato alla letteratura cortese del Santo Graal e alla battaglia di Gela, svoltasi dopo lo sbarco alleato in Sicilia, è un uomo anche colto.
Ma come mestiere resta pur sempre un impiegato di banca, oltretutto prestato al sindacato dell’ex Msi, la Cisnal.
In realtà Augello ha sempre fatto politica, fin dai tempi in cui con il fratello maggiore Tony frequentava la sezione missina di Monteverde, dove tra gli altri presero la tessera Gianfranco Fini e Valerio Fioravanti. Poi si trasferì all’Aurelio, legandosi alla nouvelle vague di Pino Rauti, donde la passione tutta evoliana per i cavalieri medievali, e l’esperienza di un giornaletto non privo di fantasia innovativa che si chiamava La Contea.
Nella destra romana, entità peraltro abbastanza intricata e spesso nefasta, fece carriera alleandosi, scontrandosi e districandosi con Alemanno, Storace, Rampelli, amici-nemici e fratelli-coltelli.
Consigliere comunale, assessore regionale, parlamentare e finalmente sottosegretario, lungo un tragitto che dal ghetto degli esuli in patria l’ha portato in braccio al dinosauro di Palazzo Grazioli, dove è comparso o meglio è ricomparso al centro della recente foto del cosiddetto Quarto Stato berlusconiano.
Augello infatti stava per passare con Fini, ma poi è rimasto nel Pdl; ai tempi di Monti e delle primarie del centrodestra stava per mollare il Cavaliere, però all’ultimo ci ha ripensato e adesso, insieme con la compagna europarlamentare Roberta Angelilli, guida un gruppo dall’impegnativo nome di “Capitani coraggiosi”.
Il vero mistero è come abbia potuto conciliare per tutto questo tempo il fascino del mondo premoderno con l’intruppamento di tanti ex democristiani; e come tuttora riesca a tenere insieme l’amore per le uniformi d’epoca e le cene con i placidi e voraci palazzinari.
Ma questi sono gli enigmi insondabili della destra, come la fine dei draghi, che poi forse erano i dinosauri, o chissà chi.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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