Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
SCAMBIO DI CORTESIE TRA EX INCIUCISTI… FORMIGONI AUSPICA UN CENTRODESTRA UNITO SUL NOME DI ALBERTINI, LA LEGA PUNTA SU MARONI
«In Lombardia vinciamo noi». Lo ha detto giovedì mattina Umberto Bossi, fiducioso sul risultato della Lega alle prossime regionali.
«Formigoni – ha aggiunto poi, rispondendo alle domande dei cronisti – è l’immagine di un sistema che sta cambiando».
Il governatore uscente invece continua a ribadire il suo progetto per il centrodestra unito alle elezioni regionali in Lombardia.
Nella sua newsletter quotidiana ha lanciato una sorta di appello alla Lega: in copertina appare infatti l’immagine di una ragazza con gli occhiali seduta – si presume a una festa – con aria imbronciata, vestita di verde, il colore dei leghisti, sotto un titolo dello stesso colore che recita: «Lega, non fare la zitella – Alle regionali della Lombardia il centrodestra sia unito».
Per Formigoni, il candidato da proporre resta Gabriele Albertini.
Qualche giorno fa, il Carroccio aveva protestato con Sel, annunciando querele, per una serie di manifesti che raffiguravano un bacio fra Formigoni e Maroni, entrambi con la coppola in testa.
La capogruppo di Sel al Consiglio regionale della Lombardia, Chiara Cremonesi, a questo punto si chiede: «La Lega, dopo Sel, ora querelerà anche Formigoni? Oppure userà due pesi e due misure, come ha già fatto per la mafia in Lombardia?».
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
L’IRA DEGLI EX AN: “SONO SOLO CONGRESSI PROV. MASCHERATI”… TREMONTI: “PARTECIPERO’ DI SICURO PER INTERCETTARE I DELUSI”
Ci sono volute oltre tre ore, e un vertice tra il Cavaliere, Letta, Alfano, Verdini, Cicchitto e la Gelmini, per arrivare a strappare quel «ok, fatele» dell’ex premier a primarie che il segretario a questo punto vuole a tutti i costi, per salvare il Pdl da una lenta e inesorabile agonia.
Ma il percorso per arrivare a stabilire regole, candidature, programmi attorno a un evento che registri un grande successo popolare (massimo obiettivo) o comunque un momento di coesione e rilancio interno (obiettivo minimo) appare ancora molto impervio e accidentato.
Ieri sera, dopo una giornata di lavorìo infinito, trattative, urla e liti, il tavolo delle regole ha rimandato gli ultimi nodi a oggi: si terranno primarie più o meno all’americana, su base regionale o (più probabilmente) provinciale, scaglionate da metà dicembre (forse) fino a febbraio, con l’elezione o di delegati o (pare) direttamente dei candidati, con raccolta di firme e idee degli elettori sul web e tetto di spesa di 200 mila euro, per arrivare a una convention finale di proclamazione degli eletti.
Ma la soluzione lascia scontenti tanti.
La componente degli ex An, critica (soprattutto Meloni) per quella che appare «una sequela di congressi provinciali mascherati», e soprattutto indignata per essere stata esclusa nei suoi massimi rappresentanti (La Russa e Gasparri) dal vertice con Berlusconi («Volete farci fuori per farvi la vostra legge elettorale!», la protesta).
E se i possibili sfidanti di Alfano, Santanchè e Galan fra gli altri, affilano le armi per oggi («Io sono pasionaria ma non cretina – avvertiva in mattinata la prima -, voglio partecipare, ma se mi legano le mani mi chiamo fuori»), altri candidati, attesi o meno, spuntano a turbare sonni.
Formigoni deciderà oggi cosa fare dopo aver valutato se «nel programma di Alfano saranno recepiti alcuni punti».
Tremonti conferma l’intenzione di esserci: «Penso di sì, voglio parlare ai delusi del Pdl», e la stessa Gelmini, per rappresentare l’area più moderata, comincia a prendere in considerazione l’idea di candidarsi.
Il tutto mentre spunta la sorpresa choc: Sgarbi annuncia che si presenterà in ticket con l’avvocato e imprenditore Gianpiero Samorì.
L’uomo, quest’ultimo, che secondo le voci starebbe organizzando per il Cavaliere la famosa lista di imprenditori da affiancare o lanciare in alternativa al Pdl: «È un cavallo di Troia per farle saltare!», «È un supermilionario che ci farà fuori tutti!» i commenti all’annuncio.
In serata Samorì smentisce: «Nessuno può parlare a nome mio», ma i sospetti restano.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
ALFANO: “COSI’ PERDO LA FACCIA”… SILVIO: “SONO UNA FOLLIA, COSI’ ANDIAMO A SBATTERE”…EX AN IN FIBRILLAZIONE, SI PROFILA UN RITIRO DELLA SANTANCHE’ E GALAN, COSI’ ALFANO RIMEDIA UNA BRUTTA FIGURA DA SOLO… BERLUSCONI PUNTA SU SAMORI’ E SI CONSIGLIA CON DELL’UTRI E MICCICHE’
Magari alla fine sarebbe stato meglio fare come proposto da Guido Crosetto. Organizzare primarie del Pdl on line, giovani, poco impegnative, a ‘eliminazione diretta’, simili a un televoto.
Come per i ‘Dieci piccoli indiani’, o imitando Briatore e il suo programma tv The Apprentice, ogni settimana il meno votato sarebbe stato eliminato e avrebbe fatto l’endorsement per uno dei concorrenti rimasti in gara.
Peccato che la proposta del ‘gigante’ azzurro sia stata scartata e ieri, nel corso di un drammatico vertice a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi abbia tentato di rovesciare il tavolo, cancellare le primarie e far perdere la faccia all’intero stato maggiore di via dell’Umiltà .
È stato un incontro infuocato, quattro ore chiusi nello studio del Cav a palazzo Grazioli tensione alle stelle.
Pochi i presenti, perchè nei momenti chiave gli unici ad aver accesso alle stanze del potere berlusconiano si contano sulle dita di una mano: Alfano e Bonaiuti, Letta, Cicchitto e Verdini.
Tutti azzurri della prima ora.
Quasi tutti scossi dalla nuova svolta di Berlusconi.
«Io le primarie non vorrei farle, ve lo sconsiglio. Sono una follia, i gazebo e queste primarie che sembriamo la Dc. Così andiamo a sbattere».
Parole pesanti come pietre, alle quali non ha potuto non reagire Alfano. «Presidente, se le annulliamo è finita. Io perdo la faccia. Noi perdiamo la faccia».
Il summit si prolunga, dura un’eternità , la riunione si scioglie solo dopo oltre quattro ore e i colonnelli vanno sconsolati a riferire al resto del partito in un incontro iniziato alle 20.
Il malumore si taglia a fette, alcuni degli ex An vorrebbero rafforzare le consultazioni e minacciano di non far passare lo statuto con le nuove regole.
Cicchitto, lasciando Grazioli, sostiene che le primarie si faranno e che “beh, sì”, Berlusconi è d’accordo. Non lo è affatto, anche se Alfano alla fine gli strappa un ‘ni’ su un modello di primarie americane ancora più annacquato, con elezioni provinciali e una convention finale.
A sera non è ancora partita la convocazione per un ufficio di Presidenza in teoria in agenda oggi.
Tutto dimostra che è in atto un braccio di ferro durissimo, giocato sul filo dei nervi.
I colonnelli provano a imbrigliare il Cav, Alfano cerca disperatamente di non far saltare le primarie, Verdini media ma non nasconde di condividere i dubbi di Silvio. Berlusconi scalpita, anche ieri ha chiarito il progetto: «Vorrei lanciare una lista di ex azzurri, più un’altra di gente che non ha mai fatto politica».
C’è un nome che circola insistentemente, si tratta dell’imprenditore e banchiere emiliano Giampiero Samorì.
Si vocifera anche di un incontro. A lui Berlusconi vorrebbe affidare la macchina organizzativa, a lui guarda Sgarbi proponendo un ticket per le primarie.
È il caos, che potrebbe aumentare se si verificasse quanto ipotizza in queste ore il leader del Pdl.
Ovvero del boicottaggio delle primarie, ottenuto facendo ritirare dalla corsa Santanchè e Galan — politicamente a lui legati — per lasciare Alfano da solo in una corsa svuotata. E con un Pdl bad company.
In attesa di capire come finirà , Berlusconi a sera alza il telefono.
Nella tempesta sente il bisogno di sentire due vecchi amici e consiglieri come Miccichè e Dell’Utri.
Tommaso Ciri
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
LA FOTO A CORREDO DI UN ARTICOLO DEL LEADER DELL’IDV: “ANCORA PIU’ FORTI E DETERMINATI”… MA I RAGAZZI DELLA FOTO IN REALTA’ INNEGGIAVANO A MAX PEZZALI
Il fotomontaggio è stato scoperto dal portale davidpuente.it: sulla pagina personale del leader dell’Idv, in un post intitolato “Ancora più forti e determinati”, la foto a corredo ritrae in primo piano l’ex magistrato di Mani Pulite e dietro di lui un’orda di ragazzini in festa per l’esibizione del cantante Max Pezzali
La folla sullo sfondo nella foto di Antonio Di Pietro?
Quella di un concerto degli 883. Tutto vero.
Lo ha scoperto il sito davidpuente.it, il cui curatore, leggendo il portale del leader dell’Idv, si è imbattuto in un post dal titolo emblematico: “Ancora più forti e determinati”.
A colpire l’attenzione, però, non è stato tanto il contenuto dell’articolo (la trascrizione dell’intervista all’ex pm pubblicata da Repubblica il 5 novembre), quanto lo scatto che corredava il pezzo: in primo piano Antonio Di Pietro, sullo sfondo una folla in festa. Forse troppo in festa.
Ed ecco scoperta la piccola magagna.
Davvero difficile, del resto, non notare che si trattava di un fotomontaggio di scarso livello: diverse le tonalità dei colori, diversa la nitidezza dell’immagine, molto evidenti le tracce dello scontornato.
Venuta a galla il trucco, il passo successivo era obbligato: cercare di capire a quale altro evento si riferisse la folla in questione.
E qui la sorpresa di chi ha fatto la ricerca è andata oltre ogni più rosea aspettativa: l’orda di ragazzini in festa ritratta nella foto incriminata era quella di un vecchio concerto degli 883 di Max Pezzali.
Morale della favola?
Direttamente dall’auto della scoperta: “Con tutte le foto a disposizione dell’Italia dei Valori dovevano proprio usare quella pubblicata su un sito dedicato a Max Pezzali degli 883?“.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
CONFERENZA STAMPA ALLA CAMERA: “DI PIETRO HA TRADITO E SNATURATO LO SPIRITO DELL’IDV”… DARANNO VITA A UNA NUOVA FORMAZIONE POLITICA
Massimo Donadi e Nello Formisano si sono dimessi dall’Idv e da tutte le cariche che ricoprivano nel partito e nel gruppo parlamentare.
Lo hanno comunicato i due esponenti dell’Italia dei Valori in una conferenza stampa alla Camera, annunciando che daranno vita a una nuova formazione politica “aperta al dialogo con tutto il centrosinistra moderato”.
Si concretizza quindi la scissione dentro il partito di Antonio Di Pietro, squassato dai malumori per le aperture al Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e investito dalle polemiche per le inchieste giudiziarie.
“Dopo una notte di riflessione — ha detto Donadi — ho deciso di rassegnare le dimissioni dal gruppo e dal partito”.
Secondo Donadi, Di Pietro ha portato ad un “progressivo tradimento e snaturamento della natura dell’Idv: del radicalismo riformista di cui questo Paese ha bisogno, è rimasto solo un radicalismo arrabbiato e spesso ideologico. Ma la mia non è certo una resa di fronte alla voglia di fare politica”.
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE ERA STATO INDAGATO PER FALSO IDEOLOGICO IN ATTO PUBBLICO NELL’INCHIESTA TERREMERSE IN MERITO A UN FINANZIAMENTO EROGATO A UNA COOPERATIVA GUIDATA DAL FRATELLO
Il governatore dell’Emilia-Romagna Vasco Errani è stato “assolto perchè il fatto non sussiste” dal giudice Bruno Giangiacomo nel rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta Terremerse circa un finanziamento della Regione alla cooperativa guidata allora dal fratello Giovanni.
Il presidente era accusato di falso ideologico in atto pubblico.
La richiesta della accusa era stata di dieci mesi e vento giorni per aver favorito il fratello.
La difesa aveva chiesto l’assoluzione piena. Il governatore non era presente alla lettura della sentenza.
Assolti anche i dirigenti regionali Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti, che compilarono la relazione spontanea che ha messo nei guai Errani: la Procura aveva chiesto per loro una condanna a dodici mesi.
“Ho sentito un respiro di sollievo”, ha commentato il legale di Errani, Alessandro Gamberini, nella telefonata in cui comunicava al governatore la decisione del giudice.
“Si tratta di due assoluzioni per formula piena”, spiega il legale; si è così dimostrato per Errani che “era una vicenda che non lo riguardava”, mentre che i dirigenti regionali “hanno agito in buona fede”.
Certo c’era apprensione, “perchè la mia esperienza di avvocato mi dice che nulla è scontato”.
“Se condannato si sarebbe dimesso”.
“Il governatore Errani è una persona molto lineare”, commenta il legale Gamberini, “di fronte a un’eventuale condanna le dimissioni sarebbero state la sua conseguenza ovvia”, perchè anche una condanna “anche modesta” nell’entità sarebbe stata “una macchia sulla sua onorabilità “. Gamberini non reputa l’azione della Procura “una valutazione di tipo politico”, ma “infondata”: “Ci sono valutazioni sbagliate che portano a scelte sbagliate”.
La vicenda giudiziaria.
Il governatore dell’Emilia-Romagna era indagato per falso ideologico in atto pubblico nell’ambito dell’inchiesta Terremerse. Nel 2006 la cooperativa agricola ravennate, allora guidata dal fratello di Errani, Giovanni, ottiene dalla Regione – di cui è già governatore Vasco Errani – un finanziamento di un milione di euro per un nuovo stabilimento enologico.
Come ricostruirà la Procura, l’autodichiarazione di lavori conclusi al 31 maggio 2006 firmata da Giovanni Errani è falsa: il permesso di costruire era arrivato solo otto giorni prima.
La vicenda esplode quando il caso viene sollevato dal Giornale: siamo nel 2009 e il governatore, per difendersi dalle accuse, produce una relazione spontanea, compilata dai due dirigenti regionali Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti, in cui si dichiara la pratica di erogazione fondi completamente regolare.
Non è di questo parere il pm Antonella Scandellari, che il 18 luglio di quest’anno chiede il rinvio a giudizio del presidente della Regione.
Nell’udienza preliminare di ieri il governatore, Terzini e Mazzotti hanno ottenuto il rito abbreviato.
Per altri sei indagati – per cui si apre il processo – l’udienza è fissata per l’1 e 8 febbraio 2013.
Luigi Spezia
(da “La Repubblica“)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
IL TESTO PREVEDEVA UN ANNO DI CARCERE PER CHI ISTIGA ALL’ODIO CONTRO GLI OMOSESSUALI
La Commissione Giustizia della Camera ha respinto, con i voti dei rappresentanti di Pdl, Lega e Udc il testo base per una nuova legge contro l’omofobia e la transfobia, che prevedeva l’estensione della legge Mancino e che era stato adotatto con i voti di Pd e Idv.
“Ancora una volta la lobby omofoba si è espressa contrariamente alla nostra proposta di legge che prevedeva il contrasto dei comportamenti dettati da omofobia e transfobia. Proposta che perseguiva il suo obiettivo attraverso l’estensione della legge Mancino, quella che punisce i comportamenti razziali”, ha scritto in una nota il deputato Idv Federico Palomba, capogruppo in commissione Giustizia, che ha annunciato battaglia in aula.
nche per la parlamentare Pd anna Paola Concia, promotrice della nuova legge e leader del movimento omosessuale, la battaglia continuerà in Aula: “Pdl, Lega e Udc hanno votato contro, con le sole astensioni di Carfagna e Ria. Mentre il partito democratico e l’Italia dei Valori, che avevano proposto lo stesso identico testo normativo, hanno votato a favore. La battaglia del Pd e dell’Idv ovviamente proseguirà in Aula dove, per la terza volta, chiederemo di approvare una norma di civiltà di cui il nostro Paese ha assolutamente bisogno”.
“Mentre oggi nell’ordine veniva eletto il primo presidente americano apertamente schierato a favore del matrimonio omosessuale, tre stati americani approvavano le nozze fra persone dello stesso sesso, la corte costituzionale spagnola difendeva la legittimità della legge sul matrimonio egualitario e il governo francese approvava il testo che fra qualche giorno sarà presentato al Parlamento, in Italia una parte delle forze politiche del Paese sono state capaci di bocciare una norma contro la violenza omofoba e transfobica. Quelle stesse forze politiche credo debbano vergognarsi”, ha continuato Concia.
Deluso anche il responsabile diritti civili Idv Franco Grillini, leader storico dell’Arcigay: “Per l’ennesima volta – ha accusato- è stato bocciato alla Camera il testo contro l’omofobia richiesto da tutte le organizzazioni omosessuali italiane. Il testo, a prima firma di Pietro-Palomba, chiedeva l’estensione della legge Mancino anche per i reati motivati dall’orientamento sessuale”.
Dopo il voto il capogruppo Idv in Commissione Giustizia Federico Palomba ha denunciato come “capofila di questo voto contrario sono stati la Lega e l’onorevole Costa che hanno proposto il testo che loro stessi avevano contribuito ad affossare in aula. A questo punto la battaglia di civiltà deve necessariamente trasferirsi in Parlamento. Solo dinanzi a un dibattito pubblico che esca dunque dalla ‘non pubblicità ‘ dei lavori della Commissione, la lobby omofoba potrà assumersi le proprie responsabilità “.
(da “La Repubblica“)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
GLI ITALIANI PREFERIREBBERO UN SISTEMA PROPORZIONALE PURO, SU BEN ALTRA LINEA RISPETTO AI PARTITI… SOLO IL 37% E’ FAVOREVOLE
Il dibattito sulla riforma elettorale è ancora in corso, senza che se ne veda, a tutt’oggi, una conclusione.
Tanto che molti esponenti politici si dichiarano convinti che in primavera si andrà a votare ancora una volta con il tanto deprecato Porcellum, magari lievemente modificato.
Insomma, malgrado le promesse dei partiti (al convegno dei Giovani industriali a Santa Margherita nel giugno scorso, i principali leader garantirono il varo del provvedimento entro tre settimane), le caratteristiche del nuovo ordinamento sono lontane dall’essere definite.
Restano tuttora in discussione elementi cruciali come l’introduzione o meno delle preferenze e la misura del premio di maggioranza.
Al riguardo, abbiamo visto come le preferenze siano richieste a gran voce dai cittadini.
La maggioranza degli italiani le interpreta, a torto o a ragione, come una riappropriazione del potere di scelta dei parlamentari da parte del popolo e ritiene invece non così importanti i pericoli di inquinamento e di manipolazione del voto che, storicamente, le preferenze hanno comportato.
PREMIO DI MAGGIORANZA
L’altro grande tema in discussione è il premio di maggioranza.
Come si sa, quest’ultimo, pur alterando di fatto, in misura minore o maggiore, l’esito delle consultazioni, garantisce quella governabilità che un sistema proporzionale puro spesso impedisce o comunque rende più difficile, specie in presenza di una frammentazione partitica elevata come in Italia.
Ancora una volta, è emerso un orientamento della popolazione che in parte differisce da molti dei progetti attualmente discussi in Parlamento.
Poco più del 50% degli intervistati, infatti, si dichiara contrario al premio di maggioranza e incline a un sistema proporzionale puro.
Una minoranza, anche se consistente (36%), si esprime invece a favore dell’applicazione del premio.
È ragionevole pensare che l’orientamento prevalente della popolazione, avverso al premio, sia legato anche ad una reazione contro la misura attuale – ritenuta eccessiva – di questo bonus. In generale l’atteggiamento dei cittadini è ancora una volta spiegabile con il desiderio di riprendere un maggior controllo sulla composizione del Parlamento e sulla vita politica del Paese nel suo complesso.
Risultano comunque relativamente più favorevoli – anche se in misura sempre minoritaria – al mantenimento del premio di maggioranza i cittadini con titoli di studio più elevati e posizioni sociali più «centrali», i giovani e gli elettori collocati nel centro e nel centrodestra (anche se, come emerge dai sondaggi, oggi il premio di maggioranza conviene specialmente al Partito democratico e al centrosinistra).
I PARTITI E IL PAESE
In generale, non è necessario nè forse opportuno basarsi sulle opinioni dei cittadini per definire il sistema elettorale.
Come è facile intuire, la maggior parte degli intervistati non può conoscere tutte le problematiche tecniche e le conseguenze dei sistemi elettorali e non ne sa pertanto valutare fino in fondo vantaggi e svantaggi.
Ma l’atteggiamento degli italiani può quantomeno suggerire l’introduzione di un contenimento dell’entità attuale del premio, già richiesta dalla Corte e prevista peraltro da alcuni dei progetti presentati in Parlamento.
In realtà , occorrerebbe definire un sistema elettorale che risponda il più possibile alle necessità del Paese e coniughi al meglio rappresentatività e governabilità (a nostro avviso, avvicinandosi al modello francese a doppio turno).
Viceversa, i partiti sembrano pensare sempre più spesso a un sistema elettorale che permetta loro di vincere le prossime elezioni.
Tanto che le regole che propongono mutano in relazione agli esiti dei sondaggi di cui via via vengono a disporre.
Un’ottica miope e di breve periodo che non fa il bene del Paese.
Renato Mannheimer
(da “Il Corriere della Sera”)
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Novembre 8th, 2012 Riccardo Fucile
TUTTO E’ PARTITO DALLE SPESE DEL CONSIGLIERE PROV. DEMETRIO CARA, MA LA VICENDA PARE SOLO LA PUNTA DI UN ICEBERG DEL MECCANISMO DEGLI SPRECHI
Rimborsi chilometrici, spese di rappresentanza, emolumenti da consigliere provinciale e stipendio ridotto da appuntato della guardia di finanza. Demetrio Cara è stato eletto a Palazzo Foti nel maggio del 2011.
Si era candidato nella lista Raffa Presidente collegata a quella del Popolo della Libertà . Nominato consigliere provinciale di Reggio Calabria, Cara aveva spostato la residenza dal capoluogo di provincia a Gioia Tauro, una sessantina di chilometri dalla sede del Consiglio che gli avrebbero consentito di usufruire di rimborsi chilometrici maggiorati.
Non certamente cifre da capogiro (intorno alle 600-700 euro in più al mese) ma la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta. Il pm Matteo Centini vuole vederci chiaro e nei giorni scorsi ha inviato i militari della guardia di finanza al palazzo della Provincia.
I militari si sono presentati nella sede del gruppo del Pdl reggino e hanno acquisito la documentazione dalla tesoreria del partito di Berlusconi.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ricostruire la vicenda che, a questo punto, rischia di allargarsi visto che le fiamme gialle stanno passando al setaccio tutte le spese del Popolo della libertà .
Demetrio Cara è un finanziere che prestava servizio a Gioia Tauro.
Una volta eletto, il Comando provinciale lo ha trasferito a Gambarie, comune di Santo Stefano D’Aspromonte, una sede più vicina a quella del consiglio provinciale in modo da svolgere il proprio lavoro di appuntato della guardia di finanza e, allo stesso tempo, dedicarsi alla politica. L’anomalia è che, all’indomani della sua elezione, pur abitando a Reggio Calabria, Cara ha dichiarato di essere residente nella caserma di Gioia Tauro.
Adesso gli uomini del colonnello Claudio Petroziello stanno verificando tutti i soldi che il collega-politico ha percepito in un anno e mezzo.
Dopo gli accertamenti, la procura deciderà se contestare reati al consigliere provinciale.
Ma la vicenda di Cara potrebbe rivelarsi solo la punta di un iceberg di quello che, in realtà , è il sistema dei soldi che vengono dati ai politici attraverso i partiti. Fondi di cui una parte vengono gestiti a livello locale, altri invece direttamente da Roma.
A proposito, su questo fronte a Reggio la sezione di polizia giudiziaria della guardia di finanza sta conducendo un’altra delicata indagine, coordinata dall’avvocato generale dello Stato Franco Scuderi.
Al consigliere regionale del Pri, Antonio Rappoccio (già in carcere da fine agosto), sono stati trovati assegni per 70mila euro emessi dal gruppo Alleanza per la Calabria a suo favore senza nessuna ‘giustificazione’.
Gli investigatori hanno acquisito la documentazione relativa alle spese del partito che, nel 2011, ha percepito oltre 338mila euro.
Tolti 100mila euro per i contributi e le trattenute dei collaboratori dipendenti del consiglio regionale, restano 238mila euro gestiti dal capogruppo di Alleanza per la Calabria Giulio Serra (non indagato) assieme al consigliere Rappoccio.
Forse è ancora presto, ma le due indagini possono provocare un terremoto nella politica calabrese, già provata dallo scioglimento del Comune di Reggio per contiguità mafiosa.
Il sospetto è che si possa scoprire l’ennesimo ‘caso Fiorito’ partendo dalla cosiddetta ‘cricca Rappoccio’ che aveva messo in piedi una serie di cooperative attraverso le quali venivano banditi concorsi fantasma che sarebbero serviti al consigliere repubblicano per promettere posti di lavoro inesistenti in cambio dei voti per le regionali 2010 quando si era candidato a sostegno del presidente Giuseppe Scopelliti.
Stando al prospetto riepilogativo del 2011, infatti, il gruppo Insieme per la Calabria ha speso 15mila euro per “spese postali, telefoniche e di segreteria, acquisto quotidiani, settimanali e riviste, abbonamenti, spese di cancelleria, fotocopiatrici ed attrezzature”.
Ammontano, invece, a 124mila euro, le “spese organizzative, di funzionamento, di rappresentanza, di aggiornamento, studio e documentazione, acquisizione di consulenze professionali di esperti, informazione sull’attività del gruppo, documentazione e libri, spese tipografiche, organizzazioni di convegni”.
E se quasi 65mila euro sono la cifra sostenuta dal gruppo consiliare per le “collaborazioni e il personale, per il rimborso viaggi e le trasferte per partecipazione attività ”, sfiora i 45 mila euro l’ammontare delle uscite sotto la voce “altre spese”.
Tutto, naturalmente, senza ricevute, scontrini o spiegazioni che dimostrino la tracciabilità dei soldi.
Lucio Musolino
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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