Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
“NON SONO PENTITO PER QUELLO CHE SCRITTO”… “BASTA CON I CANDIDATI DI PLASTICA”… SIAMO ORMAI IN PREDA AD UNA CRISI DI ESIBIZIONISMO
Altro che fare un passo indietro.
Andrea Di Pietro, il 31enne consigliere comunale del Pdl di Vigevano che ha scatenato una bufera in rete con il suo tweet omofobo su Nichi Vendola «viscido quanto la vaselina che usa», non solo non si dimette, come ha invocato tra gli altri l’Arcigay, ma rilancia.
Oggi ha annunciato la sua candidatura nientemeno che alle primarie nazionali del Pdl, proprio mentre dal segretario provinciale del partito, l’onorevole Carlo Nola, gli arrivava una sonora tirata d’orecchie, con l’invito a rispettare gli avversari politici.
A dare la notizia della «discesa in campo» del giovane esponente vigevanese vicino alle posizioni dell’ex An è stato, nel pomeriggio, un comunicato diffuso anche stavolta in rete.
E poichè c’era il rischio che il messaggio non fosse autentico ma una burla orchestrata da qualcuno, una provocazione, o magari venisse bollato dal suo autore ancora una volta come «una battuta», come ieri di fronte alle polemiche seguite al suo primo tweet, s’imponeva una verifica con il diretto interessato.
Che, al telefono, ha confermato tutto: l’idea gli è venuta assistendo al clamore e alle polemiche suscitate in tutta Italia dalla sua uscita contro Vendola, reazioni in seguito alle quali ha deciso di provarci.
«Le decisione è maturata di conseguenza», dice.
Sta già pensando a come raccogliere le 10 mila firme necessarie.
Dunque Di Pietro – inteso ovviamente come Andrea da Vigevano, e non Antonio – sfiderà Angelino Alfano, Daniela Santanchè, Giancarlo Galan, Guido Crosetto, il sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, l’avvocato-banchiere di Modena Gianpiero Samorì e chissà chi altri deciderà di presentarsi alla competizione per designare il nuovo leader del centrodestra italiano.
«La mia candidatura – sottolinea Andrea Di Pietro – vuole puntare ad affrontare i problemi seri e reali del Paese, e non guarda al finto buonismo tipico della cultura radical chic che ha affossato l’Italia. Si pensa solo a render visibili candidati di plastica”.
Non sappiamo quanto aspetti ancora il Pdl a cacciare questo soggetto che sembra in preda a convulsioni esibizioniste.
La prossima mossa potrebbe essere quella di aprirsi l’impermeabile ai giardinetti: sarebbe la volta che con un TSO ce ne liberiamo.
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
DIVISI SULLA DATA, UNITI CONTRO UN MONTI BIS… MINACCE DI CRISI DI GOVERNO, INTERVENGONO I POMPIERI
Divisi su tutto il resto ma uniti contro l’ipotesi di un Monti-bis su cui non scommetterebbero «neanche un centesimo».
Sul palco dell’assemblea della Cna, un insolito asse tra Angelino Alfano e Pierluigi Bersani dopo il botta e risposta sulla data dell’Election Day.
«Non scommetterei che avremo questa stessa maggioranza tra sei mesi», ha spiegato il leader del centrodestra, ricordando che «quello di Monti è un Governo che è arrivato in una condizione di eccezionalità ».
Per il numero uno dell’Udc, invece, «in politica come nella vita non bisogna mai dire mai: invito tutti alla cautela» ha spiegato, caldeggiando l’idea di un voto anticipato per non andare incontro a cinque mesi di campagna elettorale, che si rivelerebbe uno svantaggio per qualsiasi coalizione.
All’indomani dell’ultimatum dell’asse Pdl-Udc-Fli di «anticipare le politiche o posticipare le regionali», questa mattina il segretario del Partito Democratico ha ripetuto ancora una volta che «la crisi di governo va evitata e comunque prima di parlare di voto anticipato bisogna fare la riforma della legge elettorale».
Al centro della polemica l’indicazione arrivata ieri dal ministero dell’Interno circa i due giorni possibili – il 10 e 11 febbraio prossimi – per le consultazioni in Lombardia, Lazio e Molise.
Dopo le indiscrezioni dei mass media secondo cui il centrodestra starebbe ragionando sulla possibilità di «staccare la spina» al governo, il leader Democratico è fermo nel ribadire che «la posizione del mio partito è chiara da mesi», ma cerca anche l’intesa: «Vedo di là un’intenzione confusa, noi siamo pronti a ragionare e abbiamo posto come tema di riferimento la governabilità , non un tema del Pd».
Tornando alle elezioni Bersani ha osservato ancora: «Esistono norme e leggi: le Regioni devono andare a votare, inutile girarci intorno. Mi si parla di risparmi: lo sappiamo che il Lazio sta perdendo 650 milioni di fondi europei?»
Il segretario ha poi trovato una sponda anche nel leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro. «Ha ragione Bersani: bisogna andare alle elezioni regionali al più presto e, quindi, chiediamo al governo di rispettare le decisioni della magistratura che, come nei casi del Lazio e del Molise, ha disposto l’immediata esecutorietà delle sentenze. Ci auguriamo che, a partire proprio dalle prossime elezioni regionali del Lazio, della Lombardia e del Molise, si possa rilanciare la coalizione programmatica di un centrosinistra unito, in grado di superare le politiche ragionieristiche di Monti».
E un invito alla mediazione è arrivato anche dal Presidente del Senato Renato Schifani, che si è detto «fiducioso sul fatto che si possa trovare una soluzione che accontenti tutti».
Arrivando all’assemblea della Cna il numero due dello Stato ha parlato a una soluzione che «consenta al nostro Paese di non vivere momenti di tensione come quelli che stiamo vivendo in questo momento».
Anche Alfano resta fermo sulle sue posizioni.
«La crisi di governo? Molto dipende da Bersani e la mediazione non spetta a noi ma all’esecutivo».
Il Pdl aspetterà dunque il Cdm di domani prima di valutare la prossima mossa, ha annunciato il segretario, puntando il dito contro «la tassa che Bersani vuole imporre al Paese», riferendosi alla spesa di 100 milioni di euro che comporta la scelta di non tenere insieme le regionali e le politiche.
(da “La Stampa“)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
SCONFESSATO DALLA BASE EMILIANA CHE HA CONFERMATO LA FIDUCIA AI DUE DISSIDENTI, BEPPE TORNA “COMICO” E CRITICA LE ASSEMBLEE CHE PRIMA ERANO “UN’ARMA DI DEMOCRAZIA DIRETTA”
«I giornalisti insistono con la fiducia a questo o a quell’altro esponente del M5S data con l’applausometro o con il voto per alzata di mano di poche decine di persone la cui iscrizione al M5S non viene certificata formalmente. I ragazzi del M5S da sempre si riuniscono per discutere con i loro portavoce, ma la fiducia va gestita in modo formale. Non siamo all’asilo Mariuccia, cari pennivendoli».
È il post apparso sul blog di Beppe Grillo, chiaramente un riferimento alle due verifiche semestrali che si sono tenute ieri sera in Emilia-Romagna.
La prima, quella dei consiglieri comunali di Bologna, che non prevedeva votazioni, è stata una “vittoria” di Federica Salsi, criticata duramente dal leader del Movimento per la sua apparizione in tv a “Ballarò”.
Sempre ieri a Ferrara sono stati “promossi”, attraverso una votazione, anche i consiglieri regionali Andrea Defranceschi e Giovanni Favia che rimettono ogni sei mesi il proprio mandato.
E in conclusione del post, è stato aggiunto il punto del vademecum “Grillo for dummies” pubblicato nei giorni scorsi, relativo proprio a questo punto: «R come Remissione del mandato: il consigliere, il sindaco o il parlamentare non ha alcun obbligo di rimettere il mandato periodicamente (ad esempio ogni sei mesi). Nel caso questo avvenisse deve essere preceduto da un’informazione pubblica e dettagliata del suo operato sul portale del M5S con una votazione estesa a tutti gli iscritti del Comune e della Regione di rifermento, o dell’intero corpo elettorale in caso del Parlamento».
Una linea “comica”: prima si doveva confermare loro la fiducia ogni sei mesi, ora che la comnfermerebbero ai dissidenti meglio non fare riunioni altrimenti Grillo rimedia una brutta figura.
E’ questa la democrazia, bambole.
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
PER IL VIMINALE SI SAREBBE TRATTATO DI UNA PROVA GENERALE PER AZIONI ANCORA PIU’ VIOLENTE
La guerra dei filmati scoppia in serata quando comincia a montare la polemica sugli episodi di guerriglia che hanno segnato questa giornata di protesta nelle città italiane. Televisioni e siti internet trasmettono i video girati durante le manifestazioni, mostrano studenti trascinati via dal corteo, buttati per terra, presi a manganellate dagli agenti, alcuni in borghese e con il casco in testa.
Al Viminale c’è grande preoccupazione, l’immagine della polizia può subire un altro durissimo colpo.
Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri è ad Algeri per un incontro bilaterale. Rimane in contatto costante con il prefetto Antonio Manganelli che la aggiorna sulla situazione.
E alla fine si decide di far partire la “controinformazione” con la trasmissione delle immagini girate «dalle forze dell’ordine» per «far vedere i giovani armati di bastoni e scudi che si sono chiusi “a testuggine” e hanno attaccato la polizia e i carabinieri».
I responsabili degli apparati di sicurezza sono convinti che quella di ieri sia stata soltanto una prova generale.
Altri cortei saranno organizzati nelle prossime settimane, nuove manifestazioni per esprimere un disagio che sempre più spesso si trasforma in violenza.
Perchè è questo il punto cruciale evidenziato dagli analisti: il malcontento che viene sfruttato da chi vuole fomentare il clima e far prevalere il dissenso da esprimere in maniera forte e aggressiva.
La rabbia di chi protesta si confonde allora con quella degli agenti, costretti a turni massacranti per cercare di far filare tutto liscio.
«Chi ha sbagliato sarà punito», fanno sapere in serata dal Dipartimento di pubblica sicurezza.
Ma poi sottolineano come «l’impegno delle forze dell’ordine abbia scongiurato pericoli ben più seri e conseguenze ben più gravi».
Una posizione che il ministro Cancellieri fa propria quando, di ritorno da Algeri, emette un comunicato per «esprimere la più ferma condanna per i gravi episodi di violenza e manifestare vicinanza e solidarietà agli operatori di polizia rimasti feriti nel corso degli incidenti» e «apprezzamento al prefetto Manganelli per l’operato delle forze di polizia».
Ci sono vari fronti sindacali aperti, molte aree del Paese in fermento.
Gli studenti si mescolano con i professori e gli operai in serpentoni che sembrano avere più anime, ma l’unico obiettivo di mostrarsi uniti nella protesta contro il governo e misure economiche giudicate troppo pesanti, soprattutto dalle fasce più deboli.
Una compattezza che evidentemente preoccupa i responsabili della sicurezza e li spinge, talvolta, a reagire in maniera più pesante di come era accaduto in passato.
Il dispositivo di sicurezza utilizzato ieri a Roma per cercare di evitare che i manifestanti si avvicinassero ai palazzi del potere e delle istituzioni è stato molto più “stretto” che durante i precedenti cortei organizzati nella capitale.
E più repressivo.
Non sembra affatto causale che i manifestanti siano stati dirottati verso Lungotevere in modo da evitare che “occupassero” le piazze, come era accaduto il 15 ottobre dello scorso anno con gli “Indignati” a San Giovanni.
Un canovaccio seguito pure in altre città , soprattutto al nord.
La scelta di affidare agli investigatori della Scientifica il compito di filmare ogni “intervento” per «documentare la situazione prima di ogni “carica”», fa ben comprendere quale sia il clima che si respira.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
ALFANO ALL’ANGOLO, NEL PARTITO CRESCONO LE FUGHE
Rullano i tamburi elettorali e il Pdl precipita nel caos.
Primarie impallinate dallo spettro della crisi politica, una decina di deputati in fuga verso il centro, Berlusconi che scalda i motori e nuovi “barbari” alla Samorì intenti a scalare il partito.
Con il Cavaliere pronto a staccare la spina al governo e a innescare il voto anticipato, le consultazioni interne sognate da Angelino Alfano rischiano di naufragare prima di salpare.
L’ex premier è apparso «motivatissimo» sulle ragioni di un’eventuale crisi e pronto a giocare la partita comunque in prima persona, durante il “gabinetto di guerra” a Palazzo Grazioli con Verdini, Letta e lo stesso Alfano.
Tutto è in bilico, al punto da aver indotto Berlusconi a rinunciare all’invito di Vespa per domani sera.
E in queste stesse ore, sui capannelli pidiellini in Transatlantico è tornato ad aleggiare con insistenza il fattore “M”, destinato a destabilizzare ancor più il quartier generale di via dell’Umiltà .
Il tam-tam rimbalza da giorni, non a caso dopo l’ultimo fine settimana. «Ci vorrebbe un Berlusconi del ’94», ha spiazzato tutti il capo durante l’ultimo Ufficio di presidenza.
A tutti è stato chiaro come il leader pensi a se stesso, in prima battuta, per un ritorno in grande stile.
Soprattutto se il 25 novembre a vincere le primarie del Pd dovesse essere Bersani e non Renzi. Ma nel chiuso di Arcore – e lo scorso week end nella stretta cerchia volata in Kenya – è un’altra la pista presa in seria considerazione.
E porterebbe appunto alla casella “M”, come la figlia Marina.
Se il “titolare” rinunciasse, sarebbe lei il «dinosauro» promesso qualche giorno fa come arma finale.
Pur sempre un «Berlusconi in stile ’94» sognato dal patriarca. «Ma se la convincessi a fare questo enorme sacrificio, sarebbe per qualcosa di totalmente nuovo e rivoluzionario, niente a che fare con il Pdl» sostiene il Cavaliere coi pochi con cui ha sondato il progetto.
Una sorta di “piano B”, già tracciato nelle coordinate di massima. E che prevede l’eventuale lancio in gennaio (salvo elezioni anticipate), proprio come avvenne 17 anni fa, a ridosso della campagna.
Un battage imponente affidato alla macchina da guerra di Publitalia nelle 20 regioni. E infine liste e nomi in squadra mai visti e sentiti prima, stuoli di imprenditori e manager.
Gli stessi che Silvio Berlusconi ha incontrato a Villa Gernetto e ad Arcore in questi ultimi mesi, costruendo una rete pronta all’uso. In fondo un replay, per modalità e anonima «freschezza» dei protagonisti, di quanto accaduto nel 1994. E anche il nome evocherebbe il “miracolo” di Forza Italia di allora.
Con Berlusconi padre «nobile» che correrebbe da capolista al Senato. Il «sondaggio» molto interno alla famiglia e ai vertici dell’impero mediatico è in corso. La presidentessa Fininvest e della Mondadori è volata a Malindi dal padre nel fine settimana. Per parlare di affari, per lo più. Ma in quell’occasione, raccontano, il pressing di Berlusconi senior si sarebbe fatto più serrato.
Ma le resistenze sono parecchie. I sodali più ascoltati osteggiano l’operazione.
A cominciare da Fedele Confalonieri. E così, dicono, anche Dell’Utri e soprattutto Gianni Letta.
Il presidente Mediaset, come sempre, per ragioni molto spicce e concrete.
I conti del gruppo navigano in pessime acque e la figura di Marina sarebbe strategica per condurre in porto la delicata partita aperta con i fondi sovrani del Qatar per immettere denaro fresco nei bilanci che arrancano.
Ed è probabile che alla fine questo argomento sia ancora una volta decisivo anche nella strategia politica del padre.
Certo è che la prospettiva di una successione familiare ha contribuito in queste ore a far lievitare ancor più la tensione nei gruppi parlamentari. Dove per altro tanti sono già in uscita.
«Daremo vita a un gruppo nel Misto la prossima settimana, dopo aver ascoltato Montezemolo sabato» spiega Giorgio Stracquadanio, tra gli sponsor dell’operazione fuga per la sopravvivenza con la Bertolini, Tortoli e altri.
Obiettivo, gruppo autonomo di 20 nei prossimi giorni, quando altri colleghi li dovrebbero raggiungere «per sostenere le ragioni di un Monti dopo Monti» ragiona l’ormai ex berlusconiano. Alfano è concentrato ancora sulle primarie, ma consapevole che le chance di tenerle si sono ridotte.
Con sommo sconforto anche della Santanchè, che a questo punto si era immedesimata nel ruolo della sfidante, come aveva avuto modo di dire a Berlusconi nell’ora di colloquio a Grazioli.
Anche la Meloni starebbe sciogliendo la riserva per candidarsi. «Ma io vi avevo avvertito che le primarie non si sarebbero dovute tenere, inutili e dannose» continua a ripetere il Cav agli interlocutori.
Chi non si ferma più ormai è l’imprenditore modenese a lui vicino Gianpiero Samorì. Primarie o no, sabato e domenica a Chianciano terrà la convention dei “Moderati in rivoluzione”, quasi 4 mila sarebbero gli accreditati del volto nuovo che intanto stasera sbarca nel salotto di Porta a Porta.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
“CHIARO ATTACCO DEL QUIRINALE CONTRO DI NOI, SE CEDIAMO CI ASFALTANO”… MONTI ORA MEDIA, MA SUL VOTO DECIDE NAPOLITANO
«Questa volta è una questione di vita o di morte. Se accettiamo questa situazione, il centrodestra scomparirà . Possiamo staccare la spina a Monti già la prossima settimana se non cambiano idea».
In questo anno di governo tecnico, Silvio Berlusconi ha minacciato la crisi di governo almeno una decina di volte.
Si trattava sempre di una pistola scarica. E Palazzo Chigi si è comportato di conseguenza. Ma questa volta è diverso.
«Questa volta è una questione di vita o di morte». È uno scontro che sta mettendo a rischio l’esistenza stessa dell’esecutivo («Non sappiamo – si è confidato un ministro – se domani ci saremo ancora»).
Dinanzi al quale Monti tenta la mediazione con una soluzione condivisa.
Il governo contatterà oggi i leader delle forze politiche per un primo sondaggio.
Il centrodestra del resto considera la scelta del Viminale di indire a febbraio il voto nelle tre regioni (che rappresentano un quarto degli elettori) e ad aprile quello per le politiche come «una vera e propria provocazione».
Al punto che ieri mattina il Cavaliere ha convocato una sorta di «gabinetto di guerra» a Palazzo Grazioli.
Davanti a un allibito e depresso Angelino Alfano e a un sorpreso Denis Verdini, l’ex premier ha esposto con una certa crudezza il suo pensiero. «Se non si fa l’election day, ci asfaltano. Noi perdiamo sia la Lombardia che il Lazio. E l’effetto trascinamento ad aprile ci annienterà . Allora è meglio staccare la spina, fare la crisi di governo. Per noi è un’occasione: prendiamo le distanze da Monti, facciamo la campagna elettorale contro di lui e si vota a febbraio».
Una pausa. Un sorriso forzato da parte del segretario del Pdl.
E poi Berlusconi ha proseguito rivolgendosi al suo «ex delfino»: «In questo modo ci liberiamo anche di questa… cantonata delle primarie».
Facendo un’ulteriore accenno al suo futuro. In un clima di battaglia il candidato premier sarà ancora lui: Silvio Berlusconi. Pronto a sfidare Bersani e lo stesso presidente del consiglio.
Con una campagna tutta «anti-tasse» e «anti-Ue».
A quel punto è scattato l’allarme rosso. Nel Pdl e soprattutto nel governo e al Quirinale. Perchè le parole più pesanti sono indirizzate al premier e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Molti dei berlusconiani temevano in un primo momento che la scelta della Cancellieri fosse stata comunicata ai soliti «ambasciatori». Gianni Letta, però ha smentito: «Nessuno mi detto niente».
Una sola telefonata è arrivata dal centralino di Palazzo Chigi ad Alfano mentre registrava la puntata di Porta a porta. Nessuna comunicazione.
«È un chiaro attacco del capo dello Stato contro di noi», è allora sbottato Berlusconi. Che ha anche saputo di un vertice svoltosi martedì sul Colle tra Napolitano, Monti e il ministro dell’Interno.
A quel punto è toccato a Letta trasmettere due messaggi chiari al Quirinale e al Professore: «O venerdì il consiglio dei ministri si corregge sull’election day, o il Pdl ritira il sostegno al governo».
Il premier viene avvertito durante la sua visita in Algeria. I contatti con i ministri, i partiti della «strana maggioranza» e il presidente della Repubblica diventano roventi. Secondo il Professore, in assenza di nuovi elementi «non si può fare niente».
Ma i «nuovi elementi» vanno valutati con il presidente della Repubblica. E tra questi può figurare anche un cambio di rotta da parte del consiglio di Stato sul voto laziale e, appunto, le elezioni anticipate. Perchè è ormai di questo che tutti discutono.
La possibilità che l’election day ci sia, ma a febbraio.
Per il presidente del consiglio, però, ogni inversione di rotta deve essere determinata da fattori che al momento non rientrano nelle sue prerogative. Semmai in quelle della maggioranza parlamentare o del Quirinale. Rivedere la data del 10 febbraio diventa dunque un’ipotesi di lavoro.
«Anche perchè – è il suo monito – non si può rischiare di fare saltare la legge di Stabilità ». «Farla saltare – è invece la posizione del Cavaliere – può essere una buona cosa. Per noi e i nostri elettori».
Ma sul voto anticipato, la linea del Colle appare, per il momento, senza cedimenti. «Non ricorrono nè le motivazioni, nè le condizioni per interrompere la legislatura».
O meglio: fino a quando non è stata approvata la legge di Stabilità e la riforma elettorale, non se ne parla. Eppure il pressing dei partiti è pesantissimo.
Nessuno ormai esclude di sciogliere un po’ prima le Camere. Lo dicono apertamente Casini e Fini che vedono nel voto a febbraio un modo per continuare a essere centrali nel campo dei moderati e per frenare l’avanzata di Grillo.
Ma riservatamente anche Pierluigi Bersani non chiude. Tornare alle urne con il «Porcellum» è una tentazione per il Pd.
Soprattutto – è il ragionamento del segretario democratico – se si riversa sul solo Pdl la responsabilità di una crisi di governo. E di non approvare la delicata legge di Stabilità che provocherebbe probabilmente più di uno scossone sui mercati finanziari e alla quotazione dei nostri titoli di Stato.
In molti, allora, sono pronti a lanciare un messaggio al Colle: comprendiamo la posizione di Napolitano che non vuole indicare al termine del suo mandato chi dovrà guidare da presidente del consiglio l’intera prossima legislatura.
Ma non si può far determinare ogni decisione da questo orientamento. Senza contare che il Pdl a questo proposito è persino più aspro. «Si dimetta qualche giorno prima che finisca il suo mandato ed è tutto risolto», è esploso ancora Berlusconi davanti a Verdini.
Sta di fatto che il centrodestra pretende risposte entro 48 ore.
Senza le quali la strada della crisi di governo sarebbe spalancata. E Monti ha già fatto sapere che non intende proseguire il suo mandato senza i voti berlusconiani.
Semmai ci potrebbero essere delle soluzioni intermedie, a cominciare da una data «intermedia» per un election day «totale»: a fine febbario o inizio marzo.
Ma la trattativa lambisce pure la riforma elettorale. L’approvazione rapidissima della riforma – entro Natale – potrebbe essere la via d’uscita per tutti.
La legge di Stabilità sarebbe approvata, il Quirinale vedrebbe realizzate le condizioni per andare al voto e l’election day si terrebbe il 10 febbraio o poco dopo.
Tenendo presente che nei giorni scorsi proprio Napolitano ha fatto sapere – sulla scorta di una sentenza della Consulta – di considerare indispensabile almeno una modifica all’attuale sistema elettorale: l’introduzione di una soglia oltre la quale si accede al premio di maggioranza.
«Ma – avverte Italo Bocchino, vicepresidente del Fli – Napolitano potrebbe anche trovarsi davanti una mozione del Pdl che impegna il governo a fissare comunque l’election day
Claudio Tito
(da “la Repubblica“)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
CONDANNATO A UN ANNO E MEZZO PER FALSA TESTIMONIANZA ANTONIO MARANO, VICE DIRETTORE DELLA RAI IN QUOTA LEGA… MENTI’ SULLE REALI RAGIONI POLITICHE ALLA BASE DELL’ALLONTANAMENTO DEL GIORNALISTA MASSIMO FINI DALLA RAI
Il Giorno di Milano ha riportato la notizia della condanna, in primo grado, del vice direttore generale della Rai Antonio Marano, già sottosegretario della Lega.
La condanna, un anno e mezzo, riguarda la falsa testimonianza che, a suo tempo, Marano avrebbe fornito ai giudici sulle ragioni della espulsione del giornalista Massimo Fini dalla Rai con relativa soppressione, ancora prima della partenza, del suo programma “Cyrano”.
La vicenda fu clamorosa perchè Fini, giornalista senza collare alcuno, denunciò il colpo di mano, raccontò che lo stesso Marano gli aveva parlato di “gravi interferenze berlusconiane” e, per non lasciare nulla al caso, rese note le registrazioni, da lui stesso eseguite, e che documentavano, in modo non equivocabile, le parole di Marano.
I mazzieri di allora e di oggi invece di condannare l’ennesima variante del conflitto di interessi, gonfiarono le gote e tuonarono contro Fini, reo di aver denunciato la prepotenza e di averla documentata.
Così andavano le cose nel mondo e forse così vanno ancora oggi, per parafrasare il Manzoni. Naturalmente Marano farà appello e magari ribalterà pure la sentenza di primo grado, ma questo non giustifica il silenzio politico e mediatico che, sino ad oggi, ha circondato la vicenda.Il Consiglio di amministrazione ha nulla da dire?
Il direttore generale è stato forse tenuto all’oscuro?
Al di là della questione Marano, qualcuno vorrà finalmente chiedere scusa a Massimo Fini e invitarlo a ripresentare il suo progetto editoriale?
Probabilmente dirà di no, ma quel no eventuale, questa volta dovrà dirlo lui e non Berlusconi o un suo ventriloquo.
Oggi deve valere per Fini, domani per tutti quegli autori, quei temi, quei soggetti sociali, espulsi durante il ventennio trascorso e ancora fuori dai cancelli e dagli schermi di viale Mazzini.Per ora, almeno sotto questo profilo, da quelle parti nulla è ancora cambiato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
ALESSANDRO GARDOSSI HA FONDATO A TRIESTE IL PARTITO CHE SI ISPIRA AL MOVIMENTO FILONAZISTA GRECO: “SIAMO INDIPENDENTI E AUTONOMI”… OVVIAMENTE HA UN PASSATO LEGHISTA ED E’ AMICO DI SCILIPOTI
«Alessandro in Parlamento!», scrive un’amica nella sua bacheca di Facebook.
Nel social network, lui preferisce chiamarsi Alexandros. Nome greco.
Come ellenico è il «brand» che dice di voler importare. Alessandro Gardossi, triestino classe ’68, è il segretario politico del neonato partito politico Alba Dorata Italia.
Un nome che strizza l’occhio al movimento filonazista greco: 18 deputati nel Parlamento di Atene, innumerevoli ronde anti-immigrati e un consenso in rapida crescita.
Gardossi, in passato militante della Lega Nord e segretario locale di Forza Nuova, ex sindacalista ed ex insegnante, punta ad essere il leader del movimento italiano che, scrive nel sito internet , vuole «determinare una rivoluzione economica e delle persone».
Alessandro Grandossi, quando ha deciso di fondare il partito?
«Sono un po’ di mesi che ci lavoro ma è stato registrato lo scorso 25 ottobre, in prossimità delle elezioni siciliane, perchè volevo che si avverasse la profezia di Grillo: “Se non vinciamo noi, arriverà Alba Dorata”. Eccoci qua».
Ma il Movimento 5 Stelle è stato il più votato in Sicilia…
«C’è stata un’astensione sopra il 50 per cento per cui non ha vinto, tanto più se non governerà …»
Siete una costola dell’Alba Dorata greca?
«No, noi nasciamo come un’iniziativa italiana e autonoma. Poi, non avendo dietro alle spalle nessun Casaleggio, sfruttiamo per marketing il brand greco»
Non solo quello. Anche il simbolo, il meandro, richiama il partito nazionalista ellenico. E ricorda un po’ l’emblema del Terzo Reich…
«Nessuna volontà di copiare il nazismo. E’ semplicemente un antico segno decorativo della culla della civiltà europea».
C’è già Forza Nuova a mantenere rapporti con Alba Dorata e l’estrema destra europea, che bisogno c’era di dare vita a un altro partito?
«Guardi, per me non c’è destra e sinistra. Noi stiamo sopra».
Ma nella pagina Facebook di Alba Dorata Italia, i riferimenti linguistici richiamano a una certa area politica: si insiste molto sul termine “camerata”…
«Il cameratismo indica il legame tra le persone ed è erede di una determinata storia…»
Dio, patria e famiglia, dunque?
«No, è più complesso. Io mi definisco cristiano ma guardo anche ai vangeli apocrifi. Sono contro l’oscurantismo. La famiglia, visto i tempi, è un valore relativo e poi sì, c’è la patria, ma intesa come unione dei popoli italiani ed europei»
Quindi, non è contro l’Europa?
«No, sono contro la rapina che sta facendo la Banca Centrale Europea. Sono per il ritorno alla moneta nazionale».
Tornare alla lira?
«Basta con il signoraggio e guerra alla riserva frazionaria. Bisogna tornare a stampare moneta…»
E poi, si legge sul sito, il ritorno al baratto…
«Sì, è una proposta per gli scambi con l’estero: noi potremmo dare tecnologia, loro materie prime. Se ne può discutere…»
Si discute molto anche delle violenze anti-migranti scatenate da Alba Dorata in Grecia…
«Che cosa vuole che le dica? Sono dei camerati che sbagliano. Il problema immigrazione è la febbre ma la malattia è un’altra…»
Prego?
«Il problema è che i paesi poveri hanno venduto le loro risorse alle multinazionali. E bloccare gli immigrati alle frontiere o espellerli basta solo a far scendere la febbre. Noi proponiamo accordi più forti per il pattugliamento delle coste. E poi la creazione di campi di raccolta confortevoli ed umani dei profughi africani sulle coste della Libia a spese dell’Onu e della Ue».
Dei campi di raccolta?
«Sì, non c’è più spazio da noi. Pensi a Lampedusa. E sa quanto costa soccorrerli con la Marina?»
Un’ultima domanda, come spiega il suo avvicinamento nel recente passato a Scilipoti?
«Avevo cercato il suo appoggio per una vicenda personale. Gli ho anche organizzato una conferenza per la presentazione del suo libro. Erano venute una cinquantina di persone, ma poi lui non si è più fatto vivo…»
Davide Lessi
(da “la Stampa”)
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Novembre 15th, 2012 Riccardo Fucile
CONTESTATO IL REATO DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE DOPO GLI SCONTRI PER ATALANTA-CATANIA E L’ASSALTO ALLA BERGHEM FEST
Sono 147 le persone che il sostituto procuratore della Repubblica di Bergamo, Carmen Pugliese, chiede di mandare a processo al termine della sua indagine sul tifo violento a Bergamo, chiusa in questi giorni.
La procura vuole quindi un maxi processo agli ultrà , tra i quali vengono indicati anche l’ex assessore regionale ed ex segretario provinciale della Lega Nord di Bergamo Daniele Belotti, uno degli storici militanti del Carroccio e degli storici tifosi della Curva Nord.
Ma c’è anche un altro politico, meno noto, tra le persone che il pm Pugliese vuole vedere sul banco degli imputati: si tratta del sindaco di Gandosso Alberto Maffi, che in almeno un’occasione avrebbe fatto da vedetta per i tifosi, avvisandoli dell’arrivo della polizia: ma ha già ampiamente negato le accuse.
A Belotti la procura contesta il concorso esterno in associazione a delinquere, inquadrando l’uomo politico come figura fondamentale di una serie di rapporti con il nocciolo duro del tifo atalantino: si tratta in particolare di sei persone che vengono accusate di associazione a delinquere finalizzata ad atti di guerriglia, capitanate da Claudio Galimberti, il famigerato Bocia, numero 1 della Curva Nord, un tifoso con 33 tra procedimenti e provvedimenti a carico, tra indagini, daspo, e non solo.
È uno dei primi casi in Italia in cui una procura attacca frontalmente uno schieramento di tifosi, considerandoli come gruppo organizzato che non ha come unico obiettivo il supporto della propria squadra di calcio, ma anche – secondo l’accusa – atti di violenza o intimidazione.
Tra quegli atti anche l’assalto alla Bèrghem Fest, della Lega Nord, alla fine di agosto del 2010, quando tra gli ospiti c’erano Roberto Maroni, Giulio Tremonti e Roberto Calderoli.
L’assalto avvenne con tanto di molotov e la situazione sfuggì di mano all’allora questore di Bergamo Matteo Turillo, che nel giro di due mesi fu sostituito.
Tra quegli atti anche l’aggressione al giornalista de L’Eco di Bergamo Stefano Serpellini, atteso da Claudio «Bocia» Galimberti e da altri fiancheggiatori nei pressi del tribunale di Bergamo e colpito con una testata.
Non doveva scrivere di un processo per direttissima ad un ultrà , trovato in possesso di stupefacenti.
È un maxi processo quello che la procura chiederà nelle prossime udienze preliminari, destinate a trascinarsi a lungo.
Gli indagati sono 147, per lo più bergamaschi, ma non mancano i catanesi (per gli scontri fuori dallo stadio di Bergamo nel 2009).
Tra le carte dell’inchiesta ci sono ampi riferimenti ai rapporti tra i tifosi e la polizia, tra i tifosi e la società Atalanta, tra i tifosi e i calciatori.
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: Giustizia, LegaNord | Commenta »