Aprile 2nd, 2015 Riccardo Fucile
L’ACCUSA E’ CORRUZIONE: NEL MIRINO UNA TANGENTE DA 2,5 MILIONI SU UN AFFARE DI FINMECCANICA MASCHERATA DA PARCELLA PROFESSIONALE… LE AMMISSIONI DEL SUO EX BRACCIO DESTRO MARCO MILANESE E DEGLI ALTRI FACCENDIERI ARRESTATI
Un grande ministro. Il suo studio professionale privato. E una parcella da due milioni e mezzo di euro.
C’è questo triangolo d’oro alla base dell’inchiesta che ha spinto la Procura di Milano a chiedere al Senato l’autorizzazione a procedere contro Giulio Tremonti.
L’ex ministro dell’Economia ora rischia di finire sotto processo per corruzione. In Italia l’unico precedente di questa speciale procedura risale agli anni neri dello scandalo Lockheed.
Come qualsiasi altro indagato, Tremonti va considerato innocente e lo rimarrà fino a un’eventuale condanna definitiva.
Ma rispetto ai normali cittadini ha un’arma in più: grazie a una legge costituzionale del 1989, i suoi colleghi parlamentari hanno il potere di bloccare con un veto politico il processo contro il senatore Tremonti.
L’indagine riguarda un affare del gruppo Finmeccanica che si è rivelato disastroso per le casse dello Stato. Ma ha garantito una ricca parcella allo studio fiscale fondato dal professor Tremonti.
Nel 2008 l’azienda statale, allora guidata da Pierfrancesco Guarguaglini, acquista il gruppo statunitense Drs, che è un grande fornitore di tecnologie militari, per un prezzo astronomico: 5 miliardi e 200 milioni di dollari, che all’epoca corrispondono a 3,4 miliardi di euro.
Oggi il valore del gruppo americano si è quasi dimezzato: lo Stato italiano ci ha rimesso più di due miliardi di dollari. Tra i consulenti fiscali di quell’operazione spicca lo studio Virtax, di cui è socio fondatore Tremonti, che quando diventa ministro lo affida al suo fidato collega Enrico Vitali.
Finmeccanica è una grande società controllata dal governo, che ha il potere di nominare gli amministratori.
Inoltre il ministero dell’Economia deve sborsare 250 milioni di euro per l’aumento di capitale necessario a garantire gli imponenti prestiti bancari spesi per comprare Drs. Nel 2008, dunque, sembra a tutti impensabile varare un’operazione così costosa senza l’appoggio di Tremonti. Che infatti vede il numero uno di Finmeccanica ancor prima delle elezioni, quando è già sicura la vittoria di Berlusconi: nel suo interrogatorio, però, Tremonti «non ha memoria» di quel primo incontro con Guarguaglini.
La richiesta di autorizzazione a procedere cita numerosi testimoni, già sentiti da diverse procure (Roma, Napoli e Milano) nelle indagini su Finmeccanica: tutti confermano che Tremonti all’inizio è contrario a quell’operazione miliardaria dell’azienda statale.
Il problema è che l’ostilità del ministro smette di manifestarsi proprio quando lo studio Virtax ottiene quella consulenza da due milioni e 615 mila euro.
La data del contratto di assistenza fiscale con Finmeccanica è veramente imbarazzante: 8 maggio 2008, lo stesso giorno in cui Tremonti diventa ministro del quarto governo Berlusconi.
L’indagine, come impone l’apposita legge sui reati commessi dai ministri nell’esercizio dei loro poteri, è stata condotta da tre magistrati estratti a sorte.
Riuniti nel cosiddetto «tribunale dei ministri», hanno avuto solo solo 90 giorni di tempo per chiudere l’intera inchiesta.
Tremonti intanto ha potuto esaminare tutti gli atti d’accusa, presentare prove a discolpa e farsi interrogare. Ma non ha convinto nessuno dei tre giudici istruttori.
Il primo pilastro dell’accusa è il rovesciamento della posizione di Tremonti, che sembra avvenire in perfetta coincidenza con la consulenza fiscale milionaria incassata dal suo studio.
Lo testimonia perfino il suo ex braccio destro, Marco Milanese, l’ex parlamentare di Forza Italia già protagonista del caso dei soldi in nero per affittare una casa di lusso per il ministro a Roma: l’indagine romana che ha spinto Tremonti a patteggiare la sua prima condanna per finanziamenti illeciti.
Riascoltato dal tribunale dei ministri, Milanese spiega di aver assistito personalmente all’incontro tra il ministro e Guarguaglini.
E conferma che all’inizio «Tremonti si lamentava che queste società , tra cui Finmeccanica, andassero a investire all’estero e non in Italia».
L’ex braccio destro, già inquisito per le tangenti del Mose di Venezia, non vorrebbe dire di più.
Ma quando il tribunale dei ministri gli contesta le dichiarazioni che lui stesso aveva già reso in precedenza ai pm, l’ex onorevole Milanese conferma di aver saputo, dall’interno di Finmeccanica, «che l’affare era stato concluso e che al riguardo della contrarietà con Tremonti avevano trovato una strada… attraverso il coinvolgimento dello studio Vitali».
Nello stesso interrogatorio Milanese rivela che il ministro Tremonti, per le comunicazioni più riservate, «non usava il suo telefono, ma prendeva il mio o quello della capo-segreteria».
Anche Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, dichiara di aver «accompagnato Guarguaglini allo studio a Roma di Tremonti, che gli domandò come mai non investiva in Italia ma negli Stati Uniti».
In quel momento Tremonti non era ancora ministro e secondo Borgogni il suo parere «era molto condizionato dalla Lega», preoccupata per la sorte della fabbrica Agusta che ha sede a Varese, la città di Bossi e Maroni.
Sul collegamento tra la parcella e il successivo via libera, invece, Borgogni all’inizio sostiene di non ricordare bene: «Può darsi che abbia detto che sicuramente con un coinvolgimento dello studio, anche il ministero…. la posizione di Tremonti sarebbe stata più in difficoltà ». Ma quando gli viene contestato un altro verbale, lo stesso Borgogni finisce per confermare che il movente dell’incarico «era certamente quello di inserire lo studio di Vitali, che poi voleva dire anche Tremonti, nell’orbita delle società che lavoravano per Finmeccanica, e soprattutto in un’acquisizione di questo genere».
L’accusa più esplicita arriva da Lorenzo Cola, il faccendiere romano di estrema destra che ai tempi di Guarguaglini era incredibilmente diventato il rappresentante di Finmeccanica nella trattativa miliardaria con gli americani.
Cola riassume così la posizione iniziale del ministro: «Gurauaglini mi informò che Tremonti gli disse: “Voi andate a investire questi grandi capitali all’estero, quando noi in questo momento avremmo altre emergenze, tipo Alitalia”».
Lo stesso Cola aggiunge che in seguito Guarguaglini (che invece nega tutto) gli rivelò che «per avere il consenso di Tremonti e poter fare l’operazione, era stato necessario dare questa consulenza allo studio professionale».
Di consulenze per quell’affare, in effetti, Cola se ne intende: lui stesso ha intascato più di 16 milioni di dollari, che Finmeccanica (azienda statale quotata in borsa) gli ha versato su un conto intestato a una società offshore.
L’ex titolare dell’Economia è stato attaccato più volte, durante tutto il ventennio berlusconiano, per i presunti conflitti d’interessi tra l’attività pubblica e quella privata, ma ha sempre replicato di non aver mai mescolato il suo ruolo di ministro delle tasse con quello di consulente fiscale delle aziende.
Ogni volta che è tornato al potere con Berlusconi, in effetti, Tremonti ha lasciato ai suoi partner tutte le attività dello studio, restandone socio esterno, per ridiventarne titolare solo quando non era più ministro.
E così nel 2006, nei due anni di governo Prodi, nella sede centrale di via Crocefisso a Milano è tornata la sigla «studio Tremonti», ma nel 2008, quando è ridiventato ministro, il suo nome è scomparso dall’elenco dei professionisti associati.
Anche la consulenza a favore di Finmeccanica, quindi, è stata gestita dal suo socio principale, Enrico Vitali, che aveva fondato lo studio negli anni ’80 insieme a Tremonti. Ma i magistrati milanesi ora si sono convinti che quella parcella, benchè intestata ad altri, sia stata il prezzo sborsato da Finmeccanica per “comprare” il consenso del ministro. Una tangente ben mascherata con una fattura in apparenza regolare.
Il tribunale dei ministri è arrivato a concludere che quella consulenza era fittizia, cioè serviva solo a dare una giustificazione cartacea al passaggio di soldi, anche grazie ad altre deposizioni.
Alessandro Pansa, allora direttore generale di Finmeccanica, anche lui ora coinvolto suo malgrado nell’indagine per corruzione, ha dichiarato che fu Guarguaglini a imporgli la scelta dei consulenti fiscali.
Ai quali Pansa impose uno sconto: quattro milioni in tutto, anzichè i cinque richiesti. A chiudere il cerchio delle testimonianze sono gli altri consulenti di Finmeccanica: i tributaristi italiani della società Ernst & Young. Che confermano di aver dovuto accettare, con imbarazzo, la richiesta di Vitali di incassare la fetta più grande della parcella, cioè due milioni e mezzo.
Anche se il lavoro effettivo di consulenza a Finmeccanica l’aveva fatto proprio e soltanto Ernst & Young. Un manager di questa società dichiara testualmente che Vitali e i suoi colleghi «erano puri spettatori», nel senso che «l’intero lavoro» era a carico di Ernst & Young, e quasi si scusa della sua testimonianza, precisando: «Non volevo essere offensivo nei confronti di nessuno, era proprio una constatazione di quello che è veramente accaduto».
A questo punto i giudici del tribunale del ministri passano in rassegna tutti i documenti che dovrebbero dimostrare l’effettivo contenuto della consulenza fornita dallo studio fiscale di cui Tremonti è fondatore e comproprietario.
Il controllo è possibile perchè la Procura di Roma, con il pm Paolo Ielo, ha sequestrato già nel 2010 l’intero dossier Drs nella sede di Finmeccanica.
Mentre l’indagato Vitali ha potuto presentare al tribunale tutti gli atti del suo studio. Quindi i giudici milanesi passano in rassegna tutte le carte, una dopo l’altra, ma non trovano neppure un atto dello studio Virtax che possa rappresentare una qualsiasi forma di esecuzione della consulenza contrattata con Finmeccanica.
E tantomeno giustificare una parcella da due milioni e mezzo.
Ci sono soltanto email, resoconti di riunioni orali e informazioni generiche sulle leggi fiscali americane, scaricabili anche da Internet.
Tutti gli atti più importanti sono stati compilati da Ernst & Young: lo studio Virtax, osservano sconsolati i giudici, si è limitato «ad apporre il proprio logo successivamente alla redazione del documento».
(da “L’Espresso”)
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Aprile 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“ADESSO GLI DEVO DARE 30 ZUCCHE, HA ALLACCIATO I LEGHISTI, DI BRUTTO LI HA ALLACCIATI”…LA RETE POLITICA DELLA CPL CONCORDIA: “UN ARTICOLATO SISTEMA CORRUTTIVO”
Voti in cambio di appalti. Scorciatoie istituzionali per entrare nella White list delle prefetture e
ottenere le certificazioni antimafia, proprio mentre, per paradosso, in Campania si accordavano con ditte ritenute vicine al boss dei casalesi, oggi pentito, Antonio Iovine.
E poi, rapporti diretti con «esponenti di rilievo del mondo politico e imprenditoriale». È la «rete » della Cpl Concordia, come la descrivono i carabinieri del Noe nelle 570 pagine a sostegno dell’inchiesta sulle tangenti per la metanizzazione di Ischia, condotta dai pm Woodcock, Carrano e Loreto con il coordinamento dell’aggiunto D’Avino.
Un’informativa dove spiccano oltre cinquanta fogli bianchi: il volume degli “omissis”. Che ora fanno tremare ambienti politici e imprenditoriali.
GLI AFFARI E LE ELEZIONI
Francesco Simone, capo delle relazioni istituzionali della coop, da tre giorni in carcere, avrebbe «costruito una struttura» che «d’intesa con i vertici della società , utilizzava anche lo strumento del voto politico di scambio» per manipolare «l’assegnazione di appalti».
Dalle intercettazioni emerge che Simone e lo storico presidente della coop Roberto Casari (anch’egli arrestato), si spesero per sostenere la candidatura alle elezioni europee del sindaco Pd di Ischia, Giuseppe Ferrandino, detto Giosi. Ma Simone ha anche «legami stretti con Giulio Tremonti, il quale, per i trascorsi socialisti di Simone, lo ha voluto insieme con l’ex deputato Psi Giuseppe Demitry nella squadra di consiglieri che lo hanno sostenuto alle ultime consultazioni politiche del 2013» .
L’ONORIFICENZA PER CASARI
È il marzo 2014. La Concordia ha in ballo un appalto in Sicilia, comune di Realmonte, e Francesco Simone attiva un amico presso la Prefettura di Modena affinchè la società entri nell’ambita white list dei lavori pubblici, l’elenco delle imprese non gravate da sospetti.
Se ne occupa l’ingegner Daniele Lambertucci, «un assistente del prefetto di Modena», allo stato non indagato.
Ecco il riassunto della conversazione: «Simone e Lambertucci parlano della white list. E il secondo, rassicurando Simone, dice: “Senza farlo apposta sono io il responsabile dell’iscrizione in white list. Proprio stamattina ci riproponevamo l’iscrizione alla lista di Concordia” e aggiunge che “era stata un po’ rallentata viste alcune vicissitudini passate, senza parlarne abbondantemente al telefono”».
In un’altra telefonata del 26 marzo, continuano i militari, «Lambertucci dice: “Domani si riunisce il gruppo interforze, sarà deliberata la certificazione antimafia per la Cpl, e nella stessa giornata la trasmetterà alle prefetture».
Simone si spende con l’amico Lambertucci anche perchè il suo capo, Casari, riceva l’onorificenza di Cavaliere del Lavoro. Dice: «Allora ho scritto e parlato con il capo della segreteria di Poletti e ho incrociato la responsabile dell’ufficio onoreficenze di Palazzo Chigi che mi diceva di non perdere l’anno».
L’amico gli ha già garantito: «Richiesta partita a velocità supersonica».
L’INCONTRO CON L’EX DEPUTATO PDL
Simone e un amico parlano del bando della Regione Campania per l’affidamento dei servizi d’analisi dei contratti Swap, cui sembrano interessati.
«Senti, quella cosa di Napoli, che facciamo… dei derivati?», chiede Simone. E l’altro: «Non so quando loro sono pronti a fare il bando, così ce lo assegniamo, perchè tu mi hai detto che è tutto …».
Simone taglia corto e dice che ne parleranno a voce. Anche altri appalti nei loro interessi. Indagando su Simone, i carabinieri intercettano anche un incontro tenuto in un hotel romano tra l’ex deputato Pdl Amedeo Laboccetta, oggi presidente della società per la gestione idrica Gori, e un manager per discutere dell’eventuale affidamento di un servizio di recupero crediti che ammontano, per Gori, a «170 milioni» tra privata e pubblica amministrazione.
Laboccetta dice che «sarebbe opportuno fare una manifestazione d’interesse perchè una gara avrebbe tempi più lunghi».
LE SANZIONI ANNULLATE
Simone e Lambertucci si organizzano anche per annullare alcuni verbali elevati «presumibilmente » a carico di Casari.
«L’ultima — dice Lambertucci — te l’ho girata due minuti fa, l’ho messa a posto, la situazione con il verbale lì è definitiva per sempre… L’abbiamo archiviato completamente, ok? Per gli altri (verbali) non ci posso far nulla perchè sono stati fatti al giudice di pace. La prossima volta me li fai avere tu prima così risolvo.
È sempre la storia con gli autovelox di velocità , l’ho fermati io, l’ultimo che è quasi 500 euro perchè si raddoppia la multa. Dillo al presidente di stare tranquillo, di pensare al Modena».
LE RELAZIONI CON I LEGHISTI
Nel febbraio 2014, nel mirino c’è un appalto per interventi energetici «presso l’ospedale di Melegnano», in Lombardia.
E di una presunta tangente. Il dirigente (indagato) della Cpl Andrea Ambrogi discute con un suo amico, allude a un non meglio identificato «Robin Hood, Robertino ». Dice: «Poi adesso gli devo dare 30 zucche… Casari.. perchè lui ha allacciato i leghisti… Ma di brutto li ha allacciati».
“Robin Hood” sarebbe un dipendente della Regione Lombardia e ad Ambrogi dice: «Siccome questi ci dovevano dare 40mila euro prima per fare questa operazione, invece non ce li hanno dati, e voi sì, io torno indietro, mi dai il tuo cd, mettiamo il vostro, se non ci riusciamo stai tranquillo che te lo ridiamo».
Dario Del Porto e Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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Aprile 2nd, 2015 Riccardo Fucile
I 140 MILIONI DI EURO PER COMPLETARE IL PROGETTO LI HA STANZIATI A GENNAIO 2015 IL CIPE, REGNO DI LUCA LOTTI, CHE È IN OTTIMI RAPPORTI COL SINDACO ARRESTATO FERRANDINO
La “metanizzazione”. Che parola. Sembra di stare ai tempi di Enrico Mattei.
In realtà — per capire cosa c’è al centro dell’inchiesta napoletana che ha portato in galera l’ex sindaco Pd di Ischia, Giosi Ferrandino — non bisogna tornare al primo dopoguerra, ma “solo” al 1980, governo Forlani: è allora che viene approvata la legge per la “metanizzazione” del Mezzogiorno.
La cosa, evidentemente, è andata per le lunghe se 35 anni dopo siamo ancora agli appalti.
Sui giornali, adesso, si parla molto di Massimo D’Alema e dei suoi rapporti con la Cpl Concordia (la coop rossa finita sotto inchiesta a Ischia), ma resta che Ferrandino — ex dc, ex Forza Italia — è renzianissimo: per procacciargli voti alle Europee del 2014 si spesero nientemeno che il sottosegretario Luca Lotti e il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, mentre sul territorio lavorava una deputata assai vicina al premier, Giovanna Palma
In questo contesto non è forse senza interesse sapere che i famosi 140 milioni per “completare” la metanizzazione del Sud li ha stanziati una delibera del Cipe del 28 gennaio 2015, in pienissimo governo Renzi: a presiedere Pier Carlo Padoan, segretario Luca Lotti, cui Renzi ha dato l’ambita delega al Comitato interministeriale per la programmazione economica.
Visto che ci si riferisce a un’inchiesta è bene chiarirlo: qui non si parla di reati, ma di semplici rapporti politici, testimoniati — raccontano al Fatto fonti parlamentari — da diversi incontri avvenuti a Roma tra Lotti e Ferrandino, da buon sindaco interessato alla metanizzazione della sua isola.
Un breve riassunto dei fatti.
Nelle intercettazioni agli atti della Procura di Napoli, a un certo punto si parla del sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari, già Pdl, oggi Ncd.
In una email del responsabile relazioni esterne di Cpl Concordia, Francesco Simone, si dice che è stata lei a impegnarsi “per far assegnare 140 milioni di euro per il completamento delle opere di metanizzazione”, stanziamento “di cui beneficerà evidentemente anche Cpl”.
La ricostruzione è confermata dagli atti parlamentari e dalle dichiarazioni pubbliche. Durante la discussione della Finanziaria 2014 (quella di Enrico Letta), infatti, furono i senatori del Pdl Enrico Piccinelli e Giuseppe Marinello, a presentare due emendamenti identici per stanziare i fondi per la metanizzazione.
Marinello, in particolare, è un politico siciliano (oggi Ncd) assai vicino a Angelino Alfano e Renato Schifani, esattamente come Vicari.
Gli emendamenti furono approvati, ma il testo delegava l’effettivo stanziamento dei soldi (presi dal Fondo Sviluppo e Coesione, cofinanziato dall’Ue) e la decisione sui criteri per ripartirli a una successiva delibera del Cipe.
Per farla approvare, come detto, c’è voluto un anno: solo il 28 gennaio il Comitato ha sbloccato i fondi tra il giubilo, a mezzo stampa, di Vicari e Marinello.
E cosa dice quella delibera passata al vaglio del sottosegretario Lotti (che “controlla tutto”, come dicono quelli del “sistema Incalza”)?
Che i fondi andavano ripartiti secondo tre “categorie di priorità ”: ai Comuni inseriti nelle vecchie graduatorie; a quelli “presenti nel programma” ma mai finanziati; infine — curiosamente — pure a quelli “esclusi” dal programma.
Ed è proprio tra questi ultimi che ricade Ischia.
In tutto si tratta di 96 Comuni calabresi, siciliani e campani che hanno ottenuto 20 milioni l’anno per investimenti sulla metanizzazione realizzati tra il 2014 e il 2020 a titolo di “contributi per spese in conto capitale fino al 50% del costo dell’investimento previsto”.
Per avere i soldi, però, l’avanzamento dei lavori deve essere almeno al 25%.
La sottosegretario Vicari ha rivendicato il suo impegno per l’assegnazione dei fondi: “Non solo lo confermo, ma lo rivendico come un successo. Il mio interessamento è scaturito dalle continue richieste di molti sindaci”.
Chissà se pure Lotti — sicuramente altrettanto sollecitato dai sindaci — vorrà rivendicare il successo dei 140 milioni per la metanizzazione: d’altronde completare un progetto di Forlani, per un neo-Dc come lui, dovrebbe comunque essere un onore.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 2nd, 2015 Riccardo Fucile
GRANDE AVANSPETTACOLO IN LIGURIA PER UN POPOLO DI PIRLA: L’IMPRESARIO SALVINI RITIRA DALLE SCENE LA VETUSTA SOUBRETTE RIXI DOPO IL PRIMO ATTO, COME DA PROGRAMMA, PER DARE SPAZIO A TOTI’ LA SCIANTOSA… DA UNO STRANIERO PADAGNO AD UN PIEMONTESE, LA MARCHETTA ALLA RENZIANA PAITA E’ SERVITA
Partiamo dalla versione ufficiale, come da comunicato di pochi minuti fa: Forza Italia sosterrà il
presidente uscente Luca Zaia in Veneto e la Lega sosterrà l’europarlamentare Giovanni Toti in Liguria.
L’accordo riguarda anche la Campania, dove la Lega non presenterà candidati, e l’Umbria, dove entrambi sosterranno Claudio Ricci, sindaco di Assisi.
“Se gli alleati ci chiedono di fare un passo indietro per vincere, lo facciamo” ha detto il segretario federale della Lega Nord, Pinocchio Matteo Salvini, al termine di una riunione del Consiglio regionale ligure. E’ un accordo “per vincere nel Veneto”.
Sui social è scattata la protesta di qualche poveretto che non ha ancora capito che lo hanno preso per i fondelli e che scrive: “Ma che cosa è sta porcata di Toti? Da leghista per la prima volta non andrò a votare ” e ancora “Barattare e svendere la Liguria per non perdere la Regione Veneto. Delusione enorme, potevamo provarci!”
Quello che molti non hanno ancora compreso è che la candidatura di Rixi in realtà non è mai esistita, Salvini aveva come unica priorità quella di salvare Zaia in Veneto ed è partito in anticipo con qualche candidatura di facciata da poter poi offrire in cambio a Berlusconi.
E in tal senso va la rinuncia a presentare la lista in Campania.
Rixi vittima di questa scelta? Ma non scherziamo, a lui è bastata la visibilità ottenuta in questo mese di “recita a soggetto” e si tiene ben stretto lo stipendio da consigliere regionale che avrebbe sicuramente perso facendo terzo alle regionali (il regolamento ligure prevede che il terzo candidato governatore non entri in Regione anche se la lista ottiene consiglieri).
Una prova di quanto detto?
Basti ricordare l’annuncio della statista Sonia Viale, segretaria regionale della Lega: “Abbiamo già i manifesti con Rixi presidente, non possiamo tornare indietro”.
Peccato che i manifesti “pronti” da trenta giorni non siano mai usciti perchè erano pure quelli un bluff.
Divertente poi la sceneggiata che rischia di diventare tragica invece per chi ci ha creduto e pensava di capeggiare la lista “Per Rixi presidente” dopo aver rotto con Forza Italia.
Ora si ritrova l’odiato Toti candidato governatore e al massimo può fare una lista “per Rixi consigliere” o chiedere asilo politico nella lista padagna.
Poveretti anche i cognati d’Italia che fremevano nell’attesa di appoggiare il compagno di ronde e ora si trovano orfani e costretti a trattare con il vecchio zio.
Invece che cercare un’alternativa seria tutti hanno recitato una parte del copione da avanspettacolo che ha solo ridicolizzato il centrodestra ligure e che produrrà il solito disastro elettorale.
Migliore marchetta per la renziana Paita non potevano porre in essere.
Il can can della Baistrocchi al confronto è opera di professionisti delle scene.
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