Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
MAZZEI SVELA IL PATTO DELLA SPIAGGIA: LI’ AVREBBE CONOSCIUTO SERRA
Un investimento, 10 milioni di euro, dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze proprio nel fondo di Davide Serra, deciso giorni prima della ormai nota cena di ottobre tra Renzi e il mondo della finanza rampante italiana.
I vertici della Fondazione ammettono tutto, con il presidente Jacopo Mazzei che scagiona Renzi (“non ne sapeva niente”) e rivela il patto della spiaggia (“ho conosciuto Serra al mare, è nato tutto lì”).
L’argomento, dal bagnasciuga, è arrivato nell’arena del Consiglio comunale di Palazzo Vecchio.
Matteo Renzi ieri era assente per la decima volta consecutiva.
Si aspettava un chiarimento dopo l’inchiesta che ha svelato come la fondazione Ente Cassa di Risparmio abbia investito 10 milioni di euro in CoCo bond ad alto rischio tramite il fondo Algebris di Davide Serra.
E una risposta era attesa anche vista la presenza, nel-l’Ente Cassa, di persone molto vicine al primo cittadino, come il presidente Mazzei e il consigliere di amministrazione Marco Carrai.
Oltre a Bruno Cavini, portavoce di Renzi e inserito nel comitato di indirizzo dell’Ente con nomina diretta del primo cittadino.
“È necessario fare chiarezza sugli aspetti che legano i tre soggetti e sulle valutazioni alla base delle quali è stato fatto l’investimento da parte dell’Ente Cassa di Risparmio”, hanno incalzato i consiglieri dell’opposizione di sinistra Tommaso Grassi e Ornella De Zordo.
La risposta “la darò con le parole di Mazzei sui giornali di oggi (ieri ndr)”, ha detto l’assessore Rosa Maria Di Giorgi.
Allora ricordiamolo, cosa ha detto il presidente del Cda della fondazione.
Che non è stato lui a presentare Serra a Renzi e che “nell’operazione nemmeno Carrai c’entra nulla: tutto è partito da un mio incontro di questa estate al mare con Serra”. Parola di Mazzei, e ora anche della giunta, che ha ammesso quindi l’investimento nel fondo ad alto rischio, dopo che il presidente del Consiglio Eugenio Giani aveva liquidato la domanda con un “no, è inammissibile”. Giani però ha dovuto fare dietro-front perchè appena pronunciata la parola “inammissibile”, la stessa che venne azzardata quando vennero chiesti chiarimenti sul caso Lusi, è esplosa la tensione. Nervosismo, brusii, proteste animate, grida.
La prima a perdere le staffe, durante la replica del consigliere Grassi che contestava la decisione, è stata sempre lei, l’assessore Giorgi: “Non deve rispondere”, ha urlato a Giani a microfono spento.
Insofferente, piccata: “Basta ora, non rispondiamo. Mai vista una cosa del genere”. Per poi tornare sui suoi passi, esasperata dal clima: “Ora rispondo, fatemi rispondere, tanto l’avevamo preparata”.
Dai banchi del Consiglio si sono levati commenti critici e durissimi.
Anche nello stesso gruppo del Pd, con la bersaniana Cecilia Pezza che non ha esitato a definire Firenze una “città esposta alla vergogna anche per la continua assenza del sindaco”.
La consigliera De Zordo ha ricordato come siano state “ammesse domande su tutto, Siria, Terzo Mondo, e ora questa no.
Perchè?”. “Perchè è una domanda scomoda”, attacca Massimo Sabatini della Lista Galli (centrodestra).
E l’impressione che fossero in tanti, ad essere in imbarazzo, è stata fortissima.
Tutti eccetto Renzi che a debita distanza, su Twitter, replica com’è nel suo stile: “Mi raccomando: non rispondiamo alle provocazioni di queste ultime ore. Testa alta e sorridere”.
E a Otto e mezzo: “Se questo è tutto quello che hanno per colpirmi è solo fango”.
La questione soldi è al centro di questi ultimi giorni di primarie.
Lo storico tesoriere dei Ds Ugo Sposetti ha fatto i conti in tasca a Renzi: “Finora ha speso per le primarie 2 milioni e 800mila euro, mentre il tetto massimo è di 200mila”. Ieri Dagospia rilanciava un pezzo del Corriere della Sera del 15 giugno 2007 dove lo stesso Sposetti parlava del rapporto con il mondo della finanza. “Mi accorgo che sono tutti molto, molto sorpresi, e a volte persino scandalizzati, dal fatto che alcuni politici parlino con banchieri e imprenditori — aveva dichiarato – Ma con chi dovremmo parlare? Con chi dovrei parlare, io? Con gli straccioni?”.
Sara Frangini
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
L’AGENZIA DELLE ENTRATE: “INCONGRUENZE DEI REDDITI DICHIARATI NEL 20% DEI CASI”…IRREGOLARITA’ MAGGIORI PER IMPRESE E LAVORO AUTONOMO… PRESENTATO IL NUOVO REDDITOMETRO
Dichiarazioni dei redditi incoerenti in oltre il 20 per cento dei casi.
Lo comunica il direttore delle Entrate Attilio Befera: “da una simulazione sull’intera platea delle famiglie, oltre 4,3 milioni (circa il 20%)” delle dichiarazioni dei redditi “risultano non coerenti”, dice.
In particolare “tra le diverse categorie di reddito il tasso di irregolarità è maggiore nel reddito di impresa e nel reddito di lavoro autonomo”.
I dati sono stati comunicati durante la conferenza stampa di presentazione dei criteri del nuovo accertamento sintetico – il nuovo redditometro – che è già pronto e in attesa di approvazione del decreto ministeriale.
“A gennaio sarà utilizzabile”, ha aggiunto Befera, dicendo che verrà utilizzato “con la massima cautela e soltanto per differenze eclatanti” tra le spese e i redditi dichiarati.
“Il metodo – spiega l’Agenzia delle Entrate – ha evidenziato altresì fenomeni riconducibili a locazioni omesse, o parzialmente dichiarate, nonchè a redditi in nero di lavoratori dipendenti.
Il nuovo strumento dà però la possibilità al contribuente di dare spiegazioni.
La non coerenza non è automaticamente rappresentativa di un evasione. Il contraddittorio infatti potrebbe portare la non coerenza a coerenza oppure ridimensionare l’incoerenza”.
Inoltre, “il nuovo accertamento sintetico rende obbligatorio il dialogo con il contribuente mediante il contraddittorio”.
Da oggi è disponibile online il “redditest” il software messo a punto dall’Agenzia delle Entrate per verificare la coerenza tra reddito familiare e spese sostenute.
E’ possibile scaricarlo dal sito dell’agenzia sul proprio pc senza lasciare alcuna traccia sul web: “Un prodotto informatico di ausilio all’autodiagnosi per i contribuenti” dice l’Agenzia delle Entrate secondo cui “serve ad orientare circa la coerenza del proprio reddito familiare rispetto alle spese sostenute nell’anno”.
Una volta compilato, il redditest mostrerà una sorta di semaforo: la luce verde darà un messaggio di coerenza, mentre il semaforo rosso segnalerà l’incoerenza tra reddito familiare dichiarato e spese sostenute.
Per dare inizio al test occorre indicare la composizione della famiglia, il Comune di residenza e vanno poi inserite le spese più significative sostenute dal nucleo familiare durante l’anno.
(da “La Repubblica“)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
NEGLI ULTIMI ANNI IL BUDGET PER LE PAGHE DECURTATO DEL 71%
Meno di un detenuto su cinque svolge attività lavorativa in carcere e meno di un quarto frequenta la scuola o la formazione professionale.
Nel suo rapporto “Senza dignità ” l’associazione Antigone evidenzia che nel primo semestre 2012 a lavorare sono stati 13.278 detenuti, “una cifra assai inferiore rispetto al numero dei condannati, che al 30 giugno erano 38.771, ai quali l’amministrazione ha l’obbligo di garantire un’occupazione retribuita”.
È la percentuale più bassa dal 1991.
Il calo è dovuto soprattutto ai tagli: negli ultimi anni è venuto a mancare il 71% dei fondi per le mercedi, passati dagli 11 milioni del 2010 ai 9.336.355 euro del 2011 ai 3.168.177 euro del 2012.
Nella maggior parte dei casi le buste paga dei detenuti non superano i 30 euro mensili. La forbice è passata ovunque: a Regina Coeli nel 2011 il budget era di 611mila euro, sceso a 476 mila nel 2012.
A Teramo si è passati dai 300 mila euro del 2011 agli attuali 241 mila.
Il Nuovo Complesso di Rebibbia a maggio 2005 contava 358 lavoranti, scesi a 220 ad aprile 2012, mentre alla Reclusione di Rebibbia il budget di 650 mila euro l’anno si è ridotto del 32% nel triennio 2009-2011 e di un altro 34% nel 2012: adesso.
A Latina nel 2012 il taglio è stato del 50%.
Infine a Fermo la casa di reclusione con i suoi 87 detenuti (di cui 78 condannati), ha a disposizione per l’anno in corso, per le paghe dei lavoranti, 5 mila euro mensili, mentre ad Ancona Montacuto 190mila euro servono per le mercedi di circa 400 detenuti, 129 dei quali definitivi.
Qualcosa sembrò muoversi lo scorso giugno quando il ministro della Giustizia Paola Severino, in visita agli istituti di pena colpiti dal terremoto, parlò di impiegare i detenuti nella ricostruzione.
Ne è seguito un protocollo d’intesa con Anci e Dap per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità da parte di soggetti in stato di detenzione.
Ma qui nascono i problemi perchè “come si legge nello stesso sito del ministero, il lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività — precisa Antigone -.
Il protocollo, dunque, non offre soluzioni utili per garantire occupazione alla popolazione detenuta”.
Sempre sul fronte lavorativo, il progetto “Sostegno al reddito” della cassa delle ammende è arrivato a rimpiazzare la legge Smuraglia che ha esaurito i fondi (per il 2011 è stato stanziato un importo di 1.075.840,82 euro).
“Altri ventotto progetti sono stati approvati o rinnovati quest’anno dalla cassa delle ammende — sottolinea il rapporto -. Uno di essi è relativo a interventi di ristrutturazione edilizia che coinvolgono sedici istituti”.
Gli ultimi dati relativamente ai detenuti studenti risalgono invece all’anno scolastico 2010/2011.
Dei 67.961 reclusi presenti in carcere a fine 2010, 15.708 erano impegnati in attività scolastiche e solo in 7.015 hanno portato a termine un percorso di studio.
A fine 2011, a fronte di 66.897 detenuti, solo 2.434 erano iscritti a corsi di formazione professionale.
(da “Redattore Sociale“)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
A DIFFERENZA DELLO STATO BISCAZZIERE, LA BARISTA HA UNA SENSIBILITA’: “PERDO GLI INCASSI, MA SALVO I CLIENTI”….”RISCHIO DANNI ANCHE DALLA SOCIEGTA’ DELLE MACCHINETTE, MA NON TORNO INDIETRO”
Una signora di mezza età si piega per raccogliere da terra la spina e infilarla nella presa della corrente.
La barista la ferma: «L’ho staccata io, le slot sono fuori uso».
Quando la cliente esce, aggiunge: «Le ho spente perchè non sopportavo più di vedere persone che si rovinavano in quel modo».
Di macchinette, nel bar tabaccheria «Gio» di via Mantova, prima periferia di Cremona, Monica Pavesi ne ha due.
«Non le volevo sin dall’inizio, a me – dice – interessava solo il Totocalcio, i cui proventi però sono crollati. E così, per non essere in perdita, sono stata costretta a tenerle».
E ad assistere allo «spettacolo» che ogni giorno andava in scena dall’altra parte del banco, a destra dell’ingresso.
«I giornali e la televisione – racconta – la crisi l’hanno scoperta da qualche mese. Io, invece, ce l’ho davanti agli occhi da tre anni. Italiani e stranieri, molti anziani ma anche giovani, forse più donne che uomini: gente che non se la passa bene e si aggrappa ai videopoker spendendo tutto quello che ha».
La barista anti slot ha rilevato il locale nel 1987 e ha ancora un mutuo da pagare.
«A me piace fare i caffè, parlare con i clienti. Non voglio più avere a che fare con chi è convinto che il denaro per vivere arriva da quegli apparecchi».
Il «silenziatore» è stato messo un mese fa.
Una decisione che sta già costando cara alla titolare perchè le slot incassavano 40-50 mila euro al mese e il 6 per cento (1.500 euro ogni quindici giorni) andava a lei.
Una decisione che in futuro potrebbe costarle ancora di più: il contratto scade nel 2015 ed è probabile che la concessionaria si farà sentire.
«Che danni avrò? Non lo so. Mi dicevano che non potevo recedere». Ma intanto il Comune, impegnato in una crociata contro le slot, ha deciso che premierà la barista. «Ha fatto un gesto coraggioso – dice il vicesindaco Carlo Malvezzi – che può essere un esempio per tutti i suoi colleghi».
Adesso, dunque, l’ultima frontiera della lotta alle macchinette mangiasoldi che scatenano il «gioco compulsivo», autentica malattia che rovina migliaia di famiglie, arriva dai locali che per la prima volta – vista l’assenza dello Stato, che dal gioco ricava 12,5 miliardi l’anno – lanciano la questione morale.
In Lombardia, dove negli ultimi dieci mesi le 60 mila slot hanno bruciato 10 dei 60 miliardi (stime prudenti) inghiottiti in Italia dal gioco d’azzardo, la rivolta silenziosa di Monica Pavesi è già stata raccolta dal presidente dei baristi di Bergamo aderenti all’Ascom: «Non è danneggiando gente che magari ha già i suoi problemi – dice Giorgio Beltrami – che si giustificano certi guadagni».
Ma chi rinuncia alle macchinette, da cui arrivano quasi sempre gli incassi che permettono di tenere aperto il bar, avrebbe bisogno di sostegno.
Anche perchè le concessionarie invogliano sempre più i baristi a installare le slot.
Lo racconta Simone Feder, psicologo, impegnato da anni nella lotta alle slot e nell’assistenza ai malati da gioco a Pavia, che è in testa alla classifica delle città italiane per spesa pro capite alle macchinette (2.870 euro all’anno).
«Alcune concessionarie – dice Feder – con le slot offrono un pacchetto che prevede anche l’installazione gratuita di telecamere di sorveglianza, mega televisore al plasma e impianto d’allarme».
E, così, resistere diventa sempre più difficile.
Luigi Corvi
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL GOVERNO PENSA COSI’ DI ELIMINARE LO STOCK DI CASE INVENDUTE, CIRCA 700.000, EREDITA’ DELLA BOLLA IMMOBILIARE…. IL VALORE DELLE CASE DEV’ESSERE DI ALMENO 160.000 EURO
Può avere un prezzo un permesso di residenza? Per il governo spagnolo, sà. L’esecutivo di Madrid sta infatti studiando come cambiare la legge per concedere il permesso di residenza agli stranieri che acquistino una casa in Spagna per un valore di almeno 160.000 euro.
È quanto ha dichiarato il segretario di Stato per il Commercio, Jaime Garcàa-Legaz, questa mattina in un incontro pubblico a Madrid.
Il rappresentante del governo ha spiegato che domani ci sarà una riunione per affrontare le modifiche normative necessarie. Garcàa-Legaz ha poi specificato che la cifra orientativa che si studia è “un livello adeguado” che “non causerebbe una domanda eccessiva di permessi di residenza” e che le modifiche guardano soprattutto ai cittadini cinesi e russi.
L’obiettivo dichiarato dallo stesso segretario di Stato è cambiare in tempi rapidi la legge sull’immigrazione per cercare un nuovo mercato che aiuti a vendere l’immenso stock di case nuove e invedute che sono la pesante eredità della bolla immobiliare che ha alimentato per dieci anni la crescita della Spagna.
Secondo alcune stime solo questo stock —senza includere il mercato delle case di seconda mano- è di 700.000 unità .
Poco dopo le dichiarazioni di Garcàa-Legaz, il presidente del Governo spagnolo, Mariano Rajoy, in una conferenza stampa a una domanda diretta sulla modifica alla legge annunciata dal segretario di Stato, ha risposto che “non è stata ancora presa nessuna decisione” ma riferendosi allo stock immobiliare ha aggiunto: “Abbiamo la necessità di vendere quelle case”.
L’annuncio di un cambio della normativa arriva mentre si continua a discutere su come alliviare la situazione delle migliaia di famiglie sotto sfratto, l’altra faccia del boom immobiliare.
La scorsa settimana il governo ha approvato un decreto che stabilisce una moratoria di due anni per le esecuzioni giudiziarie in casi di estrema necessità : famiglie con redditi non superiori ai 19.000 euro e con tre figli o famiglie monoparentali con due figli (di cui uno al di sotto dei tre anni), e con persone con disabilità di almeno il 33%.
Una misura che è stata criticata da più parti.
Non solo i movimenti cittadini che lottano contro la casa la considerano “cosmetica” ma anche i giudici, che vedono accumularsi nei tribunali le ingiunzioni di sfratto, la ritengono insufficiente.
Negli ultimi cinque anni le esecuzioni giudiziarie si sono moltiplicate in Spagna e dal 2008 sono già oltre 350.000.
Molti dei casi di sfratto riguardano famiglie di immigrati e nazionalizzati che negli anni del boom comprarono case il cui valore attuale è di media il 30% in meno di quello che era nel 2007.
(da “Redattore Sociale“)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
SOVRAFFOLLAMENTI, SUICIDI, MORTI MAI SPIEGATE: IL RAPPORTO CHOC DELL’ASSOCIAZIONE “ANTIGONE”
L’Italia resta il paese con le carceri più sovraffollate nell’Unione Europea: il nostro tasso di affollamento è oggi infatti del 142,5% (oltre 140 detenuti ogni 100 posti: la media europea è del 99,6%).
Al 31 ottobre infatti la capienza regolamentare complessiva dei 206 istituti penitenziari è di 46.795 posti, a fronte di una presenza di 66.685 detenuti.
E’ quanto emerge dal IX rapporto sulle condizioni di detenzione «Senza Dignità » dell’Associazione Antigone, presentato oggi a Roma.
Le regioni più affollate sono Liguria (176,8%), Puglia (176,5%) e Veneto (164,1%). Le meno affollate Abruzzo (121,8%), Sardegna (105,5%) e Basilicata (103%).
«La dichiarazione dello stato di emergenza per il sovraffollamento carcerario risale al 13 gennaio 2010: il numero dei detenuti al 31/12/2009, subito prima della dichiarazione dello stato di emergenza, era di 64.791. Al 31/10/2012 la presenza era di 66.685 detenuti, 1.894 in più. Ma i detenuti non dovevano diminuire?», domanda l’associazione.
«La legge n. 199 del 2010 prevedeva la possibilità di scontare l’ultimo anno di pena in detenzione domiciliare, misura poi estesa con il decreto del dicembre 2011 a 18 mesi. Al 31/10/2012 hanno beneficiato di questa possibilità 8.267 detenuti. Tra costoro 539 donne (il 6,5%) e 2.283 stranieri (il 26,7%)».
«Il numero sembra significativo, ma è in parte un abbaglio. Si tratta anzitutto di un dato di flusso, e non statico, che va dunque messo in relazione non con il numero dei detenuti presenti, ma con quello dei detenuti usciti dal carcere dall’entrata in vigore della legge, verosimilmente oltre 140.000. Una piccola cosa dunque».
«Parte di questi detenuti avrebbe potuto fruire di altra più estesa misura alternativa. A questo si aggiunga che, trattandosi di una misura che consentiva di scontare solo gli ultimi mesi della pena fuori oggi, 20 mesi dopo l’entrata in vigore della legge, una parte (la metà ?) di quanti ne hanno usufruito sarebbe fuori comunque, ed il resto uscirebbe al massimo tra qualche mese. Insomma, una novità certamente non di grande impatto».
Ad un mese dalla fine dell’anno, 93 sono i detenuti morti in carcere, di cui 50 per suicidio, uno per sciopero della fame (Lecce), uno per overdose (Regina Coeli), uno per omicidio (Opg di Aversa), 31 per cause ancora da accertare e 9 per malattia.
A questi numeri si devono poi aggiungere altri quattro decessi, di cui 3 per suicidio, avvenuti nelle camere di sicurezza: si tratta di tre uomini e una donna stranieri di età variabile tra i 26 e 31 anni.
La donna era ucraina e si è tolta la vita mentre si trovava in una stanza del commissariato di Villa Opicina a Trieste lo scorso aprile.
Nello stesso periodo dello scorso anno erano morti 91 detenuti, 43 dei quali per suicidio.
Lo dice l’associazione Antigone in ‘Senza Dignità ‘, il IX rapporto condizioni di detenzione, presentato oggi a Roma.
L’età media dei detenuti deceduti è di poco inferiore ai 40 anni, così come quella dei soli suicidi.
Di questi ultimi, poco più del 30% è di origine straniera e solo 2 donne (una straniera e una italiana).
Il più giovane a morire, fino ad ora, aveva 19 anni, era marocchino ed era appena arrivato al carcere di Verona da quello di Padova.
Il più anziano che si è suicidato aveva 71 anni ed era recluso a Rebibbia Nuovo Complesso: originario di Paliano (in provincia di Frosinone), l’uomo si è impiccato con un lenzuolo all’interno della sua cella singola, era affetto da problemi respiratori e aveva un fine pena fissato per il 2015.
Ad oggi, continua il rapporto di Antigone, il primato dei decessi spetta al carcere di Genova Marassi e Firenze Sollicciano.
In entrambi gli istituti sono 5 i detenuti morti: 4 dei quali per suicidio nel carcere toscano mentre in quello ligure uno è morto per suicidio, uno per infarto e gli altri ancora da accertare.
A seguire c’è Teramo con ben 4 suicidi.
All’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto sono 4 i morti: due per suicidio, un altro è deceduto a seguito di inalazione del gas della bomboletta in dotazione e, a gennaio, era deceduto, per malattia, un altro internato di poco più di 50 anni.
Anche a Regina Coeli i morti sono 4: un detenuto del centro clinico è deceduto per malattia, un altro è morto a seguito di un infarto, un altro è stato stroncato da un overdose e l’ultimo, un tunisino di 25 anni, si è impiccato con l’elastico dei propri slip, nonostante fosse controllato a vista dalle guardie.
Nel 2012 si sono tolti la vita 8 appartenenti al corpo della Polizia penitenziaria, lo stesso numero nell’anno precedente, 5 nel 2010, 6 nel 2009 e 7 nel 2008 e 2007.
(da “la Repubblica”)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
SI STANNO TRASFORMANDO LE PRIMARIE IN UN CONGRESSO PER AVERE MAGGIORE PESO INTERNO”… ANCHE GASPARRI E LA RUSSA ORA SI LAMENTANO: “TROPPI CANDIDATI”
Alessandra Mussolini si ritira dalla corsa per la leadership del Pdl. “Trasformare le primarie del Pdl in un congresso politico, o meglio, in una squallida e poco credibile resa dei conti interna, è il più grosso errore che si possa commettere alla vigilia di una campagna elettorale”, spiega la parlamentare annunciando la sua rinuncia alla candidatura.
“Se queste sono le premesse – lamenta – sarà una gara sotto i riflettori di chi ha lo scopo di distruggere senza costruire, che porterà a un ulteriore indebolimento politico di un partito e della sua classe dirigente”.
“Non si parli allora di primarie ma di correnti allo sbaraglio in cerca di riposizionamento politico”, prosegue Mussolini.
“Patetico poi – attacca ancora – è l’atteggiamento di chi tira fuori ‘le unghiette’ contro il governo Monti solo ora, dopo che ne ha sempre dato l’appoggio durante il suo mandato. A questo punto, ancora una volta, il presidente Berlusconi ha avuto ragione a nutrire scetticismo per questo masochistico strumento politico al quale mi onorerò di non partecipare”.
Con la scelta di Alessandra Mussolini di non correre, il numero dei candidati a rappresentare il Pdl nelle elezioni politiche passa da 12 a 11, ma non è ancora definitivo in quanto il termine per la presentazione delle firme scadrà domenica, a mezzogiorno e non è detto che tutti i concorrenti riusciranno a presentarsi con lke carte in regola.
Ai nomi di Angelino Alfano,Giorgia Meloni, Daniela Santanchè, Giancarlo Galan, Gianpiero Samorì, Guido Crosetto, Alessandro Cattaneo, Michaela Biancofiore, Vittorio Sgarbi e Alfonso Marra, si è aggiunto nelle ultime ore utili il finanziere Alessandro Proto.
Manca, invece, il nome dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Una cifra eccessiva secondo Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri.
“Esprimiamo rispetto per tutti i possibili candidati alle primarie del Pdl, ma il loro numero, circa 20, crediamo renda opportuno un piccolo esame di coscienza per molti di loro”, affermano in una nota.
“Davvero – proseguono – ciascuno dei possibili candidati, che diventeranno tali solo dopo la non difficile raccolta di almeno 10.000 firme, si sente in grado di rappresentare il Pdl e poi cercare di battere il candidato della sinistra per svolgere il ruolo di presidente del Consiglio, che è stato di Silvio Berlusconi ed a cui rinnoviamo la nostra vicinanza?”
(da “la Repubblica“)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL TUTTO AGGRAVATO DA FINALITA’ MAFIOSE E CORRUZIONE
Il giudice Edoardo De Gregorio ha rinviato a giudizio il deputato del Pdl Nicola Cosentino a conclusione dell’udienza preliminare scaturiata dall’inchiesta denominata “Il principe e la scheda ballerina”.
Una indagine che ha per tema le infiltrazioni del clan dei Casalesi nella politica e nell’economia del Comune di Casal di Principe.
Cosentino è imputato di reimpiego di capitali aggravato da finalità mafiose e corruzione con riferimento a un progetto di realizzazione di un centro commerciale chiamato “Il principe”.
Il processo avrà inizio il 23 gennaio davanti alla prima sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Le indagini sono state condotte dai pm Antonello Ardituro e Henry John Woodckoc.
Cosentino, assistito dai penalisti Stefano Montone e Agostino De Caro, aveva depositato al giudice una memoria difensiva nella quale respinge tutte le contestazioni.
Il deputato è stato prosciolto dall’accusa di falso mentre è stata dichiarata prescritta l’ipotesi di violazione della normativa bancaria.
Attualmente nei confronti di Cosentino è già in corso da mesi il processo che lo vede imputato di concorso in associazione camorristica.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 20th, 2012 Riccardo Fucile
IL CASO DEL RAGIONIER SPINELLI: UNA VIA DI MEZZO TRA “ROMANZO CRIMINALE” E UN FILM DI TOTO’
Probabilmente non c’è italiano che non sia rimasto interdetto, ieri, nel seguire le notizie sul sequestro lampo ai danni del cassiere di fiducia di Silvio Berlusconi. Quello che si è scoperto, con un mese di ritardo, è un episodio di cronaca nera: ma lo scenario nel quale si sono svolti i fatti, e mossi i suoi interpreti, sembra da commedia, o peggio da farsa.
Una via di mezzo tra «Romanzo criminale» e un film di Totò.
L’ex premier entra in scena come parte lesa: ma forse il danno più rilevante che subisce non è il tentativo di estorsione, quanto la ricaduta d’immagine che gliene deriva.
Un fido ragioniere venuto alla ribalta per la puntualità con cui versa lo stipendio a ragazze chiamate «Olgettine».
Sei balordi, tre italiani e tre albanesi, che vanno a casa sua con la pistola in pugno. Una chiavetta usb che conterrebbe le prove di un complotto del presidente della Camera e dei magistrati ai danni di Berlusconi e che nessuno riesce a collegare a un computer.
Una richiesta di 35 milioni di euro; tre cassette di sicurezza, una Ferrari prenotata, una telefonata in cui si parla di otto milioni già in Svizzera e forse non è vero, ma è vero che il tutto viene denunciato con oltre un giorno di ritardo.
E infine un pranzo con il presidente del Consiglio Monti e un convegno europeo del Ppe che vengono rinviati, fatti saltare per stare dietro a tutta questa sporca e grottesca faccenda.
Credo non si sia mai visto un grande imprenditore e leader politico coinvolto in questo modo – sia pure, lo ripetiamo, come vittima – in una tragicommedia di così basso livello.
Eppure i fatti e i personaggi sopra descritti fanno parte dell’inquietante mondo dell’ultimo Silvio Berlusconi.
C’è ahimè un filo rosso, che poi è una medesima antropologia, che lega attori e comparse del «pasticciaccio brutto del ragionier Spinelli» con gli attori e le comparse di altri fatti di cronaca che hanno contrassegnato gli ultimi tre anni – quelli del declino – del Cavaliere.
La festa a Casoria per la diciottenne Noemi; quel Tarantini di Bari e Patrizia D’Addario che a letto fa i filmini con il cellulare; i bunga bunga ad Arcore con Lele Mora e le sue ragazze; il compagno di un’Olgettina pescato con chili di cocaina; l’igienista dentale e la finta nipote di Mubarak; il caso Lavitola.
E via di questo livello.
C’è chi dice che cattive frequentazioni Berlusconi le abbia sempre avute.
Non sappiamo se è vero, e comunque prove in questo senso non ce ne sono.
Sicuro è però che le amicizie del Berlusconi degli ultimi anni sono tali da suscitare due domande.
La prima è: ma che bisogno ha, un uomo così ricco e potente, di frequentare certa gente per divertirsi?
La seconda, decisiva: quale affidabilità può dare un leader politico che senza alcuno scrupolo, anzi con ostentazione, bazzica ambienti simili?
Fino al punto da venire ricattato da balordi di quart’ordine?
Quando scoppiarono i vari casi Noemi, D’Addario, Ruby eccetera, il Cavaliere (allora premier) venne difeso da tutta una serie di intellettuali e giornalisti che gridarono al «moralismo».
La parola d’ordine era: ciascuno a letto fa ciò che vuole, separiamo la politica dalla vita privata.
Fu un modo abile e imbroglione per distogliere l’attenzione dal vero problema, che non è la moralità ma l’affidabilità : dell’uomo e soprattutto del politico.
Se molti leader mondiali non vollero più avere a che fare con l’Italia, è perchè non volevano più rapporti con Berlusconi. Il danno per il nostro Paese è stato quel che sappiamo, non fosse altro per il tempo perso.
Oggi Berlusconi appare come prigioniero di quella rete di rapporti e di interessi che ha intessuto da troppo tempo.
Processi, casi Ruby e lodi Mondadori, tentativi di ricatto e tentativi di estorsione. Eppure, dopo un anno di panchina anzi di tribuna, sta meditando se tornare in campo. Non è neanche il caso di immaginare a quale film assisteremmo se dovesse decidere per il «sì».
Michele Brambilla
(da “La Stampa“)
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