Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
SE SI PARTECIPA A UN CORTEO CON CASCO, PIETRE E BASTONI, FORZANDO I BLOCCHI, CI SI ASSUME LE PROPRIE RESPONSABILITA’… SENZA TANTE PALLE IL GIORNO DOPO
Nessuno in Italia (almeno per ora) vieta di manifestare.
A memoria, le uniche manifestazioni che furono vietate in passato erano di organizzazioni di destra, le uniche “leggi speciali” sempre rivolte agli stessi ambienti.
Da tempo i grandi cortei politici, sociali o sindacali sono sfruttati da frange estreme per creare disordini, lo dice la cronaca: vedi i danni milionari al G8 di Genova per cui sono stati processati alla fine solo pochi delle migliaia di facinorosi che hanno compiuto immotivati atti di vandalismo.
E ogni volta monta la medesima polemica: le forze dell’ordine hanno usato le maniere forti, qualche manifestante è stato manganellato, filmati, denunce, interpellanze.
Un film già visto decine di volte, fino a diventare una replica noiosa da sala di periferia (se esistessero ancora).
Con la solita ipocrisia italica, a seconda della collocazione politica, si deve a priori difendere o i manifestanti o le forze dell’ordine.
Senza fare un ragionamento logico e pragmatico.
Vuoi manifestare contro il governo? Pienamente legittimo.
Chi organizza il corteo concorda il percorso e, se può, garantisce un minimo servizio d’ordine.
Si presume che in un corteo di persone normali si lancino slogan, si innalzino striscioni, rullino i tamburi, si esibiscano bandiere.
Nulla di più.
Esiste una legge che vieta il travisamento del viso?
Bene, allora sono vietati i caschi: dovrebbero essere i manifestanti normali a segnalare i “rivoluzionari del casco integrale” e isolarli dal corteo.
E dovrebbe essere la pulizia a intervenire, identificare e fermare subito costoro.
Invece la polizia si è specializzata nei filmati da usare il giorno dopo.
Le Questure diventano sale cinematografiche dove per mesi si analizzano frame per identificare i soggetti che nel frattempo hanno distrutto intere vie senza che nessuno muovesse un dito, salvo quella della telecamera.
Questa si chiama prevenzione?
Ordini dall’alto dicono che è meglio fare così, onde evitare contatti fisici.
Cazzate, visto che poi i facinorosi attaccano lo stesso la polizia, grazie proprio all’armamento che hanno potuto portarsi liberamente in corteo. senza che nessuno glielo abbia impedito prima che divenissero organizzati.
Esempio emblematico.
Da Santoro un giovane manifestante noioso e petulante ha detto: “Noi studenti avevamo deciso di arrivare sotto il Parlamento e la Questura ce lo ha impedito manganellandoci”.
Un basito Santoro ha replicato: “Ma c’è una legge che vieta di far arrivare i cortei in piazza Montecitorio: che avrebbe dovuto fare la polizia, stendervi un tappeto rosso e farvi passare?”
Imbarazzo dello studente che poi bonfonchia: “in altri Paesi è consentito”: argomento labile direi, visto che ognuno è libero di farsi le proprie norme.
Peccato che nessuno dei presenti gli abbia risposto: “Caro ragazzo, la storia del mondo è piena di rivoluzionari “veri” e di agitatori di popolo che hanno assaltato i palazzi del potere. Qualcuno con successo, molti rimettendoci qualcosa. Vuoi fare il rivoluzionario? Fallo, ma non lamentarti che dall’altra parte qualcuno faccia il questurino. Vuoi violare la legge? Fallo, ma non piagnucolare se qualcuno iè pagato per farla rispettare. Vuoi spaccare il bastone sulla testa di un poliziotto? Provaci, ma non lamentarti poi se ricevi una manganellata tu.
Non è il poliziotto che è venuto a cercare te, sei tu che sei andato a cercare lui, tanto per capirci.
Salvo poi costruirci i presunti “martiri”, come a Genova.
Non prendo le difese di nessuno, chiedo coerenza e dignità : basta col vittimismo.
Se uno poi tanto rivoluzionario non è, ha sempre due alternative: o partecipare al corteo con un comportamento civile o starsene a casa e non rompere i coglioni il giorno dopo.
C’è sempre lo stadio la domenica per sfogare gli istinti repressi.
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
IL MINISTRO ACCUSA: “GRILLO FA SCIACALLAGGIO POLITICO”
Seduta sul divano bianco che chiude uno dei lati del suo ufficio al Viminale, il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri risponde alle domande con la disinvoltura e la sincerità di chi sa di essere di passaggio e dunque non ha nulla da perdere.
Di chi, spesso, sembra parlare più da prefetto che da ministro. «Lei trova? Io invece avrei detto il contrario. Che sto imparando a parlare da ministro».
Sorride. «E comunque c’è un dato, credo indiscutibile. Che la sottoscritta, come gli altri colleghi di questo Governo, non solo ha una storia da tecnico, ma è sola. Quello che intendo dire è che sono espressione di una maggioranza parlamentare, chiamiamola così, che è solo numerica. Di fatto, rispondo politicamente a me stessa e ovviamente all’esecutivo di cui faccio parte. Non ho un partito alle spalle. Talvolta è un vantaggio, altre volte assai meno».
Lei ha detto: «Mostriamole e guardiamole tutte le foto degli scontri». Ha avuto modo di vedere tutto quello che è stato rovesciato in rete?
«Purtroppo no. Sono stata in Algeria per l’intera giornata e sono rientrata solo ieri sera».
Le posso mostrare questo video?
La Cancellieri osserva in silenzio i 20 secondi del filmato (“Manganellate in faccia a un manifestante”) postato da Repubblica tv che documenta la furia di un agente in borghese su un ragazzo inerme, bloccato a terra da altri due poliziotti, durante le cariche di Roma a ponte Sisto.
Poi dice: «Queste immagini non le avevo ancora viste. E questa violenza su un inerme è intollerabile e ingiustificabile. Glielo ripeto: ingiustificabile. Questo poliziotto sarà identificato subito. Sono io, ora, a voler sapere chi è. Faremo le dovute valutazioni e ne trarremo le conseguenze disciplinari. E lo stesso varrà qualora altre immagini dovessero documentare comportamenti simili. Su questo punto, non ci sono nè se, nè ma. Il monopolio della forza è democratico se la forza è esercitata nel rispetto della legalità . Altrimenti diventa un’altra cosa».
Conosce l’obiezione, vero? Questo è accaduto perchè poco prima è accaduto quest’altro.
«Conosco l’obiezione. E le dico anche che sono stata la prima a complimentarmi con il Dipartimento di Pubblica Sicurezza per la scelta di mettere in Rete, utilizzando la stessa forza virale dei social network, le immagini girate a Roma dalla Polizia Scientifica. Perchè è giusto che il lavoro della Polizia avvenga nella massima trasparenza. E dunque che ogni cittadino possa valutare come una minoranza abbia sequestrato un’intera piazza con le sue legittime e condivisibili richieste, schiacciandola in una testuggine armata di bastoni, bombe carta, sassi. In altri termini, cosa ha determinato alcune scelte di ordine pubblico. Ma dico anche, al contrario di quello che qualche suo collega vorrebbe farmi dire, che io non penso che ci sia alcuna equivalenza tra le immagini che lei mi ha mostrato prima e quelle della testuggine di Ponte Sisto. I poliziotti responsabili di abusi verranno puniti. E questo per rendere onore e merito agli altri loro colleghi che sono la maggioranza e nei cui confronti è necessario che tutto il Paese nutra il rispetto democratico che meritano».
Non aiuterebbe il “rispetto democratico” identificare gli agenti, come avviene altrove in Europa, con segni distintivi?
«Guardi, francamente non ho ancora deciso se abbia più ragione chi, con ottimi argomenti, sostiene questo che lei sta dicendo o se, al contrario, sia altrettanto fondato il timore degli operatori che temono che questo metterebbe a rischio loro e le loro famiglie. E’ una questione delicata che non si risolve con l’accetta. Intanto, direi di cominciare a fare quello che ho detto. Isoliamo le mele marce, quando le troviamo, e ripaghiamo questi ragazzi che fanno un lavoro complicato, per stipendi modesti, con ciò che meritano. Rispetto e formazione. Formazione professionale e culturale. Io so e continuo a pensare che i nostri poliziotti e carabinieri sono come l’appuntato “Pecorella”, quello che non rispose alla provocazione del militante No Tav in val di Susa».
Crede che la ferita del G8 pesi ancora sulla piazza?
«Se dovessi rispondere pensando a quello che auspico, direi di no. Perchè quella pagina è chiusa. Chiusa. E deve cominciare ad essere storicizzata. Se però devo fare una constatazione, allora la risposta è sì. Ritengo tuttavia non sulla maggioranza della piazza, ma sulla sua minoranza ideologizzata, che utilizza quella storia di 11 anni fa come carburante della violenza. Noi non dobbiamo assolutamente ripetere gli errori di allora. Chi va in piazza deve imparare a difendersi dalla propaganda dell’odio».
A proposito di propaganda, ha letto la “lettera al soldato blu” di Grillo?
«Quanto ha detto è da irresponsabile. È un esempio di sciacallaggio politico. Il Paese non ha bisogno di altri Masanielli. Ne ha avuti abbastanza. E per altro, il Masaniello originale non aveva nemmeno questo tono torvo, truce. Ma come si fa a evocare la guerra? Che c’entra quel richiamo a Pasolini? Di quale Italia stiamo parlando? In questo modo non si guida un Paese ma lo si porta alla distruzione. Questo Paese ha bisogno di responsabilità e di politica, quella che ho sentito stamane nelle parole del Capo dello Stato. Gli studenti al teatro Eliseo erano pronti alle contestazioni. Invece sono rimasti muti ad ascoltare il Presidente Napolitano. Perchè hanno sentito la forza di un discorso pubblico che orienta, media, propone un orizzonte».
Il deficit di politica è anche un problema dei poliziotti. Il questore di Torino ha detto che le forze dell’ordine svolgono un lavoro di pura supplenza in un vuoto lasciato dalla politica.
«E il questore ha assolutamente ragione. Io dico di più. Facciamo attenzione, perchè il vuoto, prima o poi, qualcuno lo occupa. E la storia insegna che non sempre è un’occupazione democratica».
Il sindaco Fassino ha definito i fatti di Torino, con l’aggressione al poliziotto isolato, e l’occupazione dei palazzi della politica un gesto «squadrista». Condivide la definizione?
«Assolutamente sì. Non trovo parole più adatte. E non è la prima volta».
Per questo ha rimandato la sua visita a Torino nei giorni scorsi? Per non confrontarsi con lo «squadrismo»?
«A Torino andrò presto. È un impegno che ho preso e che manterrò. Ma a Torino vado per ascoltare. Per raccogliere le voci degli ammini-stratori della val di Susa che sono stati sequestrati da una protesta violenta. Che ormai impegna da oltre un anno, ogni giorno, centinaia di poliziotti e carabinieri in scontri. Andrò quando capirò che il senso della mia visita è accolto per quello che vuole essere. Non vado per dare occasione a un’ennesima provocazione».
Nel 2001, a Genova, la piazza pacifica venne terrorizzata da tre giorni di guerriglia. Morì un movimento. Non crede che a forza di dire che la piazza è un luogo pericoloso, di agitare lo “spettro greco”, si voglia raggiungere lo stesso risultato: silenziare le ragioni di un’intera generazione cui è stato tolto il futuro?
«Gli studenti che a migliaia sono scesi in piazza esprimono le loro ragioni. Per questo vanno difesi nella loro libertà di manifestare. Ma questo può avvenire solo in una cornice di legalità complessiva. Dove la libertà di ciascuno finisce dove comincia quella dell’altro. Vale per i poliziotti. Vale per chi manifesta. Non vedo, francamente, un’altra strada. Io, da ministro, posso assicurare che il Viminale e il Dipartimento di Pubblica sicurezza farà la sua parte. Ha la vitalità per farlo e ha un capo, Antonio Manganelli, che in questo momento ha e merita la fiducia di tutti»
Carlo Bonini
(da “la Repubblica“)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
IL PREMIER NON ESCLUDE PIU’ DI CANDIDARSI PER IL 2013
In viaggio “Verso la terza Repubblica”, ma per portare fin lì Mario Monti e riaffidare a lui la guida del governo, versione 2013. Montezemolo e il ministro Riccardi, il leader Cisl Bonanni e il presidente delle Acli Olivero, il presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai.
E con loro, in rampa di lancio, tutta una galassia dall’imprinting smaccatamente, volutamente cattolico.
Dopo tante chiacchiere partono per davvero: domani a Roma la convention che trasformerà il movimento in partito, “Italia civica” il nome ipotizzato.
Il presidente del Consiglio se ne terrà per ora lontano, ma solo fisicamente.
Il cantiere è tenuto adesso sotto stretta osservazione da Palazzo Chigi.
Lo scenario è mutato, il Professore guarda con interesse nuovo alla prospettiva di un proseguimento dell’esperienza di governo, non più da tecnico.
E il contenitore che prenderà corpo nelle prossime ore appare costruito su misura. Dal premier i promotori non si attendono certo outing, se non un minuto dopo la chiusura del mandato governativo.
Il Professore non si prepara certo a candidarsi semplicemente per un seggio in Parlamento, spiega chi gli ha parlato in questi giorni: il suo titolo di senatore a vita gli risparmia questo passaggio.
Ma lo scioglimento della riserva equivarrà ad accettare il ruolo di capo politico di una “lista per Monti”.
E dunque di candidato premier.
La nuova creatura politica sarà cosa diversa e distinta dalla “Lista per l’Italia” di Fini e Casini, pur convergenti sull’obiettivo finale, ed è funzionale alla mission.
Molti segnali del resto convergono da giorni in quella direzione.
Una decisione definitiva non è stata ancora adottata, ma adesso Monti ha iniziato concretamente a valutare la possibilità di un intervento più diretto in politica non più dopo, ma prima del voto.
La scorsa settimana il Professore ha tenuto una riunione ristretta. Qualcosa di più di un incontro conviviale, alla luce di un passaggio che sarebbe delicato sotto il profilo personale, prima ancora che professionale.
Il fatto è che a quel passaggio – raccontano – Monti si sente ormai condotto, al di là della sua volontà iniziale.
Il presidente Barack Obama, appena confermato alla Casa Bianca, gli avrebbe espressamente chiesto di accettare la sfida, quando pochi giorni fa si sono sentiti in occasione del colloquio per le congratulazioni.
Non da ora l’amministrazione di Washington considera strategica per l’intero scacchiere europeo la permanenza in carica del premier italiano.
Tra Palazzo Chigi e l’ambasciata americana a Roma guidata da David Thorne il filo è diretto e costante. Ma non è stata meno insistente, negli ultimi mesi, la moral suasion che la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbe condotto sul collega.
In Italia – a fronte delle ostilità “antimonti” ostentate dal Pdl berlusconiano e da un Pd bersaniano che sogna di conquistare la premiership – la conferma dell’ex presidente della Bocconi gode del placet dei Palazzi Apostolici.
La lista pro Monti che prenderà il largo domani, sulla scia di Todi e cantieri cattolici vari, raccoglierà di certo, a quanto raccontano nella Curia romana, il consenso della Segreteria di Stato guidata da Bertone.
Ecco, rispetto a una platea così affollata e pressante, Monti avrebbe giudicato non “morale” limitarsi ad aspettare di essere chiamato da riserva della Repubblica dopo il voto, alla luce della impossibilità eventuale di dar vita a un esecutivo politico.
Non basta dare solo il “placet” alla Lista Riccardi-Montezemolo.
Nel suo atteso intervento, proprio il fondatore di “ItaliaFutura” domani farà un chiaro richiamo alla necessità che l’agenda Monti abbia un più ampio respiro nei prossimi cinque anni.
Ma saranno «elezioni dal valore storico e ho deciso di dare un contributo senza rivendicare ruoli» ha anticipato ieri.
Certo, il fatto che le conclusioni della convention saranno affidate al ministro Riccardi, tra i più vicini al premier, non è lasciato al caso.
Bonanni sederà in prima fila senza intervenire, per ora, ma solo per via delle vertenze ancora in corso tra la Cisl e Palazzo Chigi. Ma l’adesione è piena.
Nessun leader politico invitato, se non pochi e trasversali parlamentari cattolici di seconda fila. Casini e Fini, per intendersi, non ci saranno.
Le scintille non mancano.
«Non è che Olivero sale sul tetto di un macchina con Montezemolo e fa un partito – è sbottato il leader Udc – Non servono personalismi, uomini della provvidenza o restayling ma serietà ». Ultimo, ennesimo affondo.
Per non dire di Rosy Bindi, che l’ha bollata come una «operazione di vertice, un cavallo di Troia per Monti».
Un sondaggio della Swg per i Cristiano sociali attesta già di un 9,7 per cento tra i cattolici praticanti la lista Riccardi-Montezemolo- Bonanni pro Monti premier.
In platea, i pochi politici invitati (Tonini, Ceccanti, D’Ubaldo, Garofani del Pd, i capigruppo Udc D’Alia e Galletti, la Destro e Rossi già con Montezemolo, la finiana Bongiorno) saranno nelle retrovie e sparsi.
Porte chiuse o quasi per i tanti pidiellini che da giorni pressano per un invito.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
LA COERENZA DIPENDE DAI LORO INTERESSI: PDL E LEGA ORA VOGLIONO L’ACCORPAMENTO MA ALLORA ERANO CONTRARI, IL PD ERA FAVOREVOLE E ORA NON LO VUOLE
Accorpare o no e elezioni regionali di Lazio, Lombardia e Molise con le politiche?
È questo il punto su cui i partiti si stanno scontrando nelle ultime ore.
Da una parte Pdl, Lega e Udc che sono a favore di un unico election day.
Dall’altra il Pd, a cui sta bene la scelta del Viminale di fissare il voto per le tre regioni il 10 e l’11 febbraio, in attesa di rinnovare il Parlamento ad aprile.
Davanti a questa posizione, il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha aperto il fuoco. Forse il partito di Silvio Berlusconi punta a un’unica data per evitare una doppia batosta alle urne?
L’ex ministro della Giustizia assicura che le motivazioni sono altre.
E accusa il Pd. “Bersani – dice – vuole mettere una tassa di 100 milioni di euro sulla testa degli italiani”.
Dunque il niet della destra su due tornate elettorali differenti sarebbe dovuto a una questione di soldi e di risparmio.
Dall’altra parte c’è il segretario del Pd che dice: “La data delle elezioni regionali è dovuta, legge alla mano”.
E a chi replica che l’election day serve a non sprecare altro denaro, risponde: “Si parla di risparmi, ma lo si sa che la Regione Lazio sta perdendo 650 milioni di fondi europei e che è in crisi da settembre?”.
Nella primavera del 2011, però, le posizioni erano diametralmente opposte.
Quando si votò per i referendum abrogativi su legittimo impedimento, privatizzazione dell’acqua e ritorno all’energia nucleare, la decisione fu quella di fissare una data diversa da quella delle amministrative.
Al governo c’era ancora Silvio Berlusconi e l’inquilino del Viminale era Roberto Maroni, oggi segretario della Lega nord e schierato per l’election day.
Allora si andò alle urne il 15 e il 16 maggio per rinnovare i consigli e le giunte di alcuni comuni, mentre per i referendum il 12 e il 13 giugno.
Non mancarono le critiche del Pd, col capogruppo alla Camera, Dario Franceschini: “Così si buttano dalla finestra 300 milioni di euro – disse -, in un momento di grave crisi per le imprese e le famiglie italiane”.
Le accuse arrivarono anche dall’Idv: “Un furto di 350 milioni di euro agli italiani”.
Effetto specchio deformato?
Posizioni piegate all’interesse di parte?
In realtà una differenza, tra i due casi, esiste.
Il referendum è un voto freddo, che non comporta spese aggiuntive all’organizzazione della singola tornata elettorale.
Mentre il ritardo nel rinnovo dei consigli di queste tre regioni – andate a casa per motivi poco onorevoli – continua ad avere un costo piuttosto elevato.
Ad esempio, per l’assemblea ormai inattiva della regione Lazio si spendono 350 mila euro al giorno.
Dal 28 settembre (data in cui si è dimessa la Polverini) fino al 10 febbraio (data presunta del voto) costerà circa 40 milioni di euro.
Inoltre, secondo uno studio della Cna laziale del 9 ottobre, la regione ha perso 356 milioni di euro di fondi europei e altri 80 milioni di finanziamento del Miur per i distretti tecnologici.
Giacomo Galanti
(da “La Repubblica”)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO UN EDITORE DI PONTREMOLI, LA MURA AVREBBE MENTITO SULLA VICENDA DEL SITO WEB E CONTRIBUITO A FAR AVERE UN RISARCIMENTO DI 500.000 EURO A DI PIETRO
Avrebbe mentito a un magistrato per favorire il leader dell’Italia dei Valori.
Per questo Silvana Mura è indagata con l’accusa di falsa testimonianza per una vicenda che riguarda la titolarità del dominio internet antoniodipietro.org, per il quale il giudice ha deciso un risarcimento di 500mila euro a favore del leader Idv anche grazie a quanto dichiarato dalla tesoriera.
La notizia, riportata dal Corriere di Bologna, riguarda i domini con il nome dell’ex pm e l’estensione .org e .it, entrambi registrati nel 2000 dal giornalista e blogger Maurizio Bardi, 61 anni, piccolo editore di Pontremoli, in provincia di Massa, e fan di Di Pietro.
Oltre a essere, come riporta il Corriere “uno che dei venti che firmarono le fideiussioni da due miliardi di lire per la campagna elettorale 2001 dell’Idv”.
Due siti con gli stessi contenuti, aperti per creare “una banca dati sulla corruzione” e grazie ai quali il giornalista e l’ex pm iniziarono a collaborare.
Bardi però sostiene di essere stato “fatto fuori” nel 2002, a seguito dell’arrivo dei rimborsi elettorali.
Ha lasciato sei mesi al partito per trasferire i contenuti sul .it e poi a febbraio 2003 ha ripreso il sito .org “cambiando il Dns, il server che traduce l’ip numerico in indirizzo testuale”, visto che, spiega, “al partito l’avrei anche dato ma Di Pietro voleva che lo cedessi a lui personalmente”.
Per questo l’ex pm gli ha fatto causa, assistito dagli avvocati Felice Belisario, senatore Idv, e Marco Bertocchi, segretario del Pd di Pontremoli, e ha vinto in tribunale.
Il giudice, infatti, gli ha dato ragione e ha riconosciuto che i siti sono suoi nonostante siano stati registrati da Bardi.
Ma il blogger contesta le dichiarazioni della Mura e afferma che “disse il falso quando dichiarò che ‘a seguito del cambio di Dns operato unilateralmente dal dottor Bardi, sia il sito che le caselle di posta ad esso collegate non erano più accessibili e funzionanti. L’on. Di Pietro dovette provvedere alla registrazione del dominio www.antoniodipietro.it e www.italiadeivalori.it con ulteriori costi per la loro creazione e attivazione’”.
Ma a Bardi risulta che le mail in arrivo fossero “dalle 24 alle 104 al giorno”.
Inoltre, “secondo Mura, perdendo il dominio antoniodipietro.org, ‘il materiale di propaganda ed elettorale dovette essere ristampato’”, ma Bardi al contrario sostiene che “nel febbraio 2003 non vi erano elezioni previste se non in Val d’Aosta e non erano stati stampati manifesti”.
Le indagini su Silvana Mura, secondo quanto ha riferito il procuratore Aldo Giubilaro, si avviano alla conclusione.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
GRILLO CONTESTA LA FIDUCIA AI RIBELLI, LA SALSI REPLICA “NON SIAMO IN CASERMA” E QUALCUNO LA INSULTA
Funziona così.
Gli iscritti bolognesi del MoVimento 5 stelle applaudono Federica Salsi e fischiano chi la critica per il suo intervento a Ballarò.
I colleghi Bugani e Piazza sono di nuovo seduti accanto a lei: dopo il gelo in consiglio comunale, è un passo avanti.
Giovanni Favia scrive su Facebook: «Clima migliorato. Sono felice. Speriamo recuperino del tutto».
E però, dal web, Beppe Grillo pubblica un’altra scomunica: «Non siamo all’asilo Mariuccia. I giornalisti insistono con la fiducia a questo o a quell’altro esponente del M5S data con l’applausometro e con il voto per alzata di mano di poche decine di persone la cui iscrizione non viene certificata formalmente».
È la sconfessione dei meet up, delle assemblee locali, della pratica intrapresa in Emilia di sottoporsi periodicamente ai cittadini per rendere conto del proprio mandato.
Giovanni Favia, il consigliere regionale cui Grillo ha tolto la fiducia dopo il fuorionda in cui accusava il MoVimento di scarsa democrazia, sta incassando plebisciti in ogni provincia.
«Non è vero che sono pochi i partecipanti — spiega — abbiamo coinvolto 2000 persone, abbiamo sempre detto che i cittadini non devono delegare, che devono attivarsi. È ovvio che i numeri non possono essere quelli di chi ci ha eletto, ma in democrazia decide chi partecipa. E le nostre assemblee sono pubblicizzate a tutti i livelli».
Fa di più, Favia: pubblica sul suo profilo Facebook un video in cui Grillo benediceva il suo lavoro e l’idea delle assemblee semestrali.
«Era prima che il guru Casaleggio si impadronisse di lui», scrive un sostenitore.
La tesi di chi dissente è che “lo staff”, ora, ha paura di quegli incontri, perchè a Bologna, davanti a un voto, i fedelissimi potrebbero venire sconfessati.
Il “capo politico” — come si è autodefinito — aveva già deprecato l’uso della remissione del mandato nel suo dodecalogo.
La reiterazione però accende il clima: sul blog piovono di nuovo gli insulti.
«No all’ipertrofia dell’ego, a quelle che pensano di averla profumata e a quelli che pensano di essere irresistibili», scrive Renzo da Agropoli. Non solo.
Il Tgcom pubblica un video in cui — all’assemblea — una militante dice parlando della Salsi: «Buttana era e buttana resta».
La consigliera si sfoga ancora una volta con Affariitaliani. it: «Non sono la bella signora che è andata in tv e ha fatto infuriare Grillo, come hanno detto. Sono una persona. Non vedo perchè si debba fare sempre riferimento alle qualità fisiche».
A chi l’accusa di essere responsabile del clima per l’apparizione a Ballarò, risponde: «È come dire che una viene stuprata perchè mette la minigonna. Di questo passo andremo in giro con il burka. Il MoVimento non è una caserma».
Pensa a due dei suoi tre figli, a casa malati, Federica: «Spero non abbiano la televisione accesa».
Favia la difende: «Provo una tristezza infinita. Se chi ha pronunciato quelle parole è un’esponente del MoVimento dovrà risponderne pubblicamente».
Intanto, sul blog, tra gli insulti si fanno largo anche le voci di chi dice che però così non va, che la democrazia interna al partito serve, che allora cosa vuol dire che «uno vale uno»?
«Il punto — spiega Favia — è che da una parte ci sono i militanti sul territorio, quelli che si rendono conto che non è Grillo ad andare in Parlamento, non è lui che entra nei consigli comunali. Dall’altra, c’è chi pensa che il MoVimento sia un fan club. Io stimo Grillo, gli voglio bene, ma non mi sento parte di un fan club»
Annalisi Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
L’ULTIMATUM DELL’EX SINDACO CONTRO I PATERACCHI DEL PDL: “PRONTO A RESTITUIRE LA TESSERA, LA MIA E’ UNA CANDIDATURA INDIPENDENTE”
Gabriele Albertini ribadisce che non ha alcuna intenzione di ritirare la sua candidatura alla presidenza della Regione Lombardia: «No, la mia candidatura è indipendente dal Pdl», ha risposto l’ex sindaco di Milano a chi gli chiedeva se pensa a un passo indietro nel caso in cui non arrivi un sostegno ufficiale da parte del partito di Angelino Alfano.
«Io ho questa tessera, numero 216, che penso potrei restituire nei prossimi giorni, a questo punto, se il Pdl sosterrà un altro candidato che penso sia Maroni», ha aggiunto, conversando con i giornalisti al suo arrivo all’università Bocconi per partecipare all’inaugurazione dell’Anno Accademico.
Albertini ha ribadito che sulla sua candidatura ha raccolto il sostegno di alcuni movimenti della società civile e che sta lavorando alla costruzione di una coalizione che ricalchi quella del Ppe (il gruppo parlamentare europeo a cui aderiscono il Pdl e l’Udc).
«Se il Pdl vuole andare con Efd, lo faccia», ha continuato, con riferimento alla formazione euroscettica cui aderisce la Lega Nord (European, Freedom and democraty).
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
PER LEI SPAZI RIDOTTI NELLA MEGA-STRUTTURA DI PADOVA
Quando gli presenteranno Ilaria Capua come una fuoriclasse simbolo della ricerca italiana nel mondo, Giorgio Napolitano abbia chiara una cosa: senza una svolta se ne andrà anche lei.
Dove lavora, infatti, le hanno detto che deve accontentarsi degli spazi che ha. Inaccettabile, per chi gioca una partita planetaria.
Romana, laureata in veterinaria a Perugia, specializzata a Pisa, anni di esperienza in giro per il mondo, direttrice e anima del dipartimento di Scienze biomediche all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie a Padova, Ilaria Capua non è stata scelta a caso per rappresentare il settore scientifico agli Stati Generali della Cultura organizzati a Roma dal Sole 24 Ore , dall’Accademia dei Lincei e dalla Treccani.
Qualche anno fa s’impose isolando coi suoi collaboratori, primo fra tutti Giovanni Cattoli, il primo virus africano H5N1, la nasty beast (brutta bestia, secondo la definizione di Nature ) dell’influenza aviaria umana.
Quella nuova forma di peste che, se infetta qualcuno, la maggior parte delle volte lo ammazza.
Ciò che la rese celeberrima fu tuttavia il passo successivo. Cioè la risposta che diede all’alto funzionario dell’Oms che l’aveva chiamata per chiederle di mettere tutto ciò che sapeva in un database privato del quale avrebbe avuto una delle 15 password d’accesso.
Quella scelta di condividere la scoperta in una cerchia ristretta poteva significare fama, finanziamenti, prestigio, soldi.
Ma lei, come ricorda nel libro recentissimo «I virus non aspettano» (Marsilio) decise di rifiutare quell’occasione di entrare in un cenacolo di eletti: «Ero assolutamente basita. Intimidita e scandalizzata al tempo stesso. Ma vi sembra un comportamento serio e adeguato alla situazione? I virus non aspettano. Siamo nella fase di espansione di una malattia epidemica, che per la prima volta nella storia colonizza il continente africano. L’Africa è piagata dalla povertà e dalla malnutrizione. Un virus che uccide i polli e le galline sottrae nutrimento anche alle fasce più povere della popolazione, l’epidemia è destinata ad allargarsi a macchia d’olio, e in una popolazione già flagellata dall’HIV e dalla malaria, per dirne solo due, un’altra infezione trasmissibile alle persone è pioggia sul bagnato». Dunque «era assolutamente indispensabile che le forze si unissero e quindi dare l’informazione soltanto a quindici laboratori mi sembrava insensato».
E così mise la sua scoperta su «GenBank», a disposizione di tutti.
Guadagnandosi «lettere di sostegno da tutto il mondo, un servizio su Science , un hip hip urrà da Nature , un’intervista in doppia pagina con ritratto dal Wall Street Journal , un editoriale sul New York Times .
Ma anche una valanga di critiche dure e taglienti dai colleghi che appartenevano al gruppo dei quindici laboratori afferenti al database privato».
Li lesse anche Kofi Annan, quegli articoli.
E volle capire com’era andata perchè gli pareva impossibile che scoperte in grado di salvare la vita alle persone potessero venire egoisticamente tenute nascoste.
E si mise in moto un meccanismo che ha portato nel tempo a una maggiore trasparenza e condivisione delle informazioni utili a tutti. Insieme con le rampogne dei colleghi più navigati, Ilaria Capua ha raccolto in questi anni anche i riconoscimenti più prestigiosi.
Come il «Penn Vet World Leadership Award» che, spiega nella prefazione al libro lo scienziato americano Alan M. Kelly «è di gran lunga il riconoscimento più prestigioso nel campo della medicina veterinaria». Prima donna a riceverlo, prima sotto i sessant’anni.
Va da sè che, accumulando via via successi professionali e accrescendo la sua «collezione di virus» che per un centro di ricerca simile equivale alle ricchezze di una biblioteca, la scienziata è riuscita ad attirare sempre più investimenti e raccogliere intorno a sè una settantina di ricercatori. Fino ad avere sempre più bisogno di spazio per competere coi grandi centri internazionali.
Per usare il paragone di Roberto Perotti sull’università : se la squadra di Villautarchia rifiuta di partecipare ai campionati più duri e si accontenta delle amichevoli per non misurare il valore dell’allenatore e dei giocatori, non potrà mai avere Ronaldinho. Occorre giocare ad alto livello.
Ed eccoci a oggi.
Da luglio, a Padova, è pronta la «Torre della ricerca» voluta, progettata, finanziata e costruita da «la Città della speranza».
La fondazione non profit che, dopo essere entrata nel cuore degli italiani tirando su in un solo anno un intero lotto ospedaliero destinato a salvare i bambini colpiti dal tumore, (tutto con soldi dei generosi donatori senza un centesimo di denaro pubblico) si è ingrandita fino a diventare il centro italiano della guerra alla leucemia infantile. Anche stavolta, avuti in regalo 10 mila metri di terreno dal consorzio della zona industriale di Padova, «la Città della speranza» ha fatto quasi tutto da sola.
E in due anni e mezzo, tutto compreso, contando sulla generosità non solo del progettista Paolo Portoghesi e delle imprese coinvolte («in pratica hanno recuperato tutti le spese vive», racconta Franco Masello, l’anima storica della fondazione) è nato quello che dovrebbe essere, coi suoi dieci piani, i suoi 13.200 metri quadri di laboratori, i suoi 350 ricercatori, il più grande e moderno centro europeo per la ricerca sulle malattie infantili. Il posto giusto anche per Ilaria Capua.
Infatti lì era previsto andasse con la sua struttura, comunque ancorata allo Zooprofilattico Sperimentale.
Tutto deciso. Da due anni. Con tanto di finanziamento regionale.
Ma ecco, improvvisamente, la svolta. Con la retromarcia dell’Izs.
«Praticamente volevano che cedessimo loro due piani gratuitamente», spiega Franco Masello. «Ma noi non ce lo possiamo permettere. Noi non guadagniamo un euro da questo sforzo enorme da 32 milioni che abbiamo fatto, ma una parte dei soldi vogliamo recuperarla per investirla nella ricerca».
«Spostati pure, per un paio d’anni finchè costruiamo i laboratori nuovi nostri, ma puoi portarti dietro solo la metà dei tuoi», sarebbe stato offerto a Ilaria Capua.
Una proposta considerata irricevibile.
Perchè non andare nel posto giusto, condividendo con centinaia di ricercatori idee, scoperte, macchinari? E davanti al braccio di ferro, la scienziata ha fatto capire che se fosse costretta potrebbe andare via: bye bye…
La voce di un possibile addio è scoppiata nel Veneto come un candelotto di dinamite. Scatenando le ire trasversali del governatore leghista Luca Zaia e del sindaco padovano democratico Flavio Zanonato.
Decisi l’uno e l’altro, con ipotesi e accenti diversi, a trovare una soluzione.
Perdere altri «cervelli» in una situazione così, mentre «la Città della speranza», nonostante i nuvoloni della crisi, investe sul futuro, sarebbe davvero un delitto.
Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 16th, 2012 Riccardo Fucile
CRESCE LA SODDISFAZIONE PER LE RELAZIONI AFFETTIVE, AUMENTA CHI NON SI PUO’ PERMETTERE UNA SETTIMANA DI FERIE L’ANNO
La soddisfazione per le proprie condizioni di vita, complice la crisi, cala e gli italiani si rifugiano nella famiglia e nei rapporti di amicizia.
È il quadro che emerge dall’indagine Istat su Deprivazione e soddisfazione, aspetti di vita quotidiana secondo cui «si riscontra una contrazione del livello di soddisfazione per la vita in generale, mentre aumenta per alcuni ambiti rilevanti della vita quotidiana, come le relazioni familiari e amicali».
Anche la soddisfazione per il tempo libero cresce, mentre peggiora quella per la situazione economica personale e familiare.
Secondo l’indagine, nel 2011 sono aumentate le famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 33,3% al 38,4%), di non potersi permettere una settimana di ferie all’anno (dal 39,8% al 46,5%) o, se lo desiderassero, un pasto con carne o pesce ogni due giorni (dal 6,7% al 12,3%), nonchè quella di chi non può permettersi di riscaldare adeguatamente l’abitazione (dal 11,2% al 17,9%).
In compenso, il 91% degli intervistati si dichiara soddisfatto per le relazioni familiari (il 36,8% lo è molto): per le relazioni amicali tale quota è pari all’84,0%, con il 26,6% di molto soddisfatti.
Dichiarano un peggioramento della propria situazione economica in misura superiore quelle con persona di riferimento lavoratore in proprio (58,8%), operaio (56,9%) e in cerca di occupazione (73,4%). Rispetto al 2011, sottolinea l’Istituto di statistica, si riscontra una contrazione del livello di soddisfazione per la vita in generale, mentre la soddisfazione aumenta per alcuni ambiti rilevanti della vita quotidiana, come le relazioni familiari e amicali. Anche la soddisfazione per il tempo libero cresce, mentre peggiora quella per la situazione economica personale e familiare.
Sempre riguardo il disagio economico, la percezione delle famiglie, prosegue l’Istat, è, comunque, molto diversificata rispetto alla condizione della persona di riferimento. Dichiarano un peggioramento della propria situazione economica in misura superiore quelle con persona di riferimento lavoratore in proprio (58,8%), operaio (56,9%) e in cerca di occupazione (73,4%).
Cala anche, sottolinea l’Istat, la soddisfazione per la situazione economica personale. Il 55,7% delle persone di 14 anni e più si dichiara per niente o poco soddisfatto, contro il 49,5% dell’anno precedente.
Il calo della soddisfazione per la situazione economica registrato nel marzo 2012, spiega l’Istat, si lega al peggioramento avvenuto nel 2011 degli indicatori europei di deprivazione. In complesso, prosegue l’Istat, la quota di individui in famiglie deprivate, con tre o più sintomi di disagio economico, passa dal 16,0% al 22,2%; quella delle persone in famiglie gravemente deprivate, con quattro o più deprivazioni, dal 6,9% all’11,1%.
Una condizione di più marcato svantaggio si osserva, rileva ancora l’Istat, tra i residenti nel Mezzogiorno (il 36,5% è deprivato e il 19,3% è gravemente deprivato), oltre che tra quanti appartengono a famiglie con persona di riferimento disoccupato (il 51,8% e il 32,1%), operaio (30,6% e 14,9%), lavoratore in proprio (19,7% e 8%), giovane con meno di 35 anni (28,9% e 15,6%).
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