Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
CADE UNO DEI LUOGHI COMUNI DELLA PROPAGANDA LEGHISTA: UN’ANALISI DI 15 ANNI DI IMMIGRAZIONE DIMOSTRA CHE QUESTA HA SPOSTATO I LAVORATORI ITALIANI VERSO ATTIVITA’ PIU’ QUALIFICATE
Primo: gli immigrati non tolgono lavoro, portano anzi dei benefici al mercato del lavoro che li accoglie.
Secondo: gli effetti positivi per i lavoratori «nazionali», sono anche in termini di busta paga.
Terzo: consistenti flussi migratori hanno l’effetto di spostare i lavoratori «nazionali» verso occupazioni più specializzate e migliori.
Francesco D’Amuri, ricercatore di Bankitalia, e Giovanni Peri, dell’University of California, in un working paper appena pubblicato sul sito della nostra Banca centrale, sfatano alcuni luoghi comuni.
LA RICERCA
Fra il 1996 e il 2010 i lavoratori stranieri entrati nei 15 principali Paesi dell’Europa Occidentale sono quasi raddoppiati; erano poco meno dell’8% del totale della forza lavoro nel 1996, sfioravano il 14% nel 2010.
Un trend che ha superato di gran lunga quello americano: negli Stati Uniti i lavoratori stranieri (nati all’estero) erano il 6% nel 1998, sono diventati il 12,9% nel 2010. Secondo modelli econometrici e analisi dei dati statistici dei Paesi di riferimento i due ricercatori dimostrano che persino un raddoppio dei flussi immigratori, al contrario di quanto ritengono in molti, non ha impatti significativi, a livello statistico, sui livelli di occupazione.
Chi dunque teme che gli extracomunitari tolgano il lavoro agli italiani ha un falso timore.
Non solo: analizzando 15 anni di immigrazione in Europa i due autori sono giunti alla conclusione che questa ha «spostato» i lavoratori nazionali verso lavori meno manuali e più qualificati e determinato un aumento medio delle buste paga pari allo 0,7%. Effetti che sono maggiori nei Paesi che hanno un mercato del lavoro più flessibile, mentre mercati maggiormente protetti attenuano leggermente questi trend così come l’assorbimento degli immigrati attraverso un avanzamento occupazionale dei lavoratori «nativi».
Marco Galluzzo
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
I CANDIDATI ALLE PRIMARIE CHE SI VERGOGNANO DI ESSERE DI SINISTRA
Alla domanda del conduttore di Sky su quale fosse la loro figura storica di riferimento, i candidati alle primarie del centrosinistra hanno risposto: De Gasperi, Papa Giovanni, Tina Anselmi, Carlo Maria Martini e Nelson Mandela.
Tutti democristiani tranne forse Mandela, indicato da Renzi che, essendo già democristiano di suo, non ha sentito il bisogno di associarne uno in spirito.
Scelte nobili e ineccepibili, intendiamoci, come lo sarebbero state quelle di altri cattolici democratici, da Aldo Moro a don Milani, evidentemente passati di moda.
Ma ciò che davvero stupisce è che a nessuno dei pretendenti al trono rosè sia venuto in mente di inserire nel campionario un poster di sinistra.
Berlinguer, Kennedy, Bobbio, Foa.
Mica dei pericolosi estremisti, ma i depositari riconosciuti di quella che dovrebbe essere la formula originaria del Pd: diritti civili, questione morale, uguaglianza nella libertà .
Almeno Puppato, pencolando verso l’estremismo più duro, ha annunciato come seconda «nomination» Nilde Iotti.
Dalle altre bocche non è uscito neppure uno straccio di socialdemocratico scandinavo alla Olof Palme.
Forse i candidati di sinistra hanno ignorato le icone della sinistra perchè temevano di spaventare gli elettori potenziali.
Così però hanno spaventato gli elettori reali.
Quelli che non possono sentirsi rappresentati da chi volta le spalle alla parte della propria storia di cui dovrebbe andare più orgoglioso.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
LUNA, FIGLIA DEL LEADER DEL M5S, E’ STATA SEGNALATA ALLA PREFETTURA PERCHE’ IN POSSESSO DI DUE DOSI DI COCAINA PER USO PERSONALE
Durante un controllo di routine è stata trovata con due dosi di cocaina, una da 0,3 e l’altra da 0,16 grammi.
Luna Grillo, figlia di Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, è stata segnalata alla Prefettura di Rimini come consumatrice di sostanze stupefacenti.
Un provvedimento amministrativo che scatta quando un soggetto viene trovato con dosi di droga per uso personale.
Luna, cantante 32enne, è stata fermata da una volante della Questura riminese nella serata del 7 novembre.
La notizia è stata riportata dalla stampa locale.
La figlia del leader dei grillini stava percorrendo in auto piazzale Tripoli.
Alla vista dei poliziotti, ha consegnato di sua spontanea volontà due involucri con una modica quantità di cocaina, per uso personale.
A quel punto è scattata la segnalazione alla Prefettura.
(da “il Corriere di Bologna”)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
“GRILLO E’ UNA SVEGLIA PER LA PIAZZA E DEVE ESSERE DIROMPENTE. POI PERO’ CI SIAMO NOI”
Che non intendesse espiare la partecipazione a Ballarò con le dimissioni dal Consiglio comunale di Bologna l’aveva fatto capire subito, utilizzando proprio Palazzo d’Accursio per denunciare la possibile deriva settaria del MoVimento 5 Stelle.
Ma se oggi Federica Salsi dovesse incassare la fiducia dell’assemblea degli eletti, come già il dissidente Giovanni Favia la settimana scorsa, la «questione emiliana» assumerebbe un significato assai più profondo della episodica e circoscritta divergenza tattica tra l’ex comico genovese e singoli militanti ambiziosi.
«Grillo può togliermi il simbolo argomentando che non lo rappresento più, ma non può obbligarmi a rimettere un mandato di cui rispondo solo ai miei elettori» ci spiega Federica Salsi che dopo la fatwa online si è imposta una pausa concentrandosi sulla vita privata, i tre figli, l’azienda del paziente marito dove è impiegata, l’irrinunciabile appuntamento del martedì sera con il canto, il profilo su Facebook che indifferente agli insulti continua a raccontarla per immagini, dall’impegno nelle reti quartiere prima del debutto grillino nel 2009 ai miti politici di Falcone o Martin Luther King . Il consigliere regionale Fabrizio Biolè è stato diffidato dall’uso del logo M5S perchè «incandidabile» alle elezioni vinte due anni fa.
La Salsi però si considera in una situazione diversa da quella del collega candidato in deroga alla regola dei due mandati (o di Favia, a torto o ragione, critico della gestione del movimento): «Io non ho violato alcun divieto. Ero andata altre volte in tv ma, in osservanza al regolamento, non ho mai parlato di questioni nazionali tipo il governo Monti o l’articolo 18.
A Ballarò dovevo intervenire sulla spending review degli enti locali e sull’Imu, cose di cui mi occupo quotidianamente, e non ho neppure avuto tempo di dire granchè. Perchè dovrei essere espulsa? Sarebbe contrario alla Costituzione italiana che tutela la libertà d’espressione».
L’ultimo editto di Grillo ammonisce che la presenza ai talk show di Rai, Mediaset e La7 è «fortemente sconsigliata» e «presto sarà vietata».
Ma se ci sono attivisti così insofferenti ai dictat last minute da essersi autoconvocati a San Benedetto del Tronto il 24 e 25 novembre per discutere di «democrazia interna» è facile immaginare i dubbi che sollevano le regole non regole.
«Il Movimento 5 Stelle ha due anime – continua Federica Salsi -. Quando le persone ci conoscono si aspettano di trovare tanti piccoli Beppe Grillo e scoprono che non è così. Anche in Consiglio comunale i colleghi sono rimasti sorpresi di non aver di fronte dei contestatori sempre all’opposizione. Grillo è una sveglia per la piazza e deve essere dirompente, poi però ci siamo noi che ci rimbocchiamo le maniche».
Per questo lei, ribelle suo malgrado (giura che non si aspettava la scomunica e smentisce chi la vorrebbe calcolatrice, opportunista e in partenza per il Pd) non si scusa, anzi, quasi rivendica Ballarò: «La Rete, come provano gli insulti anonimi che ricevo, può essere disumanizzante. Posto che dovrebbero dimostrarmi che i talk show fanno perdere consensi, la televisione parla ai milioni di italiani che non usano internet e oltre a Grillo in Sicilia dovrebbe mostrare la base, quelli come me. Non dobbiamo montarci la testa perchè finora il M5S è andato tanto avanti grazie ai demeriti degli altri, da Luzi a Fiorito: adesso deve crescere o implode».
Francesca Paci
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
IL 21 IN PIAZZA SENZA RESPIRATORI: CONTINUA LA PROTESTA DEL COMITATO PER LE NON AUTOSUFFICIENZE… “LA PROPOSTA DEL GOVERNO E’ UN INSULTO”
“Il giorno 21 novembre 2012 davanti al Ministero dell’Economia, alcuni malati in carrozzina, con tracheostomia, si presenteranno senza ventilatore polmonare di scorta, dopo 5-6 ore si scaricheranno le batterie e moriranno per soffocamento”: ad annunciare la notizia, nella tarda serata di ieri, è Salvatore Usala che, raggiunto in mattinata da Redattore Sociale con la notizia dell’emendamento, prometteva nel pomeriggio “un comunicato esplosivo”, definendo l’emendamento “una provocazione, un insulto, un’elemosina. Loro vogliono dare 200 milioni indifferenziati per tutte le disabilità — scrive a Redattore Sociale – la ripartizione fra le regioni sarebbe un brodino solo per i loro bilanci. Per meno di 400 milioni finalizzati per le gravissime disabilità secondo l’incidenza, ci lasciamo morire”.
Poche ore dopo, il comunicato ufficiale conferma la notizia, aprendo con una digressione storica che vale da premessa : “Hitler pianificava la razza pura, l’eliminazione dei diversi, i disabili venivano usati come cavie. Sono passati 70 anni, la società moderna si è evoluta, ma l’emarginazione continua. I disabili gravissimi continuano a morire nel più assordante silenzio istituzionale. Il Governo non usa certamente metodi hitleriani — continua – ci mancherebbe, ma l’abbandono di una politica sociale produce effetti devastanti: le persone disabili e sane si lasciano morire, una vera eutanasia di stato”.
Poi, riferendosi alla recente visita che ha ricevuto da parte dei ministri Fornero e Balduzzi, e che ha determinato la sospensione del primo sciopero, commenta: “Oggi la comunicazione è sofisticata, i Ministri vanno a casa degli scioperanti, si impegnano, promettono di scrivere, fanno dichiarazioni da Città del Messico, concordano elemosine. I partiti sono impegnati con le primarie, con la riforma elettorale anti Grillo, con i saldi di bilancio. Sembra una partita a scacchi, ma tutti dimenticano la disperazione, la solitudine, la vita delle persone”.
Quindi, il commento della notizia del giorno: di fronte a una situazione in cui “ogni anno in Italia muoiono 1000 persone che rifiutano la tracheostomia per l’abbandono dello stato”, l’emendamento concordato in Commissione Bilancio con i relatori per la non autosufficienza di 200 milioni non finalizzati, generici” suona come “un’elemosina, un insulto, una vergogna”.
Usala passa quindi a suggerire il testo dell’emendamento che potrebbe rispondere ai bisogni dei malati: “Del presente fondo, 400 milioni sono riservati all’incremento del fondo di cui all’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzato al finanziamento dell’assistenza domiciliare delle persone gravemente non autosufficienti, bisognosi di assistenza vigile 24 ore su 24 con Piani Assistenziali Individualizzati (PAI).
Tali PAI dovranno essere cofinanziati dalle Regioni con almeno il 30% dell’importo. Dovranno essere rapportati al livello di stadiazione. Il riparto fra le Regioni avverrà in base all’incidenza e non alla popolazione”.
E poi riflette: “Non trovate 400 milioni per la vita ma spendete miliardi in armamenti, ponti fantasma, sprechi sanitari, corruzioni, ostriche e cenette, appalti truccati. Non mi si dica che è responsabile Monti, Grilli, Fornero o Balduzzi: le leggi le fa il Parlamento, sfiduciatelo se non vi sta bene! I 400 milioni vanno trovati in maniera strutturale. Non vi basta lo sciopero della fame? Volete il morto in diretta TV? Sarete accontentati! Noi non siamo ministri o politicanti, abbiamo una parola, un impegno, una dignità interiore.”
Il comunicato si conclude con una replica alle critiche di chi, come Mario Melazzini, prende le distanze dallo sciopero: “Non è un ricatto, come dice l’assessore alla Sanità della Lombardia, nonchè ex Presidente di Aisla, è un diritto costituzionale dovuto. Vogliamo vivere nella nostra casa, attorniati dai nostri cari, rifiutiamo le Rsa, che sono lager in mano a sporchi affaristi che costano 90 mila euro l’anno: a noi ne basta un terzo”.
(da “Redattore Sociale”)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
E NEL PDL SCATTA IL PRIMO ESODO: IN DIECI LASCIANO IL GRUPPO ALLA CAMERA
Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha informato il presidente della Regione Lazio, Polverini, della decisione di invitare i prefetti di Milano e Campobasso a convocare i comizi per le regionali in Lombardia e Molise, che si dovranno tenere appunto nelle due giornate di febbraio 2013.
Non così nel Lazio, dove la legge (anzi lo Statuto) prevede che sia il governatore uscente a fissare la data delle elezioni.
Così, si è dovuto consumare il passaggio formale per «concordare » con la Polverini la medesima data del 10 e 11 febbraio.
A questo punto sarà pressochè ininfluente il giudizio del Consiglio di Stato al quale la governatrice dimissionaria aveva fatto ricorso dopo il pronunciamento del Tar (che le imponeva di indire elezioni entro cinque giorni).
Tramonta l’election day, dunque.
Regionali prima e politiche sempre più probabili il 7 e 8 aprile.
Cicchitto attacca: «Scelta folle e dissennata far votare in quelle due regioni a distanza di due mesi, favorisce Grillo e l’astensionismo ».
La novità del resto ha gettato nel panico in serata il Pdl e soprattutto la segreteria Alfano, già al lavoro sulle primarie (spalmate su più settimane) nonostante l’ostilità di Berlusconi.
Nelle fondamentali regioni del Lazio e della Lombardia diventa ora quasi impossibile dedicarsi al contempo alla campagna interna al partito.
Il nervosismo in serata era alle stelle, in via dell’Umiltà .
Anche perchè una decina di deputati si preparano a lasciare il gruppo a Montecitorio, impauriti dal crollo di consensi, dal Berlusconi in fuga e stanchi del segretario schiacciato sulle posizioni degli ex An.
A guidare la fronda, la vicecapogruppo Isabella Bertolini, con lei anche Roberto Tortoli annuncia di lasciare il partito.
Sull’uscio l’avvocato Gaetano Pecorella, Franco Stradella, Andrea Orsini, Maria Teresa Armosino.
Sarebbero stati contattati anche l’ex sottosegretario alla Difesa, Giuseppe Cossiga e Giorgio Stracquadanio, per raggiungere quota dieci nel Misto e poi magari i venti di un gruppo vero.
Con i montezemoliani Giustina Destro, Fabio Gava, Enrico Musso.
Altri, dicono, se ne aggiungeranno nelle prossime ore.
Tutti al lavoro per una lista “pro Monti”, in attesa di Montezemolo ma anche d’intesa con Casini.
Tutto marcia spedito ormai verso la stagione delle urne. Ma la legge elettorale affonda ancora nel pantano del Senato.
Spunta un nuovo “lodo Calderoli” ma a questo punto è sempre meno probabile che il testo lasci la commissione per approdare in aula la prossima settimana.
Calderoli propone di abbassare la soglia del premio di maggioranza dal 42,5 previsto al 40 per cento, dopo le proteste del Pd, e di introdurre un “premietto” per il partito che prende più voti senza però raggiungere quella soglia.
L’autore del Porcellum suggerisce che quel premio di “consolazione” venga fissato in misura proporzionale, pari al 20 per cento dei seggi conquistati.
Ipotesi che a fine giornata il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro, prende in considerazione.
Ma al dialogo sembrano poco inclini Pdl e Udc. «Sulla legge elettorale rischiamo di rimanere nel regno del dire più che del fare » ammette Casini.
Mentre La Russa sostiene che col lodo Calderoli si rischia di «minare il bipolarismo: non è concepibile accoppiare al premio di governabilità alla coalizione un incomprensibile premio al primo partito ».
Porte chiuse, insomma. Si va avanti solo «con passi di lato», per dirla col presidente della commissione Affari costituzionali, Carlo Vizzini.
E nel dibattito irrompe, via blog, Beppe Grillo, che attacca la bozza in esame: «Una norma contra personam, contro Grillo e il movimento per salvare quello che resta della partitocrazia».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
ANDREA DI PIETRO, 31ENNE CONSIGLIERE COMUNALE PIDIELLINO, SI DICHIARA “NON PENTITO” PERCHE’ “NON VOLEVO OFFENDERLO”
Una “semplice battuta”, si giustifica adesso. Andrea Di Pietro, 31 anni, è il consigliere comunale del Pdl a Vigevano (quasi 70mila abitanti in provincia di Pavia) che su Twitter ha commentato così il confronto su Sky fra i candidati alle primarie del centrosinistra: “Vendola è tanto viscido quando la vaselina che usa!!”, punti esclamativi inclusi.
Il problema è che quel tweet ci ha messo un paio d’ore a girare sul social network e a furia di condivisioni la sua sparata omofoba (ma lui nega che lo sia) è diventata un caso.
Nel giro di poco, sempre su Twitter, sono arrivate le reazioni di Anna Paolo Concia del Pd (“Potresti semplicemente chiedere scusa a Vendola”), di Aurelio Mancuso dell’Arcigay (un ironico “bravo, li senti li applausi?”), di Giulio Cavalli di Sel (“civiltà lombarda di un consigliere del Pdl”, del rapper Frankie Hi-Nrg (“sei uno sfigato”), della portavoce della campagna di Pier Luigi Bersani, Alessandra Moretti (“questo fatto dimostra due cose: che serve una legge contro l’omofobia e che non sempre essere giovani è sinonimo di intelligenza”).
È così che Di Pietro si dev’essere accorto che con la tastiera c’era andato un po’ pesante. Tanto che sul suo profilo Facebook un paio d’ore dopo ha postato un parziale dietrofront che – se possibile – ha peggiorato la situazione. L’ex di Azione Giovane (la costola giovanile della defunta An) denunciava l'”accanimento pazzesco” che “alcune persone stanno facendo nei miei confronti”.
Poi si “spiegava”:
“Era per evidenziare in modo scherzoso la falsità di certe persone, in questo caso del vostro amico Vendola, che predica “bene” ma razzola male”.
E poi, “se il popolo gay si è irritato io non posso farci nulla.. Non era riferito a voi e non era offensivo. Come molti di voi gay si stanno comportando nei miei confronti. Siete voi i primi che dovete il rispetto alle persone che non hanno la vostra tendenza”.
Insomma, alla fine la vittima è lui: “Cosa volete farmi adesso per una semplice battuta? Volete giustiziarmi in piazza? Se siamo nel 2012 come dite voi, dovete capire che molte persone non sono come voi ed hanno diritto a fare una battuta che oltretutto non era riferita a voi”.
Di Pietro anche con noi non cede di un millimetro: “No che non mi sono pentito, era una semplice battuta, non volevo essere offensivo. Faccio un sacco di cose per il territorio e ora vi interessate solo per questo…”.
Pare che per ora dal Pdl non sia arrivato alcun segnale.
“Ma no, nel mio partito queste cose non sono un problema. Mi hanno solo detto che hanno capito che ho fatto solo una battuta, io non discrimino nessuno”.
E se Vendola si fosse offeso? “Mi dispiacerebbe per lui, gli direi scusa, ma ribadisco che non mi piace la sua politica. Renzi è giovane e stimabile, gli altri hanno fatto il loro tempo, Vendola pure ma non mi ispira fiducia”.
Ricapitolando, non è una questione di vaselina, ma politica, dice sempre Di Pietro.
Il quale in passato, forte della sua identità della “nostra destra nel Pdl”, si era contraddistinto per alcune proposte tipo la pena di morte (“sono cristiano, ma per gli stupratori ci vorrebbe”, disse nel 2009) e la revoca dei fondi per gli indigenti immigrati a favore dei soli italiani.
Matteo Pucciarelli-
(da “il Fatto Quotidiano”)
Il commento del ns. direttore
Ho sempre pensato che in politica contassero il cervello, le idee e i valori di riferimento.
Non so se ci vuole anche “culo” in politica, certamente farei volentieri a meno di “facce da culo”.
Questo ragazzotto dalll’aspetto fighetto-rampante mi sta sul cazzo solo a vederlo, figurarci a sentirlo sparare le sue cazzate omofobe e qualunquiste in nome di una sua presunta destra.
La sua profonda “analisi politica” si sintetizza nel giudizio “Renzi è giovane e stimabile, Vendola è vecchio”.
Non a caso preferisce il nulla generazionale come lui.
Non a caso ben rappresenta quella becero-destra che giudica gli altri in base al colore della pelle e agli orientamenti sessuali.
Non a caso è in buona compagnia con i razzisti padagni.
Non a caso proviene dalla sub-cultura di una pseudo destra mantenuta in vita da qualche patetica macchietta per meri interessi elettorali.
Si dichiara di destra, è un fervente anticomunista: negli anni in cui i comunisti c’erano davvero e ti aspettavano sotto casa, soggetti del genere si dilettavano a fare i fighetti della buona borghesia, tra vestiti firmati e week end a St. Moritz.
Allora l’unica vera e meritoria “azione giovani” da porre in essere verso costoro era quella di usare il loro culo (tanto per restare nel tema) come bersaglio delle nostre pedate per accompagnarli alla porta delle sezioni.
Luoghi dove si respirava aria pulita e non ammorbata da razzisti, puttanieri di regime e apologeti del nulla.
Noi i libri li leggevamo, non li usavamo come carta igienica.
Anche per questo abbiamo imparato a rispettare gli avversari politici e a disprezzare i paraculi.
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
IL SUO RESPONSABILE COMUNICAZIONE ASSUNTO DAL COMUNE CON UN’INDENNITA’ AD PERSONAM DI 122.460 EURO ANNUI E UN APPARTAMENTO IN PIENO CENTRO STORICO A 339 EURO AL MESE DI AFFITTO
Il caso dell’Agec di Verona, sollevato nei giorni scorsi dall’ex presidente Michele Croce, ha innescato una reazione a catena che sarà difficile da arrestare.
Dopo gli esposti sulla mala gestione dell’azienda speciale del comune di Verona, si moltiplicano le gole profonde e fioccano le carte che documentano le condotte dei personaggi che compongono la fitta galassia tosiana.
L’ultimo ad essere preso di mira è Roberto Bolis, il super portavoce del sindaco leghista Flavio Tosi.
Diventato giornalista a l’Unità , ha vissuto attivamente il suo impegno politico nel Pci fino al 1990, poi l’evoluzione, l’incontro con Tosi e la folgorazione che ha prodotto il fortunato binomio tra il politico rampante e l’esperto comunicatore.
Un incontro che ha fruttato a Bolis un lauto ingaggio, già finito al centro delle polemiche.
Bolis è infatti assunto dal Comune con un’indennità ad personam di 122.460 euro annui, cifra degna del migliore spin doctor.
Ma non è solo questa la pietra dello scandalo.
Dal 1 ottobre 2008 fino al cambio di destinazione d’uso dell’immobile, Bolis è stato inquilino Agec in un appartamento di circa 60 metri quadrati nel pieno centro storico di Verona, in vicolo Due Mori (Palazzo Forti), con un canone di 339 euro al mese. Ovviamente il grande accusatore del sistema Tosi, l’avvocato Michele Croce (ufficialmente allontanato dall’Agec per essersi ristrutturato l’ufficio in un momento poco opportuno), non si è fatto scappare l’occasione di sottolineare la circostanza, lamentando differenze di trattamento: “Se ci si è preoccupati tanto per i lavori ‘inopportuni’ dell’ ufficio del presidente dell’Agec — ha detto — perchè non ci si è doppiamente scandalizzati per altre vicende? Quale sia il metro di misura non ci è dato sapere”.
Intanto la Procura scaligera ha aperto un fascicolo per fare chiarezza sulle pesanti accuse formulate alla Guardia di Finanza dall’avvocato Croce, rimosso dal suo incarico dopo soli quattro mesi di presidenza della municipalizzata che si occupa del patrimonio immobiliare del Comune, dei cimiteri e di altri servizi.
Le carte consegnate ai finanzieri riguardano presunti illeciti commessi all’interno dell’Agec.
Si parla ad esempio di scambio di favori con aziende amiche, che vanno dagli appalti frazionati ad arte per essere concessi in affidamento diretto, fino ai lavori eseguiti nelle abitazioni private dei dipendenti e dei dirigenti.
C’è poi il filone degli immobili di pregio, concessi in affitto con criteri poco trasparenti a canoni lontani dai prezzi di mercato (rientrerebbe in questa casistica anche Roberto Bolis), fino ad arrivare in un caso ad adombrare il sospetto del peculato per l’uso improprio di beni aziendali.
Michele Croce non si è limitato a sparare il suo j’accuse dopo la defenestrazione, ma nei giorni scorsi ha anche convocato una conferenza stampa per sottolineare le responsabilità dell’amministrazione comunale guidata da Flavio Tosi che, a suo dire, sapeva tutto (per effetto di alcune comunicazioni inviate al primo cittadino tra la fine di ottobre e i primi di novembre).
Una circostanza smentita da Flavio Tosi, che ha promesso querele, chiarendo di non avere nulla da nascondere.
La battaglia sembra essere solo all’inizio e certamente riserverà altre sorprese, anche perchè in ballo ci sono le situazioni delle altre società municipalizzate del comune di Verona che secondo i detrattori sono regolate dagli stessi principi che hanno governato Agec.
A puntare il dito contro Tosi in queste settimane è anche il vicepresidente del consiglio regionale veneto Franco Bonfante (Pd), che ha acceso i riflettori sulla sorella del sindaco di Verona, Barbara Tosi.
Consigliera comunale e capogruppo leghista, due settimane fa è stata nominata nel Cda della Cassa di risparmio di San Miniato: “Ho molto rispetto per Barbara Tosi — ha dichiarato Bonfante all’indomani della nomina -, ma è evidente che si tratta di una nomina di natura politica-partitica che si inserisce perfettamente nella parentopoli veronese che ho denunciato più volte. E’ una gestione del potere che ricorda il peggiore potere doroteo, impegnato nell’occupazione sistematica di tutte le posizioni di potere. Questa degenerazione, tuttavia, non porterà bene a Tosi”.
Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 14th, 2012 Riccardo Fucile
“STRANO PERSONAGGIO CHE NON FA BENE A UN PARTITO CHE NON ESISTE PIU'”: E LA BERTOLINI SE NE VA… CAZZOLA E BIGNANI SI SCHIERANO CON ALFANO
Lui continua a correre tra un talk show e l’altro, ma il Pdl dell’Emilia Romagna, dal quale proviene, non lo vede assolutamente di buon occhio.
Parliamo di Gianpiero Samorì, l’avvocato di Montese in provincia di Modena, asso nella manica del Cavaliere per andarsi a riprendere il piatto nella complessa mano di poker che saranno le primarie del Popolo delle Libertà .
Partenza subito azzoppata per il potente amico di Dell’Utri e Verdini che si è fatto vedere da Telese e dalla Parodi su La7 in splendido completo bianco, senza lesinare la possibilità di una partecipazione concreta alle consultazioni di dicembre, ecco che parecchie voci discordanti all’interno del suo partito in quell’Emilia Romagna, l’ambito territoriale dove ha ricevuto le stigmate dell’uomo di successo nel settore della finanza e delle banche, hanno immediatamente posto il loro veto.
E’ il caso, soprattutto della sua nemica di sempre, Isabella Bertolini, attuale vicepresidente dei deputati Pdl, una delle fedelissime fin dal 1994 con Forza Italia di Berlusconi e già acerrima : “Samorì? Se emergnemica di Giovanardiono certi personaggi non è più il mio partito”.
Lapidaria, la pasionaria di centrodestra, è lapidaria.
Un attacco che non risparmia il segretario Pdl, Angelino Alfano, se non addirittura il concetto stesso di primarie per designare il nuovo leader: “Non credo a queste primarie, che sembrano una buffonata perchè non ci si confronta sul piano politico e programmatico; non condivido la linea di Alfano e non mi piace la candidatura di Samorì, uno strano personaggio che non credo possa far bene ad un partito che, comunque, ormai non esiste più”.
Una minaccia di abbandono che la Bertolini pare oramai aver messo nero su bianco: “Io da coordinatrice di Forza italia in Emilia-Romagna ho fatto la ‘guerra delle tessere’ con l’obiettivo di avere un partito forte ma trasparente. Una persona come Samorì non posso considerarla un ‘amico’. Alfano ci aveva promesso il partito degli onesti, ma poi ha dato ragione ad altre persone, ha seguito altre logiche, e veder emergere ora certi personaggi mi rafforza nell’idea di lasciare il Pdl”.
L’addio avverrà con ogni probabilità la prossima settimana e il primo passo sarà creare una componente all’interno del gruppo misto alla Camera, insieme agli atri frondisti.
Un pacchetto di di 7-8 persone con la speranza di raggiungere quota 10, un occhio rivolto a Monti (“da sostenere e migliorare”) e un altro rivolto verso Casini.
Cazzola e Bignami con Alfano.
Ma il dissenso della Bertolini è solo il primo di una lista nutrita.
A darle subito supporto, il deputato Giuliano Cazzola che dichiara un certo timore per l’eccessiva permeabilità del Pdl: “Il partito è molto penetrabile, ci sono troppe porte aperte”.
Poi riferendosi a Samorì: “Io non lo conosco, non so chi sia. Ma del resto sono un uomo della prima repubblica e la gente che sbuca all’improvviso e pensa che un partito nasca per partenogenesi, cioè una riproduzione senza fecondazione, non la capisco”.
L’ex Cgil, poi consulente di Renato Brunetta, si schiera apertamente con l’attuale segretario: “Dobbiamo invece rafforzare Alfano e aiutarlo a liberarsi psicologicamente della figura ingombrante del padre, cioè Berlusconi. Per me l’unico candidato alle primarie è Alfano”
Anche il giovane leader dei rottamatori di centrodestra, Galeazzo Bignami, ex An, e soprattutto ex finiano, cerca di bilanciare la partita delle primarie dal piccolo tifone Samorì: “Non ho elementi per poterlo giudicare, ma se Alfano è l’Alfano visto e sentito nelle ultime 96 ore, avrà il nostro leale sostegno”.
“Attenzione”, continua Bignami, “le primarie servono proprio a questo, a scegliere una leadership dopo che Berlusconi, per un motivo, e Fini, per un altro, non sono più utilizzabili. E’ il passaggio centrale che ci permetterà di diventare un partito normale”.
I sostenitori di Samorì: “Unica speranza futura per il Pdl”.
“Non ho parole, non capisco il senso della dichiarazione di Isabella Bertolini: Samorì è l’unica speranza futura per il centrodestra. Speriamo formalizzi la sua candidatura al più presto”, così l’avvocato e consigliere comunal di Bologna, Lorenzo Tomassini, uno dei principali sponsor assieme a Carlo Giovanardi e Alberto Vecchi di Samorì.“Oggi si sono già ritirati dalla primarie Alemanno e la Meloni, e ho già capito che con Alfano si affiancheranno tutti gli ex An”, — prosegue-, “anche se io sono dell’idea che il nostro paese abbia bisogno di nuovi volti e quello di Samorì è quello giusto”.
I 54 anni dell’avvocato di Montese non sembrano però andare incontro ad un’idea di linea giovane auspicata perfino da Berlusconi: “Il fatto anagrafico riduce gli uomini a mozzarelle. Credetemi, le idee non scadono mai”.
Ma è sulla discontinuità politica con il governo Monti che Tomassini tesse un filo rosso con Samorì e con alcune recenti uscite del Cavaliere: “Non digerisco alcune posizioni dell’attuale governo dei tecnici, a partire dalla tassa sulla casa: aver avuto accesso ad un mutuo per 30 anni non penso sia un privilegio da tartassare”.
Davide Turrini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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