Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
Il 28 giugno prossimo, con un incontro pubblico a Roma (Auditorium del MAXXI, ore
10-17), comincia il cammino di GREEN ITALIA, “impresa politica” per dare nuova speranza all’Italia partendo dall’idea che un’economia e una società “green” siano la risposta più efficace, più promettente ai grandi problemi che ci assillano.
Il Manifesto programmatico
Ci chiamiamo “GREEN “perchè pensiamo che la “grande Crisi” — esistenziale, economica,culturale, ecologica e sociale, crisi di speranza in un futuro migliore — si puo’ affrontare solo a partire da un “green new deal”, da un nuovo patto sociale per il futuro che metta al centro la green economy,la consapevolezza culturale e la difesa e valorizzazione della specificita’del patrimonio materiale e immateriale italiano e scelga definitivamente uno sviluppo davvero sostenibile, crei ricchezza senza distruggere la natura, il paesaggio e gli equilibri ecologici, investa nella qualità ambientale e nelle altre grandi risorse immateriali come l’educazione, la cultura, la conoscenza, la partecipazione democratica, la legalità .
Amiamo l’Italia, per questo la vogliamo piùbella, consapevole, sostenibile, dinamica, equa. Piu’ civile perche’all’altezza della propria straordinaria storia
Al centro della nostra iniziativa politica mettiamo cinque parole.
La prima parola è crisi.
Nessun nuovo progetto politico è oggi non solo credibile, ma nemmeno ipotizzabile, se esso non offre risposta alla crisi .
Una crisi che, come in un gioco di scatole cinesi ne contiene diverse, tutte fra loro collegate ma ciascuna con propri tratti specifici: la crisi globale di un’economia finanziaria senza limiti, nè regole, nè controlli.
La crisi europea del lavoro e dell’occupazione, di un orizzonte competitivo che vede irrompere nuovi e formidabili protagonisti globali, dei nostri sistemi di welfare che pagano prezzi pesantissimi alle politiche di risanamento dei bilanci pubblici.
Ancora, vi è la crisi climatica ed ecologica, i cui tempi sono più dilatati ma i cui costi prevedibili, sociali ed economici, fanno impallidire tutto il resto.
Per l’Italia, vi è poi un’ulteriore scatola cinese, un supplemento di crisi sociale, ambientale, democratica:siamo,tra i grandi Paesi europepei uno di quelli con la distanza maggiore e più rapidamente crescente tra ricchi e poveri, con la percentuale più alta di giovani senza lavoro, e con una amministrazione pubblica tra le piu’ inefficenti, corrotte e costose.
Siamo una nazione dove i meriti individuali, la mobilità sociale e le aspirazioni dei più giovani sono sistematicamente sacrificati agli interessi auto-conservativi di piccoli e grandi gruppi di pressione interessati soprattutto a difendere il loro potere e i loro privilegi; in Italia convivono un popolo di evasori fiscali e uno di contribuenti tassati per oltre metà del loro reddito; siamo assediati da fenomeni consolidati e ormai endemici di illegalità , infiltrazioni mafiose e corruzione; abbiamo le città più inquinate d’Europa e problemi di degrado e di danno ambientale che almeno in questa forma e dimensione sono altrove sconosciuti, come l’abusivismo edilizio,le mancate bonifiche delle zone industriali e il diffuso dissesto territoriale.
Ogni minuto aumenta la sfiducia e il disprezzo dei cittadini, dei “rappresentati, verso la classe politica, verso i “rappresentanti”.
Tutti questi mali italiani nascono almeno in parte da un’identica causa: la lontananza delle classi dirigenti dall’interesse generale.
La seconda parola è ambiente.
Fino a qualche anno fa l’ambiente evocava soprattutto valori e bisogni, era un campo d’impegno prevalentemente culturale e sociale ed era, al tempo stesso, il terreno di un conflitto ricorrente tra ragione ambientale e ragione economica.
Oggi l’ambiente è ancora, certo, un valore e un bisogno primario, un bene comune da difendere e che non può essere ridotto a merce.
Ma oggi l’ambiente coinvolge rilevantissimi interessi economici, è il simbolo ed è il motore di una nuova economia che si dimostra particolarmente efficace come antidoto alla crisi e come base per un rinnovato e duraturo benessere: è la green economy dell’innovazione energetica, della chimica verde, della mobilità sostenibile, della valorizzazione del paesaggio, delle “smart city”, dei nuovi materiali, del riciclo dei rifiuti, del “consumo zero” del territorio.
Un’economia che genera ricchezza e dà lavoro senza dissipare risorse naturali e senza far crescere l’inquinamento, anzi contribuendo a risolvere problemi ambientali: un tempo si sarebbe detta un’economia a basso contenuto di entropia.
E’ questa la via giusta, e l’unica plausibile, anche rispetto al dibattito talvolta un po’ astruso sulla cosiddetta decrescita felice: l’unica via che fa decrescere l’impatto sui sistemi naturali di produzioni e consumi,nel mondo puo’ridare speranza e futuro a miliardi di donne e di uomini che vivono in condizioni umane inaccettabili e dà speranza e futuro a Paesi come il nostro altrimenti condannati al declino.
La terza parola è “glocal”, come intreccio virtuoso tra dimensione globale e locale.
Ci piace che il mondo attuale assomigli molto più di ieri a quella che Edgar Morin chiama “terra-patria”: nella quale circolano e si scambiano liberamente, grazie alla rete, conoscenze ed esperienze; nella quale il benessere è un orizzonte non più limitato soltanto a pochi Paesi; nella quale si afferma l’universalità dei diritti umani, civili, sociali.
Ma la globalizzazione,che è un processo grandioso e inarrestabile, è anche un processo ambiguo: può tendere all’ideale della terra-patria, o come oggi sta accadendo, può perpetuare ed aggravare i fenomeni di povertà , di crisi ecologica, di deterioramento e frammentazione sociale.
Più di tutto va combattuta l’idea che per trovare spazio — spazio economico, spazio culturale — nel mondo globalizzato, ogni popolo, ogni comunità debbano rinunciare alla propria identità e omologarsi ad uno stesso modello.
E’ vero il contrario: globalizzazione e identità sono bisogni inscindibili, nella loro necessaria compenetrazione vive quell’incontro tra “flussi” e “luoghi” decisivo per dare ancora senso all’idea di progresso.
Come italiani, possiamo avvertire con una forza speciale questa consapevolezza: siamo gli eredi del Rinascimento e i custodi di mille città e territori che fanno dell’Italia un grande, prezioso, inimitabile mosaico.
“Luoghi” dell’anima,luoghi di identità , di storie, di economie tutte diverse e tutte a loro modo uniche e irriproducibili.
Ma anche “luoghi” chiamati a confrontarsi con i “flussi” della globalizzazione: per l’Italia la via alla “buona globalizzazione” non può che essere “glocal”.
La quarta parola è patria, anzi patrie.
Ci sentiamo legati, profondamente legati, alla patria italiana e alla patria europea e pensiamo che solo in un forte investimento di idee, di azioni, di risorse umane ed economiche nella sostenibilità ambientale l’Italia e l’Europa possano trovare un futuro degno,desiderabile e all’altezza della propria storia.
Per noi il patriottismo non è appartenenza di “sangue”, ma politica e di “progetto”: si è italiani e si è europei per “ius soli”, se si vive stabilmente su questi “suoli” riconoscendosi perciò in un destino comune, e qualunque sia l’origine, la cultura, la religione dei propri genitori.
Si e’italiani se si partecipa al perimetro pubblico della parteciapzione politica.
Siamo convinti che all’Italia in particolare il patrimonio ambientale e paesaggistico abbia molto da chiedere — li abbiamo rovinati più di altri il nostro ambiente e il nostro paesaggio — ma anche molto da dare.
Se l’economia verde è quella che produce benessere e prosperità senza intaccare il capitale naturale, allora si può dire che l’Italia l’economia verde l’ha inventata, l’ha praticata con successo, prima di tutti gli altri.
Vi è insomma una “green economy” in salsa italiana che si fonda sulla bellezza, la creatività , la convivialità , il legame sociale e culturale tra economia e territorio: tutte materie prime immateriali e dunque ecologiche, tutti talenti dei quali abbondiamo e che oggi sono la nostra arma migliore, forse l’unica vera arma su cui possiamo contare, contro i rischi di declino.
Ci piace sentirci italiani e ci piace sentirci cittadini europei.
Ci piace molto meno l’Europa come funziona oggi: gli stessi che hanno lasciato crescere senza regole l’economia finanziaria, oggi vorrebbero ridurre l’idea europea, l’idea federalista di Spinelli, a un direttorio di banchieri e di burocrati senza democrazia.
Questa prospettiva va sconfitta, perchè svilisce il grande progetto europeista e perchè dà argomenti e spinta all’ascesa di forze populiste, anti-europee, nazionaliste e rischia di resuscitare odi e fantasmi del passato.
Infine, la quinta parola è ottimismo.
Per affrontare la crisi, la crisi globale e il declino italiano, servono fiducia e ottimismo.
Non servono e rappresentano un problema gravissimo, classi dirigenti come la nostra che nella politica come nel sindacato come nelle rappresentanze industriali pensano ancora, con poche eccezioni, di vivere nel Novecento e privilegiano sistematicamente la conservazione rispetto all’innovazione.
Innovazione contro conservazione:sara’questa la nuova discriminante politica oltre le insignificanti categorie del 900.
E’proprio l’estraneità alla cultura e alla consapevolezza ecologica e della sostenibilita’dello sviluppo uno dei tratti più vistosi di questa non contemporaneità e di questa formidabile resistenza al cambiamento che accomuna buona parte delle forze politiche e sociali italiane, ed è uno dei principali ostacoli che impedisce di avviare l’Italia su un cammino rinnovato di progresso che riconosca e sappia interpretare le trasformazioni sociali, economiche, geopolitiche, culturali simboleggiate dal passaggio di millennio.
Oggi dobbiamo evocare sfide immense e decisive: problemi globali come la crisi climatica e la persistente, enorme disuguaglianza nell’accesso alle risorse che condanna miliardi di persone ad una vita di miseria assoluta e disperata; problemi europei, come l’urgenza di costruire un nuovo modello energetico fondato sull’efficienza e sulle fonti pulite; problemi spiccatamente italiani come l’inquinamento urbano, il dissesto del territorio, l’illegalità dell’abusivismo edilizio, la criminalità ambientale delle ecomafie.
Ma l’ecologia e una nuova consapevolezza culturale sono anche una grande speranza e richiamano valori, bisogni, interessi sempre più centrali nella vita delle persone: i valori di quanti considerano che oggi non possano esservi progresso e benessere senza una profonda conversione dell’organizzazione sociale, dei consumi, delle produzioni, capace di porre un argine alla dissipazione delle risorse naturali e di fermare i cambiamenti climatici; i bisogni di chi ritiene che vivere senza inquinamento sia un diritto, come il lavoro e come la libertà , e che acqua, aria, suolo siano beni comuni; gli interessi di migliaia di aziende che investendo in produzioni e in tecnologie green si dimostrano più forti della crisi economica, ma reclamano politiche pubbliche — non sovvenzioni, politiche — che ne sostengano lo sforzo.
Nell’incontro del 28 giugno presenteremo i contenuti programmatici del “green new deal” che proponiamo per l’Italia.
Un nuovo patto che deve cambiare in profondità tutte le principali scelte pubbliche: dal fisco alle politiche industriali, dal welfare alla spesa pubblica, dalle infrastrutture ai trasporti, dalla legalità alle politiche civili e dei diritti.
La nostra iniziativa politica non nasce contro nessuno e anzi può contribuire a un’evoluzione positiva anche delle forze politiche tradizionali.
Non nasciamo contro nessuno ma nasciamo proponendo un’idea di sviluppo che non è aggiuntiva ma alternativa rispetto a quelle correnti nella politica e tra le classi dirigenti italiane.
Il terreno della nostra riflessione, del nostro progetto è lo stesso terreno praticato in tanti Paesi europei da partiti, movimenti, formazioni elettorali che ponendo l’ambiente e la cultura al centro del loro profilo e del loro discorso sono diventati punto di riferimento di un numero crescente di cittadini e il perno della contaminazione in senso ecologico delle altre forze politiche e sociali:di un’offerta politica con queste caratteristiche l’Italia ha bisogno per tornare a credere in se stessa e per aiutare l’Europa a ritrovare la via del futuro.
Noi ci impegneremo per costruirla.
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Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
VOLANO I PIATTI, OGGI L’INCONTRO DELL’ADDIO: RITORNA L’UDC TRA RECIPROCHE ACCUSE
L’unica cosa su cui entrambe le parti concordano è che non sarà formalmente un divorzio.
Visto che, come spiegano i montiani Benedetto Della Vedova e Andrea Olivero, «Scelta civica non può rompere quello che non c’è mai stato, cioè il soggetto comune con l’Udc».
Ma tolti i tecnicismi, l’unica cosa certa è che – a meno di colpi di scena dell’ultimo secondo – le strade di Pier Ferdinando Casini e Mario Monti stanno per separarsi. Per sempre
L’ex presidente della Camera e il Professore dovrebbero incontrarsi oggi, nel disperato tentativo di ricomporre una frattura che pare sempre più insanabile.
Dopodichè sabato, giorno in cui Casini ha convocato i suoi per l’annuncio di «una svolta», lo strappo potrebbe essere formalizzato.
Inutile chiedersi se la separazione sarà consensuale. Basta ascoltare le parti. «Dovevamo fare un partito insieme e all’improvviso quello va in conferenza stampa e osa pure dire che noi dell’Udc cerchiamo solo quote di potere», sbotta il segretario centrista Lorenzo Cesa.
Il «quello» in questione è Monti. Che prima, incrociando i giornalisti all’uscita di un faccia a faccia con Enrico Letta, dice apertamente sono «altri i temi su cui dobbiamo concentrarci in questa fase», non il rapporto con l’Udc.
Poi, incontrando i suoi, ripete a voce alta le riflessioni elaborate a più riprese dopo le elezioni. «E dire che per difendere l’alleanza con Casini ho respinto pressioni di tutti i tipi», è il ragionamento del Professore.
E ancora, riferiscono i suoi: «Ma come fa Casini a sostenere che senza l’alleanza con noi avrebbe preso più voti? L’unico dato certo è che è entrato in Parlamento con l’1,7 per cento…»
Il travaso di bile reciproco, esploso dopo il tesseramento lanciato da Monti in vista della trasformazione di Scelta civica in un partito vero e proprio, spinge Cesa a scrivere ai suoi iscritti una lettera che assomiglia a un punto di non ritorno.
«È giunto il momento di riprendere l’iniziativa politica dell’Udc. È il momento di ripartire. Vi invito a una mobilitazione generale».
Il fronte montiano, col tandem composto da Della Vedova e Olivero, risponde per le rime: «Oggi, dopo l’1,7 conseguito alle Politiche, l’Udc vorrebbe consumare frettolosamente una fusione che suonerebbe artificiale e sarebbe palesemente insostenibile per un movimento come Scelta civica, che si sta dando una struttura compiuta».
Dietro le quinte, l’atmosfera è ancora più tetra.
Tolto qualche ragionamento sull’ipotesi (ai limiti dell’impossibile) di mettersi d’accordo al Senato aggiungendo alla denominazione del gruppo un trattino e la parola «Udc», della «cosa» montian-casiniana non rimane nulla se non la rabbia reciproca. Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera, tenta una mediazione invocando la ricomposizione «immediata» della «deriva» coi centristi.
Ma ormai è tardi. Il deputato-scrittore Edoardo Nesi, che in bacheca ha un Premio Strega, sembra lui stesso il protagonista di un romanzo.
«L’altro giorno ho visto questo onorevole Cera dell’Udc mentre stava per andare a menare un grillino. E guardi – aggiunge – che è bello grosso. Gli avrebbe fatto male di brutto, sa?».
E pensare, sorride, «che Cesa giura di aver letto i miei libri…».
Ed è un sorriso amaro.
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
“TUTTO LO STIPENDIO ECCEDENTE A UN CENTRO DISABILI DI CONEGLIANO”… “MI RISERVO DI PRESENTARE LE DIMISSIONI ANCHE DA PALAZZO MADAMA”
La senatrice Paola De Pin lascia il Movimento 5 Stelle a causa dell’espulsione di Adele
Gambaro.
“Dopo una lunga e sofferta riflessione annuncio la mia uscita dal Movimento 5 Stelle”, ha fatto sapere la parlamentare esprimendo “piena solidarietà ad Adele Gambaro” e dissenso rispetto alla “reazione” del Movimento e alla “gogna mediatica”. “Mi riservo di presentare in futuro le dimissioni da senatrice. Fino a quando ciò non accadrà , porterò avanti lo stesso in Parlamento e nelle commissioni, i valori del Movimento in cui continuo peraltro a credere”, ha aggiunto la senatrice eletta in Veneto”
“Il processo politico” contro Gambaro “mi ha lasciato una profonda ferita – continua De Pin – Il pericolo adesso è che nessuno voglia esprimere il proprio disaccordo per paura delle conseguenze” e ci sia “autocensura dei parlamentari M5S.
Se adesso facessimo calare un velo di omertoso silenzio verso la scellerata decisione di espellere un parlamentare solo per aver espresso opinioni non gradite, violeremmo i principi del Movimento e della democrazia”.
De Pin ha poi voluto sgomberare il campo da ogni equivoco: “Per evitare ogni speculazione riguardo alle diarie annuncio che darò in beneficenza tutti i denari non spesi per ragioni di servizio, come già mi ero impegnata a fare di fronte agli elettori
all’Associazione Nostra Famiglia di Conegliano (Treviso) che si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità , soprattutto in età evolutiva”.
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Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
L’EX RESPONSABILE, ORA PDL, ESIBISCE IL SUO MIGLIOR REPERTORIO A RADIO24: “STO FACENDO FARE LA PACE ALLE DUE COREE”
Ennesima “lisergica” intervista rilasciata da Antonio Razzi ai microfoni de “La Zanzara”, su Radio24.
Molteplici i temi affrontati: dall’espulsione della senatrice M5S Adele Gambaro (“le ho dato la mia solidarietà , le ho detto che ci ho passato anch’io”) al suo amore smodato per Silvio Berlusconi fino alla sua attività nella Commissione Esteri del Senato. “Ultimamente con altri Paesi abbiamo fatto un paio di ‘rettifiche bilaterali’ (ratifiche, ndr)” — dichiara fiero il senatore Pdl, che ha avuto modo di snocciolare il suo lavoro in un’intervista cult al canale tv abruzzese Rete 8.
In quell’occasione il parlamentare si era vantato di lavorare con Taiwan “per portare gli imprenditori taiwanesi in Abruzzo”, sottolineando: “’Dentro’ il mese di luglio faremo un incontro”. E non solo.
“Parlo spesso con il leader della Corea del Nord Kim Jong-un” —aveva affermato — “ho avuto il piacere di conoscerlo. Lui ha studiato all’Università di Berna e io sono vissuto lì. Quindi, parliamo in tedesco “insieme”. Nel mio ufficio” — aveva spiegato — “ho incontrato l’ambasciatore della Corea del Nord e l’ambasciatore della Corea del Sud. E ho trattato con tutti e due della loro riappacificazione. Se si mettono insieme e ‘si siedono a tavola’, possono dialogare perchè sono persone eccezionali, uguali a noi Italiani”.
E aveva aggiunto: “I Coreani, specie quelli del Nord, ascoltano solo quello che diciamo noi Italiani. Il viceministro degli Affari Esteri Pistelli mi ha detto: ‘Prenderai il Nobel per la pace’”.
Nel corso de “La Zanzara”, Razzi ribadisce il suo folle amore per Berlusconi: “Lui è un Messia, i magistrati ‘gli stanno messo di continuo’ a rompergli le scatolette e non capisco il perchè”.
E aggiunge: “Io prego ogni giorno i miei Santi perchè Berlusconi viva fino a 120 anni. Io darei la vita per lui, morirei. Gli darei un rene, due reni, persino mia moglie, se lei è d’accordo”.
Razzi poi ribadisce la sua fede calcistica bianconera: “Mi sono fatto scattare una foto con Buffon, eravamo a cena insieme, seduti allo stesso tavolo rotondo. Proprio oggi abbiamo rinnovato il presidente della ‘Juventus club Parlamento’ che è Francesco Boccia”. E infine spiega a suo modo il video porno da lui linkato nel profilo facebook personale: “Non so chi l’ha messo, sarà stato un hacker”
Gisella Ruccia
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Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
IL NEO PRESIDENTE DELLA VIGILANZA ORA VUOLE NON SOLO MANTENERLA COSI’, MA PURE RIFINANZIARLA … CATRICALA’ PENSA AL CANONE E ROSSI A TUTELARE LE EMITTENTI PRIVATE
Crolla un punto-chiave della battaglia del Movimento 5Stelle. 
Nessuna privatizzazione della Rai, a dirlo è il presidente della commissione di Vigilanza, il grillino Roberto Fico.
«In questo momento vendere la Rai significherebbe svenderla: e la Rai non si svende. E non si può vendere qualche canale Rai se prima non facciamo una legge seria su conflitto d’interessi e antitrust».
Se il problema è recuperare risorse e se è vero che Viale Mazzini vale 2 miliardi secondo un recente studio di Mediobanca, Fico propone un’altra soluzione: «Due miliardi: non è neanche la metà dei soldi che abbiamo programmato di spendere per gli F35. Un’assurdità . Andrei piuttosto a tagliare gli F35 e a rifinanziare la Rai per permetterle degli investimenti ».
I lavori della commissione comincianola prossima settimanacon l’audizione del presidente Anna Maria Tarantola e del direttore generale Luigi Gubitosi.
Verrà sentito nei prossimi giorni anche il viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà che proprio ieri davanti alla commissione Cultura ella Camera ha annunciato l’inizio di un’istruttoria per la scadenza della concessione alla Rai. Nel 2016 bisognerà rinnovare o sospendere il contratto tra lo Stato e il servizio pubblico. «Sono due le scadenze da affrontare – spiega il viceministro– . La prima è quella del contratto di servizio, che è già avvenuta e su cui stiamo lavorando. Poi a maggio 2016 sarà la volta della concessione. Cosa accadrà dopo, lo deciderà chi sarà in Parlamento e al Governo in quel momento. Noi però abbiamo ildovere di preparare il terreno e predisporre fin da ora le carte per quel momento».
La Rai, ha spiegato Catricalà in sintonia con Fico, «non va smantellata, anzi vogliamo costruire. E non c’è un pericolo Grecia, nè ora nè mai. La Rai è un asset strategico per il governo, al quale per ora non è arrivata nessuna ipotesi di vendita o di dismissioni». Sul canone poi Catricalà ha sottolineato l’importanza di recuperare «la ormai insostenibile evasione».
Ma il senatore di Scelta Civica Maurizio Rossi ha insistito sul costo dell’abbonamento: «In vista del rinnovo per 15 anni, con un impegno del valore di circa 35 miliardi di euro abbiamo il dovere di definire innanzitutto cosa si debba intendere per servizio pubblico, e quanto debba pesare sulle tasche dei cittadini».
Il presidente della commissione Trasporti e Telecomunicazioni Michele Meta (Pd) rilancia la riforma della legge Gasparri: «La priorità per il servizio pubblico è la riforma dei meccanismi di governance».
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Giugno 21st, 2013 Riccardo Fucile
“NEL MOVIMENTO IL CLIMA E’ DI TERRORE, NON C’E’ FUTURO”
«Sarà una questione di età , di sicurezza. Io non sono più una ragazzina e non sopporto di essere comandata a bacchetta ».
Il giorno dopo l’espulsione, la senatrice Adele Gambaro descrive la sua delusione senza scomporsi.
Usa lo stesso tono pacato di quando una settimana fa ha osato criticare Grillo, dai microfoni di Sky. Quello di una signora di 49 anni, ragionevole e indignata.
Lo ribadisce, la comunicazione del m5s è sbagliata. «Qualcosa non va, in tre mesi siamo riusciti a fare passare solo le polemiche interne. E non si può dire sia colpa dei giornali ».
Si augura che le epurazioni siano finite. «Ho sentito che Grillo ha chiamato i dissidenti. Penso sia una novità importante. Spero che la mia espulsione sia servita a questo». E annuncia: «Continuerò a ridurmi l’extrastipendio».
Senatrice Gambaro, come si sente oggi?
«Molto amareggiata. In una settimana è successo di tutto. I miei bambini sono sperduti, colpa della sovraesposizione mediatica. Io non capisco perchè nel Movimento è prevalsa questa linea di censura, avevo solo fatto un invito ad abbassare i toni. Sono molto pessimista sul futuro dei 5 Stelle. D’altronde sono stata espulsa due volte…».
La sua espulsione era decisa fin dall’inizio?
«È ragionevole pensarlo. Grillo l’ha detto subito che me ne dovevo andare, fin dal primo post. E alla fine è andata così. Passando per tutta la trafila, la stessa di Mastrangeli: prima il voto in assemblea, poi in rete».
Lei è stata buttata fuori per aver criticato la comunicazione di Grillo, ma tanti suoi colleghi sono a disagio per lo stesso motivo. Accusano il “gruppo comunicazione” di fare politica obbedendo al volere del guru, spesso in aperto contrasto con le posizioni dei parlamentari.
«Qualcosa che non va nella comunicazione c’è. In tre mesi di lavoro siamo riusciti a parlare solo delle nostre polemiche interne. E non è colpa dei giornali. Non so perchè si sia instaurato questo clima di terrore, ma mi ha messo a disagio».
Prevede altre espulsioni dopo la sua ?
«Non saprei. Ora Grillo ha cambiato strategia, cerca il dialogo. Penso che questa sia una novità importante, che potrà servire auna comunicazione migliore. Il dissenso va ascoltato».
I suoi colleghi la pensano come lei?
«Io avevo un disagio che era mio. Altri lo sentono, ma in maniera meno forte. Dipende dalla storia di ognuno».
Andrà nel gruppo misto?
«Direi di sì, come Mastrangeli».
È stata contattata da altri gruppi parlamentari?
«Non direttamente».
I maligni dicono che lei ha architettato tutto per non tagliarsi lo stipendio.
«Mi sono impegnata a restituire una parte dello stipendio e lo farò. Anzi finalmente potrò farlo, visto che la questione extrastipendio finora è stata gestita con molta approssimazione dal M5S. Ne hanno fatto uno spot elettorale, ma si tratta di cose serie. Sceglierò a chi devolverlo e lo farò”
Caterina Giusberti
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