Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
SE QUESTI SONO I LIBERISTI ANDIAMO BENE
Confesso: il titolo è un po’ forte ma quando ho visto il fac-simile della scheda elettorale delle primarie elaborata dai comitati per Renzi ho subito pensato alla celebre galleria di foto ritoccate dagli apparati propagandistici di alcuni leader del passato.
Era uso nei regimi totalitari dominati dal partito — stato, rimuovere da tutte le foto di propaganda con le pose eroiche dei leader (sempre tutti maschi) i concorrenti che avessero subito la damnatio memoriae.
Stalin era un fanatico dei fotoritocchi e non appena liquidava l’oppositore di turno, incaricava un apposita commissione affinchè modificasse le foto che lo ritraevano in compagnia dell’ultimo epurato.
La più celebre cancellazione che si ricordi è per Trotsky e Kamenev, posti sotto il palco di Lenin che arringa il popolo: negli anni dello stalinismo, alla sparizione politica si accompagnò anche quella fotografica.
Si, lo so bene. Matteo non è neanche per sbaglio stalinista.
Anzi penso che il suo sincero afflato democratico non avrebbe mai partorito questo scherzo.
Ho riso anche io, tanto era grossolana la rimozione.
Rimozione. Mi scuserà Renzi ma, per quanto forte, non riesco a trovare altro termine.
Ovviamente il bolscevismo non c’entra nulla.
Il punto è autenticamente psicoanalitico e il suo è un classico caso di lapsus memoriae.
Non credo ad un semplice caso di lapsus calami del grafico che ha realizzato il fac-simile della scheda elettorale.
In ogni caso quello che ho scritto altro non è se non un promemoria: al quarto posto nella scheda per le primarie non c’è uno spazio vuoto ma c’è un nome: Nichi Vendola.
Questo memo è utile per un’altra ragione: come insegna il padre della psicoanalisi, le rimozioni, alla lunga causano turbe psichiche.
E non vorrei mai che si corresse un tal rischio.
Si può far finta che gli avversari siano tre.
Oppure Vendola
Gano&Corrado
(da “la Repubblica“)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
“I RICCHI DEVONO FARE LA LORO PARTE O RASSEGNARSI A ESSERE SPAZZATI VIA, CHI HA PATRIMONI IMMENSI DEVE PAGARE SENZA FIATARE”
Scusate se vi costringo ad attendere per qualche riga, fate questo gioco con me.
Vi dirò solo alla fine, quale candidato alle primarie si sta facendo portatore di proposte rivoluzionarie ed eversive come questa: «I ricchi, ma quelli veri, devono fare la loro parte, o rassegnarsi ad essere spazzati via».
Oppure: «Chi ha soldi, e parlo di patrimoni immensi, che in Italia superano i 10 milioni di euro, deve pagare, o fare la fine dell ‘aristrocrazia francese del 1789». Cioè?
Sorriso: «La ghigliottina».
Oppure: «Chi dispone di queste ricchezze deve pagare senza fiatare, come minino gesto di responsabilità o decenza».
Ma anche: «A questa operazione bisogna sommare l’annessione al bilancio dello Stato di quelli di tutte le fondazioni bancarie».
Non solo: «Per abbattere il debito, a questi soldi vanno aggiunte tutte le riserve auree della Banca d’Italia, che ora non servono più perchè il controvalore è garantito dalla Bce».
Conclusione: «Dai patrimoni immobiliari privati bisogna cavare fuori 350 miliardi di euro. Dalle fondazioni altrettanti. Dalla Banca d’Italia poco meno: totale un milione di miliardi. Bisogna usare questi soldi subito per abbattere le tasse sui redditi medio-alti e riavviare i consumi».
Domanda: chi è l’autore di questa proposta?
Un capo bolscevico?
Bersani? Vendola? Renzi?
Macchè : si chiama Giampiero Samorì, ed è il milionario che sta sfidando Alfano per la guida del Pdl.
Perchè solo i ricchi, in Italia, riescono a vincere la soggezione dei leader di sinistra verso la ricchezza?
Luca Telese
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
LE “AMAZZONI” PREPARANO MANIFESTI CON LA SUA FOTO E LA BANDIERA DI FORZA ITALIA… TRA I FEDELISSIMI TAM TAM PER ANNULLARE LE PRIMARIE…. GLI EX AN: “SE TORNA, CE NE ANDIAMO NOI”
Berlusconi è tornato da Malindi. Il Cavaliere è pronto a dar battaglia, non si rassegna. «Le primarie sono un errore, rischiano di distruggere tutto», ha ripetuto dal Kenya prima di anticipare il rientro inizialmente previsto per martedì.
Cosa intenda fare resta un mistero per gli stessi fedelissimi.
Ma il tam-tam è che sia tentato da un gesto clamoroso: ribaltare la decisione dell’ultimo ufficio di presidenza, chiedere una nuova deliberazione per cancellare le primarie e piazzare la sua candidatura.
Una bomba atomica che di fatto delegittimerebbe Alfano e, con lui, l’intero gruppo dirigente.
Un azzeramento totale.
Preludio di una campagna elettorale combattuta con il simbolo di Forza Italia.
I segnali che voglia tornare alla guida sono molti e il nervosismo tra chi sostiene il segretario è palpabile.
Le “amazzoni” sono pronte ad affiggere in tutta Italia un manifesto con la foto di Berlusconi impavesato da bandiere di Forza Italia e la scritta: “Sei e sarai sempre il mio presidente”.
Rocco Crimi, berlusconiano di ferro e storico tesoriere prima di Forza Italia e poi del Pdl, si è dimesso dall’incarico su indicazione del Cavaliere.
Dando plasticamente l’idea del disimpegno, anche finanziario, di Berlusconi dal partito. Ieri oltretutto il Giornale ha pubblicato con grande evidenza un sondaggio che pronosticava un «flop» per le primarie alfaniane.
E un big come Fabrizio Cicchitto, ormai sponsor del segretario, è arrivato a definire quella del quotidiano di famiglia una «bufala», parte di una «campagna» orchestrata contro le primarie.
Ma orchestrata da chi? Da Berlusconi ovviamente.
Altri indizi portano i sostenitori di Alfano a puntare il dito contro il fondatore. Il moltiplicarsi dei candidati alle primarie, ad esempio.
Come il miliardario modenese Gianpiero Samorì, legato a doppio filo a Marcello Dell’Utri.
«Berlusconi vuole un sfilza di candidature folcloristiche — attacca un uomo di Alfano — solo per sputtanare le primarie e ridimensionare il successo del segretario». Il clima interno è da resa dei conti.
«Non so cosa accadrà — osserva Daniela Santanchè — ma non credo che finirà così. Ne vedremo ancora delle belle».
Alfano è invece sicuro che la partecipazione ai gazebo sarà alta. Dieci giorni fa, durante una riunione a via dell’Umiltà con i coordinatori regionali, ha persino abbandonato l’abituale prudenza per distribuire un foglio che conteneva l’elenco dei «target» città per città .
«Dobbiamo dire all’esterno che puntiamo al milione, ma in cuor mio — ha detto raggiante — sono convinto che arriveremo a tre milioni».
Solo grazie alla prontezza di riflessi di Ignazio La Russa i fogli con i «target» sono stati ritirati dalle mani dei coordinatori regionali, prima che filtrassero all’esterno: «Scusate, c’è stato un errore, prego restituiteli tutti».
In ogni caso ormai anche dall’altra parte il fronte del segretario si sta compattando, deciso a non farsi travolgere da quelle che vengono definite «mattane» del Cavaliere.
Tutti gli uomini del segretario.
C’è l’ala Comunione e Liberazione, con Maurizio Lupi e Mario Mauro. Ci sono gli ex forzisti come Sacconi e Cicchitto. E soprattutto è schieratissima con Alfano la falange degli ex An, che per una volta hanno messo da parte le loro storiche divergenze.
Così La Russa ha convinto Giorgia Meloni a non candidarsi contro Alfano.
E anche Gianni Alemanno, che fino all’ultimo meditava di scendere in campo in prima persona, ieri ha deciso di appoggiare senza se e senza ma il segretario.
Il 17 novembre si ritroveranno a Milano, invitati da La Russa e Gasparri, per una dimostrazione di forza.
Uno di loro, a patto di mantenere l’anonimato, la racconta così: «A questo punto possono accadere tre cose. La prima, improbabile, è che Berlusconi si rassegni ad Alfano e faccia da padre nobile. La seconda è che si candidi con una sua lista distinta e alleata del Pdl. E sarebbe la cosa migliore. Ma se intendesse andare avanti con la terza strada, quella di tornare a capo del Pdl rottamando Alfano, be’ allora noi ex An ce ne andremmo. E con noi verrebbero in tanti, anche tra i forzisti. Deve capire che la sua stagione è finita, serve una novità ».
Oggi il Cavaliere si consulterà ad Arcore con la famiglia e con gli amici storici.
Poi prenderà una decisione. «Entro fine novembre», dicono i suoi. Anche per attendere la nuova legge elettorale e per valutare il successo o meno della Convention di Montezemolo.
Ma la sensazione è che, annunciando di avere pronto un «dinosauro dal cilindro», stesse pensando a una persona in particolare.
La solita: se stesso.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
IMU: LA DEFINIZIONE DI ENTE NO PROFIT FAVORIRA’ LE REALTA ECCLESIASTICHE
Il governo, costretto ad accelerare il varo del regolamento che imponga anche alla Chiesa e agli enti no profit, laddove producono utili, di pagare nel 2013 l’Imu, tenta un colpo di mano.
Far passare una definizione ad hoc di ciò che non è attività commerciale.
Che vale per questi enti, ma non per il resto degli italiani.
E che li solleverebbe dal versamento dell’imposta sulle porzioni di immobili ad uso “misto” da cui traggono profitti (cliniche, alberghi, ostelli, mense, sedi varie), con una semplice modifica del loro statuto, da apportare in corsa entro dicembre.
Un rischio grosso, avverte il Consiglio di Stato, perchè l’Europa guarda.
E la Commissione di Bruxelles potrebbe multare l’Italia per aiuti di Stato illegali e recuperare tali somme “condonate”, a partire dal 2006.
Un danno che può valere fino a 3 miliardi, considerati gli incassi stimati dal governo (300-500 milioni l’anno).
GLI SCONTI
In base alla nuova definizione, ecco gli sconti possibili.
Non c’è attività commerciale, dunque non si paga l’Imu, se nello statuto dell’ente no profit si prevede il divieto di distribuire utili o l’obbligo di reinvestirli esclusivamente a fini di solidarietà sociale.
O ancora se si inserisce l’obbligo di devolvere il patrimonio, quando l’ente si scioglie, ad altro ente no profit con attività analoga.
E ancora, cliniche e ospedali sono fuori dall’Imu se accreditate o convenzionate con Stato ed enti locali, le loro attività assistenziali svolte «in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico», a titolo gratuito o — e qui viene il bello — dietro pagamento di rette «di importo simbolico».
Scuole e convitti esentati se l’attività è “paritaria” rispetto a quella statale e non “discrimina” gli alunni. Le strutture ricettive, se la ricettività è «sociale».
E infine, per le attività culturali, ricreative e sportive fa fede ancora il compenso. Se «simbolico», zero Imu.
Con tutto ciò che “simbolico” possa voler dire.
E il rischio di esentare molto, se non tutto.
LA BOCCIATURA
Il pasticcio parte dalla bocciatura, il 4 ottobre scorso, del regolamento del ministero dell’Economia (arrivato, tra l’altro, in ritardo di tre mesi) da parte del Consiglio di Stato, tenuto a un parere obbligatorio ma non vincolante. Il regolamento doveva spiegare come compilare la dichiarazione (entro dicembre).
Una sorta di autocertificazione, che l’ente no profit fa, dei metri quadri dell’immobile di proprietà riservati agli affari.
Ma c’era bisogno di un decreto ministeriale per un’operazione tutto sommato semplice? Evidentemente sì, visto che la delega in tal senso al governo viene dal Parlamento.
I giudici del Consiglio di Stato, tuttavia, bocciano il regolamento. Proprio perchè quella delega è stata travalicata e il governo ha inserito anche gli “sconti”, corpi del tutto estranei che mutano l’ordinamento italiano.
AZIONE LAMP
Che cosa fa allora il governo per superare le obiezioni del Consiglio di Stato?
Prima allarga la delega concessa dal Parlamento. E lo fa con tre righe inserite nel decreto Enti locali (che si occupa di tutt’altro, ovvero di costi della politica), passato alla Camera.
Poi tenta il blitz.
La tentazione originaria è di pubblicare lo stesso testo con gli sconti — quello “bacchettato” dai giudici amministrativi — in Gazzetta ufficiale. Poi si ferma.
Annulla la pubblicazione e spedisce, secondo la prassi, il testo per un secondo parere ai giudici, che lo (ri)esaminano giovedì 8 novembre.
Le righe che sbloccano l’empasse sono nel decreto Enti locali: il numero 174, all’articolo 9, comma 6.
Poche parole che ampliano la delega modificando l’articolo 91 bis, della legge liberalizzazioni di febbraio.
Quello che introduceva l’Imu anche per la Chiesa e il no profit (altre religioni, partiti, sindacati, onlus). Così il governo conferma gli “sconti”.
Nonostante i moniti del Consiglio di Stato.
Valentina Conte
(da “La Repubblica“)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
UNA LEGGE SBAGLIATA CHE COLPISCE LE FAMIGLIE
La riforma delle pensioni è stata varata di corsa quasi un anno fa.
Nel testo è emerso subito un piccolo difetto. Con le nuove norme, centinaia di migliaia di persone rischiavano di trovarsi senza stipendio e senza pensione.
Avevano lasciato il lavoro, ma con la riforma avevano perso il diritto di andare in pensione come previsto.
Quante erano? Non più di sessantamila. O forse il doppio. Se non anzi due o trecentomila.
E per quanto tempo sarebbero rimasti senza stipendio o pensione? Forse per un paio d’anni. Oppure quattro o cinque. O forse più.
Quale che sia la cifra finale cui si arriverà , resta il fatto che per troppe famiglie si è aperto un incubo.
Qualcuno nel governo e negli uffici dei ministeri preposti ha un’idea di che cosa significhi per una famiglia che deve contare, per sopravvivere, su un reddito da lavoro che sta per trasformarsi in una pensione, venire a sapere che forse, ma non si sa bene, potrebbe non ricevere nè l’uno nè l’altro?
E restare per mesi e mesi in uno stato di cieca insicurezza circa il proprio destino? Non ha importanza che nei mesi scorsi tot esodati abbiano saputo di essere stati salvati da qualche ennesimo calcolo o ricalcolo.
Il punto è che in attesa di sapere sono troppe le persone che sono state rose dall’ansia per il futuro, per non riuscire a capire se si è sommersi o salvati.
E lo sono tuttora, visto che gli annunci che una soluzione per tutti è stata trovata, oppure no, stanno ormai diventando due al giorno.
Tecnici o non tecnici, non è così che si fanno le leggi.
Luciano Gallino
(da “La Repubblica“)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
SFILA LA NUOVA LEGA DEL PORTAVOCE DELLA VOTINO A BOLOGNA… “RITIREREMO A BREVE I NOSTRI PARLAMENTARI DA CAMERA E SENATO” PROMETTE MARONI: TANTO LO STIPENDIO LO PRENDONO LO STESSO
“Monti e Fornero, il vostro posto è al cimitero”. Gridano anche questo i megafoni della Lega Nord, nella manifestazione di questa mattina a Bologna convocata per protestare contro le tasse imposte dal governo.
Per ben due volte l’altoparlante della macchina ufficiale che guidava il corteo ha recitato il macabro slogan, poi sconfessato dai dirigenti: “Lo slogan – ha detto infatti il segretario emiliano Fabio Rainieri – è stato l’urlo di un cretino subito messo a tacere dal servizio d’ordine”.
Ma non dica cazzate: lo slogan è stato “lanciato” dall’auto con megafono che guidava il corteo, non da uno che passava per caso.
Ovviamente la Questura non ha provveduto a identificare chi ha, alla testa del corteo, ha ripetuto lo slogan per trasmettere il tutto alla magistratura.
In casi analoghi sono partite denunce per istigazione a delinquere.
Il corteo, partito da Piazza Malpighi, è proseguito fino a Porta Saragozza per i comizi conclusivi, dove sono arrivati il leader del Carroccio, Roberto Maroni e Umberto Bossi, la cui presenza era rimasta in dubbio fino all’ultimo.
Maroni, in particolare, ha annunciato: “Se domani il Consiglio federale della Lega mi chiede di candidarmi in Lombardia, dirò di sì (non avevamo dubbi n.d.r.)”
E ancora:”Ritireremo la nostra delegazione da Camera e Senato dopo l’approvazione della legge di stabilità e di quella elettorale”
Cioè quando le Camere ormai saranno sciolte, tanto lo stipendio corre lo stesso.
La manifestazione leghista – la cui partecipazione è stata “nutrita” dall’arrivo di molti pullman di truppe cammellate dal triveneto – ha raccolto appena 2.000 persone.
Il prossimo 2 dicembre si replicherà a Genova per le regioni della Liguria, Piemonte e Lombardia.
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DUELLO IN TV…. IL SINDACO DI FIRENZE PREFERIVA FAZIO, MA BERSANI HA DETTO NO: “TROPPO LEGGERINO”
Alla fine la sfida s’era ridotta a una partita a due: il confronto tv per le primarie ci sarebbe stato da Fabio Fazio, su Raitre, o a Sky?
La decisione dei candidati del centrosinistra la conoscete: la serata si farà su Sky, domani sera, in chiaro su Cielo.
Il modo con cui ci si è arrivati, chi ha avuto la forza di prenderla, e le prime conseguenze, forse no.
La contesa a monte era tra Bersani e Renzi, ma a valle si sono prodotti degli effetti anche nel rapporto tra il mondo del segretario e quello di «Che tempo che fa», la più importante trasmissione televisiva italiana, che viaggia su una media di ascolti di tre milioni e mezzo a puntata (mentre il bacino previsto a Sky – sia pure negli studi di X Factor, una trasmissione dalla post-produzione notevolissima – sarà intorno ai seicentomila spettatori), e è innegabilmente il simbolo di tutto un universo di spettatori, alias elettori, di sinistra.
Ecco com’è andata veramente.
La maggior forza contrattuale al tavolo è stata esercitata dal segretario del Pd e dal suo team. Per questo intreccio di ragioni.
Già all’inizio della trattativa tra portavoce e spin doctor vari delle diverse squadre, gli uomini di Bersani avevano illustrato le loro tre condizioni per fare il match.
Due si sapevano: che ci fosse un solo confronto e fra tutti, e che fosse a ridosso della prima votazione.
Una terza, non nota, non era una condizione prendere o lasciare, ma una forte preferenza per tenere la partita su Sky.
Diverse voci assai vicine al segretario hanno spiegato così, non solo agli avversari, questa preferenza: sarebbe stato molto meglio «giocare in un campo televisivamente neutro, cioè in un format che ci saremmo costruiti noi, anzichè entrare in format di altri», molto connotati dalla presenza di un conduttore più o meno mattatore, che inevitabilmente avrebbe impresso il suo stile.
In realtà anche Fazio aveva offerto un format da scrivere insieme, ex novo, e neutro.
Le richieste, tra l’altro, erano arrivate da quasi tutti i big, Vespa, Fazio, appunto, la Gruber, Sarah Varetto di Sky, Mimun e Enrico Mentana, che però è stato il meno insistente, quando ha capito che La7 era tagliata fuori anche perchè il segnale tuttora non è ottimo ovunque.
A Sky raccontano che la Varetto si era mossa da tempo corteggiando giornalisticamente il segretario, ma sono stati fatti passi formali anche dall’amministratore delegato Andrea Zappia.
In più la rete ha spedito tre letterine assai delicate a Pierluigi, Matteo e Nichi. Insomma, se li sono lavorati anche umanamente. E’ piaciuto.
La decisione però è arrivata per altri motivi, al termine di una dialettica in cui Renzi non aveva nessun interesse ad andare allo scontro; tuttavia è accertato che gli sarebbe piaciuto sfidare il segretario moderati da Fazio.
Il sindaco di Firenze non solo era convinto che Fazio fosse la trasmissione più seguita, ma la vera trasmissione identitaria di una larga parte di elettorato di sinistra-tipo.
Renzi sarebbe stato contento di poter parlare al pubblico di autori come Michele Serra e, una platea non soltanto vastissima, ma probabilmente, di default, più bersaniana che renziana.
Insomma: da Fazio Renzi avrebbe potuto parlare all’elettorato classico del suo rivale, magari riuscendo a convincere qualcuno degli spettatori.
Vendola aveva solo una preferenza, fare il confronto in Rai; e ha anche sondato la possibilità di un asse con i renziani, su questo.
Ma Renzi non voleva neanche fare troppo il difficile, perchè il suo interesse principale era comunque che la sfida non saltasse.
Così, quando è stato chiaro che nel gruppo di Bersani volevano Sky, nessuno ha fatto vera resistenza.
Si è solo spostata la data da oggi pomeriggio (Nichi non poteva) a domani sera.
Renzi è riuscito a spuntare che l’appello finale fosse sorteggiato ma che si sapesse a fine serata chi avrà questo vantaggio: perchè si è estratto solo l’ordine iniziale (Tabacci, Puppato, Renzi, Vendola, Bersani), e come si arriverà alla conclusione dipenderà dai tempi esatti delle risposte.
Tutto a posto, allora?
Tra i candidati, cioè nella politica, sì; ma non tra politica e tv: e potrebbe essere ancora più grave.
Perchè, si sono chiesti ai piani alti di Raitre, non andare da Fazio, che s’era speso con garbo, metteva sul tavolo l’indiscussa bravura tv, e assicurava la più vasta platea?
Non ha aiutato la circostanza che la trasmissione, con un giudizio trapelato da troppe diverse fonti, venisse definita dal lato di Bersani «leggerina», e invece «il confronto tv per le primarie non è contesto adatto a battutine».
Tra l’altro, è stato fatto notare, condurre un evento così strettamente politico sarebbe stata una prima volta per Fazio, «che non è un giornalista».
Giudizi che sono arrivati in un secondo all’orecchio di tutti, compreso quello del conduttore; il quale avrebbe trovato «più istituzionale che la cosa avvenisse sul servizio pubblico».
Parentesi, l’uomo simbolo della tv di sinistra, non certo ostile a Bersani, non andrà alle urne.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
SPESSO HA ESPRESSO PARERI SUL PDL FUORI DAL CORO… ATTACCA SAMORI’: “IN CAMPO PERSONE CON POCA STORIA E MOLTA CRONACA”
Ci sarà anche lui, Guido Crosetto, nella corsa per le primarie del Pdl.
Ma la sua non sarà una candidatura in opposizione ad Alfano. «Mi candido per rappresentare un’idea e un gruppo di persone le quali ritengono che Monti non sia indispensabile e che la sua politica economica, come quella di Tremonti, sia distruttiva per il Paese. Questo non significa essere contro l’Europa ma stare in Europa vivendo, non morendo. Mi candidato per dare voce a migliaia di piccole e medie aziende rimaste afone».
Sembra di sentire Berlusconi.
«E’ vero ma io queste cose le ho sempre dette, anche durante il governo Berlusconi e non ho mai cambiato idea. Io non ho votato la fiducia al governo Monti. Berlusconi invece lo ha capito solo dopo quali sarebbero stati gli effetti della politica montiana.
Oggi il deficit italiano è peggiore di quello precedente. Le aziende sono al collasso, le banche si sono chiuse e quando parlo di aziende penso anche ai milioni di lavoratori che ci lavorano.
Vorrei portare una voce all’interno del Pdl e delle istituzioni che difende questa linea».
Anche la Santanchè esprimerà una linea critica al governo Monti. Perchè non fate un ticket?
«La differenza è che io questa linea l’ho sempre avuta e non attacco i colleghi di partito. Non mi scaglio contro Alfano, anzi vorrei che lui condividesse la mia posizione.
La candidatura di Alfano è seria, ho stima per lui e non gli sparerò mai addosso. Semmai ci sono altre candidature di persone con poca storia e molta cronaca, tipo questo Samorì».
Perchè non è entrato nel suo comitato elettorale, visto che glielo ha chiesto?
«Quello di Angelino è un passaggio politico, la sua candidatura gli serve a confermare l’autonomia della sua leadership. È giusto che lo faccia mentre io voglio portare contenuti e idee nel dibattito.
Se appoggiassi Alfano, mi troverei in compagnia di gente che non la pensa come me e che ha concluso il suo ciclo politico».
L’impressione è che lei non corra per vincere.
«Io vorrei che vincessero le mie idee. E penso che Alfano e il centrodestra abbiano bisogno di una candidatura per parlare con mondi che altrimenti non avrebbero interlocutori nel Pdl.
Se mi accorgo che le mie idee non hanno seguito o che rappresentano poca cosa, allora non ho problemi a ritirarmi».
Cosa pensa di Casini e Fini che sembrano tendere la mano al Pdl, ma chiedono ad Alfano scelte dolorose a cominciare da una rottura definitiva con Berlusconi?
«Al posto di Alfano direi loro “fate anche voi un passo indietro: sedete in Parlamento da una vita, ricoprite ruoli importanti da prima che Berlusconi scendesse in campo, avete avuto la possibilità di incidere sulla politica italiana, assumetevi anche voi un po’ di responsabilità ”. E invece cantano come fossero delle vergini, ma hanno esaurito il loro ruolo politico».
Nei loro partiti nessuno li ha messi in minoranza, mentre è successo a Berlusconi.
«Io all’ufficio di presidenza c’ero e le posso assicurare che Berlusconi non è andato in minoranza. Lui aveva dei dubbi sulle primarie e sull’opportunità di continuare a puntare sul Pdl.
Ha ascoltato i discorsi di tutti e ha deciso di seguire la strada indicata da gran parte del partito.
Lui adesso deve aiutarci a seguire questa strada che io ho sintetizzato in questo modo: dateci la possibilità di evitare la scelta tra la distruzione del Paese con Grillo e la sinistra. Ci vuole un progetto serio che eviti queste due alternative».
Ci vuole il Ppe italiano.
«Ci vuole una forza politica che rappresenti la maggioranza degli italiani che non votano a sinistra, che temono Grillo e che sono confluiti nell’astensionismo.
Il Ppe italiano non nasce distruggendo il Pdl o in una stanza in cui si riuniscono tanti piccoli nanetti o dei dinosauri della politica come Fini e Casini».
Berlusconi è un bel esemplare di Dinosauro però.
«Berlusconi almeno ha costruito qualcosa, qui c’è gente invece che con il lavoro non avrebbe pagato la bolletta della luce.
Se vogliamo riprendere il dialogo con gli elettori non possiamo chiudere in una stanza Alfano, Casini e Fini. Sarei sconcertato io figuriamoci il cassintegrato, il disoccupato, l’operaio.
Penserebbero “questi si sono messi d’accordo per dividersi il potere”.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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Novembre 12th, 2012 Riccardo Fucile
DALL’EMILIA UN SEGNALE A GRILLO, LA BASE STA NCON IL CONTESTATORE… E MERCOLEDI A BOLOGNA LA SALSI SI PRESENTA ALL’ASSEMBLEA DEGLI ISCRITTI
La scomunica non piace al movimento. Neppure se la fatwa è emessa da lui, Beppe Grillo in persona.
Giovanni Favia da Bologna, classe 1981, è il consigliere regionale emiliano che si è fatto pizzicare, in un fuori onda di «Piazzapulita», a lamentarsi della scarsa democrazia interna al Movimento 5 stelle.
A stretto giro, era arrivato l’anatema di Beppe Grillo. Soltanto sei parole, ma di ghiaccio: «Non ha più la mia fiducia».
Eppure, sorpresa. Se non quella del fondatore, la fiducia del movimento Favia ce l’ha ancora tutta.
L’altra sera si è svolto a Piacenza un appuntamento che per il consigliere regionale poteva essere da brivido: la prima delle assemblee semestrali in cui gli eletti a 5 stelle si presentano, provincia per provincia, a rendere conto del proprio operato.
Con tanto di voto a confermare, oppure ritirare, la fiducia.
Ebbene, Giuseppe Favia è stato abbracciato da 78 voti a favore contro tre contrari. Un plebiscito.
Lui, se gioisce in cuor suo, preferisce non darlo a vedere: «Certo, non mi aspettavo un risultato del genere. Però, sono uno che dorme tranquillo: mi faccio in quattro per il movimento da quando è nato, in Regione facciamo un’opposizione di qualità ma dura, non ho mai tradito i nostri principi. Perchè non avrei dovuto avere il sostegno della gente?».
Tutto vuole, Favia, tranne che rinfocolare le polemiche: «Però – dice – io già al momento della presa di posizione di Grillo avevo ricevuto tantissima solidarietà ».
E in ogni caso, «chi si prende la briga di alzarsi dal divano per venire a un’assemblea del movimento è abbastanza informato, si fa influenzare solo da quello che vede e che misura. Se lavori, le persone lo sanno».
Inoltre, il consigliere regionale osserva che «Grillo è straordinario, bravissimo nel catalizzare l’attenzione e creare consenso. Ma i cittadini devono sapere che Grillo non va in Parlamento, e la gente sta imparando a conoscere noi». Favia mostra qualche imbarazzo soltanto se gli si chiede un giudizio sul regolamento delle primarie del M5S, assai restrittivo: «Non è tempo di polemiche, è inutile far processi in anticipo. Io voglio essere fiducioso. Vedrò a candidature decise se il metodo ha funzionato».
Nei prossimi giorni sarà la volta di un nuovo appuntamento significativo. Mercoledì, a Bologna, si sottoporrà al giudizio dell’assemblea un’altra libera pensatrice.
Federica Salsi è la consigliera comunale che si è presentata a «Ballarò» sfidando uno dei divieti più volte ribaditi da Grillo, quello di andare in televisione.
In realtà , nel suo vademecum «Grillo for dummies», il leader precisa che, se in futuro saranno vietate, al momento le partecipate ai talk show sono solo «fortemente sconsigliate».
Abbastanza sconsigliate da spingere il fondatore a lanciarsi in una metafora pochissimo raffinata sulla televisione come «punto G», capace di suscitare orgasmi.
Ma Salsi non si è fatta impressionare. Ha tenuto botta e pare tutt’altro che pentita delle sue decisioni: nell’aula consiliare bolognese ha anche detto di essersi presentata a «Ballarò» perchè non vuole, parole sue, che «il movimento si trasformi in Scientology o in un mostro».
È vero, l’assemblea di mercoledì non prevede voto.
Eppure, se la consigliera comunale ricevesse eccessive solidarietà – e la cosa appare tutt’altro che impossibile – certamente anche Beppe Grillo avrebbe parecchio su cui riflettere.
Anche perchè l’Emilia non è un posto qualunque: è la Xanadu del movimento, la terra che ha dato ai suoi sostenitori le soddisfazioni più grandi e le affermazioni ad oggi più significative.
Non soltanto il primo sindaco di un capoluogo, con Federico Pizzarotti a Parma e il suo impressionante 60,2% al secondo turno.
Ma anche un ormai radicato bacino di consenso che ha portato agli stellati un eccesso di candidature per le primarie, ora da selezionare: in cinque Regioni, infatti, Grillo ha dovuto derogare dalla sua decisione di candidare soltanto coloro che già si erano presentati alle elezioni senza riuscire ad essere eletti. E così, in Basilicata, Calabria, Molise, Trentino e Umbria saranno candidabili tutti coloro che erano già iscritti alla fine dell’anno scorso.
E appunto, se si verificasse che anche Salsi è tutt’altro che sola, si potrebbe scoprire che ad essere isolati sarebbero Massimo Bugani e Marco Piazza.
I due consiglieri «grillini» che l’altro giorno, in aula, si sono platealmente allontanati dalla reproba.
Marco Cremonesi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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