Novembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
L’EX CAPOGRUPPO ALLA REGIONE LAZIO, IN CARCERE PER SOLDI SPARITI SU FONDI ESTERI, E’ SEMPRE SOLO “SOSPESO” DAL PDL… MA ALFANO NON AVEVA DETTO CHE “PERSONE COME FIORITO SONO FUORI” ?
Che fine ha fatto Franco Fiorito, «er Batman de Anagni», l’ex capogruppo Pdl in Regione da cui è partito lo tsunami che ha travolto la giunta Polverini nel Lazio?
Per quanto sembri paradossale, infatti, a due mesi e mezzo dall’esplosione dello scandalo, 67 giorni dalla sua autosospensione, 65 dalle parole di Alfano («lui e quelli come lui per me sono fuori»), 49 dall’arresto deciso dai magistrati, «Francone er federale» non è stato ancora ufficialmente espulso dal partito di via dell’Umiltà .
La sospensione, infatti, non è la stessa cosa.
Perchè Fiorito esca definitivamente dal Pdl, infatti, serve una pronuncia del collegio dei Probiviri (9 membri, il presidente è Vittorio Mathieu), ma l’organo di garanzia non si è mai riunito.
Di più: Fiorito, da quando è emersa la vicenda dei suoi bonifici su conti esteri e delle «spese pazze» per acquistare Suv o vacanze extra-lusso, non è neppure mai stato convocato di fronte ai Probiviri che poi, sulla base di una sorta di «processino» (accusa contro difesa) devono decidere sulla sua espulsione.
Il ritardo, ufficiosamente, viene spiegato con ragioni tecniche: «Quando uscirà dal carcere sarà esaminato il suo caso», dicono dal Pdl.
In realtà , la vicenda-Fiorito crea imbarazzi soprattutto tra gli ex Forza Italia, anche perchè l’inizio della campagna elettorale per il Lazio si avvicina.
Oggi si riunirà l’ufficio politico pidiellino, mentre la Polverini rilancia l’idea del «listone»: «Non è un segreto – dice – che stiamo tentando di lavorare su un’area di moderati che possa attrarre gli elettori che non si riconoscono nella sinistra».
Un’area che vada, secondo l’ex governatrice, dalla Destra a pezzi dell’Udc, quelli più legati all’ex vicepresidente Luciano Ciocchetti (in rotta col suo partito), indicato anche come possibile candidato presidente.
Polverini ci sta lavorando, pensando così di aggirare i veti incrociati tra le correnti e bypassare le primarie: «Se servono a motivare un mondo sono uno strumento importante, ma se si arriva ad un nome largamente condiviso sono un esercizio inutile».
Sui nomi Polverini aggiunge: «Non è il momento per una candidatura civica, meglio un politico». Mentre sugli uscenti «si deciderà caso per caso».
E il futuro dell’ex presidente? «Io alle politiche? Vedremo».
Ernesto Menicucci
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
SEI I PARLAMENTARI COINVOLTI IN INCHIESTE SU ILLECITI AMMINISTRATIVI E CONCORSO IN TRUFFA PER OTTENERE CONTRIBUTI STATALI: VERDINI, PARISI, DE GREGORIO, ANGELUCCI, CIARRAPICO E BOCCHINO
Sono 110 i milioni indebitamente percepiti dal fondo per l’editoria dal 2003, sei sono i parlamentari/editori coinvolti in inchieste su illeciti amministrativi e concorso in truffa per ottenere contributi statali per il proprio giornale.
Si tratta del coordinatore del Pdl Denis Verdini per il Giornale di Toscana in cui si inserisce anche l’on. Massimo Parisi, coordinatore del Pdl toscano; Sergio De Gregorio (senatore Pdl) per il quotidiano Avanti; il senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico per diversi quotidiani locali in Ciociaria; Antonio Angelucci (deputato Pdl), imprenditore del settore delle cliniche private ed editore di due giornali finanziati dallo Stato: Libero e — fino al 2011 — il Riformista.
Ultimo, ma solo in ordine di tempo, Italo Bocchino per Il Roma, quotidiano partenopeo che da un paio di mesi naviga in cattive acque con i suoi i giornalisti che non ricevono lo stipendio.
Partiamo da quest’ultimo.
Dopo l’indagine condotta dal Nucleo Speciale per la Radiodiffusione e l’Editoria, la Guardia di Finanza ha sequestrato 2,5 milioni di euro di contributi pubblici destinati a Il Roma, nonchè le quote societarie di cinque imprese e un immobile per il valore complessivo di altri 2,5 milioni di euro. I fondi non erano ancora stati erogati, ma due cooperative che editano il quotidiano (oggi diretto da Antonio Sasso) avrebbero tentato di aggirare la normativa sull’editoria che prevede che a beneficiare dei finanziamenti pubblici all’editoria possa essere una sola testata per editore.
Tanto che sulla vicenda era già intervenuta nel 2011 l’Agcom (l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) sanzionando Il Roma per centomila euro.
Una decisione che la scorsa settimana era stata ricordata in tutt’altro modo dallo stesso Bocchino.
Durante “In Onda” su La7, in un acceso dibattito con il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, l’esponente di Fli aveva, infatti, spiegato che Il Roma sarebbe finito nel mirino dell’Authority solo perchè voce antiberlusconiana e che “non c’era nessun blocco dei contributi”.
Motivazione politica più o meno plausibile che porta comunque a definire “quisquilie” questi importi, visto che tutte le truffe organizzate per il conseguimento di erogazioni pubbliche hanno portato nelle casse dei politici/editori oltre 110 milioni di euro dal 2003 al 2009.
I conti sono fatti.
Lo scorso 10 ottobre la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro di 10.892.000 euro disposto dalla magistratura fiorentina nell’ambito dell’inchiesta nella quale è coinvolto Verdini, a capo — dice l’accusa — di una finta cooperativa che aveva acquistato il 51% di una società editoriale.
Un modo ingegnoso, ma illegale secondo i magistrati, per truffare lo Stato e intascare ogni anno finanziamenti pubblici.
Il ricorso presentato da Verdini per il dissequestro è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte che ha, invece, ritenuto il coordinatore del Pdl “il reale socio di maggioranza delle due società create per chiedere alla Presidenza del Consiglio di usufruire dei fondi previsti dalla legge 62 del 2001 (ndr, la Legge sull’editoria)”.
Ma in base all’inchiesta, condotta dal 2002 e fino al gennaio 2010, la “Ste” (editrice de “Il Giornale della Toscana”, distribuito in abbinamento con “Il Giornale”) avrebbe ricevuto in totale oltre 17 milioni di euro di fondi pubblici a cui non aveva diritto di accedere.
Tra gli inquisiti è finito anche un altro politico: il parlamentare Massimo Parisi, coordinatore del Pdl toscano che, insieme ad altre tre persone, ha fatto aprire un altro filone dell’inchiesta: si tratta sempre di finanziamenti pubblici illegali che sarebbero andati a beneficio del settimanale fiorentino Metropoli.
Stessa musica con qualche nota diversa per De Gregorio.
La scorsa settimana la Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato due appartamenti a Napoli e in provincia di Caserta, intestati o comunque nella disponibilità del senatore del Pdl e di sua moglie.
Il provvedimento è relativo a somme indebitamente percepite tra il 1997 e il 2009 attraverso la società “International Press” per il quotidiano Avanti.
L’accusa è chiara: associazione per delinquere finalizzata alla commissione della truffa aggravata nei confronti dello Stato, al trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori, all’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, alla violazione della legge fallimentare.
Si tratta della nota vicenda che ha portato all’arresto del direttore del giornale Valter Lavitola (imprenditore/faccendiere legato a Silvio Berlusconi) che nei giorni scorsi ha patteggiato la pena a tre anni e otto mesi di reclusione. Il giornalista editore è tuttora in carcere, coinvolto anche in altri filoni d’inchiesta aperti dalla Procura di Napoli.
C’è poi il caso di Antonio Angelucci, ritenuto proprietario “occulto” di due testate che ricevevano finanziamenti pubblici: Libero e il Riformista, ormai chiuso dopo l’ultima direzione di Emanuele Macaluso.
Dopo una lunga battaglia legale il Consiglio di Stato ha, infatti, bloccato all’imprenditore 34 milioni di euro percepiti dal 2006 al 2010.
Anche in questo caso l’Agcom ha scoperto che Angelucci era contemporaneamente proprietario di due testate per le quali otteneva fondi pubblici.
Infine la vicenda che riguarda l’altro politico ed editore: Ciarrapico.
Già al centro di altre indagini giuidiziarie, è stato rinviato a giudizio assieme al figlio Tullio e ad altre dieci persone per avere organizzato e partecipato ad una maxitruffa da oltre 30 milioni di euro al fine di ottenere indebitamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri i contributi per l’editoria. Il giudice ha però dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione in relazione ai fatti avvenuti tra il 2002 e il 2003 (le contestazioni arrivano fino al gennaio 2010), nonchè nei confronti della società “Nuova Editoriale Oggi” (reato prescritto) e della “Editoriale Ciociaria Oggi srl” (società fallita). Inoltre, già nel maggio 2010, nell’ambito della stessa indagine, furono sequestrati al senatore beni e immobili per 20 milioni di euro.
Patrizia De Rubertis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
TROPPE VARIABILI PER UNA CONSULTAZIONE CHE RISCHIA IL FLOP DI FRONTE AL DISIMPEGNO DI BERLUSCONI…E L’INCOGNITA MELONI, APPOGGIATA DA STORACE E SETTORI GIOVANILI DEL PDL, SPACCA LA COMPONENTE AN CHE ERA DATA CON ALFANO
Si deciderà entro domani la sorte delle primarie del Pdl, che in queste ore sono tornate drammaticamente a rischio.
Dopo una frenetica giornata di incontri e riunioni operative in via dell’Umiltà , per mettere in moto in ogni caso la macchina organizzativa che dovrebbe portare ad una sola giornata e l’unica possibile, il 16 dicembre, la competizione è in bilico e potrebbe perfino essere annullata.
Oggi, con il ritorno nella capitale di Silvio Berlusconi, si terrà un vertice tra il Cavaliere e lo stato maggiore del Pdl.
Domani, in una riunione allargata ai coordinatori provinciali e ai responsabili sul territorio, si tireranno le somme e si deciderà se tenere o meno l’appuntamento che l’ex premier continua a osteggiare, ma che ormai anche nell’entourage del segretario considerano a rischio di autogol e che qualcuno vorrebbe derubricare a consultazione online.
A cambiare completamente il clima su una scelta che sembrava ormai presa (e che comunque a ieri sera veniva ancora ufficialmente confermata) molti fattori: il primo l’assoluta, rinnovata, riconfermata contrarietà di Berlusconi, che anche ieri avrebbe fatto sapere ad Alfano che con le elezioni alle porte perdere tempo, energie e soldi in un evento destinato a sicuro insuccesso è una follia.
Il secondo, l’oggettiva ristrettezza dei tempi: con l’election day sempre più probabile e il possibile scioglimento delle Camere ai primi di gennaio, le primarie spalmate su più domeniche diventano impossibili, e visto che l’unica data resta quella del 16 dicembre, con tre settimane o poco più per organizzare la sfida, portare la gente al voto diventa impresa improba.
Ma c’è un terzo motivo, tutto politico, che sta creando ulteriori spaccature: la candidatura di Giorgia Meloni.
L’ex-ministro è scesa in campo nonostante l’opposizione di tutti i big dell’ex An, da La Russa a Gasparri, da Matteoli a Corsaro ad Alemanno, schierati con Alfano.
Ma, raccontano, dalla sua ha sul territorio un forte consenso, sempre crescente, tra amministratori locali, consiglieri provinciali, comunali, big del calibro di Musumeci, oltre al sostegno di Storace e soprattutto a una spinta di quel movimento giovanile che ha guidato e che ha grandi capacità di coinvolgimento di un’opinione pubblica sensibile alla parola d’ordine del «mai con Monti e via i vecchi apparati».
Un problema grosso per gli ex An, che vedono rimessi in gioco pesi e posizionamenti della loro componente, ma un problema anche per Alfano, che deve far fronte a scontri interni fratricidi. Il tutto con una polverizzazione delle candidature che – se restasse tale – minerebbe sia la serietà della competizione che il suo potenziale consenso.
Sì perchè, a ieri sera, senza nemmeno ancora l’ufficializzazione delle candidature, gli aspiranti premier ammontavano a una ventina: «Se è così, è un circo Barnum!», si sfogava a nome di tutti Giampiero Samorì, poco dopo la rinuncia di Alessandra Mussolini («Non è una cosa seria, queste non sono primarie ma un congresso interno!», diceva attaccando la Meloni) e dell’avvocato Marra, che denunciava l’impossibilità di raccogliere le firme senza collaborazione dei consiglieri del Pdl.
Ma per due ritiri, ecco i nomi nuovi dell’immobiliarista Alessandro Proto, di Germana Lancia e anche del produttore tv Luciano Silighini Garagnani, vicino alla Minetti. Chiaro, raggiungere le diecimila firme necessarie non sarebbe possibile per molti candidati e tutti ritengono che, se le primarie si faranno, saranno 5 o 6 i protagonisti (Alfano, Meloni, Santanchè, Samorì, Cattaneo e chissà chi tra Biancofiore, Crosetto, Galan).
Ma c’è chi fa notare che, anche così, il quadro sarebbe delineato secondo i voleri del Cavaliere: «Si sarebbero create le tre aree che vuole Berlusconi per lanciare lo spacchettamento: Alfano indebolito a capo dei resti del Pdl, la Meloni leader di un partito di destra, gli altri nella lista degli imprenditori».
Ipotesi, scenari, veleni, possibili e crescenti in unmomento tanto drammatico e incerto.
Nel quale anche uno dei fondatori storici di FI come Giuliano Urbani, al quale Alfano ha chiesto collaborazione da componente dei probiviri, replica con un «no grazie», richiamando lo spirito del ’94 e bocciando l’idea di un rassemblement dei moderati al quale guardano con speranza in tanti, a cominciare da Frattini che lo auspica.
Paola Di Caro
(da “Corriere della Sera”)
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Novembre 21st, 2012 Riccardo Fucile
LE COOPERATIVE CHE GESTIVANO IL GIORNALE DEL DEPUTATO DI FLI HANNO TENTATO DI AGGIRARE LA NORMA CHE VIETA DI RICHIEDERE FINANZIAMENTI PER PIU’ DI UNA TESTATA
Nuovi guai per il ‘Roma’, uno dei giornali più antichi d’Italia controllato dal deputato di Futuro e Libertà Italo Bocchino.
La Guardia di finanza ha sequestrato 2,5 milioni di contributi pubblici destinati al quotidiano, nonchè le quote societarie di cinque imprese e un immobile per il valore complessivo di altri 2,5 milioni. I fondi non erano ancora stati erogati.
Le cooperative editrici che controllavano il ‘Roma’, oggi diretto da Antonio Sasso, avevano tentato di aggirare la normativa sull’editoria, che vieta ad uno stesso soggetto che controlla più giornali, di richiedere fondi pubblici per più di una testata.
Sulla vicenda è intervenuta anche l’Agcom che, dopo aver ricevuto la segnalazione della Gdf nel 2011, ha emesso una sanzione amministrativa di oltre centomila euro. Il decreto di sequestro, firmato dal gip del Tribunale di Roma, è stato eseguito dai finanzieri a Roma e a Napoli.
Gli investigatori hanno anche denunciato quattro persone — responsabili, a vario titolo, di omessa comunicazione di posizione di controllo, falso ideologico e truffa aggravata — e tre imprese, per le relative responsabilità amministrative.
Il ‘Roma’, fondato a Napoli nel 1862, negli ultimi anni è stato al centro di diverse vicende giudiziarie.
Dall’ingresso del parlamentare Italo Bocchino nella compagine editoriale, il quotidiano ha cessato di essere l’organo del movimento politico culturale ‘Mediterraneo’, d’ispirazione meridionalista, per sposare posizioni più vicine al centrodestra e, in particolare, al Pdl.
Nel 2001 Bocchino ricevette dalla ‘Finbroker’, società finanziaria con sede a San Marino, 2 miliardi e 400 milioni di lire per aggiustare i conti in rosso del quotidiano. Quel denaro proveniva dai 14 miliardi di lire in contanti percepiti dal conte Gianni Vitali per la sua mediazione nell’affare Telekom Serbia e che proprio la ‘Finbroker’ gli avrebbe “sottratto con una truffa” dopo averne ottenuto l’affidamento fiduciario.
Il 28 settembre l’amministratore unico della cooperativa ‘Edizioni del Roma’, Salvatore Santoro, aveva presentato al tribunale della Capitale domanda di ammissione al concordato preventivo: il bilancio del 2011 del giornale si era chiuso con una perdita di oltre 6 milioni di euro e il concordato sembrava l’unica via per evitare il fallimento.
L’assemblea dei soci aveva approvato nella speranza di ricevere poi i finanziamenti pubblici, previsti per dicembre e cancellati oggi dal sequestro della Guardia di Finanza.
I membri della redazione da mesi sono costretti a fare i salti mortali: lo stipendio di ottobre è stato pagato in tre tranche e quasi tutti, pur di garantire la sopravvivenza del giornale, hanno accettato per il momento di non incassare le retribuzioni di giugno, luglio, agosto e settembre.
Che potrebbero non arrivare mai.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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