Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
I SEI ARRESTATI AVEVANO IN MANO UNA GROSSA SOMMA DI DENARO… MA QUALCOSA NON TORNA
C’è anche l’ipotesi riscatto tra quelle al vaglio della procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di sei persone, accusate di avere sequestrato il ragionier Giuseppe Spinelli e sua moglie.
Facendo riferimento a una «grossa somma di denaro», il pm «ipotizza che possa trattarsi di una parte del riscatto che potrebbe essere stato pagato in un momento successivo al rilascio degli ostaggi ma non monitorato»: così si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.
Il gip Paola Di Lorenzo, tuttavia, invita alla cautela: «una ricostruzione possibile, come è anche possibile che il denaro sia riconducibile ad altri affari illeciti di Francesco Leone (il capobanda, ndr) che non è nuovo alla commissione di reati come quello per cui si procede».
BRUTI LIBERATI
«Al momento quel che è certo è che la Procura ha contestato il reato di sequestro a scopo di estorsione», ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati. Bruti, rispondendo alla domanda se gli inquirenti ipotizzassero anche un pagamento del riscatto, ha risposto che «le ipotesi al vaglio sono tante – ha ribadito -, indaghiamo a 360 gradi e le indagini sono in corso, per ora sappiamo che è stato un sequestro a scopo di estorsione».
8 MILIONI DI EURO
La «grossa somma di denaro» in questione sarebbe di 8 milioni di euro. In una telefonata tra due indagati, Maier e Leone, si fa riferimento a questi 8 milioni e parlando tra loro, intercettati, i due pianificano come poterli portare in Svizzera dopo averli prelevati dalle cassette di sicurezza. Maier: «Se loro li fermano e dicono “ma…” e aprono e fanno la perquisizione, allora dico “eccoli qua che ci stanno aspettando”, allora vuol dire che me li riporto a casa, capito?».
Leone: «Quindi loro con una busta vuota, va l’altro con la busta vuota e tu con tutte e due le buste, quella del Credito Valtellinese e quella di Buguggiate, giusto?»
LE CASSETTE DI SICUREZZA
I malviventi avevano appena acceso tre cassette di sicurezza: una presso il Credito Valtellinese e le altre due presso la Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate.
«L’accensione delle tre cassette di sicurezza pare proprio collegata con il sequestro dei coniugi Spinelli», scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. «Gli stessi indagati paiono attribuire estrema importanza la contenuto delle cassette, tanto da volerne trasferire il contenuto in Svizzera per evitare “ingerenze” delle forze dell’ordine», aggiunge il gip.
IL PRESUNTO FILMATO SU FINI
Parlando con i cronisti in una pausa dell’udienza di lunedì del processo Ruby, Ghedini ha spiegato che la mattina in cui Spinelli lo chiamò gli parlò di «filmati su Fini» che sarebbero stati proposti dai sequestratori tra i documenti scottanti che sostenevano di avere in mano.
Spinelli ha detto ai pm che il presidente della Camera sarebbe stato ripreso mentre parlava con i tre giudici della corte d’appello di Milano che hanno trattato la causa del Lodo Mondadori. Fini avrebbe chiesto aiuto ai giudici «per mettere in difficoltà Berlusconi».
Secondo i rapitori, per questo filmato Berlusconi «sarebbe stato grato per tutta la vita». Ma di questo cd, da quanto si apprende, non c’è traccia: non è mai stato trovato dagli inquirenti e men che meno visionato.
«Anche se non fa ridere, è una barzelletta», è il commento del presidente della Camera Gianfranco Fini, affidato al profilo Twitter del suo portavoce Fabrizio Alfano.
SPINELLI
«Dissi a Berlusconi che il filmato con Fini e i magistrati era autentico e che queste persone erano disposte a cederlo in cambio di una grossa somma di denaro», ha riferito Spinelli.
«Dissi a Berlusconi che i 35 milioni richiesti erano il 6% di 560 milioni di euro», ha aggiunto (560 milioni è la somma che la corte d’Appello di Milano ha fissato come risarcimento da Berlusconi a De Benedetti nella causa sul lodo Mondadori).
LA CONTRATTAZIONE
Ghedini ha raccontato di aver detto al ragioniere, a proposito della proposta fatta dai rapitori: «Guardi, possiamo anche parlarne, possiamo anche decidere di pagare, però lei deve venire ad Arcore e portare copie dei documenti».
Il ragioniere secondo la ricostruzione dell’avvocato, in quel momento gli ha risposto di non potersi muovere. «Gli ho risposto: “Se noi non vediamo i documenti non paghiamo una lira”.
E così li ho convinti a liberarli», ha riferito Ghedini. «In realtà non avevano in mano nulla», ha aggiunto.
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
PARLA IL PADRE DI UNO DEI RAGAZZI FERMATI DOPO I TAFFERUGLI A ROMA
Come stai? «Eeehh… oddio, sto abbastanza sbattuto». Giornatacce toste… «Mbe’, prima il carcere, poi ‘sta situazione con mio padre: no, non sto un fiore».
Che sia o meno un cattivissimo delle barricate, Christopher ammorbidisce il cronista con quella voce da ultrasinistra studentesca romana – immutabile nelle generazioni – un po’ strascinata «alla Lorenzo», l’eterno ripetente di Corrado Guzzanti.
Vent’anni, matricola di Scienze politiche alla Sapienza dopo due bocciature al liceo, una frase di Ulrike Meinhof orgogliosamente sbandierata sul profilo Facebook («se dai fuoco a una macchina è reato, se ne bruci migliaia è un’azione politica») ma scarsa confidenza col Pasolini più citato («la poesia sui poliziotti del Sessantotto? Mmmhh… non ce l’ho presente»), questo ragazzo sarebbe stato uno qualsiasi degli otto studenti fermati mercoledì scorso dopo i tafferugli sul Lungotevere e tutti scarcerati venerdì, se suo papà non avesse deciso di prendere in contropiede il mondo dei genitori piagnoni e pronti a giustificare il pargolo purchessia.
Giorgio Chiesa, imprenditore e chef con tanto di stella a Cuneo, si è fatto dunque intervistare dal Giornale , dichiarando che tirare fuori da Regina Coeli quel suo figliolo scavezzacollo è stato un errore: «Dovevano tenerlo dentro più a lungo, senza una punizione gli togliamo persino il senso di colpa». Il giorno dopo, rettifica appena il tiro sul giudice che ha liberato Christopher: «Lungi da me accusare il gip, sono stato frainteso. Ma confermo la mia condanna di atti impropri se comprovati. Mi appello ai brigatisti storici: schieratevi al mio fianco contro la violenza. Parlo da padre, ci sono arrivato soffrendo a dire queste cose».
Poi, certo soffrendo, il buon Giorgio corre a ripeterle anche in favore di telecamera, nel pomeriggio domenicale di Canale 5 , da Barbara D’Urso, mischiando così gli appelli pensosi agli accenti magari più ammiccanti dei calderoni nazionalpopolari.
Insomma, s’intravede una certa confusione sotto il cielo dei Chiesa, malumori familiari e lontananze politiche bollono dentro la stessa pentola scodellata nel tinello degli italiani.
E ad annaspare in mezzo alla minestra c’è lui, questo ragazzino indagato per reati che comportano pene dai tre ai quindici anni («resistenza e violenza pluriaggravata», conferma il suo legale, Serena Tucci), che si proclama innocente, «i filmati lo dimostreranno», e tuttavia dopo ogni retromarcia fa due passi avanti, come usano gli adolescenti tardivi e testardi.
I poliziotti in fondo sono ragazzi come voi, no?
«Non so, non direi. Fare il poliziotto è una scelta. Non dettata dalla crisi. Non è che non ci sia altro rifugio che la polizia. Io faccio l’università e lavoro come giardiniere…».
Veramente papà sostiene che fai la rivoluzione coi suoi soldi, che ti paga casa a Monte Mario. «Va bene, mio padre mi aiuta nell’affitto, ma io mi pago il resto delle spese».
Ce l’hai con lui per l’intervista?
«Senta, me l’aspettavo. Sabato sera mi s’è presentato sotto casa e abbiamo litigato di brutto. Lui mi diceva: è poco quello che ti è successo, ti dovevano dare anni di galera. Sicchè, quando la mattina dopo ho visto l’articolo ripreso da Tgcom24 , mica mi sono meravigliato… E comunque io sono contro la violenza. Lo sa perchè?».
No, perchè?
«Perchè la violenza ce l’avevo in casa quando lo andavo a trovare, usava la cinta per insegnarmi l’educazione: la violenza è lui. Questa è una sua piccola vendetta».
E qui le lingue s’imbrogliano.
Il personale è politico, si diceva negli anni Settanta che tanto sembrano aver segnato la formazione di papà Giorgio («ho 52 anni, ricordo bene la coda di violenza di quel periodo»). Ma, nell’universo frantumato dei Chiesa, è piuttosto il politico ad essere personale.
Nel senso che oltre le barricate pubbliche si intravede una complicata vicenda di famiglia. Giorgio si è separato quindici anni fa, ora ha un’altra moglie e una figlia di otto anni: «Le ho detto tutto del fratello, deve capire, sapere, noi adoriamo Christopher, lo adoriamo».
Christopher di tanta adorazione non sembra essersi accorto, in anni di crescita certo difficile, con una mamma sola e logicamente molto protettiva, ora cassintegrata Alitalia e dunque forse anche un po’ esasperata.
«Papà non si è mai interessato a me, adesso vuole recuperare e si mette a sparare sentenze», racconta il giovane rivoluzionario. «Io mi sono sempre interessato a lui, non ho mai smesso di seguirlo, di sostenerlo economicamente e moralmente. Piuttosto è sua madre che si mette in mezzo, che lo guida e lo indirizza, ed è difficile per i padri separati avere un rapporto coi figli», giura il papà censore.
E qui davvero l’antagonismo c’entra pochissimo, più che i Modena City Ramblers la colonna sonora giusta potrebbe essere Father and son di Cat Stevens. Anime nella tempesta.
«Comunista mio figlio? Ma nemmeno quello! I comunisti sono legalitari, lui è iscritto a un centro sociale. E poi lui quando faceva il rappresentante di classe era l’ultimo della sua classe. Devi dare l’esempio, studia, gli dicevo io… macchè. Adesso gestisco alberghi e ristoranti, di lavoro ne avrebbe se volesse. Ma lui vive molto meglio di tanti poliziotti che sono stati aggrediti negli scontri…».
«Io, iscritto a un centro sociale? Mi fa ridere. L’unica iscrizione ce l’ho all’università , io, alla facoltà di Scienze politiche. Lavoro tre giorni a settimana, non ho un momento libero tranne la domenica, gliel’ho detto che faccio il giardiniere, no? Però non so cosa farò dopo, ci devo pensare. L’università è importante, molti politici di adesso l’hanno fatta poco da giovani. E non capiscono, non capiscono la gente. La violenza, ripeto, è condannabile, ma quando la gente ha fame, alla fine, siamo tutti esseri umani».
Scrittore preferito?
«Non leggo romanzi».
Saggi, allora?
«Boh, al momento non me ne viene uno in mente».
Io simpatizzavo coi poliziotti , scriveva Pasolini nel ’68. Pare di sentirli, oggi, Christopher e i suoi fratelli che gli rispondono in coro Maddecheaò ?, arroccati sull’ultima barricata, la più inespugnabile, quella di Lorenzo il ripetente.
È la rivoluzione 2.0, e non c’è guerra dei Chiesa che possa fermarne la marcia verso il nulla.
Goffredo Buccini
(da “Il Corriere della Sera“)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
L’INDENNIZZO INSERITO NEL 2008 CON L’AVALLO DEL SINDACO MORATTI… OLTRE A UNA RETRIBUZIONE DI 900.000 EURO
Un maxi indennizzo di 1,7 milioni di euro arriverà al manager pubblico Giuseppe Bonomi nel caso non venga confermato nella carica di amministratore o direttore generale della Sea, la società per azioni controllata dal Comune di Milano e altri enti locali che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate.
La somma potrebbe rendere Bonomi, ex parlamentare della Lega nord, uno dei manager pubblici più pagati d’Italia, dato che nel 2011 ha percepito una retribuzione di circa 900mila euro (incluso un bonus di 260 mila euro).
L’esistenza dell’indennizzo emerge dal prospetto informativo per la quotazione della Sea in Borsa, operazione peraltro piuttosto controversa (leggi l’articolo di Giorgio Meletti).
Bonomi, avvocato di Varese, nel 2008 smise i panni di amministratore delegato per evitare il tetto sulle retribuzioni dei manager pubblici e indossò quelli di direttore generale, sottraendosi così al rinnovo triennale del mandato da parte del Comune di Milano.
Per quanto riguarda la retribuzione 2011, Bonomi ha percepito 44.700 euro come presidente (stipendio a cui ha rinunciato dall’agosto dello scorso anno), 600 mila come compenso fisso da direttore generale più un bonus di 262.200 euro (il 43,7% della retribuzione fissa) per il raggiungimento di alcuni risultati aziendali (Sea ha chiuso il 2011 con un utile in calo del 14,6%, un margine operativo lordo piatto e ricavi in crescita del 4,9%).
Il contratto da dg prevede che Bonomi abbia diritto ad un bonus fino “al 46% della retribuzione fissa annua lorda legato al raggiungimento di risultati aziendali” che può diventare del 55,2% “in caso di overperformance”.
Nel 2008, pensando a una possibile uscita del manager, il contratto è stato blindato e avvallato dall’allora sindaco di Milano, Letizia Moratti, con “un’indennità risarcitoria forfettaria commisurata alla retribuzione fissa e variabile pari a 24 mensilità ”.
L’indennità scatta quando “per qualunque ragione e/o causa” cessi il rapporto da consigliere o direttore generale di Bonomi.
Un’eventualità che potrebbe realizzarsi l’anno prossimo, quando il consiglio della Sea scadrà .
Il regolamento sulle nomine nelle partecipate adottato dalla giunta del sindaco Giuliano Pisapia, che la scorsa estate aveva invitato senza successo Bonomi a ridursi lo stipendio, prevede un tetto — già raggiunto da Bonomi — di due mandati in Cda.
Ma se la quotazione dovesse andare in porto, con la diluizione del comune sotto il 50% e l’uscita della provincia di Milano, l’addio o il ridimensionamento di Bonomi sarebbe meno scontato.
Molto dipenderà , tra l’altro, dal successo dell’Ipo tutt’ora in corso.
(da “il Fatto Quiotidiano”)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
TRUPPE CAMMELLATE: IL GRUPPO DI UN CENTRO PER LA TERZA ETA’ DIROTTATO A CHIANCIANO TERME
Tre pullman di anziani della Capitale che credono di andare in gita per una domenica dedicata alla beneficenza che invece si ritrovano in un convegno politico al Palamontepaschi di Chianciano Terme, a circa 200 chilometri da Roma.
Non è uno scherzo ma è ciò che è successo a un centro di anziani reclutati in maniera inconsapevole per andare a firmare la candidatura e fare da claque alla convention del candidato alle primarie per il centrodestra Gianpiero Samorì.
Un fatto che ricorda quanto già accaduto a un’inziativa politica del senatore del Pdl Carlo Giovanardi, suo amico e compagno di scalata al Pdl emiliano, che in quell’occasione ospitava un intervento di Silvio Berlusconi.
Al meeting era presente anche il coordinatore dei pullman, Paolo Loria, avvocato divenuto noto per aver difeso Raniero Brusco ossia l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, che seccato ha negato di centrare qualcosa con questa storia, sostenendo di aver portato solo gente che ha presenziato liberamente, pagandosi anche vitto e alloggio.
A chi gli ha chiesto cosa ci facessero lì, gli anziani hanno risposto: “Non lo so, ci hanno detto che era per un’opera buona ma non abbiamo speso nulla”.
L’avvocato modenese e leader del Mir-Moderati in Rivoluzione, nel giorno del lancio della sua discesa in campo ha cercato di stemperare le polemiche.
L’imprenditore friulano Diego Volpe Pasini, numero 2 del movimento e vicino a Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri promette: “Denunceremo l’autore della truffa e la prossima volta staremo più attenti”.
Ma a far parlare dell’avvocato e docente di Diritto commerciale all’Università di Urbino, è il suo ruolo presso lo stato di San Marino.
Si perchè Samorì nel dicembre del 2010 è stato nominato dal Congresso di Stato del Titano ambasciatore in Francia.
Ora grazie a quella nomina gode dell’immunità e ha in tasca anche un passaporto da diplomatico. E curiosità , l’avvocato modenese ha assoldato nel suo staff anche Jean Todt, l’ex amministratore delegato della Ferrari ora presidente della Fia-Federazione Internazionale dell’Automobile.
Ma su Samorì vengono fuori anche informazioni circa il possesso di conti correnti in paradisi fiscali, e precisamente nell’isola caraibica olandese di Curacao.
Dalla sua società Modena Capitale si risale via via alla sua capofila, la Zevenplint n.v., società di cui non si conosce il bilancio protetto dal rigido segreto bancario in vigore sull’isola.
La società è la madre di altre quattro società : Aviation, Banking Partecipations, Industry Partecipations e Insurance Partecipations.
Il cuore degli affari però rimane tutto italiano, dalla Assicuratrice Milanese, che fattura 55 milioni nel ramo danni con sede a San Cesareo sul Panaro in provincia di Modena.
Il candidato alle primarie questa mattina ha risposto all’articolo apparso in prima battuta sul Corriere della Sera: “Sono totalmente inattaccabile — ha detto Samorì — forse per questo si cercano qua e là degli argomenti dal sapore diffamante. Io sono tranquillo, possono andare a scavare indietro di trent’anni che non trovano nulla. Tutte le mie società , in tutte le parti del mondo, sono dichiarate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi. Sono totalmente trasparente”.
Alla domanda se abbia rapporti con Curacao, Samorì ha risposto: “Io ho società in tutte le parti del mondo come tutti quelli che hanno delle attività economiche diversificate. Ma non vengo certo a dire le mie cose. Non c’è alcuna attività mia che abbia un regime da paradiso fiscale. Io non ho nessuna attività , per attività intendesi svolgimento di operazione, di esercizio di imprese. Ho una serie di società in Italia e anche all’estero che sono proprietarie di beni, e che sono tutte dichiarate al fisco italiane sulle quali io pago tutte le imposte di ogni genere e natura senza nessun vantaggio fiscale, semplicemente per il fatto che trattandosi ti proprietà in nazioni estere sono intestate a società estere della nazione, punto”.
Samorì ha anche spiegato i suoi rapporti con la Repubblica di San Marino: “Ero ambasciatore di San Marino in Francia fino a una settimana fa, quando ho deciso di rassegnare le dimissioni perchè che mi sembrava incoerente con la mia candidatura. Ma la nomina, che è onorifica, dipende dal fatto che San Marino individua magistrati e buona parte dei diplomatici tra i professori universitari di Urbino, per una consuetudine antichissima. E io sono professore all’Università di Urbino”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
ASSUNTI DA CUFFARO, COSTANO 4.000 EURO AL MESE A TESTA, 3,2 MILIONI DI EURO L’ANNO… E REDATTORI DA COORDINARE NON CE NE SONO… “CON QUEI SOLDI LA REGIONE PUO’ PAGARE 200 PRECARI”
Ventuno capiredattori, con uno stipendio da quattro mila euro al mese a testa e nessun redattore semplice da coordinare. Sembra la redazione dei sogni e invece è “soltanto” l’ufficio stampa della presidenza regionale siciliana.
Un ufficio che, numeri alla mano, dovrebbe produrre la migliore comunicazione del mondo.
Ma a Rosario Crocetta, neo eletto governatore della Sicilia con il Pd e l’Udc, quell’ufficio stampa fatto di soli capiredattori non va proprio a genio.
E per questo ha intenzione di azzerarlo. “Quei 21 giornalisti sono decaduti dal giorno in cui mi sono insediato e se sono ancora al loro posto lo sono in modo volontario e li ringrazio, per carità gli verranno retribuite queste giornate lavorative”, ha sentenziato il neo presidente, mettendo in apprensione tutti i componenti dell’ufficio stampa più ricco d’Italia.
Assunti ai tempi in cui sullo scranno più alto di palazzo d’Orleans sedeva Salvatore Cuffaro, l’ex governatore condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, i ventuno capiredattori erano passati indenni all’arrivo di Raffaele Lombardo, che li aveva confermati in toto.
Adesso però Crocetta intende iniziare la sua spending review proprio dall’ufficio stampa presidenziale. “Costano 3,2 milioni di euro all’anno, con questi soldi la Regione può pagare 200 precari. Nemmeno alla Rai o a Repubblica ci sono 21 capiredattori” ha calcolato il neo governatore che poi ha puntato il dito contro Gregorio Arena, l’addetto stampa della presidenza di stanza a Bruxelles.
“Da eurodeputato sono stato nella sede della Regione a Bruxelles una dozzina di volte e lui non c’era, dicono che era in ferie. L’ho trovato a lavoro soltanto una volta. Quell’ufficio stampa non serve a nulla e costa dodici mila euro al mese”.
Le dichiarazioni dell’ex sindaco di Gela hanno ovviamente provocato una serie di reazioni dagli organi di categoria.
A cominciare proprio dal cdr dell’ufficio stampa presidenziale, che ha sottolineato come “qualsiasi decisione non possa essere assunta se non attraverso il rispetto delle norme previste dal contratto di lavoro dei giornalisti, a noi applicato, e dallo Statuto dei lavoratori”.
“Se i giornalisti vorranno fare vertenza, lo facciano pure — ha replicato il neo governatore — . Non hanno un rapporto a tempo indeterminato perchè non hanno fatto un concorso pubblico, il loro rapporto è fiduciario. Presentino i curricula e li verificherò assieme agli altri che riceverò”.
Crocetta però prima di azzerare l’ufficio stampa dovrà fare i conti con i contratti giornalistici a tempo indeterminato che blindano di fatto la posizione dei giornalisti. E anche la posizione dell’addetto stampa a Bruxelles è blindata per almeno tre anni.
In caso contrario la Regione dovrebbe pagare un anno di stipendio a tutti i giornalisti sollevati dall’incarico dal neo governatore.
“Abbiamo difeso dagli attacchi arroganti, mossi dai predecessori di Crocetta, i giornalisti che scrivevano su di loro — ha scritto l’ordine dei giornalisti in una nota — e difendiamo ora i giornalisti dagli attacchi arroganti di chi vuol cambiare tutto per non cambiare niente”.
In passato anche la Corte dei Conti si era interessata alla vicenda, aprendo un’indagine che calcolava in circa cinque milioni e trecento mila euro il danno erariale provocato dall’istituzione dell’ufficio stampa. Alla fine però i magistrati contabili avevano assolto sia Lombardo che Cuffaro.
Nel frattempo va prendendo forma la nuova giunta regionale.
Lunedì dovrebbe essere il giorno in cui Crocetta nominerà il nuovo assessore all’energia.
Un ruolo che sarà occupato da Nicolò Marino, per anni magistrato antimafia a Catania e oggi sostituto procuratore a Caltanissetta dove ha indagato sulla strage di via d’Amelio.
Il nome di Marino circola da giorni, ma solo nelle ultime ore il magistrato ha annunciato che sarà a Palermo lunedì per partecipare ad una conferenza stampa con Crocetta a Palazzo d’Orleans.
“Il resto lo desumete da voi” ha glissato il magistrato catanese.
Come dire che sta per appendere la toga al chiodo.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
POCHE DECINE DI SOSTENITORI AL SIT-IN CONVOCATO DA UN BLOG PIDIELLINO A 500 METRI DALLA RESIDENZA ROMANA DELL’EX PREMIER… LA “GIOVANE ITALIA” NEGA DI AVERNE SAPUTO QUALCOSA
Sarà il sabato di sole. Sarà la scarsa pubblicità data all’evento, ma la manifestazione pro Berlusconi organizzata sabato 17 novembre in piazza Santi Apostoli – nel cuore della Capitale – è andata praticamente deserta.
Poche persone intorno alle 11, quasi nessun sostenitori verso le 13, quando ormai anche i più convinti tra i fan avevano dato forfait.
TRANSENNE INUTILI
Transenne e forze di polizia schierate inutilmente dunque, a meno di 500 metri dalla residenza dell’ex premier, Palazzo Grazioli. In piazza Santi Apostoli sono rimasti soltanto gli striscioni e i manifesti – con il vecchio motto Il Popolo della Libertà /Berlusconi presidente – esposti da pochi volontari, i volantini che invocavano «Rialzati Italia!» e qualche cartolina con il volto di Silvio attaccata ai pali della segnaletica stradale.
AUTORIZZATA DALLA QUESTURA
La manifestazione nazionale «Solidarietà al nostro amato presidente Berlusconi» era stata convocata fin dal 3 novembre («appuntamento sabato 17, dalle 11 alle 13») attraverso l’omonimo blog «solidarietà presidenteberlusconi» e autorizzata dopo regolare richiesta dalla Questura di Roma.
«Scendi in piazza per difendere il tuo futuro, i tuoi interessi, la tua libertà !», invocava il blog.
«Il coordinamento della Giovane Italia precisa che la notizia circolata su alcuni siti internet circa una manifestazione organizzata da gruppi giovanili di centrodestra, sabato 17 novembre alle 11, in piazza Santissimi Apostoli a Roma, è destituita di ogni fondamento».
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
CONVENTION IN UN CENTRO SOCIALE A ROMA, OBIETTIVO LE EUROPEE DEL 2014… “GRILLO CI HA COPIATO L’IDEA DI DEMOCRAZIA LIQUIDA, POI L’HA DISTORTA FACENDONE UNA STRUTTURA AZIENDALE CON UN SOLO CAPO”
C’era anche il deputato dipietrista Francesco Barbato ieri alla convention romana dei Pirati europei, organizzata in un centro sociale romano a San Giovanni per pianificare una road map in vista delle elezioni europee del 2014.
Barbato, sponsor istituzionale della costola italiana del movimento, ha annunciato che si iscriverà ai Pirati italiani e che farà di tutto per ospitare in futuro una riunione dei coordinatori europei in una sala di Montecitorio.
“Ho dei collaboratori all’interno del mio staff che sono tra i promotori delle iniziative dei Pirati – spiega -. Insieme stiamo lavorando ad alcuni disegni di legge sulla trasparenza e sui diritti d’autore, con uno sguardo anche a Internet come piattaforma del presente e del futuro”.
Quella di ieri è stata dunque solo una delle tappe di avvicinamento alle elezioni del 2014, vero obiettivo dei Pirati.
Per raggiungerlo, da mesi gli attivisti europei stanno formando un fronte unico attorno a temi come la libertà digitale e i diritti civili.
Affidando parte delle riflessioni alla loro portavoce a Bruxelles, Amelia Andersdotter, 25enne europarlamentare del Piratpartiet, che ieri alla convention ha discusso di una proposta di legge sul libero accesso al web, come “unico e vero spazio pubblico”.
È infatti sfruttando le potenzialità della Rete che i Pirati stanno raggiungendo un grande successo a livello mondiale.
Di varia provenienza (alcuni hanno partecipato al movimento degli “Indignados” e di “Occupy the cities”, pochi hanno militato nei partiti tradizionali), è in Internet che gli attivisti danno corpo alle proprie idee, ed è sempre sul web che, “dopo confronti e dibattiti, votano e prendono le decisioni” come racconta Paul Bossu, delegato belga.
Il tutto grazie alla piattaforma interattiva LiquidFeedback (definita “Assemblea permanente”), che consente loro di tenere sempre vive le discussioni e mettere in pratica la cosiddetta “democrazia liquida” che li caratterizza.
Altro tratto distintivo è la mancanza di una gerarchia interna, assicurano i pirati, che puntano a pescare nel bacino elettorale di chi “ormai, come noi, non crede più nella politica di oggi e preferisce non votare più”.
I punti principali del programma dei Pirati italiani sono provocatoriamente cinque: come il MoVimento 5 Stelle, che “prima si è fatto ispirare dal nostro modello di democrazia liquida sul web, e poi ne ha dato una lettura distorta assumendo i contorni di una struttura aziendale, con a capo un unico direttore”, come spiega Daniele Monteleone, rappresentante italiano nel consiglio europeo dei Pirati.
“Nei mesi scorsi – ha poi proseguito – sono giunti interessamenti anche da parte di alcuni grillini dissidenti”.
Tra gli obiettivi della formazione italiana, il primo è il raggiungimento di una piena libertà digitale, trampolino di lancio per ottenere maggiori diritti in rete.
Ma i pirati sono attivi anche sul piano dei diritti civili (“sì alle coppie di fatto e alla legalizzazione della prostituzione”, come dice Paolo Cocuroccia, attivista), su quello della trasparenza (“sul piano istituzionale ma anche interno ai partiti”) e sui diritti da garantire ai giovani (“supporti di disoccupazione e libri open source”).
Ad oggi i Pirati contano circa 100 mila aderenti in 66 Paesi nel mondo.
Quasi 30 mila solo in Germania, dove hanno conquistato seggi nei parlamenti di 4 stati federali. In Italia le iscrizioni sono partite tre mesi fa e gli attivisti sono 300.
Ce ne sono però altri 1000 che attendono di essere “certificati” e ufficialmente iscritti.
Ma i numeri, spiegano i pirati, crescono rapidamente.
(da “La Repubblica“)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
SU FACEBOOK GIRA UNA FOTO DI PARVIN TADJIK, SECONDA MOGLIE DEL LEADER CINQUESTELLE, IN PELLICCIA
Nell’occhio del ciclone del web c’è sempre Grillo.
In questo caso Parvin Tadjik, moglie del leader Cinque Stelle.
A scatenare le polemiche sulla Rete una vecchia foto – ripresa dal profilo Facebook del Partito Animalista Europeo – della coppia a passeggio.
La consorte del comico (che da sempre si dice animalista) indossa infatti una pelliccia.
Tra accuse di incoerenza nei confronti di Grillo e discussioni sul fatto che il capo sia o meno sintetico, lo scatto ha provocato un migliaio di commenti sul profilo del partito.
E ha fatto il giro della Rete, coinvolgendo anche i militanti grillini.
Ma l’attenzione su Lady Grillo non è solo del web.
Tadjik, 54 anni, seconda moglie dello showman, di origini iraniane ma cresciuta a Milano, è stata tra i protagonisti ieri anche di un servizio mandato in onda su La7 a Piazzapulita.
Lady Grillo è stata intervistata mentre si trovava in Kenya con la moglie di Gino Paoli.
La consorte del comico sarebbe «in trattativa» per l’acquisto di una casa a Malindi. «Sono capanne», spiega.
E racconta: «Io vengo a trovare mia sorella che abita e lavora qua».
Tadjik precisa che «è una cosa della mia famiglia d’origine, mio marito non c’ha messo una lira, non viene mai».
Per la Tadjik, Grillo è «un bravo marito», «felicissimo» per l’exploit dei Cinque Stelle.
In realtà lady Grillo è schiva nei confronti dei media: nel 2009 ha rilasciato un’intervista a Carla Signoris, moglie di Maurizio Crozza, in cui raccontava la vita privata con lo showman ligure.
All’epoca sosteneva: «La spesa è sempre motivo di litigio. Anzi, Beppe sostiene che da lì parte tutto. La vera politica si fa al supermercato».
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 19th, 2012 Riccardo Fucile
IL SABATO MATTINA L’EX PREMIER SCENDE DALLE COLLINE FIORENTINE CON AUTO BLU E LAMPEGGIANTE PER ANDARE A COMPRARE I MIGLIORI FORMAGGI LOCALI DA PORTARSI LUNEDI’ A ROMA
Spesso il sabato mattina, dalla sua splendida villa sulle colline di Scandicci, Lamberto Dini, assieme alla moglie Donatella Pasquali Zingone, scende nel centro del paese, in piazza Togliatti, dove si tiene il mercato, e compra pecorino, asparagi, soppressata di maiale e altre leccornie «per poi portarle il lunedì a Roma, dove non si trovano e dove non ho tempo di fare la spesa», ha spiegato al “Corriere fiorentino” l’ex premier.
Tutto normale? «Niente affatto, perchè trovo scandaloso che per andare al mercato Dini e consorte si facciano accompagnare dalla scorta», protesta il sindaco Simone Gheri.
Dini ha fatto sapere che la scorta è d’obbligo per le funzioni svolte e per essere stato minacciato dalle Br.
Ma Gheri non è persuaso e a “l’Espresso” rivela che quando Dini si candidò, sempre nel collegio di Scandicci, per il centrosinistra (per poi passare con il centrodestra) la moglie gli disse: «Chissà quante richieste gli avanzerete ora come Comune».
E Gheri pronto: «Se suo marito non si vuole candidare, signora, non c’è problema. Molti compagni mi stanno rimproverando per questo».
(da “L’Espresso”)
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