Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
“ABBIAMO PRESO 200 BIGLIETTI, TUTTO PERFETTAMENTE LEGALE”
“Mi creda, non è poi un’offerta così speciale, se va bene andiamo in pareggio”. Federico Bussolati,
segretario metropolitano del Pd di Milano, lo sapeva che quel volantino con scritto “Hai meno di 30 anni? Iscriviti al Pd di Milano e acquista il biglietto Expo a 25 euro” avrebbe suscitato polemiche.
“Può sembrare provocatorio, ma siamo giovani e il nostro obiettivo era ed è duplice: portare ragazzi all’Expo, un progetto in cui chiediamo, e avvicinarli anche al nostro partito”.
Dai social al blog di Grillo fioccano le prime accuse. Come se il Pd avvesse venduto l’anima a fini commerciali.
“Non è così. L’idea è chiara: vogliamo contribuire ad Expo, in cui crediamo veramente, e al tempo stesso avvicinare i giovani a noi. E’ un’offerta rivolta a chi crede nei valori del Partito Democratico. Se un giovane universitario volesse risparmiare sul biglietto, non gli converebbe con noi: le università li fanno a prezzi più bassi, 10-15 euro”.
Appunto, parliamo dei numeri e dei costi.
“Siamo una associazione e come associazione abbiamo il diritto di comprare e rivendere i biglietti agli associati. A condizioni pari di Cgil o altri. Non vedo perchè tanto clamore. Noi acquistiamo i biglietti a 20 euro e a tutti i nostri iscritti li rivendiamo a 22. Con i due euro di differenza abbiamo creato questa iniziativa: abbiamo comprato 200 biglietti da destinare ai giovani futuri aderenti del partito”.
Però sul volantino fate un’offerta di tessera+biglietto a 25 euro, anzichè “50 euro di biglietto”. Ma il costo di un ticket Expo si aggira intorno ai 32 euro...
“La tessera da noi costa 15 euro. Se uno comprasse un biglietto a 32 + la tessera pagherebbe intorno ai 50. Invece così, con 25 euro, per gli under 30 ci sarebbero entrambi ad un prezzo ragionevole. Ripeto, non ci guadagniamo da questa operazione. Da due anni non riceviamo più finanziamenti ma non è certo questo un modo per fare cassa: al massimo chiuderemo in pareggio”.
Sul sito Expo non siete indicati come rivenditori autorizzati
“Perchè siamo sub seller. Come molte altri associazioni. E non c’è fine di lucro. Ripeto ancora: se un giovane milanese universitario volesse comprare un biglietto Expo lo troverebbe a 15 euro. Se viene da noi è anche perchè è interessato alla tessera del partito”.
E gli organi nazionali del partito hanno spalleggiato l’iniziativa?
“Ci siamo mossi a livello provinciale e regionale. Per ora non mi sembra ci siano critiche: anzi, l’idea sta funzionando e abbiamo già ricevuto diverse mail di persone interessate o che ci chiedono i dettagli dell’offerta”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
PER UNDER 30 TESSERA E BIGLIETTO A 25 EURO
La tessera del Pd assieme al biglietto Expo per 25 euro.
Una promozione dedicata agli under 30 che il Pd milanese ha lanciato sul proprio sito internet ma che ha scatenato la reazione polemica di due forze politiche che siedono all’opposizione: da una parte il M5s, dall’altra Sel che mette in dubbio la legittimità dell’iniziativa e che prepara un’interrogazione parlamentare.
“Il Pd – è l’annuncio che campeggia sulla home dei dem lombardi – è l’unico partito a Milano ad essere rivenditore ufficiale dei biglietti per Expo 2015, questo perchè crediamo fortemente nel successo della manifestazione e vogliamo, come è nel nostro Dna, metterci a disposizione della città anche in questa importante occasione. Vogliamo che tanti milanesi visitino Expo. Per questo abbiamo deciso di acquistare e rivendere i tagliandi ai nostri iscritti con una promozione dedicata. E per i giovani under 30, che si iscriveranno al Partito democratico di Milano, un’opportunità in più: con 25 euro riceveranno tessera 2015 e un biglietto per visitare Expo”.
La mossa non piace neanche un po’ al Movimento 5 Stelle: il suo leader, Beppe Grillo, è subito partito all’attacco via Facebook: “Me l’hanno segnalato, ma non ci ho creduto. Così stamattina ho aperto il sito del Pd. Ora spanciatevi dalle risate. E’ tutto assolutamente vero! E’ nel loro sito ufficiale. Belìn son fantastici!”.
Sul blog, in un post dal titolo ‘Tessera Pd e biglietto Expo: due pacchi al prezzo di uno’, Grillo aggiunge: “Pd science fiction (ooh ooh ooh) double feature. Il Pd ha perso 400.000 iscritti in un anno, gliene sono rimasti 100.000. Per promuovere il tesseramento hanno avuto un’idea geniale: compra la tessera pd e ti diamo il biglietto per entrare gratis a expo. Due pacchi al prezzo di uno”.
“Venghino siori venghino! – ironizza il leader M5s – dopo il successo strepitoso dell’abbinata tessera Pd – unità (fallita), ora arriva tessera pd – Expo. La sfiga ci vede bene, il Pd ancora meglio. Una curiosità : quanti biglietti Expo ha acquistato il Pd? E’ solo una pessima idea o è un modo per gonfiare il numero dei biglietti venduti che si prevede sarà irrisorio?”.
Grillo poi pubblica l’annuncio presente sul sito del Pd milanese e commenta: “Leggetelo, ne vale la pena per passare una giornata serena”.
Ma contro la promozione lanciata dal Pd si posiziona anche Sel che oggi in aula chiederà conto con una interrogazione.
Il deputato vendoliano, Franco Bordo, dichiara infatti: “Al di la dell’opportunità che un partito di governo si inventi una promozione di vendita per incentivare l’iscrizione al partito, al posto di puntare sulla propria proposta politica e programmatica, ho verificato che questa iniziativa contravviene a molti dei punti contrattuali e regolamentari che disciplinano l’attività di vendita dei biglietti dell’Esposizione Universale di Milano e l’utilizzo del logo Expo 2015. Al governo, membro della Società Expo, chiediamo di verificare la legittimità di questa iniziativa e la sua eventuale sospensione”
(da “La Repubblica”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
LA LOGICA DEL SOLO PROFITTO E IL DESTINO DELLE SAGGE TARTARUGHE
Il blog «Dis.Amb.Iguando» della professoressa Giovanna Cosenza ospita la lettera di Paolo, un
giovanotto laureatosi con lei e ora impegnato a macinare carriera dentro una multinazionale.
Paolo racconta che un collega di 55 anni, Mario, si è appena dimesso per problemi con l’azienda.
Gli vengono imputate lentezza e incapacità di adattamento al nuovo.
In realtà , scrive Paolo, il problema di Mario sono io. Io che con vent’anni di meno mi sono ritrovato a vessarlo in veste di suo superiore.
E che da quando lui si è licenziato per causa mia non dormo più la notte perchè so di essere diventato uno squalo come gli altri.
Ci vorrebbe una pagina, forse un libro intero, per sviscerare le questioni relative al significato moderno del lavoro che la confessione di Paolo porta in superficie.
In questo spazio breve e poco serioso mi accontenterò di sfiorarne un aspetto.
Detto tutto il male possibile dei pelandroni e dei cialtroni, si può chiedere a un uomo di mezza età , con energie in calo e familiari a carico, di avere la bava alla bocca di un trentenne concentrato soltanto sulla carriera?
Si può immaginare un modello unico di società in cui la legge della giungla viene applicata indifferentemente a tutte le generazioni?
Con il prolungamento della vita e l’inaridirsi delle pensioni il sistema produttivo del futuro non potrà più permettersi il lusso di rottamare i «diversamente giovani» ai primi cenni di cedimento.
A meno di procedere a esecuzioni di massa, sarà costretto a riformare uno schema che accanto a quello dei giovani squali preveda ed esalti, in ruoli e con modalità diverse, il contributo delle sagge tartarughe.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
A RISCHIO MENSE SCOLASTICHE, TRASPORTI E ASSISTENZA DOMICILIARE
I tagli agli enti locali sono destinati a sfiorare l’asticella dei 30 miliardi in sei anni. Una media di cinque miliardi l’anno. Che nel complesso hanno diminuito gli sprechi, prodotto efficienza, certo; ma anche brutalmente ridotto i servizi di welfare territoriale e aumentato a dismisura le tasse locali.
Ed è questo lo scenario che temono i sindaci e i governatori delle Regioni in vista del varo del prossimo Def (Documento di economia e finanza) che dovrebbe cifrare dai 2,5 miliardi ai 4 miliardi l’apporto di Regioni, Comuni e vecchie Province all’operazione di spending review da 10 miliardi di euro complessivi che verrà poi definita con la legge di Stabilità .
Governo e sindaci si vedranno giovedì alla vigilia della riunione del Consiglio dei ministri che darà il via libera al Def.
Ma ieri è proseguito lo scontro tra il premier Matto Renzi e il presidente dell’Anci che è anche sindaco di Torino, Piero Fassino.
«Fassino – ha detto Renzi – si lamenta perchè lo scorso anno la Provincia di Torino ha sforato il patto di Stabilità ». Poi ha aggiunto: «Trovo stravaganti alcune osservazioni che ho letto in questi giorni da parte degli amministratori locali. Io sono pronto a un confronto all’americana con i sindaci in materia fiscale».
Fassino ha ricordato, appunto, che «la città metropolitana di Torino eredita oggi le negative conseguenze di una scelta della Provincia senza alcuna responsabilità ».
Fatta la tara sulle polemiche già da campagna elettorale (a maggio si vota in diverse Regioni), rimane la convinzione che per i Comuni (quelli non virtuosi che non potranno beneficiare dell’ulteriore allentamento del Patto di stabilità interno), molto più che per le Regioni (dove probabilmente c’è ancora molto da razionalizzare), la riduzione dei trasferimenti possa tradursi effettivamente in meno servizi, dalle mense scolastiche ai trasporti fino all’assistenza domiciliare e agli interventi sanitari.
E poichè la spesa dello Stato centrale, una volta deciso che non si toccherà quella pensionistica, è ormai poco comprimibile questa prospettiva potrebbe non essere irrealistica.
Nega il governo sostenendo un’opzione diversa, metodologicamente e culturalmente diversa: «Noi – ha detto il neo commissario alla spending review, Yoram Gutgeld – non stiamo dando indicazioni ai sindaci di tagliare qua e là . Stiamo facendo un processo molto più semplice di equità : ci sono città più efficienti che spendono poco e dobbiamo riportare tutti all’efficienza delle città migliori».
Il governo punta ad estendere il meccanismo dei costi standard a tutti gli enti locali e a razionalizzare le società partecipate.
La prossima legge di Stabilità dovrebbe, da una parte, confermare il superamento del Patto di stabilità interno per i Comuni virtuosi così da consentire loro di investire le risorse disponibili, e dall’altra introdurre la local tax per sistemare il caos fiscale sulla tassazione degli immobili e dei servizi municipali.
E con la pubblicazione on line di tutte le spese comunali il governo intende dimostrare che i Comuni non sono gestiti tutti allo stesso modo.
Ma giovedì Renzi dovrà anche decidere se varare il cosiddetto “decreto enti locali”, fortemente voluto dai sindaci, per risolvere una serie di vecchi problemi tra i quali il ristorno dei 625 milioni del fondo Imu/Tasi necessario per evitare il dissesto finanziario di circa 1.800 Comuni.
Roberto Maina
(da “La Repubblica“)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
STIME DI CRESCITA OTTIMISTICHE E SACRIFICI SCARICATI SUGLI ENTI LOCALI, PENSANDO ALLE ELEZIONI
Pollice alzato e sorriso: “Non ci sono tagli e non c’è aumento delle tasse”. 
Il premier Matteo Renzi presenta il Def, Documento di economia e finanza che indica il quadro di finanza pubblica sulla cui base viene impostata la legge di Stabilità : è l’inizio del “semestre europeo”, come si chiama in gergo il lungo negoziato con la Commissione europea per definire il bilancio del prossimo anno.
L’annuncio a uso interno più forte è questo: “Le clausole di salvaguardia le abbiamo totalmente eliminate”, messaggio rassicurante per gli italiani che temevano di dover pagare fino a 60 miliardi in tre anni tra aumenti dell’Iva e delle accise sulla benzina se il governo non avesse rispettato gli impegni di riforme e riduzione della spesa.
Una ventata di ottimismo che, secondo i critici, serve soltanto a guadagnare un anno e rimandare tutti i problemi al 2016.
Si crea così una finestra di tregua — grazie soprattutto alle politiche di Mario Draghi che continueranno almeno fino a settembre 2016 — che permette a Renzi di ipotizzare le elezioni da qui a un anno.
Vediamo i numeri.
La crescita del Pil è stimata a un realistico +0,7 per cento nel 2015, per salire all’1,4 nel 2016 (la Commissione Ue ha stimato 1,3, ma finora le previsioni a un anno si sono sempre rivelate esagerate).
Il pareggio di bilancio strutturale, quello che tiene conto degli effetti della recessione, rimane fissato al 2017, che è come dire che Renzi si prende un margine di flessibilità dalle regole europee per il 2016 che vale circa 6 miliardi di euro.
Dopo il picco del 2015 al 132,9 per cento, il rapporto tra debito pubblico e Pil scende al 130,9 nel 2016 e poi continua a calare.
Previsioni, impegni, non decisioni operative.
Le clausole di salvaguardia, che valgono 12,8 miliardi nel solo 2016, non possono essere abolite dal Def.
Servono leggi, decreti attuativi, provvedimenti degli enti locali e così via.
Infatti nel comunicato di Palazzo Chigi si legge semplicemente che “per il 2016 il governo si impegna a cancellare l’aumento delle tasse contemplato dalle clausole di salvaguardia, per un valore corrispondente a 1 punto di Pil. Questo intervento viene effettuato grazie ai risparmi della revisione della spesa e al beneficio che si registra grazie alla crescita maggiore e alla spesa per interessi sul debito inferiore rispetto alle previsioni precedenti”. Un impegno.
I risparmi sugli interessi dipendono dal contesto macroeconomico e soprattutto dalla bonaccia che regna sui mercati grazie alle mosse di Draghi.
Quanto ai risparmi da spending review, è tutto ancora da fare: i nuovi commissari Yoram Gutgeld e Roberto Perotti sono al lavoro.
Gutgeld si occupa di rivedere le agevolazioni fiscali, di maggiore trasparenza nella Pubblica amministrazione, di interventi sulla sanità : l’idea del governo è di contestare gli sprechi nel dettaglio, anche nelle singole Asl.
Se poi la Regione che ha la competenza non rimedia, partono i tagli lineari.
Perotti ha preso in mano i dossier del predecessore, Carlo Cottarelli, e lavora sui costi della politica e anche sulle grandi opere: l’idea è di costringere appaltatori e costruttori (a cominciare dalle Ferrovie dello Stato) a pubblicare le analisi costi-benefici su cui si fondano i progetti, così da scremare le opere più inutili.
E, se necessario, anche rivedere i tracciati. A maggio poi arriverà la proposta del nuovo presidente dell’Inps su come risparmiare su pensioni e assistenza, rivedendo gli assegni di accompagnamento e la parte delle pensioni non coperta dai contributi versati.
Iniziative ambiziose, con tempi lunghi ed esiti incerti. Ma per Renzi bastano e avanzano per poter mettere a bilancio che i risparmi ci saranno.
Ci sarà poi tempo per riscontrare eventuali buchi, anche se è ancora incerto se la Ragioneria generale dello Stato autorizzerà la sospensione delle clausole di salvaguardia soltanto per il 2016 o anche per i due anni successivi. La Commissione europea sarà ancora più diffidente.
La prima opposizione al Def arriva dai sindaci.
“Dal 2010 al 2015 i Comuni hanno contribuito al risanamento dei conti dello Stato per oltre 17 miliardi di euro.
“Non siamo più in grado di continuare a ridurre le nostre risorse”, dice il renziano Piero Fassino, sindaco di Torino.
Gli enti locali sanno che una parte della revisione della spesa li colpirà , proprio mentre ci sono ancora in sospeso contenziosi pregressi come il versamento di 625 milioni che derivano dall’abolizione dell’Imu.
Renzi incontrerà i sindaci venerdì. Tanto fare promesse non costa nulla, finchè non ci sarà il testo della legge di Stabilità in autunno.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
“HO DATO UNA MANO A TREMONTI E SONO SCHIFATO PIU’ DI PRIMA”
Sta raccontando la “prassi”. Quella che in azienda qualcuno chiamava solo “metodo operativo”. Era la modalità della coop Concordia prima di scendere sui terreni: ovvero, secondo Francesco Simone, distribuire tangenti, travestite da consulenze, collaborazioni per aggirare gli ostacoli della burocrazia, per annullare le rigidità degli ingranaggi. In tre parole: per aprire porte.
Quindi, per accedere a commesse e soldi di Stato.
Si scrive “collaborazione”, si legge: la svolta dell’inchiesta di Napoli sulla corruzione negli appalti della metanizzazione, e non solo.
Francesco Simone, l’ex potente capo delle relazioni istituzionali del colosso modenese dell’energia, l’uomo che ancora ai giorni nostri rispondeva «Sono al Raphael», ha parlato per 12 ore, dal carcere, ai pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano e Giusi Loreto.
Verifiche e accertamenti dell’inchiesta coordinata dall’aggiunto Alfonso D’Avino non si sono fermati neanche nelle feste pasquali.
E le sue parole saranno vagliate anche da altre Procure. Verosimile che stia rispondendo sulla sua rete di rapporti con eccellenti.
E sui “cammelli” – leggi, soldi in nero – di cui si parla negli atti. Già dalle centinaia di intercettazioni che riguardano Simone affiorano riferimenti a divise che sarebbero «a libro paga». A rapporti con ministeri e con la politica, «che mi ha schifato».
LA RETE DELLA CONCORDIA
Interrogatori no stop. Divisi per capitoli, divisi per territori.
Simone, l’uomo che per la Procura ha costruito «una struttura che utilizzava anche lo strumento del voto politico di scambio» per truccare “l’assegnazione di appalti”, registrato a lungo a ridosso di Pasqua.
Che si sia trattato di full immersion, o di diversi interrogatori, cambia poco: la certezza è che Simone va ben oltre l’ambito campano.
E le sue parole costituirebbero spunti investigativi considerati molto importanti e che saranno sottoposti anche alle verifiche di «altre Procure italiane», stando a fonti qualificate.
Non c’è solo la serie di ammissioni sulle tangenti di Ischia. Non c’è solo la nuova ipotesi di corruzione per l’ex parlamentare ed ex sindaco di Procida, Luigi Muro. Simone avrebbe risposte anche a domande su altri appalti e lavori che hanno spinto Concordia ad avvicinare amministratori o imprese, in varie regioni italiane.
“LA SHALABAJEVA? ALFANO NON SAPEVA“
È il 16 aprile del 2013, e al telefono Simone fa sfoggio delle sue conoscenze. Lo chiama un certo Giorgio, e tra le altre cose l’ex manager accenna alla nota vicenda dell’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Ablyazov.
«Com’è che la vedi tu», chiede Giorgio. E Simone: «La vedo che politicamente è un disastro… Questi litigano sul kazako che è una vergogna. Perchè che cazzo. Io conosco bene l’ambasciatore del Kazakistan, è a libro paga più di qualcuno lì, dalle parti della questura (di Roma, ndr). Quello è andato, gli ha detto che è un pericoloso delinquente, senza dirgli che è un rifugiato politico, Quelli si sono come dire scappellati… e gli hanno fatto ‘sta marchetta, senza che secondo me veramente il ministro (Alfano, ndr) sapesse un cazzo».
Giorgio annuisce. Simone continua: «Questa è la mia opinione. L’ambasciatore kazako che è uno molto generoso con qualcuno da quelle parti… Questo lo so quasi per certo».
L’AIUTO ALL’EX MINISTRO
Scrivono i carabinieri del Noe in una delle loro copiose informative: «La vicinanza all’ambiente politico-istituzionale, e nello specifico la conoscenza con Giulio Tremonti, rappresenta per Francesco Simone un mezzo per agevolare l’iter delle trattative e dei progetti».
Il 27 aprile 2013, Simone parla al telefono, lamenta d’aver «problemi per la concessione dal comune di Milano», parla di politica.
E dice: «Ho dato una mano a lui (Tremonti) – specificano in parentesi gli investigatori – e adesso sono più schifato di prima, ovviamente il suo rapporto e la sua vicinanza con lui mi crea delle opportunità , di relazioni importanti, però faccio il mio lavoro, faccio le relazioni istituzionali per alcuni gruppi importanti che sono nel settore energetico, nel settore infrastrutture »
I “CAMMELLI”
Nel giugno 2013, uno scambio di sms ritenuti interessanti corre tra Simone e Giuseppe Incarnato, il manager della società Crif, che si occupa di banche dati, e finito di recente al centro di un’altra inchiesta su voto di scambio che coinvolge anche Geppino Demitry, ex sottosegretario di Prima Repubblica.
Incarnato scrive all’altro: «Ma arrivano i 18 cammelli? ». Simone risponde: «I cammelli vanno all’andatura dei cammelli come tu ben sai!!!». E l’altro: «Sei un grande!! Hai un’intelligenza unica. Ma falli arrivare i cammelli che ho sete e devo bere dai gibbi».
Una settimana dopo, altro sms più rassicurante: «Sono a San Marino dal direttore generale Bsm. Campania è in lavorazione. e Torre del Greco? I cammelli sono stati abbeverati a riguardo».
Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
LA “FILOSOFA” CAMPANA COMPARINI IN CARRAI E IL FESTIVAL DELLE RELIGIONI… LO SPIRITO E’ FORTE MA LA CARNE E’ DEBOLE
Se siete fiorentini, o solo toscani, o amanti del dialogo interreligioso, non prendete impegni per il
weekend lungo 14-17 maggio.
Sennò rischiate di perdervi il II Festival delle Religioni in programma a Firenze a cura di Francesca Campana Comparini, di professione “filosofa”.
L’altra sera hanno fatto la conoscenza della sua sapienza e avvenenza i telespettatori di 8 e mezzo, dove la giovane pensatrice ignota ai più era invitata a parlare dei massacri di cristiani in Africa e Medio Oriente, accanto a un imbarazzato Lucio Caracciolo, che ascoltava sofferente le strepitose banalità della pensatrice.
Alla fine Lilli Gruber ha buttato lì una domandina che ha chiarito a tutti il motivo della misteriosa presenza: “Dottoressa Campana, lei è anche moglie di Marco Carrai, miglior amico di Renzi: di politica parlate mai, in famiglia?”.
L’erede della contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, convinta di esser lì in quanto filosofa, se n’è avuta un po’ a male: “Ah, guardavo l’ora e dicevo: la Lilli non ci ha ancora messo lo zampino! Ma ecco che sul finale, in calcio d’angolo (sic, ndr), arriva il colpo della Lilli… Parliamo di politica ogni sera guardando 8 e mezzo”. Carrai, per chi non lo sapesse, è l’uomo d’affari fiorentino che, quando Renzi era sindaco, gli mise gentilmente a disposizione un pied à terre senza neppure il fastidio di pagare l’affitto e in palese conflitto d’interessi, visti gli incarichi pubblici ottenuti dall’amico Matteo: da Firenze Parcheggi all’aeroporto.
Alle sue nozze del settembre scorso con la filosofa, oltre a Renzi e signora, troneggiavano i banchieri Viola, Cimbri, Palenzona, Gros Pietro, Morelli, Morbidelli, Tombari, Mazzei, Spanò, Nebbia, Naldi e Bini Smaghi, il presidente Telecom Recchi, il capo di Assoelettrica Chicco Testa, l’ex Ad Fiat Paolo Fresco, l’ex consulente della Cia Ledeen, il Pg Baglione, il presidente Rcs Paolo Mieli, il sindaco ereditario Nardella, lo scrittore Baricco, il farinettiano Farinetti, l’eurodeputata Bonafè.
Tutti tranne la Boschi, inspiegabilmente esclusa.
Come regalo di nozze, la sposa giovane ebbe l’incarico di curatrice della mostra “Jackson Pollock e Michelangelo”.
Qualche mese prima, alcuni partecipanti al banchetto nuziale si erano ritrovati al I Festival delle Religioni: c’era Mieli (lectio magistralis), c’era Baricco, col contorno di Cazzullo, card. Tauran, mons. Paglia, i filosofi Marramao e Severino, le teologhe Cesara Buonamici e Fiamma Nirenstein, Bernabei in rappresentanza della setta Opus Dei e Crippa per Cl, il costituzionalista De Siervo, il cantante Vecchioni e Andrea Pezzi, l’ex dj amico di Dell’Utri.
Molti gli “apericena” a tutte l’ore. Il programma del bis è ancora top secret.
In compenso, sul sito del Festival, già compare il nuovo hashtag: #andiamoltre. Perchè, se “la prima edizione si è focalizzata sull’incontro dello scontro, mettendo a nudo le differenze tra credi (sic, ndr), filosofie e confessioni diverse, perchè convinti (chi?, ndr) che solo in esse si coglie la complessa ricchezza del reale”, nella seconda “crediamo sia necessario compiere un ulteriore passo avanti, per cercare di gettare il pensiero oltre lo scontro distruttivo”.
Ben detto: “Non sono più tollerabili guerre in nome di Dio, decapitazioni, genocidi, conflitti di potere mascherati da lotte di religione”.
Fino al 2014 erano tollerabili, ma ora non più. Basta, tiè.
Chi ha avuto la geniale intuizione?
Francesca Campana Comparini. E chi è?
Autoagiografia: “una giovane ragazza fiorentina” (per distinguerla dalle vecchie ragazze di cui Firenze è piena) di 26 anni.
“Se Sant’Agostino è il suo riferimento spirituale, e intellettuale”, ovviamente a sua insaputa, “le sue guide in città sono i frati francescani”.
L’ignaro “Giorgio La pira (minuscolo, ndr) è il suo ispiratore del Festival delle Religioni da cui (da La pira, non dal Festival, ndr) ha imparato che una città è davvero viva se impariamo ‘a pensare al plurale’”.
Ma non è finita: “A 22 anni scrive il suo primo articolo su La Nazione denunciando il degrado urbano e morale e inneggiando alla responsabilità di ogni cittadino.
Cultura, tradizione e Firenze sono anche il suo lavoro; dal 2011 gestisce con sua madre la storica attività di famiglia, la più antica di Via Tornabuoni, risalente al 1865. Le sue passioni non si arrestano: nel 2013 fonda l’associazione Luogo d’Incontro e diventa giornalista pubblicista, corrispondente di La Nazione e L’Osservatore Toscano. Collabora anche con IL, la rivista mensile del Sole 24 Ore. Last but not least, all’età di 12 anni intrattiene un breve epistolario con la Regina Madre Queen Elizabeth, The Queen Mother, perchè sognava di bere una tazza di tè insieme a lei”.
Nessuno, sventuratamente, osò avvertire Buckingham Palace.
Ora “vuol dare un contributo alla sua città nel segno della cultura” e Luogo d’Incontro è così nomato “proprio perchè emergesse l’idea di un laboratorio di cultura, un vero e proprio luogo d’incontro di idee, di pensieri e di buoni propositi per svegliare la città ”. Ma quale sarà “il tema principale di cui si parlerà in questo Festival delle Religioni”? Tenetevi forte: “La religione”.
Con particolare riferimento al Vangelo secondo Matteo.
E gli sponsor della Sacra Leopolda? Mistero della fede.
L’anno scorso furono tutti enti benefici e morali, tradizionalmente dediti alla spiritualità e al dialogo interreligioso: Intesa Sanpaolo (socio di Fondazione Carifirenze di cui è consigliere Carrai), Acea Energia, Ondeo Italia e Suez (azioniste di Publiacqua, presieduta dal genero di De Siervo e nel cui Cda sedette pure la Boschi), Intesa Aretina (partecipata da Acea e finanziatrice della fondazione renziana Open co-diretta da Carrai), Firenze Parcheggi (capeggiata fino a un anno fa da Carrai). Lo spirito è forte, ma la carne è debole.
Primum vivere, deinde philosophari.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 8th, 2015 Riccardo Fucile
I 43 DIPENDENTI DEL PDL DOVEVANO ACCEDERE AGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI MA, A CAUSA DI DIMENTICANZE DEI VERTICI, NON VEDRANNO UN EURO
Erano stati licenziati con la promessa di una cassa integrazione che sarebbe durata un anno e che avrebbe comportato l’erogazione dell’80 per cento dello stipendio.
Ma i 43 ex dipendenti del Popolo delle Libertà , nonostante l’accordo firmato il 2 ottobre 2014 al ministero del Lavoro, non hanno mai visto un centesimo e rischiano anzi di non ricevere nulla.
Il motivo è paradossale.
Il Pdl non ha presentato la documentazione per sfruttare i benefici del decreto legge 149 (voluto del governo di Matteo Renzi e convertito dal Parlamento nel dicembre 2013) che abolisce il finanziamento pubblico ma consente ai partiti politici, equiparati non senza qualche forzatura alle aziende, di accedere alla cassa integrazione.
Alle forze politiche erano richiesti giusto un paio di passaggi: presentare lo statuto, certificare il bilancio e chiedere alla ‘Commissione di garanzia per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici’ l’iscrizione all’apposito registro.
Lo hanno fatto quasi tutti, compresa Forza Italia. Il nome del Pdl, invece, non risulta nè nell’elenco 2014 e neppure in quello del 2015.
Così il partito che Silvio Berlusconi fondò a Milano nel 2007 salendo sul predellino della propria auto si ritrova in una condizione imbarazzante: ha garantito a 43 ex dipendenti (30 nella sede di Roma, 12 in quella di Milano e 1 a Catanzaro) la cassa integrazione senza avere i titoli per farlo. Da qui l’impossibilità di dare seguito al decreto di accoglimento, firmato del direttore generale del ministero del Lavoro.
La patata bollente passa ora nelle mani all’Inps, l’ente preposto a svolgere le opportune verifiche prima di dare il via libera all’erogazione del denaro.
Secondo l’avvocato David Satta Mazzone, che tutela gli interessi di Maria Grazia Vaticano (a lungo impiegata nella sede milanese del Pdl in viale Monza), “la richiesta di cassa integrazione non potrà aver seguito, se non in palese violazione di legge. Da ricerche svolte si evince che il Popolo della Libertà non è iscritto nel registro nazionale dei partiti politici riconosciuti ai sensi del decreto legge 149/2013. Eppure la normativa è chiara: ‘L’iscrizione e la permanenza nel registro sono condizioni necessarie per l’ammissione dei partiti politici ai benefici ad essi eventualmente spettanti’. Risulta quindi che il Pdl non abbia assolutamente i requisiti per accedere alla cassa integrazione”.
In altre parole, secondo il legale dell’ex dipendente Pdl, è stato fatto un uso improprio della legge, causando un danno irreversibile a tutti i lavoratori licenziati nell’estate 2014.
Al punto che gli stessi ex dipendenti stanno valutando l’ipotesi di una class action contro i vertici del partito di Berlusconi, chiamando in causa anche il governo, dal momento che “desta grande perplessità — si legge in una nota inviata dall’avvocato Satta Mazzone al ministero del Lavoro — la disinvoltura con cui, in sede di sottoscrizione del verbale datato 2 ottobre 2014, la pubblica amministrazione abbia esplicitamente dato il proprio benestare all’accordo dichiarando ‘esperita e conclusa con esito positivo la procedura di licenziamenti collettivi’, mentre il ministero avrebbe dovuto farsi garante della legge e dei lavoratori, respingendo gli utilizzi distorti degli ammortizzatori sociali”.
Capire chi, ai vertici del Pdl, ha combinato questo pasticcio è impresa titanica.
Rocco Crimi, fiduciario di Berlusconi ed ex tesoriere nazionale del partito, fa sapere di essere all’estero e chiede di ricevere le domande via mail. Detto fatto.
La risposta giunge nel giro di qualche giorno tramite il legale di Forza Italia, Ignazio Abrignani, che in passato è stato il responsabile nazionale dell’ufficio elettorale del Pdl: “Per accedere alla cassa integrazione ordinaria occorre essere iscritti all’apposito registro, è vero. Tuttavia un norma transitoria estende questo diritto anche ai partiti che non hanno effettuato l’iscrizione ma che hanno ricevuto rimborsi elettorali fino al 2013. Riteniamo che il Pdl rientri in questa casistica”.
Però c’è solo un problema: la cassa ordinaria, se si possiedono i requisiti, è un diritto; quella straordinaria è una concessione del governo sulla base di verifiche e di valutazioni discrezionali. Perchè il Pdl, pur potendolo fare, non si è mai iscritto al registro?
Perchè correre il rischio di vedersi respingere la domanda di cassa integrazione?
Abrignani è tranchant: “Iscrivere al registro sia Forza Italia sia il Pdl non sarebbe stato politicamente opportuno e neppure trasparente nei confronti dei cittadini”.
Tesi confermata da Maurizio Bianconi, ultimo tesoriere del Pdl: “A me e a Crimi fu data disposizione da Berlusconi di non procedere con l’iscrizione del partito nel registro. Non so altro, se non che il Pdl fu da me sempre ben amministrato: basta leggere i bilanci e le certificazioni della Kpmg”.
Più articolato il parere di Claudio Pennacchio, colui che firmò l’intesa coi lavoratori al ministero del Lavoro il 2 ottobre 2014: “Mi sono occupato di portare a termine l’accordo e il decreto ministeriale di approvazione del 25 marzo 2015 è la riprova del mio buon lavoro. Il Pdl non ha consegnato la documentazione per iscriversi al registro che assegna ai partiti la possibilità di accedere alla cassa integrazione ordinaria? Non so che dire, non era certo mio compito”.
Di errori e distrazione, questa vicenda, è piena zeppa.
Quello più clamoroso risale al luglio 2014, quando il partito di Berlusconi sbagliò a compilare i primi documenti per chiedere la cassa integrazione.
Le cronache narrano che al ministero del Lavoro si presentarono Giancarlo Vescovi e la deputata Maria Rosaria Rossi, l’unica ammessa a sedersi al tavolo della trattativa in qualità di rappresentante del Pdl. Ma non fu possibile siglare l’intesa per avviare i licenziamenti, perchè la documentazione presentata fu giudicata lacunosa.
Così il Pdl dovette continuare a pagare gli stipendi ai suoi 43 dipendenti per altri 3 mesi. Un lavoratore, in media, costava al partito 3 mila euro al mese.
Risultato: un esborso non previsto di quasi 390 mila euro.
Poi l’accordo del 2 ottobre fece tornare il sereno. Per poco, dal momento che i dipendenti non hanno mai beccato un soldo in 7 mesi, pur ricevendo a casa un curioso cedolino: l’indicazione dello stipendio ma nessuna cifra nella casella “netto a pagare”, proprio perchè in attesa della cassa integrazione.
Se però il Pdl non ha titolo per fruire degli ammortizzatori sociali, quelle buste paga sono illusorie.
E i 43 ex dipendenti aspetteranno invano l’attuazione degli accordi sottoscritti. Abrignani getta acqua sul fuoco: “I tempi della cassa sono sempre lunghi, ma sono convinto sia che il Pdl abbia i titoli sia che i soldi arriveranno dopo l’estate”.
Intanto gli ex lavoratori più fortunati, circa una trentina, si sono ricollocati in Forza Italia oppure, grazie alle amicizie politiche, sono finiti in Regione Lombardia con un contratto o una consulenza.
Come Ugo Fornasari, già autista dell’ex ministro Mariastella Gelmini: nel 2015 ha cominciato a lavorare al Pirellone, ma il suo incarico e il suo compenso non sono ancora stati resi pubblici.
O come Clotilde Strada, passata dal partito al Pirellone al seguito dell’ex consigliere Nicole Minetti e poi rimasta in Regione nonostante abbia patteggiato una condanna a 18 mesi per le firme false del listino dell’ex governatore Roberto Formigoni.
Poi c’è chi, lasciato il Pdl, lavora al Pirellone dal 2014, come Marco Bianchetti (25 mila euro l’anno per “tenere relazioni con i cittadini che interpellano l’assessorato alla Sanità ”) o Teresa Picerno, la quale con in tasca un diploma all’istituto tecnico da “operatrice d’ufficio” si porta a casa 38 mila euro per “curare i rapporti con gli organi del consiglio lombardo, con i soggetti sanitari del territorio e con le università ”.
Va de sè che i 43 ex dipendenti disoccupati, alcuni dei quali con curriculum di tutto rispetto, abbiano il dente avvelenato con chi, spesso senza competenza, è stato catapultati in Regione o in qualche società partecipata.
Eppure il Pdl, una soluzione signorile, ce l’avrebbe a portata di mano.
L’ex tesoriere Bianconi, infatti, rivela che il partito è ancora in vita ed è pure molto liquido: “Da miei calcoli, pagati tutti i debiti, avanzano 300 mila euro”.
Con quel denaro (anche se Abrignani ritiene che i conteggi siano troppo ottimistici) si potrebbero risarcire i dipendenti, tanto più se non riceveranno la cassa integrazione.
Ma Bianconi si è dimesso dal suo incarico, non ha aderito a Forza Italia ed è tornato ad Arezzo, dove fa l’avvocato.
E quei soldi come verranno utilizzati da un partito defunto che non ha più sedi nè dipendenti e che non svolge attività politica?
“Non ne ho la più pallida idea. So soltanto che ci sono”
Ersilio Mattioni
(da “‘L’Espresso”)
argomento: Forza Italia | Commenta »