Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
POI SI LASCIA ANDARE AD IRONIE SU BERSANI
“Se non vincerò le elezioni, porterò un po’ di amici miei in Parlamento e cercherò di avere un po’ di spazio, ma non mi faccio comprare“.
Sono le parole pronunciate da Matteo Renzi durante un fuorionda nel programma radiofonico “105 friends”, su Radio 105.
Il candidato alle primarie del centrosinistra, ospite della trasmissione, ironizza anche sul suo avversario, Pierluigi Bersani, e sui suoi “tre vitalizi”.
E spiega che il nuovo regolamento imposto dal Pd lo penalizza fortemente.
In caso di vittoria, invece, i suoi candidati devono firmare “col sangue un foglio” in cui dichiarano di voler abolire il finanziamento pubblico dei partiti, dimezzare il numero di senatori e deputati, ridurre le indennità del parlamentare.
Il sindaco di Firenze ammette inoltre che il famoso pranzo con Berlusconi gli costerà forse il 2% dei voti alle prossime primarie.
“Ma lo rifarei anche domani mattina”, puntualizza.
Ed infine Renzi si esprime su Grillo: “Lui prima spaccava i computer e ora dice tutt’altro. Grillo è uno che cambia idea su tutto. Io no” — conclude, facendo riferimento al suo passato entusiasmo per Marchionne — “sul manager della Fiat non è che ho cambiato idea. Sono stato fregato”
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
LA MELONI (28%) STA PER RAGGIUNGERE ALFANO (FERMO AL 32%)… IL CAVALIERE POTREBBE ANNUNCIARE L’ADDIO PRIMA DELLE PRIMARIE… RITORNA “FORZA ITALIA”
Contrordine. Primarie Pdl non più a gennaio, ma sotto l’albero, il 16 dicembre.
Lo hanno voluto e quasi imposto – al segretario Alfano – gli ex An La Russa e Gasparri. Berlusconi lo giudica un «tradimento», le definisce consultazioni «da impiegati della politica», dice di non riconoscersi più in un partito ormai in mano a «loro» e si prepara al colpo di scena dell’addio alla sua creatura e al lancio entro una decina di giorni del movimento.
Nuovo di zecca, ma dal brand consolidato: «Forza Italia».
Alfano ormai si rassegna allo scontro e in serata twitta: «Scelta coraggiosa ma finalmente si parte».
Ma è già sindrome da «200 mila elettori» ai gazebo, con Verdini che ammette: «Incombe una questione finanziaria sul partito».
Succede in un Pdl ormai «diviso e smarrito», per dirla con Sandro Bondi.
Succede appena ventiquattro ore dopo la lunga e faticosa mediazione che lo stesso “delfino” e altri dirigenti Pdl avevano condotto col riluttante Cavaliere, convincendolo ad accettare le primarie rinviandole però di un mese, al 13 gennaio.
Il blitz di ieri pomeriggio in via dell’Umiltà , invece, al termine dell’ennesima riunione di fuoco di Alfano con coordinatori locali e big, segna la clamorosa retromarcia.
I “colonnelli” incalzano, sospettano che far slittare le primarie equivalga ad annullarle, temono il “predellino” berlusconiano e l’imminente scioglimento delle Camere.
Nel chiuso dell’ultimo vertice arrivano a minacciare il ritiro del sostegno e lo smantellamento dei cento comitati “pro Alfano” in via di costituzione.
E poi c’è quel sondaggio interno che terrorizza lo stesso segretario.
Ne parla lui stesso a Montecitorio coi deputati più fidati.
Lui in testa, ma inchiodato al 32-33 per cento, Giorgia Meloni data al 20 una settimana fa e già lievitata al 28. A soli quattro punti.
Con lo spettro della mobilitazione di tutti i giovani ex An al fianco dell’ex ministra.
Scatta allora la tagliola delle nuove regole: al voto gli under 18 ma solo se pagano la tessera del partito (10 euro) più i 2 euro per le primarie.
E gli universitari ammessi solo nelle loro città di residenza e non se fuori sede.
La Meloni protesta: «Ingiusto».
Anche Annagrazia Calabria, coordinatrice dei giovani, insorge: «Assurdo».
E le barricate interne per limitare i danni non bastano.
Alfano accetta i «consigli» dei colonnelli e anticipa la data. Raggiunge Berlusconi a Palazzo Grazioli e comunica la novità . Per il leader è una doccia fredda.
L’ex premier la considera nè più nè meno che «una coltellata alle spalle». Ne trae subito le conseguenze.
Nel pomeriggio riceve Gianpiero Samorì, uno dei più contestati concorrenti alle primarie, tra i più vicini all’ex premier, col quale parla del futuro, ma altrove.
Negli sfoghi privati coi suoi, Berlusconi è un fiume in piena. Di «delusione» e rabbia.
«Alfano ha sbagliato ancora, ormai è un ostaggio, ha ceduto a un ricatto, il partito è in mano agli ex An. Non c’è più nulla del mio spirito e io non posso stare in un Pdl in mano a loro».
E ancora. «Queste non sono primarie vere, sono da impiegati della politica», sbotta nel tardo pomeriggio.
Oggi ad Arcore nuove riunioni operative, il cantiere è ormai partito.
Il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti, in un’intervista tv, rivela che potrebbero esserci «clamorose novità ad ore», alludendo all’abbandono del Pdl da parte del Cavaliere.
Daniela Santanchè annuncia a Sky di aver raccolto le 10 mila firme necessarie ma «se ci saranno dei cambiamenti a breve rifletterò sul da farsi».
Oltre 12 mila dal “formattatore” Alessandro Cattaneo, Samorì esonda: «48 mila firme per guidare il Paese».
Anche l’immobiliarista AlessandroProto raggiunge le 10mila ma finisce indagato a Milano per truffa e attacca: «Magistratura a orologeria»).
Sarà possibile votare registrandosi prima on line, fa sapere Beatrice Lorenzin.
Ma voti «in carne ossa» avvertono La Russa e Bernini.
Bersani li sbeffeggia: «Complicato passare dall’impero alla democrazia».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
IL DATO EMERGE DURANTE LA PRESENTAZIONE IN COMMISSIONE DELLA DELIBERA DI ASSESTAMENTO…PENALIZZATI SCUOLA, CULTURA, STRADE E AMBIENTE
“Mentre Renzi cerca di far sognare l’Italia, Firenze sta vivendo un vero e proprio incubo e a dir questo non è il Pdl, ma i numeri del bilancio del nostro Comune”. Emanuele Roselli, Stefano Alessandri e Jacopo Cellai, consiglieri di centrodestra del capoluogo toscano, attaccano il sindaco dopo l’audizione in commissione Bilancio che ha stabilito un taglio degli investimenti di 73,7 milioni di euro, come riporta anche il sito di Palazzo Vecchio.
La ‘mannaia’ si abbatterà su scuola, cultura, strade e ambiente.
Il colpo, durissimo e che arriva a soli tre giorni dalle primarie del centrosinistra, è stato inferto durante la presentazione in Commissione Bilancio della delibera di assestamento del consuntivo 2012.
L’atto, passato al vaglio dei consiglieri e che sarà votato lunedì, ha scosso tutti. Compreso l’assessore Alessandro Petretto che l’ha illustrato, e che non ha esitato a definirlo uno “tsunami”, attribuendo però la responsabilità della situazione allo stravolgente andamento della finanza pubblica.
Il gruppetto di consiglieri riunito per analizzare le cifre — la votazione deve avvenire entro questo 30 novembre — hanno fatto la conta dei danni: una serie “impressionante di riduzioni che non lascia dubbi” ha incalzato Massimo Sabatini della lista Galli, pronto a sferrare l’attacco a Matteo Renzi a tre giorni dalle primarie. “Il bilancio preventivo era stato fatto con troppa leggerezza e per l’ennesima volta il sindaco fa fiasco con le alienazioni. Dei 38 milioni (esigua eredità dei vecchi 191 milioni sparati appena eletto) dati per certi appena 5 mesi fa, ne saranno incassati solo 9,5”. Numeri alla mano resta poco, in effetti, per tappare i buchi e sperare di investire su Firenze come era stato annunciato. E infatti saranno una valanga i fondi che, se passerà la delibera, mancheranno all’appello.
A quanto si apprende i mancati investimenti riguarderanno in particolare quattro voci: 28 milioni in meno per le strade e il traffico, 7,7 milioni in meno per la cultura, 6,2 milioni per la scuola e 6,1 in meno per l’ambiente.
Altre cifre vengono rese note dai consiglieri Ornella De Zordo e Tommaso Grassi: “Si riduce esattamente del 50% l’investimento per il risanamento delle carreggiate e dei marciapiedi dei 5 Quartieri della città . Colpisce anche l’azzeramento della cifra destinata ai lavori urgenti di bonifica amianto e pronto intervento per scuole e immobili comunali, la riduzione delle risorse per biblioteche e musei comunali. Rimangono i 10 milioni di euro per la realizzazione del Parco della Musica: non propriamente una emergenza”.
L’unica voce rispettata in pieno? Le sanzioni per il codice della strada.
Le entrate delle multe, infatti, sono arrivate come previsto: 51 milioni di euro.
Nel dettaglio, a subire i maggiori disagi saranno alcuni istituti scolastici di Firenze per lo stralcio degli investimenti previsti per le scuole Bechi, Piero della Francesca e Dino Compagni.
Se la deliberà resterà così com’è, si apprende, verrà eliminata anche la manutenzione di una lunga serie di strade come via Massaia, viale Cadorna, via Senese, via della Colonna, via di Soffiano, Lungarno Acciaiuoli, via dell’Argingrosso, via Bolognese Vecchia, viale Nenni, Lungarno dei Pioppi, via Pratese, via Novelli, via delle Romite, via Baccio da Montelupo, via Mafalda, via del Gelsomino, via Vittorio Emanuele II, viale Guidoni, e via Campo d’Arrigo.
“E non sarà completata nemmeno la riqualificazione delle piazze Santo Spirito, Indipendenza e D’Azeglio” incalza il consigliere Sabatini.
Da segnalare, infine, “l’eliminazione dell’adeguamento alle norme anti-incendio per gli immobili storici” e la manutenzione straordinaria dei corsi d’acqua che, mancando i fondi, saranno lasciati “a secco”.
Sara Frangini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
IL 10% PAGA LA META’ DELL’IMPOSTA… I VALORI DI MERCATO PARI AL TRIPLO DELLE RENDITE CATASTALI…IL GETTITO DI 18 MILIARDI
Una tassa che pesa molto sulle abitazioni di maggior pregio, e molto poco su quelle più povere, che incide molto sui contribuenti più ricchi e soprattutto su quelli più anziani, più al Centro e al Nord rispetto al Mezzogiorno.
Un’imposta che funziona molto bene nella redistribuzione della ricchezza tra le varie fasce di reddito, ma anche tra generazioni.
Più progressiva della vecchia Ici, e anche meno cara, rispetto a quella, per una gran parte delle prime case.
Ma sperequata, perchè la base di calcolo restano le rendite catastali, ferme a vent’anni fa. Grazie alle quali, ad esempio, a Bari il peso relativo della nuova tassa sugli immobili è quasi il doppio che a Napoli
Stiamo parlando dell’Imu, l’Imposta municipale unica che si paga sugli immobili e sui terreni edificabili, ormai prossima a compiere il suo primo anniversario, e le analisi sull’effetto della sua prima applicazione arrivano direttamente dal dipartimento delle finanze del ministero dell’Economia, in uno studio preparato per il rapporto «Immobili in Italia 2012» che sarà presentato oggi alla Camera.
Secondo il rapporto le unità censite al catasto a fine 2010 superavano i 60 milioni di unità , un milione in più del 2009, ma se le rendite sono cresciute più velocemente, arrivando a 34,5 miliardi (+1 miliardo sul 2009), per allineare i valori del patrimonio abitativo a quelli reali del mercato resta ancora moltissima strada da fare.
A cominciare dalla revisione delle tariffe d’estimo, «non più coerenti con i valori di mercato – si legge nel documento delle Finanze – e la loro dinamica»
Gli ultimi dati elaborati dal ministero proiettano il gettito Imu del 2012, esclusi terreni e aree fabbricabili, a 18 miliardi di euro, dei quali 12,6 a carico delle persone fisiche: 3,3 miliardi dall’imposta sulle “prime case”, che ha colpito il 68% dei contribuenti, 14,7 da tutto il resto.
L’importo medio è di 761 euro, ma è molto più contenuto per l’abitazione principale, per la quale, in media, gli italiano avranno pagato a fine anno 206 euro.
La tassa, rivela lo studio, è molto “concentrata” sugli immobili di maggior pregio e sui contribuenti con i redditi più elevati.
Considerando solo le proprietà delle persone fisiche, il 10% delle unità con le rendite catastali più elevate paga il 44,7% dell’Imu complessiva, con un importo medio di 2.693 euro, mentre il 10% dei contribuenti i cui immobili sono caratterizzati dalle rendite più basse versa appena il 2,8% del totale.
Prendendo come parametro la ricchezza personale, e non il valore dell’abitazione, il discorso non cambia moltissimo.
Si scopre, infatti, che il 10% dei contribuenti con i redditi maggiori (tutti quelli che dichiarano oltre 55 mila euro annui lordi), pagano circa il 20% dell’Imu complessiva. Mentre il 50% dei redditi più bassi arriva al 10% dell’imposta complessiva. Il che, secondo il ministero, «evidenzia un effetto redistributivo» abbastanza rilevante.
La maggior parte dei contribuenti Imu si colloca nella fascia di reddito che va da 10 a 26 mila euro, e versa il 33,7% dell’imposta totale.
E con l’aumento della ricchezza cresce anche l’importo medio della tassa, che sale dai 301 euro pagati da chi dichiara meno di 10 mila euro, agli oltre 2 mila sborsati da chi denuncia più di 75 mila euro.
Lo studio del ministero evidenzia anche un fenomeno collegato, ma importante. Si scopre, infatti, che a pagare la quota maggiore dell’Imu sono i pensionati.
Coloro che hanno prevalentemente un reddito da pensione (il 39,8% dei contribuenti) pagano il 35,5% dell’Imu, a fronte del 25,6% versato dai lavoratori dipendenti (che sono il 41% dei contribuenti), il 13,3% degli autonomi, il 25,3% che attiene ai contribuenti che hanno prevalentemente redditi fondiari.
«La nuova Imu – si legge nel rapporto – concentrando il prelievo sui contribuenti più anziani redistribuisce in parte il reddito tra generazioni e favorisce i contribuenti più giovani, che raramente sono proprietari di un immobile».
Secondo il rapporto delle Finanze meno del 4% dei contribuenti Imu, infatti, ha meno di 31 anni di età .
Rispetto all’Ici che esisteva sulle prime case, in ogni caso, l’Imu ha un profilo più progressivo, colpisce cioè più duramente chi guadagna di più.
E in moltissimi casi la nuova imposta si rivela, grazie anche al gioco delle detrazioni, più leggera.
Fatti i calcoli con le aliquote standard (il 4 per mille per l’Imu, il 5 per l’Ici), e considerate le relative detrazioni, secondo il ministero dell’Economia la nuova Ici è più leggera, rispetto alla vecchia Ici, per tutte le unità immobiliari che hanno una rendita catastale inferiore ai 660 euro.
Che sono il 74% di tutte le abitazioni censite, e rappresentano il 50% in termini di rendita complessiva.
Resta il fatto che l’Imu, forse anche più dell’Ici, è una tassa iniqua: la base di calcolo sono le rendite e gli estimi fermi a vent’anni fa, e che da allora non registrano più l’evoluzione del mercato.
Creando situazioni paradossali.
A Bari il valore imponibile medio delle case, ai fini Imu, è abbastanza vicino a quello reale, che è comunque superiore di 1,68 volte.
A Milano il valore di mercato attuale è in media pari al doppio rispetto al “valore Imu”.
A Napoli e a Roma, però, i prezzi di mercato in alcune zone urbane sono ormai addirittura triplicati rispetto a quelli sui quali si calcola l’Imu.
Con punte anche superiori: a Napoli centro il valore reale supera di 3,5 volte quello ai fini Imu, mentre nella zona semicentrale il rapporto arriva a 3,31.
La sperequazione è evidente anche tra le aree di una stessa città .
A Milano il valore reale degli immobili in zona centrale è pari a 2,03 quello ai fini Imu, in zona suburbana scende all’1,67%.
Così a Roma e Napoli: chi abita in periferia, o anche nelle zone suburbane, paga una tassa molto più pesante, rapportata al valore reale degli immobili, rispetto a chi abita nelle zone più centrali, e spesso più eleganti, della città .
Mario Sensini
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
RIGUARDA I CONTRATTI A TERMINE: 43.500 NEGLI ENTI LOCALI, 33.000 NEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, 2.000 NELLA RICERCA, 4.000 TRA MINISTERI ED ENTI PUBBLICI VARI
Rischia di essere un Capodanno amaro quello in arrivo per i precari della Pubblica amministrazione.
Secondo le stime della Cgil e della Uil sono 80 mila i contratti a termine in scadenza entro il 31 dicembre del 2012 e al momento rinnovo e proroga sono soltanto ipotesi. Ieri la questione è stata discussa al ministero della Pubblica amministrazione nel corso di un incontro con i sindacati.
Il ministro Filippo Patroni Griffi non c’era, impegnato nella partita per il riordino delle Province.
Ma i dirigenti dell’amministrazione hanno messo sul tavolo i primi dati del monitoraggio avviato sul fenomeno.
Al primo giugno del 2012 i contratti a termine o di collaborazione in essere nel settore pubblico risultavano 5.700.
Ma è solo una fetta della torta, perchè considera solo i ministeri, e lascia fuori non solo Regioni e gli enti locali ma anche la sanità e la scuola che negli ultimi anni sulla flessibilità hanno fatto molto affidamento.
Da qui il contromonitoraggio della Cgil che conta gli 80 mila contratti in scadenza alla fine dell’anno: 43.500 tra Regioni ed enti locali, 32.931 nel Servizio sanitario nazionale, 2.120 negli enti pubblici non economici, 2 mila nella ricerca, 1.600 nei ministeri.
«C’è il bisogno urgente di una proroga» dice il segretario confederale della Cgil Nicola Nicolosi, con una richiesta che ieri sera è stata avanzata anche dal segretario generale Susanna Camusso al presidente del Consiglio Mario Monti nel corso dell’incontro sulla produttività .
La stessa proposta fatta dalla Uil con il segretario confederale Paolo Pirani che ricorda come un intervento del genere fosse previsto nell’intesa raggiunta a maggio tra i sindacati e il ministro Patroni Griffi.
La Cisl, con Gianni Baratta, si dice preoccupata per i «tempi stretti rimasti per trovare le migliori soluzioni». Mente l’Ugl fa un passo in più e con Fulvio Depolo chiede la stabilizzazione, cioè l’assunzione a tempo indeterminato, per chi ha contratti a termine da almeno tre anni.
Dall’incontro di ieri non sono arrivate risposte.
I dirigenti del ministero si sono concentrati sull’ipotesi di un accordo-quadro che riscriva le regole per il futuro e che potrebbe vietare i contratti a termine nella Pubblica amministrazione con l’eccezione della sanità e della ricerca, peraltro i settori dove sono più diffusi.
Dei contratti in scadenza se ne riparlerà la prossima settimana quando è in calendario un altro incontro.
Ci sono margini per una soluzione?
La strategia generale del governo, ormai chiara a tutti, è quella di una progressiva riduzione del peso della Pubblica amministrazione.
La spending review ha previsto anche il taglio della pianta organica, con la riduzione del 10% dei dipendenti e del 20% dei dirigenti, un’operazione che pochi giorni fa lo stesso Patroni Griffi ha quantificato in almeno 4 mila eccedenze da gestire con pensionamenti, prepensionamenti e mobilità .
Possibile che in un contesto del genere arrivi un segnale di tendenza opposta, con la proroga di quei contratti a termine che spesso tengono in piedi la macchina pubblica e i servizi che deve erogare?
«Soluzioni miracolistiche non ne abbiamo», aveva detto poche settimane fa lo stesso ministro della Pubblica amministrazione.
Aggiungendo però che «vista la delicatezza del tema, anche dal punto di vista sociale, è doveroso cercare delle risposte».
ll problema è trovare anche i soldi.
Ma con la campagna elettorale alle porte, il mondo della scuola in piazza, una soluzione o almeno un segnale potrebbe arrivare.
Lorenzo Salvia
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
QUANTO AI PARI DIRITTI, SUPERANO L’ITALIA ANCHE KENIA E BRASILE… PER ANNULLARE LE DIFFERENZE DI STIPENDIO LE DONNE DEVONO IMPARARE A “TRATTARE”
«Essere donna in Italia è motivo di differenziazione, è un ostacolo oggettivo», dice il ministro Elsa Fornero agli italiani durante la trasmissione «Porta a Porta”.
E la conferma è in tutte le cifre pubblicate.
Le ultime arrivano dai dati Inps presenti in un’analisi del coordinatore generale statistico attuariale dell’istituto, Antonietta Mundo.
Nel 2011 la retribuzione media annua lorda dei dipendenti privati (esclusa l’agricoltura) è stata di 21.678 euro per le donne contro i 30.246 euro degli uomini. Quasi un terzo in meno, lo svantaggio è del 28,3%, come è stato sottolineato durante il convegno sulle «Donne al lavoro» promosso dal Centro studi Progetto Donna, in collaborazione con Abbott e il patrocinio del ministro del Lavoro e delle politiche sociali con delega alle Pari opportunità .
Non è l’unico dato inquietante.
Secondo il Global Gender Gap 2012 del World Economic Forum pubblicato un mese fa, le donne italiane si piazzano all’ottantesimo posto su 135 Paesi, vivendo peggio persino delle donne del Ghana e del Bangladesh e perdendo 6 posizioni rispetto al 2011, quando erano al 74mo posto.
Il declino italiano è cronico: dal 67esimo posto del 2008, al 72esimo del 2009, con una lieve ripresa nei due anni successivi: nel 2010 e 2011 si è classificato 74esimo.
Il risultato è ancora più drammatico se andiamo a considerare la partecipazione economica e le opportunità presenti: il nostro Paese è al 101mo posto con donne penalizzate nella carriera oltre che con salari più bassi rispetto ai colleghi.
Tra i Paesi industrializzati solo Giappone e Malta ottengono risultati peggiori.
Per quel che riguarda gli uguali diritti uomo-donna superano l’Italia Paesi come Kenya, Brasile, Colombia e Vietnam.
Il primato spetta al Nord Europa, in particolare all’Islanda, che ottiene la prima posizione in quanto a pari opportunità , seguita da Finlandia, Norvegia, Svezia.
Ma non va per nulla bene anche da un punto di vista di rappresentanza politica. Il rapporto sottolinea la limitata presenza di donne all’interno del governo, ad esempio.
Il divario è particolarmente forte per quel che riguarda i salari di lavori uguali ma affidati a uomini e donne: l’Italia si piazza 126esima.
Come ricorda ancora Antonietta Mundo citando dati Inps, solo un terzo della popolazione femminile fa parte della forza lavoro mentre fra gli uomini è la metà a farne parte. Un unico dato positivo riguarda l’incremento tendenziale dello 0,4% dell’occupazione femminile accompagnato da un leggero calo dell’occupazione maschile.
Ma – ricorda l’esperta – «l’82% dei lavoratori a tempo parziale è rappresentato da donne».
I lavori delle donne sono i meno importanti, quasi tutti in posizioni basse e intermedie.
Le donne sono il 57% degli impiegati e i vertici in gran parte sono occupati da uomini.
Tra i dirigenti e professionisti dove non sono previsti avanzamenti di qualifica sono assunti soprattutto uomini mentre le donne si fermano al 40%.
Una tendenza che però sembra lentamente invertirsi.
Nei tre anni che vanno dal 2009 al 2011 c’è stata una crescita delle donne quadro dell’8,3% e delle donne dirigenti del 4.4%.
Aumentano anche le operaie del 3,1% al contrario di quanto accade per gli uomini.
Le differenze riguardano anche le pensioni.
Le donne rappresentano il 47% dei pensionati eppure percepiscono il 34% dell’importo complessivo.
Una pensionata su tre prende meno di mille euro al mese. E, in generale, nel pubblico la pensione media per le donne è di 18.400 euro lordi un terzo in meno degli uomini che sono su una media di 26.900 euro.
L’80% delle pensioni integrate al minimo sono erogate alle donne. Una donna su due ha meno di 20 anni di contribuzione nel settore privato.
Nel pubblico, invece, il 40% delle donne hanno più di 30 anni di anzianità contributiva.
Flavia Amabile
(da “la Repubblica”)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO UNO STUDIO DELLA COLDIRETTI, IL BUDGET DI SPESA DEGLI ITALIANI SCENDE A 263 EURO A TESTA… AUMENTA IL RISCHIO CONTRAFFAZIONE
La crisi economica taglia i budget di spesa degli italiani per i regali di Natale del 9 per cento e l’esigenza di risparmiare aumenta il rischio contraffazione per i prodotti più gettonati sotto l’albero, dalla moda ai giocattoli, dalle nuove tecnologie agli alimenti. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dell’indagine «Xmas Survey 2012» di Deloitte, in occasione della sesta edizione del premio, organizzato dall’Unione Nazionale Consumatori, «Vincenzo Dona, voce dei consumatori» che è stato consegnato al presidente della Coldiretti Sergio Marini.
Per le feste di fine anno le famiglie italiane – sottolinea la Coldiretti – spenderanno per regali in media 263,6 euro, con un calo del 9 per cento rispetto allo scorso anno.
Il 39 per cento della spesa – precisa la Coldiretti – è destinato ai più piccoli tra i quali prevalgono i giocattoli e le nuove tecnologie, mentre tra i più grandi abbigliamento ed accessori la fanno da padroni, anche se in calo rispetto allo scorso natale.
Si tratta di oggetti a forte rischio contraffazione – sottolinea Coldiretti che rileva peraltro, attraverso un sondaggio sul suo sito, come gli italiani si dicano nel 52 per cento dei casi disponibili ad acquistare prodotti contraffatti, con una netta preferenza per i capi di abbigliamento e gli accessori taroccati delle grandi firme moda (29 per cento).
Nel caso degli alimentari, a differenza degli altri prodotti – conclude Coldiretti – più spesso la vendita di prodotti taroccati avviene all’insaputa dell’acquirente ed è per questo ancora più grave .
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
ALBERTINI ORA SPERA NELL’APPOGGIO DI MONTEZEMOLO
Pierferdinando Casini non ha dubbi: il candidato ideale per la Regione Lombardia si chiama Umberto Ambrosoli.
Il problema è che un pezzo del suo partito milanese e lombardo continua ad opporre resistenza, lasciando intravedere il rischio che l’Udc si presenti diviso alle prossime elezioni.
In effetti i dirigenti locali hanno più volte puntualizzato di non aver ancora definito una posizione per le prossime elezioni regionali e hanno salomonicamente aggiunto di guardare con attenzione «sia alla candidatura di Umberto Ambrosoli che a quella di Gabriele Albertini».
Il segretario cittadino Pasquale Salvatore, pochi giorni fa, aveva spiegato che «se l’aut aut di Albertini si traducesse in un fatto concreto, meriterebbe una riflessione in quanto elemento di rottura rispetto ad uno schema di governo regionale Pdl-Lega che ha visto l’Udc all’opposizione».
Per contro, dal consiglio regionale si era già levata la voce del consigliere Enrico Marcora a favore di Ambrosoli, «perchè è un autentico rappresentante civico, non avendo tessere di partito in tasca ed è personalità coerente con le posizioni portate avanti dall’Udc».
Così come anche Savino Pezzotta aveva dato il via libera a questa candidatura.
Se l’Udc dovesse, nel suo complesso o in parte, far mancare il sostegno ad Albertini, andrebbe a ridursi ulteriormente l’area di consenso moderato intorno alla quale l’ex sindaco sta cercando di costruire il proprio progetto politico.
In compenso, potrebbe essere decisivo l’atteso endorsement di Luca Cordero di Montezemolo: se Italia Futura si schierasse con Albertini, trascinerebbe sicuramente Fli e Api e potrebbe cercare di recuperare l’appoggio di Fermare il Declino di Oscar Giannino, che aveva posto come condizione la totale presa di distanze dal Pdl. Conferma il senatore Giuseppe Valditara, leader di Fli in Lombardia: «Il fatto che ieri Albertini abbia dichiarato di essere pronto a correre senza il Pdl ma con l’appoggio della società civile è estremamente positivo perchè ha definitivamente chiarito la natura civica della sua operazione».
Ma Albertini manda segnali diversi tra loro.
Ancora ieri, dopo aver confermato l’intenzione di andare avanti, «con o senza il Pdl», ha aggiunto ai microfoni del Tgr Lombardia: «Gradirei ci fosse l’appoggio di un partito importante, che in fondo è lo stesso partito con cui in Europa siamo insieme agli altri dell’area centrista».
Ma gran parte del Pdl ha maturato una serie di dubbi su questa candidatura, chiedendo almeno le primarie di coalizione che l’ex sindaco ha già escluso proponendo in alternativa un congresso.
Il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà , insiste sulla necessità di «partire dalla qualità delle persone».
Maroni? «Sicuramente potrebbe essere un ottimo candidato, ma anche il Pdl potrebbe fare proprie proposte».
Le primarie? «Solo se sono di coalizione. Contarci fra noi non ha senso. Spero sia chiaro a tutti che correndo divisi perderemmo il governo della Lombardia: la Sicilia insegna».
Elisabetta Soglio
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 23rd, 2012 Riccardo Fucile
TRA I 1.600 EMENDAMENTI AL DECRETO SVILUPPO SPUNTA LA PROPOSTA DI MODIFICA PER RICORRERE CONTRO LE PRONUNCE DELLA CASSAZIONE: SEMBRA FATTA APPOSTA PER IL LODO MONDADORI
In caso di violazione del diritto comunitario si potrà presentare ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione.
Sia in caso di giudizio civile che penale.
Lo propone un emendamento del Pdl, tra i 1600 presentati al decreto Sviluppo ora all’esame della commissione Industria del Senato.
La norma, contestata duramente dal Pd, avrà effetti anche sulle sentenze passate in giudicato nei due anni antecedenti all’entrata in vigore della legge.
E si avranno 180 giorni di tempo da questa data per presentare ricorso. Il pensiero corre veloce alla sentenza sul Lodo Mondadori, che arriverà tra poco in Cassazione.
Alcuni senatori del Pdl, nel presentare gli effetti dell’emendamento, avevano spiegato che avrebbe potuto contribuire a sciogliere il nodo della “responsabilità civile dei magistrati” perchè i cittadini “invece di andare in giro in Europa a chiedere giustizia di sentenze italiane e poi rifarsi sul singolo magistrato, potrebbero appellarsi alle Sezioni Unite della Suprema Corte”. Ma non è certo questa, secondo il Pd, la “vera ratio della norma”.
“Scritta così — sottolinea il capogruppo Pd in commissione Giustizia del Senato Silvia Della Monica — interverrebbe sulle sentenze già passate in giudicato. E questo potrebbe avere effetti anche sulla legge per le incandidabilità che sta mettendo a punto il governo”.
Molti procedimenti conclusi con sentenze definitive, infatti, si potrebbero riaprire “con la scusa della violazione del diritto comunitario” (che ormai potrebbe venire esteso “a dismisura”), incalza anche l’altro capogruppo Pd in commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti, e rimettere in discussione “molte sentenze di condanna che riguardano i parlamentari” che nel frattempo tornerebbero candidabili fino alla conclusione del giudizio davanti alle Sezioni Unite della Cassazione: un “passaggio” questo che il Pd ha già ribattezzato come “il quarto grado di giudizio”.
Uno dei firmatari dell’emendamento, Carlo Sarro (Pdl) difende la norma: “Prima di tutto non è un quarto grado di giudizio — precisa — ma un nuovo caso di revocazione: istituto già previsto nel nostro ordinamento”. “Noi semplicemente lo estendiamo alla violazione del diritto comunitario — sottolinea — capisco che voi ora farete delle dietrologie, ma si tratta solo di una norma utile ai cittadini e che non interessa per nulla vicende che riguardano Berlusconi…”.
Di parere opposto il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro che definisce la norma “gravissima”.
Stupisce, dice, “la perseveranza di qualcuno nel voler in tutti i modi smantellare il sistema giudiziario italiano attraverso meccanismi che ne rallentino o inceppino l’iter”, commenta.
“Se questo emendamento passasse — insiste la Ferranti — si bloccherebbe il sistema giustizia. Per attendere condanne definitive bisognerebbe aspettare un fantomatico quarto grado di giudizio che, per quanto riguarda la violazione del diritto comunitario, risulta una sostanziale duplicazione del terzo”.
E’ paradossale poi “che questo venga proposto da chi dice di difendere la ragionevole durata del processo”.
Inoltre, afferma con forza la parlamentare, si snaturerebbe il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione “che si troverebbe a ‘giudicarè se stessa”. Il governo, è l’appello del Pd, “prenda le distanze da una norma che è chiaramente contraria alla Costituzione”.
E infatti, il sottosegretario alla Giustizia Salvatore Mazzamuto avverte subito di aver dato parere contrario all’emendamento che porta, oltre a quella di Sarro, anche le firme del capogruppo Pdl in commissione Giustizia Franco Mugnai, Giuseppe Valentino, Mariano Delogu, Alberto Balboni.
“I firmatari — avverte Mazzamuto — hanno preannunciato una riformulazione quindi è accantonato”.
L’emendamento del Pdl? “Non l’ho ancora letto..”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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