Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
DALLL’ESPONENTE DELLA FIAMMA TRICOLORE CHE MANDA MAIL AGLI ISCRITTI PER INDURLI A VOTARE RENZI A SINDACI, CONSIGLIERI REGIONALI, ESPONENTI DI LIVELLO DEL PDL CHE HANNO PORTATO LE TRUPPE CAMMELLATE
Da Palermo a Treviso, passando per Toscana ed Emilia, patrie rosse di Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani, le primarie del Pd hanno raccolto il voto anche di molti esponenti del Pdl e di mondi piuttosto distanti dal Partito democratico.
Come quello della Destra Fiamma Tricolore di Roberto Jonghi Lavarini che a Milano, oltre a esprimere la sua preferenza per il sindaco di Firenze, ha inviato una mail a tutti gli iscritti del movimento, non certo vicino al centrosinistra, per “invitare a votare Renzi”.
Anche il sindaco di Gorle in provincia di Bergamo, Marco Ugo Filisetti, ha chiamato i suoi a sostenere Renzi.
Nulla di strano, se non fosse che Filisetti è del Pdl.
Come lui moltissimi consiglieri comunali, provinciali e regionali.
Persino il capogruppo in Lombardia, Paolo Valentini, ieri ha espresso la sua soddisfazione per il risultato delle primarie del Pd.
Ma all’ombra del Pirellone molti hanno deciso di versare i 2 euro e scegliere tra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi.
Il mondo ciellino, ormai orfano di Roberto Formigoni, sta scegliendo su chi puntare. Gabriele Albertini è la prima scelta, ma anche il centrosinistra più moderato potrebbe andar bene per una stagione, tant’è che se l’ex sindaco di Milano non si candiderà , piuttosto che Roberto Maroni l’universo di don Giussani opta per Umberto Ambrosoli.
Perchè non guardare anche al governo centrale?
Così domenica i ciellini hanno votato in massa alle primarie.
Riccardo Bonacina, direttore del periodico Vita, ha anche incitato gli amici su facebook: “Primarie Pd, Milano centro, non ero registrato. In tutto 12 minuti, si può fare eddai”.
Anche da Sec, società di comunicazione strettamente legata all’universo formigoniano, si sono mossi verso le urne.
Fiorenzo Tagliabue, fondatore e presidente dal 1989, ha confidato ad alcuni dei collaboratori che sarebbe andato e avrebbe scelto Renzi. Poi però al seggio non si è visto. E’ andato invece Gabriele Pertipaglia e l’ex consigliere di Forza Italia, Arrigo Frassi.
Dalla Lombardia alla Toscana l’interesse è lo stesso.
Con la differenza che molti esponenti del Pdl locali sono stati allontanati dai seggi. Nella “valle rossa”, dove Renzi ha vinto con il 60%, a Prato hanno votato 24mila persone: quasi il doppio di quanti votarono per il sindaco.
Nel Chianti stessa storia. “Tanti del Pdl, tanti hanno tentato ma li abbiamo mandati indietro”, dice il responsabile locale del Pd, Patrizio Mecacci.
Ma da queste parti ha votato Riccardo Fusi, il costruttore condannato a due anni di carcere con l’accusa di concorso in corruzione sulla vicenda della Scuola dei Marescialli di Firenze.
A Palermo, invece, i neonati comitati per la candidatura di Giorgia Meloni hanno seguito l’esempio dell’ex ministro e sono andati ai seggi. Per allenarsi.
Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
DALLE CARTE DELL’INCHIESTA, NUMEROSI I CONTATTI TRA GLI INDAGATI E PERSONALITA’ POLITICHE
Sette arresti con una ventina di indagati, tra imprenditori, funzionari pubblici e politici e il sequestro delle materie lavorate dell’Ilva.
È questa la nuova bufera che ha scosso il siderurgico con un’onda d’urto che ha oltrepassato i confini provinciali e regionali.
In carcere sono finiti Fabio Riva, amministratore delegato dell’Ilva ( risultava irreperibile), Luigi Capogrosso, ex direttore dello stabilimento, l’ex consulente Girolamo Archinà , «licenziato» tre mesi fa dall’azienda dopo che, dall’inchiesta per disastro ambientale era emerso un episodio di presunta corruzione che coinvolgeva l’ex preside vicario della Facoltà di Ingegneria di Taranto, sede distaccata del Politecnico di Bari, Lorenzo Liberti (anch’egli raggiunto ieri da un mandato di arresto ai domiciliari), al quale Archinà avrebbe consegnato una busta contenente la somma di 10 mila euro in cambio di una perizia addomesticata sull’inquinamento dell’Ilva; domiciliari anche per l’ex assessore all’Ambiente della Provincia di Taranto, Michele Conserva, dimessosi circa due mesi fa dall’incarico quando si seppe che poteva figurare tra gli indagati della inchiesta sull’Ilva collaterale a quella per disastro ambientale.
Domiciliari anche per l’ingegnere Carmelo Delli Santi, rappresentante della Promed Engineering. Conserva e Delli Santi sono entrambi accusati di concussione.
I provvedimenti sono legati anche a un’inchiesta, parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell’area a caldo del siderurgico.
Questa operazione, condotta dalla Guardia di Finanza, è stata denominata Environment Sold Out (Ambiente svenduto).
Il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante e il direttore generale dell’azienda, Adolfo Buffo, sono coinvolti nell’inchiesta che ha portato all’emissione delle sette ordinanze di custodia cautelare e al sequestro dei prodotti finiti/semilavorati.
Con loro, nello stesso procedimento, sono indagati altri dieci dirigenti dei reparti dello stabilimento.
Nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Patrizia Todisco è contenuto uno sconvolgente sistema di potere gestito dalla famiglia Riva e dai loro referenti locali capaci di assoggettare non solo funzionari e dirigenti di pubbliche amministrazioni, ma anche politici di alto livello.
«La spregiudicatezza dei proprietari dell’Ilva» che emerge dalle carte, lascia senza parole. Come nell’intercettazione tra Fabio Riva e uno dei suoi avvocati, Franco Perli. Il rampollo della famiglia Riva, commentando i rischi sulla salute rilevati da uno studio dell’Arpa, si esprimeva in questi termini con il legale: «Due casi di tumore in più all’anno… una minchiata».
Nel resoconto dell’inchiesta sono numerose, inoltre, le telefonate intercorse tra gli indagati e personalità politiche di spicco.
Dal presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido, all’assessore Michele Conserva, dal consigliere regionale Donato Pentassuglia all’onorevole Ludovico Vico, tutti del Pd, sino al presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.
Una per tutti, a significare i rapporti amicali che intercorrevano tra uomini del gruppo Riva e i politici, la telefonata intercettata tra uno degli arrestati, Archinà , e il deputato Vico.
Il parlamentare riferisce di una telefonata avuta con Vendola il quale si complimentava della disponibilità mostrata dal gruppo Ilva ma si lamentava del sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, protagonista in quel periodo di azioni che infastidivano gli industriali: «il sindaco lo vede come un irresponsabile», riferiva Vico.
Sempre ad Archinà , l’onorevole Pd riportava il malumore di Vendola per il funzionario dell’assessorato ambiente della Regione, Antonio Antonicelli, responsabile, a suo dire, della permanenza a capo dell’Arpa del presidente Assennato, nemico giurato dei Riva: «Io dovrei ammazzare Antonicelli, è un pazzo scatenato», avrebbe detto Vendola.
Nazareno Dino
(da “il Corriere del Mezzogiorno“
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
LO SCHEMA: TORNARE ALLA COSA AZZURRA…I SONDAGGI RISERVATI DANNO GIA’ IN PARTENZA UN 7% AL NUOVO PARTITO (UN ALTRO 7% RIMARREBBE PER ORA AL PDL)
Ad imperare è il caos, e la paura che la corsa di Silvio Berlusconi verso la rifondazione di Forza Italia sia quella che trascina tutti, lui compreso, verso il baratro. Il Pdl in queste ore è un partito dove nessuno sa cosa accadrà , ma scommette che la rivoluzione avverrà nel breve volgere di due-tre giorni.
Nonostante la frenata – almeno a livello verbale – del Cavaliere durante La telefonata a Canale 5 con Maurizio Belpietro, pochi seriamente ritengono che l’ex premier faccia marcia indietro.
Ormai – è opinione comune – la sua convinzione che serva una nuova creatura che superi il Pdl, o lo affianchi o lo derubrichi a refugium peccatorum , è così granitica che non c’è modo di fargli cambiare idea: si deve tornare al nome Forza Italia, ripete, ma rinnovandone il progetto con facce e contenuti inediti e di presa su un elettorato sempre più sconcertato.
E così, è ancora molto probabile che Berlusconi annunci già in questa settimana, dopodomani secondo i boatos, il lancio di Forza Italia, probabilmente da Milano da dove per ora non si è mosso, visto che ad Arcore continua a incontrare moltissimi esponenti del partito per sondare le loro intenzioni, ma anche per concordare eventuali mosse alternative.
Perchè è vero che la sua idea preferita resta quella di costruire un movimento leggero, con pochi fedelissimi, i migliori volti del Pdl e tantissimi esponenti della società civile, ma è altrettanto vero che un’operazione di questo genere ha enormi contraccolpi e difficoltà .
Due le principali: il ruolo di Alfano e dei vertici ex forzisti del Pdl e quello degli ex An.
Con Alfano il Cavaliere continua a parlare, anche attraverso i pontieri Letta e Ghedini che stanno tentando una quasi impossibile mediazione perchè non si consumi alcuno strappo. Berlusconi vorrebbe avere il suo delfino nella nuova Forza Italia, ma è disponibile anche a lasciargli il Pdl rinnovato purchè tutto avvenga in un quadro di unità .
Il segretario invece – ieri almeno lo ha ripetuto a tutti quelli che glielo hanno chiesto – non è disponibile ad entrare alla spicciolata in un progetto egemonizzato da Berlusconi e dal gruppo di fedelissimi come Bondi, Santanchè, Biancofiore, ma neanche può restare pacificamente capo del Pdl dal quale vengono pescati i migliori elementi e rimanere zitto e buono a sostenere la candidatura di Berlusconi alla premiership
Se Berlusconi rompe, è quello che ripete in via dell’Umiltà , le strade si dividono: magari avremo un partito piccolo, ma agile e indipendente, e capace di fare alleanze al centro.
Certo, alcuni temono che la posizione granitica mostrata fin qui possa vacillare nelle prossime ore, perchè «il richiamo della foresta, per uno come lui, sarà fortissimo», perchè alcuni volti a lui vicini potrebbero lasciarlo per andare nella creatura di Berlusconi (Gelmini, Verdini, forse Fitto).
Così si ragiona di piano B.
Se gli ex An fondassero, come Berlusconi vuole, un partito a sè stante – che vada da La Russa a Meloni, da Alemanno a Gasparri -, il problema sarebbe pressochè risolto: Alfano, liberato dal vincolo, potrebbe trasmigrare in Forza Italia e poi siglare l’alleanza con la destra.
Questo pensa Berlusconi e di questo ha parlato con lo stesso La Russa, convocato ad Arcore.
E l’ex coordinatore, all’uscita, dice di essersi «stancato di fare il capro espiatorio: se il problema siamo noi ex An, posso già dire che nelle prossime ore leveremo alibi e pretesti a tutti.
Le beghe tra ex forzisti se le risolvano tra loro…». È l’okay a un nuovo partito? «Non lo so, ci sono tanti modi per togliere alibi. Vedremo…» dice sibillino La Russa, perchè è noto che allo stato maggiore, da Alemanno a Gasparri, per non parlare di Matteoli, l’idea di tornare «ai vecchi schemi» come dice il capogruppo al Senato non piace neanche un po’.
E così si prosegue tra incertezze e paure.
Anche perchè i sondaggi non sembrano finora offrire dati incoraggianti: quelli dell’Ipr danno un 7% all’eventuale Forza Italia e lo stesso a un Pdl alfaniano, ovvero sommati la stessa percentuale che il Pdl da solo ha oggi.
E comunque, nessun sondaggio può calcolare l’effetto disgregazione che potrebbe innescare una mossa sbagliata.
Anche per questo, per evitare eventuali fughe di pezzi di partito al centro (la componente ciellina, dicono, potrebbe essere tentata in questo senso), Berlusconi starebbe premendo in ogni modo sui suoi senatori per evitare che si arrivi a un accordo sulla legge elettorale che cancelli il Porcellum.
Unico sistema, questo, che costringerebbe tutti i pezzi dell’eventuale diaspora pidiellina a fare comunque i conti con lui.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
GIOVEDI’ L’ANNUNCIO UFFICIALE: DELLA PARTITA DOVREBBERO ESSERE ANCHE FORMIGONI E LUPI, BRIATORE E LA MELONI… IL CAVALIERE E’ CERTO DI AVER IN PARTENZA IL 12%
Prima di tutto, la famiglia. Anche se le prossime mosse sono ormai note, Silvio Berlusconi ha voluto comunicare ai figli le sue reali intenzioni sulla prossima discesa in campo.
E così, intorno al tavolo da pranzo di Arcore, ieri si sono seduti i figli del Cavaliere (assenti Luigi ed Eleonora, in avanzato stato di gravidanza) Barbara, Marina e Piersilvio.
Sul piatto, ovviamente, il futuro politico di “papi”, ma anche lo stato di salute delle aziende e in particolare del Milan, che Berlusconi sta seguendo ultimamente molto da vicino e che gli è costato una litigata feroce con la figlia Barbara per via di una battuta infelice che gli è scappata sulle condizioni di salute del fidanzato Pato.
Insomma, un clima non proprio disteso, quello di stamattina nella residenza privata dell’ex premier, molto concentrato sulla sua prossima discesa in campo.
Agli eredi, Berlusconi ha spiegato nel dettaglio la necessità di tornare all’antico, a quella Forza Italia che ha segnato “la storia d’Italia e anche la nostra” e di volere intorno a sè solo persone fidatissime e volti nuovi, “gente che non ha mai fatto politica, ma che ha molto da dare”. Briatore, ovviamente, sarà della partita come ci sarà senz’altro Emilio Fede e il suo neo movimento “Vogliamo vivere”, così come conta di far restare nella sua orbita d’influenza Angelino Alfano, tentato in queste ore da uno strappo definitivo.
Tutto, comunque, si deciderà tra martedì e mercoledì, poi il Cavaliere porterà la sua “nuova idea” al tavolo dell’ufficio di presidenza di via dell’Umiltà , previsto per giovedì mattina.
A sera, quindi, l’annuncio della nuova discesa in campo nel salotto di Bruno Vespa.
Un percorso già definito che ha trovato d’accordo solo la figlia Marina e in profondo disaccordo sia Piersilvio che Barbara.
Il primo, infatti, è convinto che il padre debba occuparsi della salute (precaria) delle aziende, avendo “già dato abbastanza” alla politica “senza aver ricevuto molto in cambio”, mentre Barbara vorrebbe che il padre si occupasse esclusivamente della squadra, in un momento di passaggio delicato.
Il Cavaliere, invece, sembra tenere di più al partito che, a suo dire, è andato in rovina “anche perchè io non ci sono stato” e dunque, adesso, è il momento di ritornare.
Fatte le debite proporzioni ed immaginando di andare a votare con il Porcellum, Berlusconi avrebbe fatto i conti di poter portare circa un’ottantina di parlamentari dentro le aule alle prossime elezioni.
E questo in virtù di un “patrimonio” del 12% circa di elettorato che, a suo dire (ma anche secondo quanto evidenziato dai sondaggi di Alessandra Ghisleri) rappresenta un pacchetto di voti “assolutamente personale” e non legato ad alcun partito.
Voti suoi, dunque, che il Cavaliere vuole usare solo per sè nella prossima legislatura, anche per non avere più alcuna “zavorra” come lo sono stati in passato prima Fini, poi alcuni transfughi del Pdl e, infine, i colonnelli di An Gasparri e La Russa che “hanno distrutto definitivamente il Pdl, che ora è morto”.
Contro questo disegno, Berlusconi sa di avere anche tutta Cl, con Formigoni e Lupi, ma anche una parte del partito che avrebbe voluto le primarie.
Gli ex An sono già con un piede fuori della porta, la scissione è nei fatti e l’idea è quella di formare una nuova compagine con il nome “centrodestra italiano” capitanata da Giorgia Meloni. Oggi, Fabio Rampelli ha organizzato un sit in davanti a via dell’Umiltà per chiedere le primarie comunque, ma ormai è chiaro che la situazione è totalmente cambiata.
Il D-Day è previsto, dunque, per giovedì. Quando tornerà Forza Italia.
Lo stesso spirito e stesso simbolo, dirà il Cavaliere in televisione.
Di più: stesso indimenticabile jingle.
“Chi mi ama davvero sarà ancora con me”, ha detto a tavola ai suoi figli.
Ma anche a casa, pochi consensi: solo Marina gli ha dato la sua benedizione.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
SIT IN PRO-CONSULTAZIONE SOTTO LA SEDE DI VIA DELL’UMILTA’
«Il cofondatore Fini se ne è andato qualche tempo fa e ora, che se ne va anche il fondatore Berlusconi, la casa è davvero senza più padroni…».
La battuta è del deputato Fabio Rampelli e sintetizza bene qual è lo stato d’animo di autentico smarrimento dei dirigenti del Pdl che, insieme al segretario Angelino Alfano, sono rimasti a presidiare il fortino di via dell’Umiltà , sede nazionale del partito.
Dove ogni sviluppo futuro dipende dall’ultima decisione del Cavaliere.
Senza la firma del presidente Silvio Berlusconi, infatti, non si può convocare l’ufficio di presidenza del Pdl e non si possono indire le primarie del centrodestra.
E sarà sempre l’ex presidente del Consiglio a decidere se e quando l’ufficio di presidenza dovrà ratificare le sue dimissioni perchè lui è intenzionato a dire addio al Pdl e a rifondare Forza Italia con i suoi fedelissimi.
In questo clima di confusione totale, Berlusconi ha fatto sentire la sua voce dai teleschermi di Canale 5 per dire che nel suo (ex?) partito nessuno può dormire sonni tranquilli: «Qualcosa deve partire da ciò che sta succedendo, stiamo valutando se dar vita a un nuovo soggetto politico».
E questo «qualcosa» ha un nome: Forza Italia.
Un simbolo: il logo storico del ’94 e un jingle inconfondibile.
Secondo quanto riferisce il «Giornale» di proprietà della famiglia Berlusconi il progetto verrà illustrato urbi et orbi questo giovedì dal Cavaliere.
E le primarie del Pdl programmate dal segretario Angelino Alfano che fine fanno? «Per ora vanno avanti, c’è un ufficio di presidenza che deciderà se confermare o meno le primarie del 16 dicembre», risponde il Cavaliere che però ha dato un altro colpo mortale al progetto di avviare un processo democratico interno al Pdl.
E Alfano ora non può fare altro che attendere le decisioni del leader che tanti anni fa lo scelse tra centinaia di peones, gli offrì un ufficio a Palazzo Grazioli e poi autorizzò la sua ascesa al vertice del ministero della Giustizia.
Ieri il segretario non si è visto in via dell’Umiltà ma chi ci ha parlato assicura che lui è deciso ad andare avanti con le primarie.
La strada è obbligata: per Alfano, infatti, «il nuovo soggetto politico» di Berlusconi sarebbe un luogo ostile dove si consumerebbero vendette e vecchi rancori che lo vedrebbero soccombente.
Restano appena tre settimane per organizzare le primarie del centrodestra.
Guido Crosetto (anche lui candidato) è sicuro che si faranno e già si attrezza: «Alfano e la Meloni contano su truppe cammellate io sulle mie idee».
Invece Andrea Augello teme che Berlusconi perda altro tempo, per cui lo invita «a mettere sul tavolo la sua proposta entro 48 ore».
Gianni Alemanno è sicuro che Alfano rimarrà . Daniela Santanchè invita il segretario a fermarsi e ad aspettare le decisioni di Berlusconi.
Ma Fabio Rampelli – che insieme ad Augello, a Barbara Saltamartini e a Giorgia Meloni ha dato vita a un sit in via dell’Umiltà per chiedere «primarie subito» – segnala l’urgenza di convocare il comitato dei garanti presieduto da Lamberto Dini per mettere a punto le regole: «Una tra tutte. Quella che impone ai sedicenni di pagare 12 euro (il costo della tessera del Pdl, ndr) per votare quando agli adulti verranno chiesti 2 euro».
E gli ex An non hanno difficoltà ad affermare che questa discriminazione è fatta apposta per danneggiare la candidata Giorgia Meloni che ha deciso di sfidare il segretario Alfano.
Le proteste della base che chiede «primarie subito» si sono ripetute anche a Modena e a Bologna mentre a Palermo sono nati i comitati per la Meloni.
Ma tutto questo rischia di sfociare nel nulla se l’annuncio del Cavaliere di rifondare Forza Italia avrà l’effetto di provocare un fuggi fuggi generale dal Pdl.
Su questa eventualità il senatore Domenico Benedetti Valentini ironizza: «Certo, per tutti questi fedelissimi non ci sarà posto nella lista che intende fare Berlusconi…».
E l’osservazione non è casuale perchè al Senato la legge elettorale – che dovrebbe andare in aula domani – si è fermata ancora una volta in commissione perchè Pdl e Berlusconi giocano due partite diverse: ora i fedelissimi del Cavaliere puntano a una conferma del «porcellum» con le liste bloccate mentre il Pdl (con l’Udc e la Lega) ha appena votato le reintroduzione delle preferenze.
Dino Martirano
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
FORZATO L’INGRESSO ALLO STABILIMENTO… CORTEO DI PROTESTA ANCHE A GENOVA
Tensione all’Ilva dopo la decisione assunta ieri sera dall’azienda di bloccare l’attività dell’area a freddo.
Stamattina, in concomitanza con il primo turno, diverse centinaia di persone hanno fatto pressione sugli ingressi della portinerie A e B e, alla fine, per evitare incidenti, la vigilanza ha deciso di aprire.
Ma la situazione più tesa è quella alla portineria D, dove centinaia di lavoratori hanno prima forzato i varchi dello stabilimento e poi sono entrati anche nella direzione del siderurgico occupandola.
Per decisione aziendale, sarebbero dovuti entrare soltanto gli addetti alla manutenzione dell’area a freddo quelli dell’area a caldo e non anche i lavoratori addetti a quei reparti che da ieri sera sono stati fermati per decisione dell’Ilva.
Ieri sera Fim, Fiom e Uilm hanno respinto il provvedimento aziendale, definendolo una “serrata”, nonchè una “rappresaglia” nei confronti dei lavoratori, e hanno deciso che questa mattina tutti si sarebbero comunque presentati sul posto di lavoro. Attualmente un migliaio di persone circa è nell’area della direzione dell’Ilva, tra interno ed esterno dell’edificio.
Le strade adiacenti allo stabilimento non sono per il momento bloccate.
L’Ilva nel pomeriggio di ieri ha deciso di fermare i settori che producono tubi, coil e lamiere a seguito del sequestro disposto dalla Procura disposto in mattinata, assieme all’ordinanza di custodia cautelare per sei persone fra vertici dell’Ilva ed ex dirigenti. Il gip, Patrizia Todisco, ha sequestrato i prodotti in uscita dallo stabilimento e in procinto di essere spediti ai clienti che li avevano ordinati, in quanto ritenuti “profitto di un’attività ritenuta illecita penalmente”.
Di fatto, come ha spiegato ieri il procuratore di Taranto, Franco Sebastio, nel corso di una conferenza stampa, l’Ilva, dopo il sequestro del 26 luglio per disastro ambientale dell’area a caldo, non ha più la facoltà d’uso produttiva degli impianti della stessa area, ovvero cockerie, altiforni, acciaierie.
Il fatto che l’Ilva in questi quattro mesi abbia regolarmente continuato a produrre coil, lamiere e tubi, costituisce secondo i giudici il “provento dell’attività penalmente illecita”. Da qui, appunto, il sequestro.
Gli altri stabilimenti
Sono circa ventimila le persone interessate dalla chiusura decisa dall’azienda.
Ai 5mila operai che lavorano nello stabilimento di Taranto, infatti, vanno sommate le altre 15mila persone che lavorano negli altri stabilimenti del gruppo e nell’indotto che dipende dal siderurgico tarantino.
Come quello di Genova, dove gli operai sono scesi in corteo.
Dopo pochi minuti di assemblea, le tute blu si sono mosse dallo stabilimento di Cornigliano in direzione ponente, verso la rampa autostradale dell’uscita di Genova Aeroporto.
Secondo i sindacati, gli operai in manifestazione sarebbero circa 1500.
Il traffico è bloccato.
In corteo anche una dozzina di motrici di mezzi pesanti delle ditte appaltatrici dell’Ilva.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
DIPENDENTI DIRETTI E INDOTTO: I TIMORI DELLE CONSEGUENZE SULL’INTERO SETTORE
Se chiude l’Ilva di Taranto, scompare l’ultimo grande impianto in Italia per la produzione di acciaio a ciclo integrale, dall’altoforno ai laminati, ai tubi.
Per il gruppo Riva, quarto in Europa nella siderurgia, sarebbe un colpo durissimo.
Per l’economia italiana un danno a catena, che colpirebbe, innanzitutto gli altri stabilimenti del gruppo (Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica), quindi l’indotto (oltre ai 12 mila dipendenti diretti, ce ne sono tra i 5 e i 7 mila che vivono dei servizi che ruotano intorno al megastabilimento, il più grande d’Europa, e i clienti, che vanno dal distretto metalmeccanico di Brescia all’industria degli elettrodomestici, dai cantieri navali al settore dell’auto, dall’edilizia al comparto dell’energia.
Tanto che Federacciai-Confindustria ha quantificato in una cifra oscillante tra 5,7 miliardi e 8,2 miliardi di euro le ripercussioni negative sull’economia nazionale.
Cioè qualcosa che può valere mezzo punto del prodotto interno lordo.
‘acciaio serve per fare viti, chiodi, bulloni e chiavi, dei quali l’Italia è grande produttrice.
Ma anche per costruire navi, altro settore nel quale, nel segmento crociere, primeggiamo nel mondo, piattaforme offshore, caldaie e impianti industriali.
Le lamiere d’acciaio danno forma alle lavatrici, alle automobili e ai treni, che oltretutto corrono sui binari.
Gasdotti e oleodotti necessitano dei grandi tubi che escono dagli stabilimenti siderurgici.
Le costruzioni e le ristrutturazioni vivono sull’acciaio: dai ponteggi esterni sui quali si muovono gli operai ai tondini per il cemento armato alle travi che sorreggono strutture e ponti.
Le macchine industriali, altra leadership italiana nel mondo, non si muovono senza alberi di trasmissione e altri componenti in acciaio.
Taranto ha prodotto l’anno scorso circa 8 milioni di tonnellate di nastri e lamiere d’acciaio, ma negli anni che l’economia tirava ne ha sfornati anche 9-10 milioni, pari a più del 40% della produzione nazionale.
Degli 8 milioni di tonnellate circa 5 sono andati a rifornire il mercato nazionale, da colossi come Fiat e Fincantieri alle piccole imprese dei distretti metalmeccanici.
Tre milioni di tonnellate, invece, sono state esportate, la gran parte, 2,5 milioni, in Europa, dove la Germania è prontissima a prendere il nostro posto, e mezzo milione nel resto del mondo, dove la concorrenza cinese è sempre più agguerrita.
Se l’Italia dovesse importare i 5 milioni di tonnellate di acciaio che ora prende da Taranto, stima Federacciai, l’esborso verso l’estero oscillerebbe tra 2,5 miliardi e 3,5 miliardi, dipende dalle condizioni di prezzo e dalla congiuntura.
Stessa cosa vale per le esportazioni, dove si perderebbero tra 1,2 e 2 miliardi di euro. Il danno per la bilancia commerciale andrebbe da un minimo di 3,7 miliardi a un massimo di 5,5 miliardi. A questi si devono aggiungere fra 750 milioni e 1,5 miliardi che gli attuali clienti dell’Ilva dovrebbero sopportare di maggiori costi per la logistica e gli oneri finanziari.
Un altro miliardo andrebbe considerato per gli ammortizzatori sociali e 250 milioni per il calo dei consumi conseguente al tracollo dei redditi in tutta l’area di Taranto.
Totale, appunto: minimo 5,7 miliardi, massimo 8,2 miliardi.
Secondo Rocco Palombella, segretario della Uilm, che all’Ilva di Taranto fu assunto nel lontano 1973, questi calcoli, oltretutto, non tengono conto del dramma sociale che si aprirebbe, «anche perchè l’età media dei dipendenti è intorno ai 35 anni» e quindi non c’è ammortizzatore sociale che possa bastare.
Dovrebbero trovare un altro lavoro.
«Ma quale in quella zona?», si chiede il sindacalista.
Enrico Marro
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
UNA CIRCOLARE DEL MINISTERO RACCOMANDA LA TRASCRIZIONE A MANO DEI VERBALI DI UDIENZA IN MANCANZA DI FONDI
Va bene, c’è la crisi e la spending review è più che necessaria.
Ma ha del clamoroso e rivela quanto sia in affanno la macchina statale il contenuto di una circolare del ministero della Giustizia in cui si invitano i tribunali a tornare all’antico: ovvero, far trascrivere a mano i verbali di udienza.
La sollecitazione è motivata, ancora una volta, dalla carenza di risorse.
In attesa di fondi da destinare alle ditte che hanno in appalto il servizio di registrazione e trascrizione (stenotipia), il ministero “raccomanda di valutare fin da ora l’opportunità ” di limitarne l’utilizzo “ai soli procedimenti nei quali non sia praticabile la redazione di un verbale in forma integrale manuale”.
Dal primo dicembre il servizio di stenotipia potrebbe addirittura essere sospeso.
Se non arriveranno i fondi, spiega infatti la circolare, il ministero “dovrà rescindere i contratti” stipulati con le ditte che svolgono il servizio di registrazione e trascrizione “e, pertanto, a decorrere dal primo dicembre 2012, lo stesso potrebbe essere interrotto”.
La verbalizzazione manuale, comunque, per il momento non è “consigliata” quando si tratti di “udienze penali nei processi con rito direttissimo, con imputati in stato di fermo o detenzione, ovvero nei procedimenti in cui si decide in merito a provvedimenti restrittivi della libertà personale”.
La Direzione Generale del ministero della Giustizia, è spiegato ancora nella circolare, a maggio scorso ha chiesto al ministero dell’Economia e delle Finanze “l’integrazione ai fondi inizialmente stanziati sui vari capitoli di spesa che sono risultati insufficienti alle effettive esigenze”.
“Tale richiesta – è aggiunto – è stata avanzata anche in relazione al capitolo di spesa” per “i costi relativi al servizio di documentazione degli atti processuali penali”.
Poichè il ministero dell’Economia “non ha ritenuto di dover effettuare l’integrazione richiesta”, al ministero della Giustizia “si è presa in considerazione la possibilità di sopperire alla mancanza di risorse con gli stanziamenti provenienti dal Fondo Unico Giustizia della cui ripartizione, tuttavia, ad oggi non è ancora pervenuta notizia certa”.
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Novembre 27th, 2012 Riccardo Fucile
LA RICERCA DELLA CGIA DI MESTRE EVIDENZIA CHE SONO AUMENTATE DEL 303% IN 4 ANNI LE SEGNALAZIONI ANTIRICICLAGGIO
L’economia criminale in Italia vale 170,5 miliardi di euro all’anno.
Una montagna di soldi che oltre essere creata attraverso una serie di attività illegali spesso viene riversata sul mercato, finendo così per inquinarlo e per stravolgerlo.
DENUNCIA
La denuncia viene dalla Cgia di Mestre che da qualche anno esegue un monitoraggio sulla dimensione economica del giro di affari prodotto dalle organizzazioni criminali presenti nel nostro Paese.
«La stima del valore economico prodotto dalle attività criminali – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia – è il frutto di una nostra elaborazione realizzata su dati della Banca d’Italia. Va ricordato, in base alle definizioni stabilite a livello Ocse, che i dati prodotti dall’Istituto di via Nazionale non includono i reati violenti come l’usura e le estorsioni».
ESCALATION
La conferma dell’escalation del giro d’affari in capo alle organizzazioni criminali, emerge anche dal numero di denunce pervenute in questi ultimi anni all’Unità d’Informazione Finanziaria della Banca d’Italia (UIF).
Si tratta delle segnalazioni di operazioni di riciclaggio sospette eseguite da intermediari finanziari (in primis le banche che ne hanno compiute quasi l’80% del totale), verso la UIF. Ebbene, tra il 2007 ed il 2011 sono aumentate del 303%.
Nel 2011, ultimo dato disponibile, hanno raggiunto la quota record di 48.344.
La Cgia ricorda che una volta ricevuti questi «avvisi», la UIF effettua approfondimenti sulle segnalazioni di operazioni sospette e le trasmette, arricchite dell’analisi finanziaria, al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza (NSPV) e alla Direzione investigativa antimafia (DIA). Solo nel caso le segnalazioni siano ritenute infondate, la UIF le archivia.
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: economia, mafia | Commenta »