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I TRE GIORNI DI SCIOPERO DI SALVINI COME IL GAY PRIDE: SPILLE, BRACCIALETTI E “LIBERAZIONE”

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

MOLLATO DA FORZA ITALIA, COSCIENTE DEL FLOP CUI VA INCONTRO, IL LEADER DELLA LEGA NON SA COME USCIRNE E DIMOSTRA TUTTI I SUOI LIMITI

Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi sull’incapacità  di Matteo Salvini di andare oltre gli slogan confezionati di prima mattina in base alla rassegna stampa che gli viene preparata come colazione e nei relativi commenti su Fb all’insegna di qualche insulto e del gran finale “voi cosa ne pensate?” (cui segue lo sfogatoio padagno) la vicenda dello sciopero “con cui bloccheremo l’Italia per tre giorni” è emblematica.
Iniziativa che dovrebbe far dimettere Renzi di fronte al blocco del Paese da parte degli imprenditori del Nord in primis: quelli, per capirci che hanno osannato il premier a Cernobbio e non hanno cagato minimamente Salvini, nonostante la cravatta e il vestito preso in affitto per l’occasione.
La storia insegna che per la riuscita di uno sciopero dovresti avere come riferimento almeno una categoria produttiva, meglio se strategica, oltre a un vasto consenso politico.
Si dà  il caso che il primo a dissociarsi sia stato Berlusconi che solo a sentir parlare di sciopero ha pensato a Mediaset e ai mancati introiti che ne deriverebbero, anticipando il pensiero di tutti quegli imprenditori lombardo-veneti che già  rinunciano a malincuore agli utili della domenica santificata.
A Salvini non restano quindi che i nullafacenti e quelli che non hanno mai lavorato in vita loro, da lui in questo caso degnamente rappresentati.
Peccato che non producano e quindi al massimo possono bloccare giusto la serratura di casa.
Con il passare dei giorni e le dissociazioni dall’iniziativa, unita al calo nei sondaggi e al “bestia” rimediato da Renzi, il nostro è diventato nervoso e sempre più esagitato: non è bastato il seducente battito di ciglia della Meloni a rasserenarlo, disposta a scioperare con lui “purchè sia una cosa seria” (tipo rimediare qualche spazio sui media anche lei) e a fargli passare l’ernia iatale.
Ha iniziato a pensare (cosa che gli causa mal di testa dolorosi, dato lo scarso uso del cervello) e ha esternato in quel di Alzano Lombardo, alla Berghem Fest, quanto ha partorito per la tre giorni di sciopero indetto il 6-7-8 novembre.
Riportiamo tra virgolette quanto da lui detto: “Non chiederemo ai produttori di fermare il Paese” (anche perchè non lo farebbe nessuno).
E allora che si fa?
“Saranno giornate di orgoglio e di liberazione” (sembra il programma del gay pride).
Ma in concreto?
Ecco la rivoluzione: “Chiederemo agli italiani di indossare una spilla o un braccialetto per dire no a questo governo” (ma allora è proprio come il gay pride…).
E arriviamo alla mossa rivoluzionaria dell’ex comunista padano: “Chiederemo di interrompere il consumo di sigarette, il gratta e vinci, il Lotto, le visite all’Agenzia delle entrate, all’Inps”.
Perbacco, questa sì che è una rivoluzione: ma se uno non fuma e non gioca al lotto, sono cazzi.
E se magari uno ha un appuntamento con l’agenzia delle entrate, fissato da tempo, per un concordato che fa?
Non si presenta col rischio di perdere qualche migliaia di eurini?
O se uno doveva presentare all’Inps dei documenti che fa?
Rischia di perdere la   pensione dicendo che poi passa Salvini a sistemare la pratica?
Non siamo su Scherzi a parte (così usiamo un termine alla sua portata): sono dichiarazioni rese pubblicamente da Salvini che così ci spiega come si fanno le rivoluzioni.
Dobbiamo però riconoscergli che la chiusura del discorso è stata all’altezza: “Una cosa è certa: per noi leghisti questo è l’ultimo giro, l’ultima munizione da sparare. Se non ce la giochiamo bene ci tocca fare un altro mestiere”.
Concordiamo: ma un altro mestiere bisognerebbe anche averlo.

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NAPOLI, PER FERMARE I KALASHNIKOV LO STATO MANDA APPENA 50 UOMINI

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

SANGUE NELLE STRADE, ESECUZIONI, ARMI IN MANO A GIOVANI CAMORRISTI: L’ASSENZA DELLO STATO NELLA BAGHDAD D’ITALIA

A Napoli la paura cresce a colpi di kalashnikov. Armi spesso in mano ai giovanissimi. L’eco delle pallottole è forte, oggi arriva quello della politica: le settimane di sangue si susseguono e il terrore per un escalation di violenza, targata camorra, va fermata sul nascere.
“Non serve l’esercito, ma più uomini in divisa sì” dice il sindaco De Magistris uscendo dal Comitato di Sicurezza.
Alfano lo accontenta: a Napoli arriveranno 50 uomini, “siamo al fianco dei tanti cittadini onesti che possono e devono contare sullo Stato a difesa della legalità  e nella lotta alla criminalità . Intendiamo rafforzare ulteriormente la presenza delle Istituzioni sul territorio napoletano” chiosa il ministro.
L’“ordinarietà ” napoletana sta diventando preoccupante e l’appello del primo cittadino al governo arriva dopo una lunga scia di criminalità  e di sangue.
Si va dallo stadio, dove Cantone avverte che “l’organizzazione delle curve è in mano ai clan”, alla strada, dove nelle ultime 12 ore si registrano tre sparatorie.
Per De Magistris preoccupa soprattutto “l’aggressività  e la violenza di queste bande di minorenni. In molte zone è venuto meno il potere da parte delle famiglie camorristiche: ma a questo corrisponde anche il dilagare di una violenza spietata tra clan e bande formate da giovani per il controllo del territorio” dice l’ex magistrato ricordando però che “Napoli non è la prima per reati”.
Rione Sanità , Rione Traiano, Soccavo: si spara ovunque.
Due giorni fa in una sola notte due omicidi: quello di un ragazzo di 17 anni, Gennaro Cesarano, detto Genny – ucciso davanti a una chiesa e che sarebbe stato proprio l’obiettivo dei sicari (questa la pista della Questura); e poi quello di Pasquale Ceraso ammazzato a furia di pallottole nel rione Sanità , zona che il presidente di zona Giuliana Di Sarno è arrivata perfino a definire come “Baghdad. È ora che tutti ne prendano coscienza”.
Altre chiamate, altri bossoli. Questa mattina gli agenti della polizia nel Rione Traiano hanno trovato a terra 21 bossoli di kalashnikov, un proiettile inesploso e “vari frammenti di ogiva” scrive il Mattino.
Stesse scene si erano verificate nei giorni scorsi.
Una granata inesplosa l’hanno invece recuperata in un garage di via dell’Epomeo e poi è stata fatta brillare.
Un’emergenza criminale che segue di pochi giorni l’omicidio di Castello di Cisterna, dove l'”eroe” ucraino Anatolij Korol è stato trivellato per aver tentato di sventare una rapina in un supermarket.
Morto ammazzato da due ragazzi, Marco Di Lorenzo, 32 anni, e Gianluca Ianuale, 20, detto Gemellino, eredi del boss di rione Cisternina.
“Non è Baghdad ma dobbiamo agire – continua De Magistris – siamo preoccupati ma con la giusta concentrazione che la Napoli migliore, che si sta riscattando, vincerà “. “Ci vuole lo Stato – echeggia Michela Rostan, deputata Pd – che al premier Renzi chiede di considerare Napoli “la terza città  d’Italia, una priorità  nazionale e assoluta”.
Richiesta a cui risponde, come Stato, il prefetto Gerarda Maria Pantalone: “Sicuramente avremo dei rinforzi che ci saranno inviati (50 uomini dice Alfano, ndr). Il territorio del rione Traiano e Soccavo saranno presidiati h24 e lo stesso discorso vale anche per la Sanità “.
Il prefetto ha specificato che “per rinforzi intendiamo polizia e carabinieri”. Sperando che nel frattempo non si contino altri bossoli e altri morti.

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ROSSI SFIDA RENZI PER LA SEGRETERIA DEL PD

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

INTERVISTA AL GOVERNATORE DELLA TOSCANA: “NEL 2017 SARO’ IO IL SEGRETARIO”

«Ci penso, sono disponibile». Finora il governatore toscano Enrico Rossi aveva annunciato con un «perchè no? » la sua candidatura alla segreteria nazionale del Pd. Adesso fa un passo avanti.
Dal palco della festa dell’Unità  di Firenze, davanti ad oltre 300 persone, si dice «disponibile» a sfidare Matteo Renzi alle primarie del 2017 che decideranno il leader del partito.
Obiettivo troppo ambizioso?
Rossi spiega di avere un progetto da inseguire: quello di una sinistra che non veda in Renzi il proprio nemico.
E invece «questa sinistra interna oggi gioca con l’idea della rivincita e non è così che si deve fare», dice fra gli applausi il governatore toscano.
Che già  da tempo ha abbandonato i toni antagonisti della sinistra interna d’opposizione per sostenere la sostanza del Jobs Act, l’Italicum o la riforma del Senato.
«Quello che dico è il frutto di una sinistra di governo, che in Toscana ha sempre governato e della quale io sono figlio», rivendica Rossi.
Sarà  un cammino lungo e pieno di ostacoli?
«Chi mi conosce sa che quando provo a fare qualcosa ci provo fino in fondo. Prendo atto che nessuno ha reagito in modo scandalizzato alla mia candidatura: ringrazio anzi renziani e sinistra che hanno riconosciuto una legittimità  nella mia idea», dice il governatore.
Convinto che l’ultima parola sarà  comunque quella del «corpo del partito ». Non quella del ceto politico. Che adesso Rossi sembra voler tenere alla larga: «Se ho qualcosa da rimproverarmi? Sì ce l’ho, è quella di non averci provato quando ci ha provato Renzi ».
Ma il governatore toscano ha informato il segretario-premier della sua idea?
«No, non l’ho fatto. Non ho avvertito Renzi. Non ho avvertito Bersani nè D’Alema». Certo, chiarisce Rossi, «non avrei pensato ad una mia candidatura se questa sinistra interna mi avesse soddisfatto».
Proprio per questo però il governatore pensa che nel Pd ci sia oggi uno spazio politico.
E che solo una sinistra non pregiudizialmente anti- renziana possa occuparlo.

Massimo Vanni
(da “il Corriere della Sera”)

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CAPITANO ULTIMO ALLA TV SVIZZERA: “NESSUNO POTRA’ IMPEDIRMI DI COMBATTERE”

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

“LA GENTE UMILE HA FAME, SIA DI CIBO CHE DI GIUSTIZIA”… “LA LOTTA PER LA LEGALITA’ DEVE ESSERE QUELLA PER LA EQUITA’ CONTRO I PRIVILEGI”

Sollevato dalle funzioni investigative del Noe lo scorso 4 agosto, il colonnello Sergio Di Caprio preferisce non interrogarsi sulle motivazioni che hanno spinto il Comando generale dell’Arma a giustificare la decisione come “cambiamento strategico nell’organizzazione dei reparti”.
Intervistato da Raffaella Fanelli per la Radiotelevisione Svizzera, il Capitano Ultimo, che rimane vicecomandante del Noe ma senza svolgere funzioni di polizia giudiziaria, non vuole essere considerato una vittima.
Nè intende tornare ai toni della sua lettera di commiato dai suoi reparti del 18 agosto, nella quale parlava di “servi sciocchi” che abusando “delle attribuzioni conferite e calpestano le persone che avrebbero il dovere di aiutare e sostenere”.
“Il perchè non mi interessa, sono un servitore, non decido io”, risponde oggi.
“Ma nessuno potrà  impedirmi di rimanere attaccato al mio popolo, ai miei uomini e di combattere nel nome e insieme all’Arma”.
E ancora: “Dobbiamo dare fiducia ai cittadini, stare accanto ai più deboli, perchè credano in una lotta per la giustizia che dev’essere soprattutto equità  contro i privilegi”.
Innegabili i grattacapi che il lavoro di Di Caprio ha causato a personaggi noti della politica.
In un’inchiesta tra le più recenti, quella sulla cooperativa Cpl Concordia, compare anche l’intercettazione tra Renzi e il generale della Gdf Adinolfi, dove l’allora segretario del Pd e non ancora premier sembra candidarsi a sostituire Enrico Letta a Palazzo Chigi.
“I fastidi dati alla politica c’entrano qualcosa con la sua vicenda?”, domanda la giornalista.
“Non dobbiamo parlare di me. Dobbiamo parlare della gente, quella piccola, che sta nell’ombra, che fa sacrifici. Di quella che ha fame, sia di cibo che di giustizia”

(da “il Fatto Quotidiano”)

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RENZI SI SCORDA IL “NERO”: COSI IL GOVERNO SALVA GLI EVASORI

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

LEGGE INUTILE: PENALE SVUOTATO E SOGLIE ASSURDE… MA BERLUSCONI NON C’E PIU’ E NESSUNO PROTESTA

Delle cose stupide e velleitarie contenute nella delega fiscale ho già  scritto.
Il “nero”, responsabile di un’evasione fiscale di 130 miliardi circa all’anno, è considerato un peccato veniale, dunque un reato minore (dichiarazione infedele) punito da 1 a 3 anni, il che significa prescrizione assicurata e comunque certezza, in caso di condanna, di non fare nemmeno un giorno di prigione.
E sono previste assurde soglie di punibilità  che, proprio per il “nero”, sono pari a 150.000 euro di imposta evasa; con il che mettersi in tasca ogni anno 300.000 euro (questo è il “nero” corrispondente a un’imposta di 150.000 euro) non è reato mentre rubare un portafogli con 1000 euro dentro costa da 1 a 6 anni di galera.
Tutto ciò non è ritenuto rilevante da Renzi & C che perseverano nel loro progetto di liberalizzazione dell’evasione fiscale.
Però, siccome questa legge-vergogna si differenzia da quelle analoghe di B perchè non prevede un beneficiario ben individuato, è difficile capirne il perchè.
Gli uomini non sono buoni per loro natura. Forte è la loro inclinazione a commettere azioni malvagie, per ira, odio, convenienza personale. Questa tentazione è frequente.
Un marito picchia abitualmente la moglie:lei stessa e i familiari sono impotenti. La giustizia non aiuta, con la sua inefficienza.
Presto o tardi nelle vittime montano l’ira e l’odio. Lo ucciderebbero volentieri questo bruto. Ma raramente lo fanno. Perchè? Perchè ad ammazzare un uomo si va in prigione. È la paura della sanzione che li trattiene. Non sempre ma spesso.
E quanti, in situazione di estrema indigenza, hanno la tentazione di rubare? Si vedono circondati da persone abbienti, che hanno tutto, e loro non hanno niente.
Ma la prospettiva della prigione li trattiene.   La sanzione è lo strumento dello Stato per garantire controllo sociale.
Cosa succederebbe se omicidi, rapine, furti, violenze fossero privi di sanzione? Molti li commetterebbero.
Perchè questo elementare sinallagma     — trasgressione /sanzione — non dovrebbe valere per l’evasione fiscale?
Perchè la minaccia del castigo (più o meno concreta) è ritenuta necessaria per ogni tipo di illecito ma è considerata superflua per l’illecito tributario?
Complicità  legata a vantaggi politici o assoluta insipienza?
Questa seconda ipotesi pare avvalorata dalle velleitarie previsioni in materia di interpello, che si intende potenziare oltre misura, dedicandovi una cospicua quantità  di risorse.     L’idea è che il contribuente può chiedere in anticipo il parere del Fisco.Va bene così? Se il Fisco gli risponde di sì, tutto a posto; in caso contrario deve rinunciare al suo progetto e rispettare le indicazioni che gli sono date.
Una cosa che più sciocca non potrebbe essere stata pensata. I contribuenti non hanno nessuna voglia di raccontare al Fisco i fatti propri. Se pensano che ci sia una strada per pagare meno imposte, non vanno certo a chiedere prima se si può fare.
Confidano sul fatto che gli accertamenti sono inferiori al 10 % delle dichiarazioni presentate e che dunque un controllo è poco probabile .
Non per niente il consiglio dei commercialisti è sempre: guarda che se poi ti dicono di no sei fregato; facciamo come meglio ci conviene e incrociamo le dita.

Bruno Tinti
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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“LUNA ROSSA”, IL CENTRO DI ACCOGLIENZA NATO IN UNA CASA SEQUESTRATA ALLA MAFIA, SIMBOLO DI RISCATTO PER I MINORI PROFUGHI

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

NONOSTANTE INTIMIDAZIONI DELLA MAFIA E BUFALE ANTI-IMMIGRATI CAVALCATE DA ESPONENTI DI “NOI PER SALVINI”, SONO MOLTI I RAGAZZI CHE SI INTEGRANO E TROVANO LAVORO

“Alle mie spalle non c’è più nessuno e non c’è niente. Ci sono solo io, qui e adesso”. Abdul ha 17 anni, viene dal Ghana ed è trascorso un anno da quando, da solo, è arrivato in Italia. Nel suo paese non ha lasciato la famiglia. Il padre è morto quando ancora era piccolo, la madre è rimasta uccisa durante un’incursione e lui è vissuto solo nel villaggio sino a quando non ha deciso di andare in Libia per trovare un lavoro.
Quando la guerra è arrivata anche a Tripoli Abdul è scappato e con un barcone ha raggiunto l’Italia. Non sapeva dove stava andando, solo da cosa stava fuggendo.
Di storie come la sua la Comunità  Luna Rossa ne ha ascoltate tante, da quando nel 2011 è nata con lo scopo di accogliere i minorenni che arrivano sulle nostre coste non accompagnati.
“Era il periodo della Primavera araba, il fenomeno della migrazione si stava consolidando”, ha raccontato all’Huffington Post il coordinatore Nicola Emanuele, “Il nostro obiettivo era quello di conoscerlo, per favorire l’integrazione degli stranieri, garantire una relazione serena ed evitare così le tensioni”
Abdul è solo uno dei 13 ragazzi ospitati adesso dalla Comunità , nata a Lamezia Terme, in Calabria, su richiesta del Ministero dell’Interno e entrata nel 2014 nel progetto S.p.r.a.r. (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati politici)).
Il suo vissuto si mescola a quello degli altri ragazzi, tra chi ha raggiunto l’Italia viaggiando assieme ai cadaveri dei propri amici, tra chi dagli scafisti è stato diviso dai genitori, finiti poi su barconi affondati.
Tra chi, parlando della suo passato in Africa, si limita a dire che “viveva così così”, per vergogna o timore di rivelare di essere stato un guerrigliere, un ragazzo soldato.
L’obiettivo della Comunità  è anche quello di restituirli alla loro adolescenza, a un’idea di famiglia e di normalità  di vita.
“Nelle situazioni di emergenza l’accoglienza diventa “arrangiata”, noi volevamo evitare questo”, ha detto Emanuele, “Per ciò accogliamo piccoli gruppi, in modo da garantire una maggiore attenzione ai minori, che sono in una fase della vita più fragile”
I ragazzi vengono seguiti in un percorso d’integrazione che parte da un controllo sanitario, prosegue per la scuola di alfabetizzazione per l’apprendimento dell’italiano e si completa con un progetto educativo volto a indirizzarli su una strada da percorrere una volta diventati maggiorenni.
“Dopo i 18 anni”, ha proseguito il coordinatore, “per sei mesi i ragazzi hanno la possibilità  di stare in un appartamento per maggiorenni. Quel periodo di tempo ci serve per abituarli al distacco dalla comunità  e aiutarli a programmare la partenza o a costruire il loro futuro qui”.
Dei circa 60 ragazzi ospitati nei quattro anni di attività  da Luna Rossa a rimanere in Italia sono stati in realtà  pochi. La meta è il Nord, dal quale sono costretti a ritornare ogni due anni per rinnovare il permesso di soggiorno.
Chi resta qui alle volte ha avuto la fortuna di essere assunto dalle aziende del territorio presso le quali i ragazzi svolgono tirocini formativi.
“Diamo loro due euro al giorno, che spendono sempre qui”, spiega Emanuele, “Per questo è sterile la polemica di Salvini in proposito, sono soldi che ritornano sul territorio. Bisognerebbe superare la paura dello straniero, ‘dell’uomo nero’. Pensarli come un’emergenza ci impedisce di vedere le persone, di vedere i volti, di incontrare le storie”.
Eppure proprio Luna Rossa è stata recentemente al centro di una vicenda emblematica, che ha dimostrato come una bufala possa diventare pretesto per scaricare odio razzista anche su dei ragazzi.
Un anziano ha accusato alcuni ospiti della Comunità  di averlo violentato e derubato. Dopo gli accertamenti della polizia è stato chiaro che quanto dichiarato dall’uomo era falso, ma nonostante la smentita della notizia da parte del giornale locale fosse avvenuta in mattinata, nel pomeriggio sotto il palazzo che ospita “Luna Rossa” un gruppo di persone si è riunito per protestare, aggredendo verbalmente ospiti e operatori, che hanno riconosciuto tra la folla anche ultras, appartenenti a Casa Pound e a “Noi con Salvini”.
“È chiaro che a prescindere di quale fosse la verità  c’era la volontà  di attaccare un simbolo”, ha dichiarato Emanuele, “Ci siamo anche chiesti quale simbolo si volesse attaccare. Questo luogo non è soltanto un centro di accoglienza, ma anche un palazzo confiscato alla mafia”.
Il numero 97 di via dei Bizantini a Lamezia Terme apparteneva infatti alla cosca Torcasio.
Quattro anni fa Don Giacomo Panizza, presidente di “Progetto Sud” (di cui fa parte anche Luna Rossa) ha preso in gestione quel palazzo che per timore nessuno voleva e ne ha fatto un luogo di accoglienza per le fasce disagiate, consolidando la sua fama di “prete antimafia”, dopo esser stato testimone di giustizia contro un clan nel 2002, anno dal quale vive sotto programma di protezione.
Da quando è diventato sede di Progetto Sud il palazzo ha subito diversi attentati: una bomba la notte di Natale del 2011, un colpo sparato dentro una finestra lasciata aperta e una raffica di colpi sparati sulla serranda (i cui segni sono ancora visibili) a Pasqua dell’anno successivo.
“La forza della mafia è la cattiveria”, ha detto Don Giacomo all’Huffington Post, “Per questo ogni tanto devono recitare di essere la mafia, inviando una pallottola, facendo scoppiare una bomba. Non possono tollerare che qualcuno si senta libero di fronte a loro e se non lo accetti devono far vedere che non se ne sono dimenticati”.
Il giorno della protesta oltre a manifestazioni di tipo razzista – come il cartello “Il vostro posto è nella savana”, una banana sbucciata, gettata a terra e calpestata, e offese rivolte a operatori e operatrici, alle quali è stato chiesto più volte se “vi piace farvi violentare da loro?” – altre parole, raccontano a Progetto Sud, avevano il sapore di intimidazione mafiosa. Qualcuno minacciava: “Sta notte vi facciamo saltare in aria”.
“Durante una riunione fatta in seguito i ragazzi chiedevano ‘Ma è con queste persone che ci dobbiamo integrare?’”, ricorda Panizza “Quello che ho spiegato loro è che la città  non è razzista, noi nel quartiere non abbiamo mai avuto problemi. Per strada c’era solo un piccolo gruppo di gente”.
All’apice della protesta gli operatori hanno contato 78 persone sotto il palazzo, compresi gli agenti della polizia arrivati per sedarla.
Tra loro c’erano anche due consiglieri comunali, appartenenti a movimenti politici di area salviniana.
“La mia meraviglia non è stato il populino, ma due eletti della Repubblica Italiana. Abbiamo firmato delle convenzioni che dichiarano l’Italia un paese contro la discriminazione. Se assumi un impegno davanti allo Stato non puoi dimenticarlo”.
Ora che è passato un po’ di tempo dal giorno della protesta nella sede di Luna Rossa i ragazzi continuano a vivere le loro giornate e gli operatori esorcizzano il timore di altri attacchi scherzandoci su.
Nè loro nè Don Giacomo hanno intenzione di lasciarsi condizionare da quanto accaduto o, com’è sempre stato, da possibili intimidazioni da parte della mafia.
“Loro sono pochi e hanno bisogno di conigli, che facciano diventare la paura vigliaccheria”, dice Don Giacomo, “Anch’io ho paura, ma ho più paura di essere vigliacco. E ne vale la pena perchè non abito sulla luna. La vita è questa”.

(da “Huffingtonpost”)

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MIGRANTI E CERNOBBIO: I PRIMI FLOP DI SALVINI, PERDE QUASI UN PUNTO NEL SONDAGGIO LA7

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

BERLUSCONI: “BISOGNEREBBE TROVARGLI UN POSTO AL MILAN”… SALVINI ALLA FRUTTA: SE CONTINUA COSI’ I MODERATI VOTANO RENZI, SE ABBASSA I TONI PERDE IL CONSENSO DEGLI XENOFOBI

La risposta è di quelle che piacciono ai suoi sostenitori. Basta dare un’occhiata alla pagina Facebook di Matteo Salvini per vedere il gradimento ottenuto dopo aver dato del “verme” a Matteo Renzi. “Ho esagerato?” è la domanda retorica rivolta ai follower dal leader leghista. E la battuta più gettonata, ca va sans dire, è che ad essere stati offesi semmai sono i vermi.
Eppure, la scelta di replicare così alle accuse di ‘bestialità ‘ sull’immigrazione rivolte da Renzi alla destra, arrivano in quello che pare essere il primo momento di difficoltà  del numero uno del Carroccio dopo mesi di vento in poppa.
Un ostacolo che si concretizza nella ostica sfida di andare oltre il picco massimo del 16% dei consensi e trasformarsi davvero in una forza di governo.
Come dimostrato dal suo intervento a Cernobbio, davanti al gotha dell’economia e della finanza. Salvini non è riuscito a scaldare la platea, nonostante la scelta di indossare giacca e cravatta e di lasciare in garage per un giorno le ruspe e sebbene abbia ammesso che non si aspetta di arrivare a palazzo Chigi parlando di campi rom.
Alzare i toni sull’immigrazione resta tuttavia core business della propaganda salviniana, tanto che dopo una lunga polemica con monsignor Galantino, il leader della Lega replica direttamente al Papa.
“Non voglio polemizzare con il Santo Padre, ma chissà  se l’appello ad accogliere gli immigrati nelle parrocchie — dice – varrà  anche per smuovere le coscienze dei benpensanti buonisti per le migliaia di italiani in difficoltà  che dormono in auto”.
Ora, però, anche in Europa il vento pare essere cambiato: la Germania di Angela Merkel ha aperto le porte ai rifugiati e le immagini della morte del piccolo Alayn sembrano aver invertito anche la tendenza emotiva dell’opinione pubblica.
Tutta benzina in meno nel motore di Salvini, aggrappato a Marine Le Pen e ora alla linea del premier ungherese Orban.
Ma c’è un altro rischio impasse. La sfida a bloccare per tre giorni il Paese in chiave anti Renzi non ha trovato alleati.
Nemmeno in Forza Italia che, anzi, al momento si è soprattutto premurata di prendere le distanze.
Il segretario leghista assicura che la proposta della serrata va avanti e oggi a via Bellerio si è tenuta una riunione del consiglio federale per fare il punto.
D’altra parte, Salvini si dice certo che alla fine convincerà  Silvio Berlusconi ad affiancarlo nella partita. I due si incontreranno faccia a faccia e si vedrà  come andrà  a finire. Ma il rischio flop c’è.
Il Cavaliere è notoriamente un mago nel trattare su più tavoli, e infatti in questi giorni ha alimentato retroscena, mai smentiti, in cui tende a sminuire il suo alleato.
Facendo trapelare sondaggi che vedrebbero più adatti al ruolo di premier personaggi come Roberto Maroni o Luca Zaia, oppure frasi come quelle riportare il 5 settembre da Repubblica: “La verità  è che in Italia ci sono solo due leader: Matteo Renzi e il vecchio Berlusconi”.
Quanto a Salvini, avrebbe scherzato, bisognerebbe trovargli “un posto al Milan”.
Non c’è dubbio che a destra la competizione esista e che Forza Italia abbia il problema di non farsi fagocitare dai padani.
Alle viste ci sono delle elezioni amministrative delicate dunque, per ora, meglio andare avanti in modalità  “collaborazione competitiva”.
Ma molte volte, nei suoi ragionamenti privati, il Cavaliere ha sottolineato la difficoltà  del leader leghista di arrivare a conquistare il cuore di quell’elettorato moderato che in passato votava il partito azzurro.
Se si andasse alle urne ora, dicono i sondaggi, Forza Italia sarebbe in enorme difficoltà  e di certo la Lega avrebbe un ottimo risultato. Non comunque abbastanza per arrivare alla guida del Paese.
Difficile ipotizzare che Salvini possa pensare di arrivare al traguardo delle prossime elezioni senza cambiare.
“Il vero problema del segretario leghista — dice un parlamentare berlusconiano lombardo — è decidere come andare avanti per i prossimi tre anni. Se continua soltanto ad alzare i toni finirà  per lasciare i moderati a Renzi però se cambia registro rischia di perdere il suo elettorato di riferimento”.
Nel primo sondaggio post-estivo su la La7 il primo riscontro: la Lega perde quasi un punto in percentuale e al ballottaggio andrebbero Pd e M5S.

(da “Huffingotnpost”)

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INTERVISTA A MICHNIK: “QUESTO EGOISMO CI FARA’ PERDERE LA NOSTRA ANIMA”

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

IL PADRE DELLA RIVOLUZIONE POLACCA: “QUELLO CHE E’ SUCCESSO A BUDAPEST E ‘ IL TRADIMENTO DEGLI IDEALI DELLA RIVOLTA CONTRO IL COMUNISMO DEL 1989”

«L’egoismo del rifiuto verso i migranti, nel caso estremo dell’Ungheria di Orbà n ma anche altrove, è la vergogna d’Europa. E’ il tradimento dell’Europa di Schengen nata dalla rivoluzione dell’89. Ed è molto pericoloso che la Polonia, scintilla della rivoluzione di allora, cerchi allenza con l’ungherese Orbà n e gli slovacchi: l’egoismo della voglia di nuovi Muri minaccia di vincere sulla solidarietà , il valore dell’89». Così ci dice Adam Michnik, l’intellettuale polacco padre della svolta dell’Est
La retorica anti-migranti e la minaccia di Orbà n condannano l’Europa di Schengen?
«Molti leader della ‘nuova Europa’, gli ex cittadini dell’Unione sovietica, non capiscono che la solidarietà  per cui ci battemmo non può essere solo solidarietà  dell’Europa occidentale verso di noi, bensì deve essere anche solidarietà  nostra verso gli altri. E’ il risultato del pensiero xenofobo che risorge con Orbà n».
Nasce una nuova Europa della voglia di nuove frontiere e nuovi Muri? E all’Est i perseguitati di ieri non tendono la mano ai perseguitati fuggiaschi di oggi?
«Paradossalmente è anche la mentalità  di Putin. Perchè la sua politica è xenofobia, esclusione, repressione contro le minoranze. E in Europa appoggia il Front National e la Lega Nord».
Risorge l’Europa dei Muri che voi abbatteste?
«Posso solo sperare che questo processo negativo che sarà  bloccato da maggioranze sagge. Il ritorno dei Muri sarebbe il suicidio collettivo europeo e i conflitti etnici riesploderebbero incontrollabili».
Una soluzione europea comune del dramma dei migranti è possibile o i venti negativi spingeranno a soluzioni nazionali e nazionaliste?

«Sono convinto e sicuro che la soluzione europea comune sia necessaria. Ma se l’egoismo nazionale si rivelerà  più forte, con tanti umori in stile Orbà n o simili davanti alla tragedia dei migranti, allora sarà  la catastrofe terribile».
L’Ungheria di Orbà n, la Slovacchia del populista di sinistra Fico e anche la sua Polonia hanno deciso di coordinare una politica verso i migranti dura e senza consultare Bruxelles. Che ne pensa?
«Credo sia molto pericoloso. In Polonia molto dipenderà  dai risultati delle prossime elezioni, in ottobre. In questo clima le voci più provinciali e anti-europee sono in vantaggio nei sondaggi. Nessuno ha il coraggio di dire apertamente che questa linea dura dei nuovi Muri è una minaccia per il futuro».
Nella Ue tre Paesi (Italia, Germania e Svezia) accolgono la maggioranza dei migranti. Altri li rifiutano. Non è pericoloso per il futuro dell’Unione?
«Pericolosissimo. Per fortuna la nostra premier Ewa Kopacz ha annunciato che la Polonia aumenterà  la sua quota di rifugiati. Spero che sia un inizio seguito da altre decisioni. Ma entro ottobre si voterà : e molti gridano che bisogna chiudere le frontiere, affermazione pericolosa ma seducente».
Quindi secondo Lei il dramma dei migranti e la popolarità  delle linee dure alla Orbà n stanno accellerando il tramonto dei liberal dell’Est che gestirono la transizione non violenta dall’Unione sovietica alla libertà ?
«Certamente è la crisi del sistema dei valori del sistema dei valori liberal- democratico di tolleranza e pluralismo. All’Est della Ue ma non solo. Ma voglio sempre essere ottimista, specie in Polonia: siamo da secoli una nazione di esuli e stranieri ed emigranti».

(da “La Repubblica”)

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IL WORLD ECONOMIC FORUM BOCCIA L’ITALIA: MANCANZA DI ETICA, INFRASTRUTTURE E FISCO LA ZAVORRA ALLA CRESCITA

Settembre 7th, 2015 Riccardo Fucile

SOLO LA GRECIA, TRA LE 30 ECONOMIE AVANZATE, PEGGIO DI NOI

Italia fanalino di coda, tra i paesi avanzati, per la crescita inclusiva.
La Penisola colleziona una serie di pesanti insufficienze nell’Inclusive growth and development report 2015 del World economic forum, uno studio pubblicato al termine di due anni di ricerche sul tema delle disparità  di reddito e dell’inclusione sociale.
I ‘voti’ della pagella italiana sono “ampiamente sotto la media” se paragonati agli altri 29 Paesi avanzati.
Solo la Grecia appare in generale su posizioni più difficili di quelle italiane.
Per l’etica della politica e del business l’italia è al 29esimo posto, con un punteggio di 2,96.
La Finlandia è a 6,3 e i Paesi nordici sono in generale sopra al 6.
L’insufficienza è netta anche nell’imprenditorialità  (29esimo posto con un punteggio di 3,53). Ultimo posto per le infrastrutture di base e digitali.
Penultimo per l’inclusione del sistema finanziario e per l’occupazione produttiva, mentre c’è un sorprendente ottavo posto per le retribuzioni.
Per l’istruzione la Penisola è 26esima, sostenuta dall’accesso alla scolarità  (15esima posizione), ma trainata verso il basso dalla qualità  (28esima).
Per la protezione sociale (voto 4,33) è 22esima.
Il rapporto – alla sua prima edizione – analizza un totale di 112 paesi, suddivisi per grado di sviluppo (le nazioni avanzate sono 30) e li esamina in 7 macro-aree (istruzione, occupazione e retribuzioni, imprenditorialità , intermediazione finanziaria, corruzione, servizi e infrastrutture di base, trasferimenti fiscali), ricorrendo a 140 indicatori quantitativi che ‘scannerizzano’ il contesto individuando punti deboli e best practice nel rapporto tra crescita economica ed equità .
L’obiettivo dello studio è “migliorare la comprensione di come i paesi possono utilizzare i meccanismi istituzionali e gli incentivi di politica per rendere la crescita economica più socialmente inclusiva”, cioè fare sì che l’innalzamento degli standard di vita vada a beneficio di tutti. Il giudizio sull’Italia è tagliente.
Sono fonte di “particolare preoccupazione l’alto livello di corruzione e la scarsa etica della politica e del business, che hanno implicazioni per molte altre aree e sono tra le peggiori tra i Paesi avanzati. La disoccupazione è alta ed è associata ad elevate percentuali di lavoratori part-time involontari e da persone con occupazione precarie e vulnerabili. La partecipazione delle donne alla forza-lavoro è estremamente bassa ed è peggiorata da un divario salariale di genere che è tra i più alti nei paesi avanzati. E’ scarsa la creazione di nuove imprese che possano alimentare nuove opportunità  di occupazione, nè è agevole ottenere i finanziamenti per farlo. Il sistema di protezione sociale, che non è nè particolarmente generoso, nè particolarmente efficiente, accresce il senso di precarietà  e di esclusione del paese”.
Pescando tra i vari indicatori quantitativi, colpisce l’ultimo posto rimediato dall’Italia per l’entità  e l’effetto della tassazione sugli incentivi sia al lavoro (voto 1,95 su 7), sia agli investimenti (2,03). Per il cuneo fiscale c’è la 25esima piazza. In compenso il Belpaese è al settimo posto per il totale delle entrate fiscali sul Pil, con il 42,9%.
Per l’efficacia del governo nella riduzione della povertà  e delle disparità  il voto è 2,51 su 7 che assegna all’Italia un penultimo posto.
Un’altra maglia nera arriva per lo spreco del denaro pubblico, con un punteggio di 1,87.
Lo studio elenca anche i principali indicatori di performance, quali il Pil pro capite (34.715 dollari, 22esimo posto), la produttività  (20esimo), la disparità  di reddito sulla base dell’indicatore di Gini (19esimo posto ante-trasferimento fiscali e il 22esimo post-trasferimenti), il tasso di povertà  (12,6%, 21esimo posto).
Tra i calcoli dello studio anche l’equità  tra generazioni che vede l’Italia al 28esimo posto per il debito pubblico e al 26esimo per il risparmio netto.
Il Wef sottolinea che per tutti i paesi c’è ampio margine di miglioramento, ma al tempo stesso evidenzia che i paesi più inclusivi sono anche quelli più competitivi.
E l’Italia, quanto a competitività  totale, resta saldamente nel plotone di coda, con un 27esimo posto.

(da “La Repubblica”)

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