Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
TRA AUTISTI, COLONNELLI E CAPORALI IN CERCA DI APPROPRIARSI DI IDEE CHE HANNO SEMPRE OSTEGGIATO… VADANO A CONTESTARE BERLUSCONI A PALAZZO GRAZIOLI FINCHE’ E’ VIVO SE NE HANNO LE PALLE
Non so se Fini abbia sbagliato a presentarsi ai funerali di Pino Rauti, forse è stato mal consigliato.
Può darsi che sapesse cosa lo attendeva e abbia deciso lo stesso di partecipare, in quel caso ha fatto bene e la cosa gli fa onore.
Ci mancherebbe che in Italia uno non possa presenziare alle esequie di un “avversario interno”.
Almirante stupì tutti andando a rendere omaggio alla salma di Berlinguer, poi fu Paietta a partecipare alle esequie del segretario del Msi.
Si può essere avversari, ma avere rispetto.
A destra questo pare non sia possibile, vige la patologia del rancore.
Da rautiano non acquisito, a differenza di molti che solo oggi si sono scoperti “fascisti di sinistra”, avendo visto nascere e contribuito a far crescere la componente rautiana nell’allora Msi e avendo coerentemente tolto il disturbo una volta conclusa la sua parabola nel partito, a differenza di tanti convertiti all’acqua di Fiuggi che si sono rifatti una verginità , non apprezzo la chiassata di oggi.
La giudico vomitevole.
Se hai qualcosa da imputare a Fini lo fai nelle sedi opportune, te ne vai dal partito, ne fai un altro, non approfitti di un funerale.
Tolti quelli in buona fede, passiamo agli altri.
Perchè contestare la presenza di Fini e non quella dei pidiellini ed ex Msi Alemanno, Storace, Gasparri e la Russa, noti servitori di due padroni?
E chi mi dovrebbe dare lezioni di “destra sociale”?
Qualche autista di Marchio, qualche addetto stampa imborghesito stipendiato per anni?
O qualche esagitata che si permette di dare giudizi su vicende che non ha vissuto perchè spendeva il suo tempo nei salotti buoni?
Dove erano costoro quando tanti giovani rautiani lottavano per farsi largo nelle federazioni? Erano dall’altra parte sempre, con “Fini il badogliano”, come dicono i pidiellini.
Servi per tutta la vita, prima di Fini e poi di Silvio.
Se avessero ancora un po’ di secrezione salivare a disposizione, stasera consiglieri loro di guardarsi allo specchio e di sputarsi in faccia.
Una vita da sfruttatori, una fine da strilloni da postribolo.
Se Pino avesse potuto alzarsi dalla bara li avrebbe presi a calci nel culo.
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
UNA FRASE AL GIORNO ED E’ SUBITO MARKETING…RESTANO SOLO QUATTRO GIORNI PER LA PROMOZIONE DEL LIBRO
Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa.
Il codice è più o meno quello della gastronomia abitudinaria, per quanto rinfrancata da bocconcini a orologeria.
Quindi giovedì Renzi, venerdì Berlusconi, con accluso malinteso e susseguente precisazione, sabato Montezemolo, con smentita e controreplica, e Casini, che è felice di esserci e non fa mai storie.
Ieri, domenica, di nuovo Berlusconi, più Alfano, più il presidente della Corte dei Conti Giampaolino, una new entry.
Domani si vedrà , dopodomani pure, fino a giovedì prossimo.
L’incombente best-seller di Bruno Vespa va in libreria l’8 di novembre con un titolo di guicciardiniana sonorità , “Il Palazzo e la piazza” (Mondadori-Eri).
Restano dunque quattro giorni che l’accorto marketing allestito dal conduttore di Porta a porta secondo lo schema del missiletto a più stadi, cercherà di riempire di auspicabili equivoci e fruttuosi incidenti, giacchè in questi casi ogni trascurabile polemica fa brodo, e la “ripresina” dei giornali e dei tg senz’altro insaporisce la pallida sbobba.
Ora, ancora una volta invocando indulgenza per la rassegnazione con cui si cade nella trappola pubblicitaria, e pure facendo presente che il metodo-Vespa non è poi così estraneo ai canoni di certo giornalismo politico, l’ideale per il libro sarebbe, per esempio, che di qui a giovedì l’ex presidente Berlusconi, ieri contrito con gli italiani per via della crisi economica, di nuovo s’insuperbisse e pretendesse lui, da essi, le scuse, se non addirittura un monumento.
Allo stesso modo, dopo aver affidato a Vespa la definizione di Alfano come “il meglio fico del bigoncio” (l’ultima a designare in tal modo il marito fu la signora Dini), sarebbe una fortuna editoriale se clamorosamente il Cavaliere maltrattasse il segretario del Pdl pentendosi di averlo installato su quella poltrona per mancanza di quid.
Come si comprende, entrambe le eventualità sono pienamente plausibili.
Anzi, a veder bene, sia l’una che l’altra si sono già documentabilmente verificate.
Ma non è in causa l’esattezza delle dichiarazioni. Vespa non inventa, nè forza mai. Lavora molto e anche con scrupolo.
Al di là di qualsiasi preferenza o simpatia personali, che di solito sono legate al momento, il punto vero è che il suo biblio-marketing tende a privatizzare i ritmi della politica: nell’autunno del 2006, per dire, gettò nell’agone alcune dichiarazioni che Prodi gli aveva reso in primavera; così come nel maggio del 2010, sempre per reclamizzarsi un volume, anticipò un giudizio di Berlusconi (su Scajola e Verdini) che una volta uscito fece più rumore di quanto avrebbe fatto nel momento in cui era stato effettivamente rilasciato. In quel caso si trovò un fragile compromesso in cui si diceva che Berlusconi aveva sì pronunciato quel giudizio, ma senza fare i nomi.
Ma se è vero che tutto in quel mondo pare sempre disporsi in modo circolare, per cui va e viene, scompare e ritorna, si afferma e si contraddice, per lo più impunemente, è anche vero che niente più delle anticipazioni librarie di Vespa, effettuate lanciate e pubblicate con velocità supersonica, riesce a precipitare e insieme a mantenere Berlusconi, Renzi, Casini, Montezemolo, Giampaolino e chiunque altro in un tempo che non è passato, non è presente e non è nemmeno futuro.
Ma è il tempo del potere, finchè dura.
Questa dimensione sembra complicata, o peggio cervellotica, ma è soprattutto funzionale al demiurgo di Porta a porta e ai protagonisti della vicenda pubblica. I quali, per inciso, non brillano certo per coerenza.
Ma sempre poi tutti loro – e come accaduto in un caso quattro o cinque anni fa addirittura le loro mogli – finiscono per entrare nell’ampio giro itinerante delle presentazioni delle strenne di Vespa, che della eccezionale energia seriale e autopromozionale costituisce la fase per così dire terminale.
Quella cioè che segue e intanto s’intreccia alla costante presenza dell’autore sugli schermi televisivi a ogni ora del giorno e della notte.
Riprendere in mano qualcuno di quei testi a distanza di anni dalla loro uscita e dal loro indubbio successo è una curiosa avventura che oscura e al tempo stesso conferma il senso di straniamento procurato dalla pirotecnica dei lanci di postuma attualità .
Più che una “storiografia di corte”, come fu a suo tempo descritta da Giulianone Ferrara, la martellante produzione di Vespa scorre come un nastro senza spessore, senza asprezze e senza età .
Ognuno, è ovvio, fa il suo lavoro, ma con tutto che lui ne fa due o tre o quattro la promozione istantanea e precoce è comunque quella che ancora gli riesce meglio.
Per cui giovedì Renzi, venerdì Berlusconi e sabato Montezemolo.
Ma domenica è sempre domenica, e chi sa se con l’aria che tira il sempre più striminzito pubblico che s’appassiona a queste storie vorrà accontentarsi di avanzi tenuti sia pure per pochi giorni in frigorifero.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
IL MINISTRO E’ PREOCCUPATO PER QUANTO STA ACCADENDO AL VIMINALE, L’INCHIESTA INTERNA VA AVANTI A RILENTO…TRE PREFETTI E DUE INVESTIGATORI IN POLE POSITION PER SOSTITUIRE MANGANELLI
La reazione ufficiale è pacata: «La magistratura sta lavorando, aspettiamo tranquillamente gli esiti».
In realtà chi ha potuto parlarle in questi giorni racconta che il ministro Anna Maria Cancellieri è preoccupata, ma anche adirata per quanto sta accadendo al Viminale. Perchè si è trovata spiazzata quando ha letto quell’esposto anonimo sugli appalti gestiti dall’Ufficio Logistico rispetto ai quali nessuno le aveva mai evidenziato difficoltà o anomalie.
E perchè sa bene che tutto questo fa da sfondo a una guerra interna per la successione del capo della polizia Antonio Manganelli avviata molti mesi fa, quando il prefetto è stato un paio di mesi all’estero per effettuare alcune cure, e non è terminata adesso che è tornato in piena operatività .
Il ministro ha preteso l’apertura di un’indagine interna, ma pure su questo non sembra aver finora ottenuto quanto aveva sollecitato.
La sua raccomandazione era di fare in fretta, cercando di ottenere risultati da sottoporre all’esame della magistratura proprio per mostrare la volontà di fare immediata chiarezza.
E invece le verifiche amministrative procedono a rilento, l’esito tarda ad arrivare. In queste ore ci sono state nuove sollecitazioni.
È teso il clima al Viminale e questo fa si che tornino a circolare le voci di un’imminente rivoluzione in numerosi uffici.
Già nei prossimi giorni potrebbero essere sostituiti alcuni funzionari di alto livello, dando così il via a un giro di nomine che potrebbe coinvolgere anche alcuni prefetti. Quanto basta perchè si ricominci a parlare di possibili successori di Manganelli.
E nella «rosa» vengano inseriti prefetti come Giuseppe Procaccini, Giuseppe Pecoraro e Alessandro Pansa, ma anche investigatori di grande esperienza come Franco Gabrielli o Nicola Cavaliere.
«In questa fase storica così delicata per il Paese, è quanto mai inopportuno che venga ipotizzato un cambio al vertice del dipartimento della Pubblica Sicurezza», commentano i segretari generali del sindacato Siap e dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Giuseppe Tiani ed Enzo Letizia.
Fiorenza Sarzanini
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
LA SOCIETA’ SI DIFENDE: “ABBIAMO RISCOSSO MEGLIO DEGLI ENTI LOCALI”… I SINDACI TEMONO UN CROLLO DEL GETTITO
Equitalia – la cattiva, l’esosa, la tirannica e perfino la vessatoria – se ne andrà , dal primo gennaio prossimo i comuni si raccoglieranno i tributi da soli.
Potrebbe andare loro benissimo, come accade al comune di Reggio Emilia, che – stando alla testimonianza del sindaco Graziano Delrio – con un proprio «porta a porta» riesce a incassare il 95% del dovuto.
Ma potrebbe anche generare un disastro per le già provate casse municipali che lamentano il mancato introito di 11 miliardi in 6 mila comuni e ne imputano la responsabilità proprio ad Equitalia.
Due giorni fa l’Anci, l’associazione dei comuni, si è lamentata che la Società con la riscossione coattiva riusciva a raccogliere tra il 15 e il 30 per cento del dovuto, e il non incassato oscillava tra il 70 e l’80 per cento, e che quindi non è che abbia avuto performances esaltanti.
Ieri Equitalia ha ribattuto a questi dati, sostenendo che la riscossione volontaria dei tributi supera il 90%, mentre la riscossione coattiva si assesta sul 50 per cento dei crediti a lei affidati.
Ma dietro questa disputa sui numeri c’è un più generale problema su chi, dal gennaio prossimo, dovrà battere cassa per gli oltre 8 mila comuni italiani e se, soprattutto, i comuni medesimi saranno in grado di organizzarsi in tempo utile (mancano meno di due mesi), con il rischio, altrimenti, di veder naufragare i propri bilanci.
Nel 2006 esistevano circa 40 società che riscuotevano i tributi per conto dei comuni italiani.
Si trattava, per lo più, di banche.
Il servizio costava circa 500 milioni di euro allo Stato, più l’aggio previsto non sull’effettivamente riscosso ma sull’accertato.
In quell’anno è stata istituita Equitalia, che avrebbe riscosso i tributi per l’agenzia delle entrate, per l’Inps e per gli enti locali. La società – che non riceveva più i 500 milioni da parte dello Stato – si è strutturata e ha cominciato a lavorare.
Il che, qualche volta, ha significato anche andare a bussare, a insistere, a esigere, dato che anche Equitalia percepiva un aggio (del 9% per l’esattezza) ma soltanto sull’effettivamente riscosso.
La sua determinazione l’ha resa spesso invisa, come sempre sono gli esattori fiscali, soprattutto dalla Lega che la vedeva come una longa manus di Roma che andava a mungere al Nord: la vicenda delle quote latte è il capitolo più conflittuale di questa dialettica.
E comunque la legge stabiliva che con il 1° gennaio 2012 Equitalia dovesse cessare dal riscuotere i tributi per conto degli enti locali.
Ma i comuni medesimi – vista l’impossibilità di organizzarsi con società alternative – avevano chiesto già al governo Berlusconi delle proroghe a questa scadenza.
L’ultima l’ha data l’attuale esecutivo e arrivava al 30 giugno 2013.
Venerdì scorso l’emendamento della Lega ha anticipato di sei mesi questa scadenza e così dal primo gennaio la «cattiva» Equitalia non ci sarà più sotto i campanili.
Il problema è che non ci sarà nessun’altro, perchè in così breve tempo pochi comuni potranno organizzarsi cercando delle società private di esazione tributaria.
Una operazione peraltro rischiosa, intanto per un possibile conflitto di interessi: se io sono una banca che deve riscuotere per un comune, non vado a pignorare il conto corrente di un moroso se è mio cliente.
E poi c’è la storia esemplare di Giuseppe Saggese, titolare di fatto di «Tributi Italia», che un mese fa è stato arrestato perchè si sarebbe trattenuto 100 milioni di tributi.
Un caso, certo, e ancora da giudicare, peraltro.
Però va detto che già oggi – vista la situazione – ci sono soggetti privati che si stanno proponendo ai comuni per svolgere il lavoro che Equitalia non potrà fare più, ma chiedono un aggio del 18%: il doppio.
(da “La Stampa”)
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
TENSIONE AI FUNERALI DEL LEADER STORICO DELLA DESTRA SOCIALE, CERIMONIA INTERROTTA PER QUALCHE MINUTO… POI INTERVIENE ISABELLA RAUTI PER RIPORTARE LA CALMA
Durissima contestazione al presidente della Camera, Gianfranco Fini, al suo arrivo nella Basilica di San Marco dove si stanno celebrando i funerali di Pino Rauti, l’ex segretario del Msi, morto lo scorso 2 novembre 1 all’età di 86 anni.
All’arrivo di Fini, sia fuori dalla Chiesa, dove i partecipanti lo hanno apostrofato chiamandolo ‘Badoglio’, che all’interno è esploso un boato di “buu”, “vattene”, “fuori, fuori” e “traditore”.
A questa rimostranza si sono aggiunti spintoni e urla da parte di alcuni dei presenti. Oltre agli insulti, è volato anche qualche sputo all’indirizzo del primo inquilino di Montecitorio.
Il presidente della Camera ha percorso la navata centrale della chiesa subissato da fischi e protetto dalle guardie del corpo.
Fini ha poi raggiunto i primi banchi ed ha preso posto al fianco all’ex esponente di An Alfredo Mantovano, mentre una guardia del corpo è rimasta al suo fianco in piedi dal lato del corridoio.
A causa della forte contestazione, la cerimonia è stata sospesa per qualche minuto. È stata la figlia di Rauti a prendere la parola mentre il parroco officiava il rito e a chiedere il silenzio dei partecipanti.
“Vi prego – ha detto Isabella Rauti – non è questo il momento, è il funerale di mio padre, avete avuto altri momenti per farlo. Abbiate rispetto per mio padre e per la famiglia”.
Dopo qualche minuto di caos la situazione si è ristabilita e la cerimonia è ricominciata.
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
ANNA MARIA CANCELLIERI ASSICURA CHE IL DECRETO SARA’ APPROVATO PRIMA DELLE PROSSIME ELEZIONI… DECADENZA DELLA CARICA IN CASO DI CONDANNA DEGLI ELETTI
Incandidabilità a tutte le cariche pubbliche per i condannati, ma anche decadenza dall’incarico dell’eletto che viene successivamente condannato.
Il decreto legislativo sulla non candidabilità , meglio conosciuto come “liste pulite” è quasi pronto, come ha annunciato il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri: “Stiamo lavorandoci, ci sarà un incontro con i ministri Severino e Patroni Griffi probabilmente la prossima settimana per chiudere le ultime maglie di un documento che è in gran parte pronto”.
Alla domanda se in due settimane il testo potrà essere in Cdm, il ministro ieri replicava: “Prima lo concludo poi lo dico, ma sicuramente sarà pronto entro le elezioni”.
Certamente per le politiche, ma molto probabilmente anche per le regionali che, a fine gennaio, rinnoveranno i consigli di Molise, Lazio e Lombardia. .
Solo un mese fa il ministro della Funzione Pubblica Filippo Patroni Griffi aveva assicurato la disponibilità del governo: “C’è un impegno del governo ad attuare la delega in tempo utile perchè possa essere applicata alle prossime elezioni”.
Allo stato attuale, secondo le anticipazioni riportate oggi da alcuni quotidiani, il decreto comprenderà tutti gli incarichi elettivi, non solo Parlamento e Regioni, ma anche Parlamento europeo, consigli comunali, comunità montane , consorzi locali.
E pure aziende pubbliche, nella selezione dei profili manageriali e politici da inserire nei consigli di amministrazione.
Pur non trattandosi di carica elettiva, anche i membri del governo dovrebbero rientrare nelle regole previste dalla nuova normativa.
Gli incandidabili sarebbero i condannati per una pena fino a due anni di carcere, senza distinzione di reati: non solo furti, rapine o mafia, ma anche (e soprattutto) corruzione. Proprio su questo capitolo emerge il problema più rilevante, che suscita qualche reazione polemica: per ora il reato di prostituzione minorile (quello per cui è imputato Silvio Berlusconi nel caso Ruby) non è compreso tra quelli che comportano l’incandidabilità .
In ogni caso, sempre secondo la bozza, l’incandidabilità non sarà eterna, ma commisurata in base alla pena inflitta per i reati commessi.
Il minimo, comunque, sarà quello di una legislatura.
Il deterrente, che dovrebbe assicurare l’applicazione di questa legge già dalle prossime regionali, anche nel caso in cui non dovesse aver completato l’iter di approvazione, è legato al fatto che, in caso di condanna successiva all’elezione, l’incarico decadrebbe.
La legge delega contenuta nel ddl anticorruzione prevedeva che il governo adottasse “entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali”.
Quando il testo sarà presentato si capirà quanto sarà alta l’asticella posta dal governo tecnico all’esclusione di condannati dalle cariche pubbliche.
Allo stato occupano i seggi del Parlamento cento deputati tra indagati, condannati o prescritti.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
DE GREGORIO: “IO MOLLO”… DELL’UTRI: “PERSEGUITATO, MI RIPRESENTO”
Tutti d’accordo con la norma “liste pulite”. Dall’alto delle loro condanne, dei processi di primo e secondo grado, delle inchieste nelle quali si ritrovano invischiati.
Convinti che il repulisti tanto non riguarderà mai loro.
A tal punto che stanno tentando quasi tutti una nuova carica al Parlamento, da qui a qualche mese.
L’ultima black list ne elenca 26, di parlamentari comunque sotto il torchio della giustizia.
Su nessuno grava una condanna definitiva, se non in un paio di casi per diffamazione o reati minori.
A conti fatti, nella stagione di malapolitica 2008-2013, ad aver lasciato lo scranno in Parlamento per una condanna definitiva per reati gravi sono stati soltanto due.
L’ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro e il deputato del Pid Giuseppe Drago.
E gli altri?
Marcello Dell’Utri sta ancora valutando il da farsi, “dipende se proseguirà o meno la persecuzioni alla quale sono sottoposto da anni”.
Non intende rinunciare al suo posto in Parlamento Nicola Cosentino, come ha già fatto sapere al partito e ai suoi, d’altronde è appena sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa e sotto un’altra per falso e riciclaggio, ne è stato chiesto l’arresto respinto dalla Camera.
Il senatore Pdl Sergio De Gregorio getta invece a sorpresa la spugna. Ha scritto nei giorni scorsi una lettera a Silvio Berlusconi per comunicarlo e sponsorizzare la ricandidatura al suo posto di un “delfino” degli “Italiani nel mondo”. “Ma lo faccio a prescindere dalla norma anticorruzione e dalla mia vicenda giudiziaria che chiarirò nelle sedi opportune, dimostrando la mia innocenza” sottolinea.
Pochi mesi fa l’ordine di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei suoi confronti dalla procura della Repubblica di Napoli per presunta appropriazione indebita di 20 milioni di euro di finanziamenti al quotidiano “L’Avanti!”.
Altri procedimenti per riciclaggio, favoreggiamento della camorra, false fatturazioni, ma non lascia per quello.
La sua, scrive ad Alfano e Berlusconi, è una “scelta sofferta fatta per motivi di opportunità , in linea col codice etico applicato per la composizione delle liste dei candidati in Sicilia”, che pone il limite del rinvio a giudizio.
Alfonso Papa, unico che in carcere c’è finito davvero un anno fa, coglie l’occasione per lanciare un appello al “suo” pm Woodcock: “Troppo impegnato e mi impedisce di arrivare a sentenza entro il termine della legislatura “.
La norma sui condannati la ritiene necessaria.
Ce l’ha piuttosto con il presidente Fini che sponsorizza una restrizione a carico dei semplici rinviati a giudizio. “Quella la trovo profondamente incivile: l’azione penale ha alto grado di fallibilità da queste parti”.
L’ex sottosegretario (per pochi giorni) Aldo Brancher, condanna definitiva per ricettazione e appropriazione indebita a due anni, taglia corto: “La legge va rispettata, se ci sarà , la rispetteremo, ma io non fatto nulla contro la pubblica amministrazione, e non ho altro da aggiungere”.
Maurizio Grassano, condanna per truffa aggravata ai danni del comune di Alessandria, deputato dei Responsabili dice che aspetta “da due anni l’appello” e se arrivasse la condanna anche lì, rinuncerebbe.
“Nonostante tutto sarei d’accordo con la norma Cencellieri, a patto che dopo aver scontato la pena in carcere si possa tornare a esercitare i propri diritti. E tornare pure in Parlamento”
Giampiero Catone, ex sottosegretario del governo Berlusconi, condannato a otto anni per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e bancarotta fraudolenta. “Ho già avuto due assoluzioni e ho fatto istanza al presidente del tribunale per avere l’appello prima della fine della legislatura”.
Perchè lui a far politica ancora ci tiene, del resto, la prescrizione in ogni caso spazzerà tutto via il 20 gennaio.
“Se mi condannano però mi ritiro – assicura – e sa che le dico? Che la norma Cancellieri io alla Camera la approvo”.
Mario Borghezio è parlamentare ma a Bruxelles, condannato in via definitiva per l’incendio del primo luglio 2000 in un accampamento di extracomunitari.
“D’accordo” pure lui sul repulisti, ma “la storia non mi riguarda, non rientro tra i reati gravi, al limite potrei essere inserito nell’albo dei piromani”.
E ride.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Novembre 5th, 2012 Riccardo Fucile
“TEMO CHE VI SARA’ UNA STAGIONE PIU’ VIOLENTA DI QUELLA DEL 1992-93″… “SE CROCETTA RIESCE A FARE PULIZIA PUO’ DARSI CHE LA SICILIA SI SALVI”… “COSA NOSTRA SPERA IN UAN REAZIONE DEI POLITICI”
Cosa nostra è stata cosa sua: “Mi chiamo Gaspare Mutolo, sono nato a Palermo il 5 febbraio 1940, nel quartiere di Pallavicino e sono cresciuto tra i vicoli di Mondello e Partanna. Sono un collaboratore di giustizia. Voglio raccontare la mafia, di cui ho fatto parte, combinato nel 1973, fino al 15 agosto del 1991″.
È l’incipit di un libro di memorie — “La mafia dentro” — che Mutolo sta ultimando insieme alla scrittrice Anna Vinci.
Le Regionali in Sicilia, il pentito Mutolo le legge così: “Se la mafia voleva, faceva andare a votare e mettere in minoranza a Crocetta, un uomo onesto che ha sempre lottato alla mafia. Ma ha lasciato che vincesse, per mandare un messaggio a Pdl e Udc. I boss si sono sentiti traditi”.
Mutolo, da cosa si sono sentiti traditi i mafiosi?
Dalle promesse non mantenute. I loro beni sono stati, in parte, confiscati. I padrini sono da vent’anni dentro, gli uomini più importanti al carcere duro: mi spiego?
Crocetta ostacolerà la mafia: non è un controsenso?
No, perchè Crocetta non se la prenderà solo con le coppole storte, ma anche con i referenti politici. Io ho paura che ci sarà una stagione più violenta di quella del ’92-’93. L’unica speranza è Crocetta: se riesce veramente a fare pulizia, può darsi che la Sicilia si salvi.
La mafia si sta organizzando?
Questo silenzio — che non succedono cose, che non ci sono omicidi — era una direttiva di Provenzano, poco prima di essere arrestato: stare sette anni senza fare rumore. Se lo Stato non riesce a dare una svolta, molti personaggi importanti che stanno a Roma, avranno cose da temere: avevano garantito che per i siciliani sarebbe andata diversamente. Se torniamo indietro, sappiamo perfettamente che la mafia si muove sempre per un interesse vitale. Il primo segnale c’era stato nell’87, quando la mafia smise di votare per la Democrazia cristiana e scelse i socialisti: nell’84 era nato il maxi-processo, e dopo tre anni erano ancora tutti dentro. Quello era un messaggio alla Dc che perdeva tempo, diceva ai boss di avere pazienza.
Lei se lo ricorda?
Alle famiglie, sia quelle di sangue che quelle di mafia, ci comandarono di votare Psi. Io ero nel carcere all’Ucciardone per il maxi-processo. Venne da me Peppe Leggio e mi disse: “Gaspare tu dici alla tua famiglia che vota per i socialisti”. A lui sicuramente glielo aveva detto qualche personaggio più importante.
Poi è caduta la Prima Repubblica.
Visto che sono collaboratore di giustizia, ho potuto ascoltare un’intercettazione ambientale, in cui si sentivano parlare alcuni boss riuniti in un’albergo dei Graviano. Ancora non era nata Forza Italia che già parlavano di sostenerla: cercavano i nuovi referenti, dopo la fine della diccì.
Perchè dice che la situazione oggi è preoccupante?
La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora — ma veramente — il voto, con le buone o con le maniere sue. Cosa nostra sa bene a che livello è la collusione con la politica, quindi secondo me i mafiosi hanno permesso di vincere a Crocetta per dire ai signori politici che stanno a Roma: guardate che questo a noi ci ha sempre combattuto, ma ora cercherà di combattere anche a voi. Loro parlano così. La morte di Enzo Fragalà , avvocato e deputato del Pdl ucciso a bastonate nel 2010, secondo me è stato uno degli ultimi omicidi della mafia, ed è stato l’ennesimo avvertimento. Questa delle regionali è un’avvisaglia per le elezioni nazionali. I politici cambiano partito, ma gli uomini sono sempre gli stessi. E quando si voterà per il nuovo governo e per le Camere, se non ci saranno provvedimenti favorevoli ai boss, come — mi ripeto, ma è molto importante — è stato promesso vent’anni fa, si avvierà una stagione ancora più violenta.
Ha votato solo lo 0,6 per cento dei detenuti. In tutte le carceri siciliane. Lirio Abbate ha scritto sull’Espresso : “All’istituto di pena di Pagliarelli di Palermo dove si trovano rinchiusi i mafiosi, su 1.300 detenuti solo uno si è presentato al seggio elettorale, ed è in custodia cautelare per reati che non sono di mafia”. Che significato ha l’astensione dei detenuti?
È un sintomo coerente con la mia lettura. L’ordine è stato categorico, evidentemente. Quelli che non hanno votato sono controllati dalla mafia. E ora la mafia spera che i politici hanno una reazione. I voti della mafia sono stati fermi, per adesso . Vede, così a lungo i mafiosi non ci sono stati mai dentro, soprattutto con questo regime duro del 41-bis. Per loro è una cosa inaccettabile. Dell’Utri, Schifani, Berlusconi sono ancora nei posti chiave: i pezzi da novanta vogliono mandare un messaggio. Prova ne sia che c’è ancora il processo sulla trattativa e sappiamo quali sono le richieste della mafia.
Come funzionava il voto di scambio, finchè lei era mafioso?
Ci sono quelli che fanno i grandi affari, che sono il perno di tutto. Hanno detto a Milano che la ‘ndrangheta ha venduto i voti a quell’assessore: ma quelle sono sciocchezze, regalini. Le cose importanti, che importano a tutte le mafie, sono i grandi appalti, i business veri, i soldi che possono arrivare. Mafia e politica si sono sempre sostenute a vicenda, perchè avevano interessi comuni.
Lei aveva rapporti con i politici?
Mi trovavo ad andare da qualche politico, come Ernesto Di Fresco o l’onorevole Matta, amicissimo di Lima e Ciancimino. Ci andavo perchè volevo segnalare una persona che m’interessava, per un concorso all’università o in ospedale. In queste occasioni, loro parlavano anche di politici, carabinieri o magistrati che davano disturbo. Ma attenzione: non è che dicevano “sparategli”. Di Fresco mi fece il nome di Dalla Chiesa, che andava dagli studenti a parlare di mafia e faceva i controlli nelle autoscuole, perchè non venisse concesso il foglio rosa ai mafiosi. Più che lamentele, erano consigli.
di Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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