Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
LA LEZIONE DI REICHLIN PER L’ULTIMO SALUTO
Commossa, la folla saluta il compagno Pietro Ingrao: “Una mattina, mi sono svegliato, o bella ciao, bella ciao”. Qualche pugno tra le bandiere rosse, nessuna del Pd.
Sul palco, la intonano, sussurrata, Luciano Violante e Andrea Orlando. Poco più in là Gianni Cuperlo, Roberto Speranza pure Francesco Boccia la intonano: “È questo il fiore del partigiano, morto per la libertà ”.
Luca Lotti è una sfinge, labbra immobili. Matteo Renzi fa il vago.
Poca folla, il funerale di Ingrao ai tempi in cui quello della sinistra, forse, si è consumato. Walter Verini, a voce bassa: “Certo, una volta avremmo riempito San Giovanni, altri tempi. Però sai che ti dico? Lo so che la nostalgia è pericolosa, ma io ho nostalgia. Ho nostalgia di Ingrao, di Amendola, di Berlinguer, della politica che appassionava, con la P maiuscola”.
Nel discorso di Alfredo Reichlin c’è tutta la grandeur del comunismo italiano, quel senso della storia, maestoso e razionale, il ricordo come memoria da cui trarre una lezione: “Quando i Tg domenica hanno dato la notizia, l’hanno così sintetizzata: è morto il capo della sinistra comunista. C’è, nella sintesi giornalistica, un dato di verità . Che chi dice che questo paese ha una storia, non è solo una sommatoria di individui, è un storia fatta di passioni e di comunità ”.
Le parole di Reichlin risuonano solenni, misurate ed essenziali.
Le parole di un capo comunista che saluta un capo comunista. Nichi Vendola ha gli occhi lucidi, il capo basso: “È un groviglio di emozioni”.
E un capo comunista come Reichlin, nel ricordare un capo comunista, sa che il privato è politico, che quella ferrea razionalità storicista del Pci impone di leggere il presente come storia, senza fronzoli e nostalgie.
Non c’è l’aneddoto, c’è, tanto, la lezione del compagno Pietro Ingrao.
Una critica severa a questo presente e a questa sinistra: “Tuttavia questa storia non l’abbiamo conservata o costruita bene, non so se perchè volevamo la luna o non l’abbiamo voluta abbastanza. E allora, oggi, la gente esprime un bisogno insopportabile di senso. Della parola sinistra si sono persi molti significati, ma io sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano, che sanno che il vecchio non può più e il nuovo non c’è abbastanza. E si interrogano su come riempire questo vuoto”.
Già , il vuoto. Renziani quasi spaesati, poco partecipi. Lorenzo Guerini, Emanuele Fiano, poco più in là David Ermini.
Tra il Partito della Nazione la sinistra c’è più di qualche metro.
Alfredo D’Attorre, quasi teso di fronte al feretro di Ingrao: “La sinistra è sopravvissuta a molte cose, sopravviverà anche a Renzi”.
Vicino c’è Boccia: “Menomale che Verdini ci ha risparmiato la sua presenza. Almeno il passato è salvo. Il futuro invece…”.
In parecchi lo vedono nelle parole di Reichlin: “La politica, spiega Ingrao, deve avere una dimensione etica e culturale, non è solo lotta tra individui. Pietro è stato questo, la fusione tra politica e vita, la politica come storia in atto, come lotta per cambiare il tessuto profondo del paese, come non lasciare gli uomini soli di fronte al potere del denaro”.
E alla politica sguaiata, sciatta, tweet e pensieri di 140 caratteri, il comunista ricorda la grande lezione di Antonio Gramsci: “Serve un pensiero nuovo per l’epoca nuova. E per vincere bisogna capire quel tanto di verità che c’è nell’avversario. Questa è l’egemonia”.
Parla Laura Boldrini, la figlia Chiara, Ettore Scola: “Pietro Ingrao era un uomo che faceva innamorare le persone”.
Stavolta, alla fine, Bella Ciao la cantano più forte, tra le bandiere del Pci di allora, di Tsipras e Sel.
Renzi è seduto sul palco, ci rimane a lungo, evitando di cantare una canzone simbolo della sinistra: “Certo — dice Speranza — bisognerebbe prendere il discorso di Reichlin come base per ricostruire la sinistra”.
Quella vecchia volpe di Paolo Cirino Pomicino, però si gira verso la piazza. I pugni alzati sono a stento un centinaio: “Il popolo comunista non c’è più. Si è perso da tempo”.
Bella ciao, bella ciao, e attorno il vuoto.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Politica | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
IL “CONVERTITO” E’ PAOLO GALANTE, CON LEGAMI MAI RINNEGATI CON TERZA POSIZIONE
E’ un ex quadro di Alleanza Nazionale, con un passato — mai rinnegato — nell’estrema destra. Imprenditore, gestore di un albergo di lusso spesso usato dal fondatore di “Terza posizione” Gabriele Adinolfi per incontri e presentazioni, Paolo Galante è uno dei due candidati a sindaco per le prossime elezioni comunali di Latina per il Partito democratico, apparentemente diviso sul tema.
Il nome è stato proposto dal senatore Claudio Moscardelli, componente della Commissione antimafia, e appoggiato da una buona parte dei quadri del partito, in contrapposizione con il nome proposto dalla corrente avversaria: quello di Enrico Forte, con cui Galante dovrà vedersela alle primarie.
Una scelta che lo stesso Moscardelli — candidato perdente per due volte alle amministrative di Latina — giustifica come “il necessario allargamento: ci servono i voti della destra, altrimenti a Latina il Pd da solo può fare ben poco”.
Una scelta “non di sinistra”, spiega il senatore parafrasando Matteo Renzi, per vincere ad ogni costo.
Latina — la ex “Littoria” creata in epoca fascista — ha quasi sempre visto l’area della sinistra ex Pci all’opposizione, salvo una piccola parentesi che ormai risale nel tempo.
Governata dall’area ex missina e da Forza Italia da sempre, è considerata una sorta di laboratorio politico della destra nel Lazio.
Qui sono partite le prime privatizzazioni italiane alla fine degli anni ’90, per il settore dei rifiuti prima e degli acquedotti poi, lasciando spazio ad imprenditori che per anni hanno finanziato il centrodestra italiano.
Poi la caduta di Berlusconi, che nel sud del Lazio ha curiosamente coinciso con la nascita dei movimenti dei forconi, fortemente rappresentati nel sud pontino e con saldi legami con la destra populista estrema.
Un tonfo che sta aprendo una finestra di opportunità al partito democratico, pronto a prendersi la poltrona di sindaco.
Il centrodestra è poi imploso, con divisioni interne e faide neache troppo silenziose, fino alle dimissioni dell’ultimo sindaco in carica Di Giorgi, esponente di Fratelli d’Italia.
Ecco dunque l’opportunità che il Pd attendeva da anni, che ha deciso di giocarsi con l’alleanza con la destra più estrema, che ci tiene a non rinnegare nulla del passato, nè quelle “sensibilità che allora mi portavano a condividere percorsi della destra giovanile. Un percorso che non disconosco per la forza e l’entusiasmo con cui l’ho fatto”, ha subito specificato il candidato in pectore del Pd.
La militanza di destra di Galante arriva fino a pochissimo tempo fa: “Era un nostro quadro — racconta a IlFattoQuotidiano.it Giuseppe Mochi, ex segretario provinciale di An — fino a qualche anno fa era il responsabile attività produttive di Alleanza Nazionale di Latina. E’ sempre stato un esponente della destra, anche se non so cosa facesse negli anni ’70”. Seguendo le notizie degli incontri dell’area della destra radicale a Latina si può facilmente intuire i riferimenti culturali e politici del neo candidato del Pd.
Nel 2012 partecipò in qualità di relatore ad un evento della rivista Polaris, diretta da Gabriele Adinolfi, cofondatore insieme a Roberto Fiore del movimento di estrema destra “Terza posizione”, attivo negli anni ’70.
Un evento organizzato insieme all’associazione “Passepartout”, legata alla destra radicale pontina.
“E allora? — commenta il senatore Moscardelli — Anch’io ho partecipato ad incontri di Passepartout, non vedo quale sia il problema”.
E sempre l’ex leader di Terza Posizione Gabriele Adinolfi ha presenziato — secondo quanto risulta sui siti di riferimento dell’area della destra radicale — ad alcune iniziative politiche organizzate lo scorso febbraio presso l’albergo Foro Appio gestito da Galante. Un rapporto, dunque, ancora stretto.
La metamorfosi — da militante nero a candidato sindaco del principale partito di sinistra del Paese — ricalca in funzione uguale e contraria quella del Pd, che in osservanza alla dottrina renziana (“Se vuoi vincere le elezioni, devi prendere i loro voti“, spiegava il premier il 20 maggio 2013 a Porta a Porta) guarda sempre alla propria destra.
“Sono amico con Enrico Forte e Claudio Moscardelli che stimo — scrive nella nota con cui Galante si è presentato agli elettori — che mi hanno chiesto insieme di collaborare a un progetto nuovo di città e non lo hanno fatto chiedendomi credenziali ideologiche, ma la volontà di cambiare insieme la nostra comunità ”.
“Galante doveva essere il nostro candidato unitario — spiega ancora Moscardelli a IlFattoQuotidiano.it — ma il consigliere regionale Enrico Forte ha confermato la sua candidatura e quindi faremo le primarie con questi due nomi”.
Nessun imbarazzo per i legami con la destra? “No, nessuno — risponde Moscardelli — anche perchè Galante ha votato Pd nelle ultime elezioni. Il suo nome è stato poi condiviso nel partito a livello regionale”.
Andrea Palladino
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
UNA MOZIONE RESUSCITA L’OPERA CARA A BERLUSCONI E CHE ORA INTERESSA AD ALFANO
Con uno spregiudicato blitz parlamentare il governo allunga la vita al ponte sullo Stretto di Messina sul quale, apparentemente, il governo Monti aveva messo la parola fine tre anni fa.
Continua così l’agonia per i contribuenti italiani. Ma per loro il finale è scritto: dovranno pagare a titolo di penale al teorico costruttore di un’opera impossibile (il consorzio Eurolink, guidato dalla Salini-Impregilo) una cifra oscillante tra 600 milioni e un miliardo di euro.
È stato il sotto segretario alle Infrastrutture Umberto Del Basso De Caro a esibirsi ieri in una specie di gioco delle tre carte, più precisamente il gioco delle tre mozioni.
La Camera ne aveva tre in votazione.
Due — presentate da Sel e M5S — chiedevano di mettere fine definitivamente alla telenovela.
La terza chiedeva invece di riaprire i giochi e era firmata dai deputati Ncd, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano che nei giorni scorsi si era speso energicamente per la ripresa del faraonico progetto.
Del Basso De Caro ha chiesto ai firmatari delle tre mozioni di togliere dai loro testi i riferimenti al ponte sullo Stretto.
La mozione Sel, primo firmatario Franco Bordo, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenti realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo, nonchè ad astenersi da qualsiasi iniziativa volta a favorire in qualsiasi modo il rilancio e la realizzazione del progetto”. Quella M5S, primo firmatario Paolo Parentela, impegnava il governo “a confermare che la realizzazione dell’opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta realmente un capitolo chiuso per l’attuale Esecutivo”.
Il governo ha detto che non poteva dare parere favorevole perchè “trattasi di un intervento che non è presente nell’agenda del Governo e la cui complessità richiederebbe uno specifico approfondimento, che può tranquillamente essere rimandato ad altro momento”.
Quindi — nonostante il decreto legge con cui il governo Monti il 2 novembre 2012 sancì la fine della storia del ponte — il governo Renzi ritiene di dover ancora approfondire se il capitolo sia da ritenersi chiuso.
Arrivati alla terza mozione, prima firmataria Dorina Bianchi, Del Basso De Caro ha concordato con l’Ncd una riformulazione della mozione al posto dell’eliminazione delle parole sul Ponte.
Dove si impegnava il governo “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina”, Del Basso De Caro ha così riscritto la mozione: “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del pontesulloStrettodiMessina, come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici”.
La Camera (cioè il Pd) ha respinto a larga maggioranza le mozioni “no-Ponte” che Sel e M5S si sono rifiutate di purgare e ha approvato a larga maggioranza la supercazzola del sottosegretario, che è totalmente priva di senso.
Se costruire il ponte per auto, Tir e treni è impresa di dubbia realizzabilità e sicuramente antieconomica, costruirlo solo per i treni è un’idea concepibile solo all’interno di un arabesco parlamentare dagli scopi imperscrutabili.
Trionfante, Alfano ha così twittato: “Oggi alla Camera sì da maggioranza e Governo a nostra mozione sul Ponte sullo Stretto. Il #Mezzogiorno riparte #unaltrosuccesso #Sud”.
D’altronde nel 2016 (o forse prima) si vota in Sicilia.
Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha cercato di gettare acqua sul fuoco: “Noi non abbiamo il dossier sul tavolo in questo momento, se una forza politica o il Parlamento ci invita a valutare se un domani potremo riaprirlo, noi non diciamo di no.Non abbiamo pregiudizi,la valutazione si fa sempre”.
Delrio parla come se, anzichè il governo italiano, rappresentasse un centro studi. Purtroppo per i contribuenti la discussione sul ponte di Messina non è nè teorica nè accademica.
Anni di follie giuridiche e contrattuali hanno consentito al consorzio Eurolink (Impregilo, Condotte, cooperativa C-mc, Sacyr e gruppo Gavio), vincitore della gara d’appalto nel 2005, di accumulare pretese di risarcimento che potrebbero toccare il miliardo di euro senza fare il ponte. Alcune mosse dell’allora presidente della società pubblica Stretto di Messina, Pietro Ciucci, hanno fatto spuntare come funghi penali in favore di Eurolink assenti nel bando di gara.
Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Alfano | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
CONFEDERCONTRIBUENTI: “NELL’85% DEI CONTRATTI ANOMALIE NEI CALCOLI”
“Non farti rapinare (& usurare) dalla banca popolare”. Con questo slogan mercoledì 30 settembre Confedercontribuenti Veneto manifesterà davanti alla sede della Banca Popolare di Verona a Padova con l’obiettivo di portare all’attenzione di tutti i comportamenti dell’istituto.
Quello della Popolare di Verona non è certo un caso isolato: “Sono circa 800 i casi di usura bancaria che stiamo seguendo in Veneto, in buona parte in provincia di Padova — spiega Alfredo Belluco, presidente di Confedercontribuenti Veneto — ma il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale e riguarda praticamente tutte le banche: se si analizzano i contratti, in oltre l’85% dei casi si scoprono anomalie nei calcoli”.
Il caso della Popolare di Verona però è uno dei più eclatanti, dato che l’istituto aveva inserito nei suoi contratti un’indennità di sconfinamento tra i 10 e i 600 euro al giorno, a seconda dell’entità del “rosso”, e questa commissione si andava ad aggiungere agli interessi calcolati su base trimestrale facendo lievitare il debito a livelli impossibili. “Una vera e propria rapina da banditi del Far West, ma senza armi e a viso scoperto”, sottolinea Belluco, presentando il caso di una piccola commerciante di Padova che aveva un debito di 2mila euro con la Popolare di Verona e si era impegnata a saldare con 300 euro a trimestre.
“Ogni trimestre la banca le applicava tra interessi e spese, competenze e commissioni, importi superiori ai suoi versamenti, per la precisione oltre 760 euro a trimestre, più del 150% su base annua, quando per legge avrebbe dovuto applicarle meno di 100 euro tra interessi e spese. Il debito si era raddoppiato in meno di tre trimestri”, dice Bellucco.
Un altro imprenditore veneto, a fronte di un debito di 20mila euro, si è visto addebitare dalla Popolare commissioni nell’ordine del 45% grazie alla famosa “indennità di sconfinamento” cui si aggiungono interessi del 10% circa, per un totale del 55%.
“Sono solo due dei casi più eclatanti — continua Belluco — la banca si è anche detta disponibile a restituire i soldi, ma non è questo il punto: l’usura è un odioso e gravissimo reato di pericolo sociale e non può cancellarsi con la restituzione del maltolto. Nel caso della piccola commerciante, nonostante l’evidenza documentale, la procura ha archiviato la denuncia senza nemmeno disporre una perizia. E le banche, a fronte di una legge, quella sull’usura, che non viene applicata, continuano come nulla fosse, contando sul fatto che solo una minima parte dei clienti contesterà i calcoli, mentre quasi nessuna procura perseguirà il reato”.
Le cose non sono cambiate nemmeno in seguito all’abolizione di tutti gli oneri e i costi sostituiti dall’introduzione di una commissione omnicomprensiva, la commissione di istruttoria veloce, a opera del decreto “Salva Italia” del 2012.
Anzi, come si è visto qualche settimana fa, la Banca d’Italia spinge anche per la reintroduzione dell’anatocismo (cioè gli interessi prodotti dagli interessi) nonostante sia una pratica vietata per legge.
Confedercontribuenti Veneto intanto chiede ancora una volta alle Camere di Commercio di attivarsi nei confronti degli iscritti affinchè analizzino o facciano analizzare i loro rapporti bancari per stroncare l’usura bancaria, una pratica che ha mandato in rovina e portato al suicidio tanti imprenditori e cittadini.
“Bisogna spezzare questo meccanismo attraverso l’informazione. Noi, per parte nostra, stiamo moltiplicando gli sforzi e le iniziative e sabato 3 ottobre presso la parrocchia di Dese (Venezia, ndr) organizziamo un convegno dal titolo ‘Banche: basta suicidi e usura’ per spiegare il meccanismo perverso che permette alle banche di praticare l’usura”.
Paolo Fior
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Settembre 30th, 2015 Riccardo Fucile
LA NUOVA DIMORA DI LUSSO A POCHI CHILOMETRI DA ARCORE… VILLA SAN MARTINO TORNERA’ AD ESSERE IL QUARTIER GENERALE DI FORZA ITALIA
Sono ancora una coppia, ma vivranno separati. Non in casa, ma in due ville diverse. Una appena comprata e in fase di ristrutturazione per accogliere l’arrivo della fidanzata, Francesca Pascale. Silvio Berlusconi, secondo quanto pubblicato dal Giornale di Merate e riportata dal Corriere della Sera, alla vigilia del suo 79esimo compleanno ha acquistato Villa Giambelli, nel comune di Casatenovo, in provincia di Lecco, a una decina di chilometri da Arcore.
Francesca via da Villa San Martino quindi, dove, al contrario, l’ex Cav. continuerà a vivere, lontano da distrazioni sentimentali e per concentrarsi sulla nuova — l’ennesima o l’ultima? — discesa in campo.
La casa di Silvio sarà di nuovo il quartiere generale di Forza Italia, non più luogo del “cerchio magico” — che include, appunto, la compagna e Mariarosaria Rossi — ma laboratorio della strategia politica di partito.
La lussuosa dimora nella piccola frazione del comune brianzolo sarebbe, appunto, un buen retiro per la Pascale che tra qualche settimana dovrebbe lasciare definitivamente campo libero, abbandonando Arcore insieme all’onnipresente Dudù, con il quale anche l’ex presidente del Consiglio era stato immortalato in vari selfie. Tutti postati online.
Che si tratti di una rottura tra i due? Forse sì, forse no.
Certo è che in passato si era parlato più volte di una separazione. Lo scorso anno ai microfoni di Radio 24 il conduttore de La Zanzara Giuseppe Cruciani annunciò la fine della relazione, poi smentita dalla coppia. E ancora, il sospetto che lei lo avesse lasciato e che si fosse trasferita a Madrid.
Nel corso dei mesi, però, si sono susseguiti anche rumors d’amore, che sussurravano di un imminente matrimonio.
Lei era addirittura disposta a rinunciare ai soldi pur di convolare a nozze, perchè da lui voleva solo “il calore degli abbracci”. E poi raffiche di foto durante i pranzi natalizi dove il duo Pascale-Marina Berlusconi posava attovagliato e felice di fianco al fidanzato-papà Silvio.
Tutto accadeva ad Arcore, dove a ottobre 2014 era arrivata pure Vladimir Luxuria, che qualche settimana prima aveva chiamato Pascale al Gay Village.
Un incontro per parlare di diritti Lgbt, anche se Villa San Martino è stata anche sede di cerimonie più spirituali. Come, ad esempio, il battesimo del figlio di Noemi Letizia.
Ma ci risiamo e questa volta pare proprio che non ci siano solo chiacchiere, ma solide realtà . Dopo la costosissima separazione da Veronica Lario, anche per quella che sembra — o no? — essere la conferma della rottura del fidanzamento con la trentenne napoletana Silvio è costretto a mettere mano al portafogli. E sempre di ville si parla. Come nel caso di Veronica Lario, che a febbraio ha puntato gli occhi sulla casa dell’ex marito sul Lago Maggiore.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: Berlusconi | Commenta »