Giugno 18th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO AVER PERSO IL CONTROLLO DEI PARLAMENTARI (SOLO 79 SU 163 HANNO VOTATO PER L’ESPULSIONE DELLA GAMBARO) GRILLO VIENE ABBANDONATO ANCHE DALLA BASE CINQUESTELLE
I fedelissimi di Beppe Grillo in piazza a Montecitorio a Roma a sostegno del leader, dopo le critiche mosse dalla senatrice Adele Gambaro e tutte le successive mosse e polemiche che ne sono scaturite.
Non ultima, la riunione in cui è stata decisa l’espulsione della Gambaro.
Tra cinquanta e cento, in piazza. Non ci voleva molto a contarli.
Urlano e mostrano striscioni come «O dentro o fuori dal Movimento con i suoi valori», «Beppe megafono, noi voce del Movimento», «L’onestà andrà di moda» oltre a cartelloni con le foto di alcuni dissidenti e fuoriusciti bollati come traditori.
Pochi anche i parlamentari dell’M5S che partecipano alla manifestazione.
In piazza anche Roberta Lombardi, che risponde alle domande dei giornalisti su Paola Pinna, deputata sarda attorno alla quale, a causa di un’intervista, sta scoppiando un nuovo caso. «Pinna? Non la conosco, chi è?» – dice Lombardi .
Spiegazioni, infine, sul perchè l’assemblea congiunta che ha votato l’espulsione della senatrice Gambaro non sia stata trasmessa in streaming: «Abbiamo trasmesso in streaming la riunione dei senatori» M5S sul caso Gambaro «e abbiamo visto che alcuni stralci finivano nel talk, diventavano materia di dibattito in tv. Va bene la trasparenza, ma fessi proprio no…».
Di loro è vietato parlare se non in termini entusiastici, poveretta….
Basta esaminare il voto di ieri sera che ha visto 42 parlamentari contrari, 9 astenuti, 33 assenti (il totale fa 84) contro 79 a favore della proposta di espulsione della senatrice Gambaro.
In pratica Grillo è stato messo in minoranza.
E stamane anche la base militante gli ha dato l’addio.
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Giugno 18th, 2013 Riccardo Fucile
“VEDRETE, DOMANI LA CONSULTA DIRA’ CHE PUO’ ESSERCI STATA UNA VIOLAZIONE DEI DIRITTI DELLA DIFESA, SPIANANDO LA STRADA PER IL RICORSO”
La collaborazione tra destra e sinistra deve durare”, incita B. “Spero che il governo perseveri su
questa strada”, twitta poco dopo.
Poi complimenti ai ministri e soddisfazione profonda per le larghe intese.
“Questo nuovo amore? È ovviamente interessato. Ma siamo in politica, mica al cinema”, spiega un ex parlamentare Pdl che conosce bene B. e le sue strategie.
Giorgio Stracquadanio, allora il Cavaliere non è diventato rosso?
Ora che Berlusconi ha acchiappato il governo, perchè mai dovrebbe lasciarselo sfuggire? Prima delle elezioni il Pd era vincitore dichiarato, ora sono insieme nella maggioranza, alla pari.
Anche a costo di lodare la vituperata sinistra?
Mi stupisco di chi si stupisce. Questo clima pacifico che si è creato gli porta una marea di benefici, soprattutto sul piano dell’aggressione giudiziaria, che è destinata a finire.
Elabori.
Se il Cavaliere non è più nemico assoluto, e c’è un asse con la sinistra e con il Quirinale, c’è da aspettarsi che le randellate travestite da sentenze, così come gli avvisi di garanzie e le inchieste, cessino. Infatti c’è un abbassamento complessivo dei toni, o sbaglio?
Domani la Consulta decide su quel legittimo impedimento evocato da B. nel 2010 per il processo Mediaset: si aspetta che le nuove alleanze ne influenzino l’esito?
È evidente che questo clima, molto meno ostile, aiuta. Vedrete, la Consulta dirà che il conflitto di attribuzioni non c’è, ma che può esserci stata una violazione dei diritti della difesa: a quel punto la strada per il ricorso sarebbe spianata.
Quindi vede una connessione tra le larghe intese e le decisioni dei giudici?
Non è diretta, ma c’è sul piano politico. Berlusconi ritiene che se non è più in aperto e durissimo contrasto con la sinistra, le cose possano risolversi in modi più vantaggiosi. Per esempio facendo dimenticare le parole ostili che ha spesso rivolto ai giudici.
Quanto aiuta l’armonia col Quirinale?
Il Cavaliere, ricordiamolo, è stato uno dei grandi elettori che ha riconfermato Napolitano. Poi, è chiaro, non è che il presidente telefonerà ai giudici per dare istruzioni: intanto perchè non può, e poi perchè non lo farebbe. Però, durante il discorso ai Prefetti, il capo dello Stato ha già detto che serve equilibrio nelle decisioni: più di così…
E quanto pesa la pronuncia della Consulta sui destini del governo?
Poco, perchè un’alternativa non c’è: andare alle urne sarebbe una follia. E poi chi glielo fa fare di rischiare un voto contrario sull’ineleggibilità ?
Chi soffre di più di questo nuovo idillio con il Pd?
Sicuramente i falchi del Pdl, che proprio non sono abituati. Sanno che il loro futuro politico dipende da Berlusconi, e quindi vogliono evitarne l’uscita dignitosa dalla politica che secondo me lui sta tentando. E il modo migliore per farlo è mantenere alta la tensione giudiziaria. Penso a Santanchè, Verdini, Capezzone… Berlusconi, per un bel po’ di gente, è un’assicurazione sulla vita.
Beatrice Borromeo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 18th, 2013 Riccardo Fucile
L’IRA DI LETTA TRA I GRANDI: “SILVIO FA IL GIOCO DI CHI DUBITA DI NOI”
«Ai grandi del mondo ho ribadito la volontà dell’Italia di mantenere gli impegni presi con l’Unione europea, in particolare la regola del 3% del Deficit/Pil».
Da Enrico Letta, impegnato nella sessione economica del G8, filtra in serata tutta l’irritazione per l’uscita del Cavaliere.
Battute e provocazioni, come quella di infischiarsene del Fiscal Compact e delle regole di Maastricht.
Trattati «liberamente sottoscritti e approvati dall’Italia», dicono a Palazzo Chigi, che Berlusconi vorrebbe mandare al macero.
Con un filo di perfidia il premier fa sapere che le parole di Berlusconi sono scivolate sulla riunione dei Grandi come la pioggerella sottile irlandese, che infastidisce ma non bagna: «Non ce n’è stata nessuna eco, nessun rilievo, lì dentro non ne ha parlato nessuno». «Probabilmente – chiosa Letta – non ne sono stati informati».
Come dire, neppure gli uffici stampa dei Grandi hanno ritenuto l’uscita di Berlusconi tale da dover meritare la loro attenzione.
A caldo, tanto per non lasciare margini al dubbio su quale sia la posizione del governo, Palazzo Chigi chiarisce subito che l’Italia «rispetterà gli impegni di bilancio, la nostra posizione resta la stessa ed è stata ribadita anche nell’incontro di sabato con il presidente della commissione europea, Barroso ».
Poi nelle telefonate tra Lough Erne e Roma, tra Letta e i suoi ministri, si cerca di capire il perchè di questo improvviso colpo di testa.
A mettere la pulce nell’orecchio al Cavaliere pare sia stato Renato Brunetta, con l’obiettivo di intestare al Pdl i risultati che starebbero maturando a Bruxelles in vista del vertice europeo di giugno. Per poi presentarli come un successo del pressing di Berlusconi su quello che Giuliano Ferrara ha preso a descrivere come un «governo senza le p…e e senza il quid».
E tuttavia agli uomini più vicini a Letta importa meno quale sia la motivazione – ammesso che ce ne sia una – dietro l’uscita del leader del Pdl. A irritare sono le possibili conseguenze.
La dissipazione del capitale di credibilità conquistato grazie all’uscita dalla procedura di infrazione.
«Mancano dieci giorni al Consiglio Ue – dice un ministro che ha condiviso le preoccupazioni del premier – e queste parole irresponsabili di Berlusconi non fanno altro che dare più forza a quei paesi che vorrebbero ancora tenerci sotto tutela. Oltretutto è paradossale che a parlare sia Berlusconi: è stato lui a farsi imporre l’anticipo al 2013 del pareggio di bilancio, sono stati lui e Tremonti ad accettare senza fiatare le clausole draconiane del Fiscal Compact».
La partita europea è infatti ancora molto difficile e lo dimostrano le voci rimbalzate ieri fino in Irlanda sul fallimento dellatrattativa sulla Golden Rule per sganciare dal calcolo del deficit il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue.
Un’ancora di salvezza per quei Paesi che, come l’Italia, sono usciti dalla procedura di deficit eccessivo.
Letta lo ha spiegato chiaramente ai governatori regionali incontrati due settimane fa, quando ormai era chiaro che l’Ue ci avrebbe tolto dalla lista nera. «In futuro si libereranno almeno 10 miliardi per la crescita – ha avvertito – ma quest’anno potremo sperare solo nell’anticipazione del piano europeo contro la disoccupazione giovanile. Per altri interventi bisognerà attendere il vertice di dicembre, anche per il voto tedesco».
A Roma altri suggeriscono a Letta motivazioni meno nobili dietro la sparata del Cavaliere.
Nel giorno in cui l’IrishSun dà conto di un’inchiesta aperta dalla polizia irlandese su Berlusconi (per una presunta operazione di riciclaggio da mezzo miliardo di euro), l’interessato avrebbe intenzionalmente gridato più forte per coprire la notizia sgradita.
A volte le cose più banali risultano anche le più vere.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Giugno 18th, 2013 Riccardo Fucile
“PROCESSATA PER DUE MINUTI DI INTERVISTA”
Alle nove e mezza di sera Adele Gambaro ha finito le parole. 
Stremata dal doppio processo che ha dovuto subire «per due minuti di intervista», prima a Palazzo Madama poi davanti all’assemblea congiunta di deputati e senatori, dice solo di aver apprezzato la solidarietà ricevuta da alcuni colleghi, come Simona Bencini e Maurizio Romani: «I rapporti col gruppo sono buoni, quello non è il problema. Non lo è mai stato».
E sul possibile esito, confessa: «Temo che mi espellano, ho paura che andrà così».
Non vuole commentare oltre.
Non vuole parlare mentre nell’auletta dei gruppi a Montecitorio si sta dibattendo, e decidendo, sulla sua sorte.
Diffonde quel che ha scritto, però. Le parole che ha affidato all’assemblea prima di uscire: «Il mio gesto era volto principalmente a esprimere una riflessione critica nei confronti della linea che il Movimento sta prendendo, rischiando di assumere una forma a mio parere controproducente e dannosa per l’immagine del nostro operato in Parlamento».
E ancora: «Attenderò il giudizio dell’assemblea e lo accetterò rimanendo nelle mie opinioni, con la speranza che il mio gesto possa essere servito a far smuovere il cambiamento verso una linea più democratica».
L’“imputata” Gambaro — che è arrivata alla Camera letteralmente scortata da alcuni senatori che la circondavano perchè nessuno la avvicinasse — ha letto il suo foglietto visibilmente emozionata.
La voce incrinata, le mani tremanti. Poi è uscita, tra gli applausi di chi l’ha sostenuta fino alla fine e i mugugni degli “ortodossi”.
L’atmosfera è tesa. Gli animi si scaldano subito.
Già al momento di decidere se fare la diretta streaming (il no passa per soli 12 voti) i sostenitori della senatrice si fanno sentire: chiedono che vada tutto in Rete, che tutto sia trasparente fino in fondo.
Poi, al momento di decidere se accettare il voto per delega di chi non ha potuto esserci. Si vota che non si può, anche lì volano proteste.
Vito Crimi — che con il nuovo capogruppo Nicola Morra ha deciso la regia dell’intera operazione — chiede che alla fine si scelga una cosa sola: «Dobbiamo decidere se demandare la decisione alla Rete. Nient’altro».
Vuole frenare i difensori della Gambaro. Nessuno può mettere in discussione la “sovranità della Rete”, è questo il ragionamento, e per questo si vorrebbe saltare il “primo grado di giudizio”.
In molti non ci stanno.
«Il regolamento è chiaro ed è on line», diceva già nel pomeriggio la senatrice Maria Mussini. «La regola è sempre stata che vota l’assemblea e che, nel caso di espulsione, ci sia la ratifica della Rete. La nuova proposta mi sembra un bel salto, una forzatura», dice l’ex sfidante di Morra Luis Orellana.
Tancredi Turco si infervora: «Io sono contrario all’espulsione e voglio dirlo chiaro, è su questo che dobbiamo decidere».
Parla anche Walter Rizzetto. Alessio Tacconi legge un documento del suo meet up contrario alla cacciata.
Fanno lo stesso Francesca Businarolo e Ivana Simeoni, «scandalizzata all’idea di aver appreso della proposta di espulsione dal blog».
Gli ortodossi non sono meno agguerriti: Vega Colonnese, Laura Castelli, Alessandro Di Battista, Patrizia Terzoni, sottolineano quanto sia grave aver messo in dubbio l’operato di Beppe Grillo.
E Manlio Di Stefano taglia corto: «Invece di parlare di dissidenti ogni giorno, se c’è qualcuno che dissente, si alzi ora e lo dica. Faccia il suo percorso lontano da noi».
C’è anche chi chiede conto dell’ultima intervista di Paola Pinna, di cui Andrea Colletti si è già premurato di chiedere l’espulsione. «Il movimento deve includere, non escludere», ripeteva senza sosta prima della riunione la senatrice Simona Bencini. E prevedeva: «Se mandano via Adele i prossimi siamo noi, io e Romani che l’abbiamo difesa. A questo voto non si doveva proprio arrivare, è un’assurdità ».
Ci si arriva però, e la scelta di rimandare la decisione alla Rete è la garanzia — per i falchi — che tutto andrà come deve.
Hanno votato come chiesto da Crimi in 79. 42 erano contro, 9 si sono astenuti e alla fine — tra chi non è mai arrivato e chi è uscito prima — in 33 hanno deciso di non votare (i talebani non raggiugono nemeno la maggiotramza dei 163 parlamentari… n.d.r.) .
Adele Gambaro sarà cacciata dal Movimento.
Il desiderio di Beppe Grillo sarà esaudito.
Come sempre.
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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Giugno 18th, 2013 Riccardo Fucile
GRILLINI TREMATE, LE STREGHE SON TORNATE
La «strega» è lì, con la gonna bianca in seconda fila. Gli altri tutti intorno. Fa caldo, gli uomini sono senza giacca, le signore senza maniche.
Il clima è a metà tra una seduta di autocoscienza degli Anni Settanta e un processo della prima metà del Seicento.
Che la senatrice Adele Gambaro, colpevole di aver attaccato Beppe Grillo, abbia un gatto nero in casa?
E sull’iride del suo occhio destro c’è per caso quel neo, il famoso «segno del diavolo»?
Ore 15.30, Inquisizione in streaming, seduta preliminare dei senatori prima dell’assemblea congiunta dei gruppi.
L’imputata è presente e persino «troppo fredda», come le rimprovera un collega. Gioca con un pezzo di carta mentre i Cinquestelle di palazzo Madama pesano la sua colpevolezza.
Espulsione, ergastolo, frustate?
Enza Blundo ha un’idea: «Adele deve chiedere perdono a Beppe per aver messo in pericolo il movimento, magari lo deve fare in diretta streaming… ».
In ginocchio, a capo chino.
La vorrebbero più contrita, lei tiene il punto: «Non mi sono mai sognata di mettermi a livello di Grillo, lo stimo, e non mi devo giustificare. Confermo che i toni devono cambiare, siamo dentro le istituzioni».
Coraggiosa, sfrontata. «Scusa Adele perchè hai espresso il tuo dissenso davanti ad una telecamera? ». Semplice: «A Beppe ho mandato un sms ma lui non mi ha mai risposto».
Sono nervosi.
Andrea Cioffi: «Siamo finiti in uno stress-test per colpa dei giornalisti. Dobbiamo dimostrare di essere forti e coesi».
Un collega lancia l’allarme: «Ci sono 300 giornalisti qui fuori. Siamo pesciolini rossi in un mare di pescecani. Questi qua non vedono l’ora di farci saltare i nervi…».
Maledetta stampa: «Adele, dicci, l’hai chiamato tu il giornalista di Sky per fare l’intervista?».
Lei fa cenno di no con la testa. Interviene Rocco Casalini, già Grande Fratello Uno, responsabile delle terremotate relazioni con i media.
Signori della corte, «noi della comunicazione non abbiamo autorizzato nessuna intervista ».
Brusio in sala. Vito Crimi, ex presidente dei senatori, un po’ di fretta per via di un trasloco, si rimette agli attivisti: «Noi non voteremo nessuna espulsione, le decisioni le prenderà la Rete».
La «strega» non ha nessuna intenzione di salire sul rogo e fissa Crimi negli occhi: «Il rapporto di fiducia non c’è più. Tu hai messo sul blog un mio sms… Si parla tanto delle critiche che ho rivolto a Grillo e nessuno parla delle reazioni violente nei miei confronti apparse in Rete ».
Non si dimette, non molla il punto: «Con voi sto bene. Nessun problema…».
E allora? E allora lo streaming diventa una tortura.
Sanno che anche Grillo guarda e giudica. Aveva chiesto la testa di Adele, loro vacillano. Lei è cattiva, ha alzato la testa, ma cacciarla «è strategicamente sbagliato».
Se fosse un telefilm poliziesco, Laura Bottici avrebbe il ruolo della dura: «Siamo in guerra con il sistema politico. C’è da tirar fuori le unghie, chi non se la sente vada a casa».
Un dubbio serpeggia: «Se siamo diventati 53 meno 16 (il numero che sarebbe pronto a fare un nuovo gruppo,ndr ) allora siamo una schifezza».
«Ma quale guerra! Noi siamo qui per cambiare il Paese nella maniera più soft possibile» — dice Alessandra Bencini che non regge la lettura epico-bellica — «Adele deve rimanere nel gruppo. Dare un’opinione personale è forse illegale? Quante persone servono per un’eventuale gogna mediatica?».
Sì, butta male. Maurizio Romani apre un altro fronte: «Non voglio le scuse di Adele ma quelle del capogruppo dei deputati Riccardo Nuti. L’avete letta la sua intervista a Repubblica? Dice che chi vota contro l’espulsione della Gambaro è fuori e che la scissione è inevitabile. Chieda scusa lui!».
Niente diretta streaming dei gruppi congiunti, meglio le porte chiuse.
Nicola Morra, neocapogruppo al Senato, è pallido come un cencio: «Sono i giorni più brutti della mia vita ».
La «strega» esce dal processo, la gonna bianca senza una piega.
Alessandra Longo
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