Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
A COSA SERVONO I 2,2 MILIARDI IN PIU’?
L’Italia batte cassa a Bruxelles. 
“L’indebitamento netto potrà aumentare – si legge nella nota di aggiornamento al Def — fino ad un importo massimo di 17,9 miliardi nel 2016 (che include, ove riconosciuti in sede europea, i margini di flessibilità correlati all’emergenza immigrazione fino a un importo di 3,3 miliardi)”.
In pratica nel Documento di Economia e Finanza il governo chiede all’Ue di sforare i vincoli per far fronte alla gestione dei flussi migratori. Ma come verranno impiegati questi fondi, se la Commissione Ue darà il suo ok, che a poche ore dal varo della manovra sembra tutt’altro che scontato.
La domanda è lecita, visto che il ministero dell’Interno per la cosiddetta “emergenza” spende nel 2015 un solo miliardo, ed è il dicastero che investe di più.
Le amministrazioni coinvolte sono Viminale, Politiche sociali, Infrastrutture e Difesa. IlFattoQuotidiano.it ha chiesto a ciascuno di loro di dettagliare le loro spese in materia: sommando le voci, per il 2015 si prevede un importo complessivo di 1.135.612.181 euro. E gli altri 2,2 miliardi?
“La Nota è l’unico documento ufficiale e ripete più volte che si allocherà lo 0,2% (pari a 3,3 miliardi di euro, ndr) del Pil. Non esistono dati scorporati”, spiegano dal ministero dell’Economia.
Viminale, Morcone: “Nel 2015 spendiamo un miliardo”
Il ministero dell’Interno è il cuore del sistema di gestione dei migranti. Batte lì l’accoglienza sia per gli adulti che — dal gennaio del 2015 — per i Minori stranieri non accompagnati.
“La spesa prevista per il 2015 è di un miliardo di euro“, spiega a IlFattoQuotidiano.it il prefetto Mario Morcone, responsabile del Dipartimento Immigrazione e Libertà civili. Il Fatto ha chiesto all’ufficio stampa di dettagliare la previsione di spesa di Morcone, senza mai ottenere risposta.
La cifra fornita dal prefetto include tutto, “compresi i rimpatri (l’ultimo dato ufficiale del ministero è del 2013: 21 milioni di euro)”, spiega ancora Morcone. Per questo capitolo preciso una parte ce la mette Bruxelles, con il Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami).
Nessun costo in più per gli hotspot, le strutture introdotte con l’Agenda immigrazione di Juncker: “Si pensa che siano luoghi fisici, ma si tratta solo di nuove modalità organizzative. Al massimo aumenteranno i costi per le forze di polizia”, continua Morcone.
All’interno del miliardo, ci sono anche 187,5 milioni che saranno spesi annualmente, finalizzati “all’ampliamento del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati”, si legge sul sito.
Dal marzo 2014 il governo ha costituito anche un Fondo nazionale minori stranieri non accompagnati. Per lo scorso anno erano stati stanziati 30 milioni, 20 per l’anno corrente, come recita la Legge di Stabilità 2015. Il ministero ha poi aggiunto altri 12,5 milioni di euro straordinari.
Gli spiccioli per l’integrazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali
Prima del Viminale, il ministero a cui era in capo la complicatissima gestione dei minori soli era quello del Lavoro e delle Politiche sociali.
Il Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, triennale, in media contava 38,3 milioni l’anno. Triennali sono anche i fondi per le politiche d’integrazione: a bilancio compaiono 16,9 milioni, di cui l’Italia ha fin qui impegnato 5,6 milioni di euro.
Meno di quanto la sola Regione Lombardia ha impegnato per la Dote giovani: non granchè.
Per altro, quasi il 20% del totale è stato coperto attraverso il Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi (programmazione 2007 -2013). Il meccanismo dei Fondi europei prevede che l’Italia anticipi e Bruxelles rimborsi per la quota parte coperta.
Eunavfor Med e le altre le missioni: soldati pagati dal Fondo per le politiche di asilo
Il 30 luglio la Camera ha approvato la partecipazione italiana alla nuova missione della marina militare europea nel Mediterraneo: nome in codice Eunavfor Med., ha l’obiettivo di contrastare il traffico di essere umani sui barconi che partono dalla Libia e attraversano il Mediterraneo.
I suoi costi si leggono nel Decreto missioni semestrale: il Mef ha approvato 26 milioni di spesa (7 li rimborsa l’Onu). Il fondo, sempre da decreto, servirà “per la partecipazione di 1.020 unità di personale militare e per l’impiego di mezzi navali e mezzi aeromobili”. Scorrendo le voci di spesa, si scopre che i compensi del personale militare nel 2015 saranno coperti con parte del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo: circa 14 milioni.
Altre missioni collaterali dirette alla Libia potrebbero rientrare, allargando le maglie, nel conteggio dei costi dell’immigrazione. Eubam Libya, missione per “l’assistenza, supporto e formazione delle forze armate libiche”, tra gennaio e settembre è costata 1,34 milioni. In nove mesi l’addestramento del Corpo della guardia di finanza in Libia per “attività addestrativa del personale della Guardia costiera libica “in esecuzione degli accordi di cooperazione tra il governo italiano e il governo libico per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani” è costato altri 4,36 milioni.
Guardia Costiera: i costi dei salvataggi annunciati in una commissione parlamentare
Al Ministero delle Infrastrutture il delicato compito di gestione della capitaneria di porto e della Guardia Costiere, tra le forze più attive nel salvataggio delle vite umane.
Il costo? Sotto i 60 milioni l’anno, secondo quanto dichiarato dal Primo Maresciallo Antonio Ciavarelli il 5 agosto, in audizione al Comitato Schengen. L’unico dato disponibile in merito, mai smentito.
Paga l’Europa: quanto ci mette Bruxelles
Bruxelles finanzia sia con fondi strutturali che con fondi emergenziali la gestione dei flussi migratori diretti all’Italia.
I fondi strutturali sono il Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami) e il Fondo per la sicurezza interna (Isf), entrambi settennali.
Il primo vale oltre 310 milioni, il secondo oltre 222.
Per il 2015 entrambi sono stati potenziati con un tesoretto, il Fondo di emergenza: 13,6 milioni per il Fami e altri 5,4 per il Fsi.
“A questo si aggiunge anche un fondo da suddividere tra tutti i Paesi europei da 100 milioni”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Solon Ardittis, direttore di Eurasylum Ltd, società di consulenza delle istituzioni europee in materia di asilo politico.
Altri 12 milioni circa sono arrivati a febbraio per il Fondo emergenza per minori stranieri non accompagnati.
Lorenzo Bagnoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
I MAGISTRATI CONTABILI VOGLIONO SAPERE DI PIU’ SULLE SPESE SOSTENUTE QUANDO ERA SINDACO
Caccia agli scontrini, la Corte dei conti della Toscana chiede “approfondimenti” a Palazzo Vecchio. Non su tutti gli anni di Matteo Renzi sindaco.
Chiede di sapere di più sulle spese di rappresentanza rendicontate secondo i moduli introdotti dal decreto 138 del febbraio 2012 dall’allora ministro degli interni Cancellieri.
In sostanza, le spese di rappresentanza sostenute dal 2012 in poi. A partire dal quel decreto i Comuni sono del resto tenuti ad utilizzare uno “schema tipo” con tre voci essenziali: la descrizione dell’oggetto della spesa (un pranzo, una trasferta..), l’occasione in cui è stata sostenuta la spesa (di fatto il motivo) e l’importo.
E, sempre in base al decreto Cancellieri del 2012, i Comuni sono tenuti poi a trasmettere annualmente gli elenchi delle spese alla Corte dei conti assieme al rendiconto dell’esercizio.
La magistratura contabile toscana possiede già dunque gli elenchi predisposti con lo “schema tipo”. E fin qui non li ha contestati.
Chiede però “approndimenti”. Su cosa?
A spiegazione del modulo introdotto dal decreto si precisa che, oltre all’importo e alla descrizione della spesa, “la qualificazione del soggetto destinatario dell’occasione della spesa”.
In pratica, non il nome e cognome dei commensali, nel caso di un pranzo. Ma la “qualificazione”. Che, secondo la prassi interpretativa più comune, è l’indicazione della carica del commensale: un amministratore, un funzionario, un imprenditore.
Non è un caso se, a partire dal 2011, la rendicontazione seguita da Palazzo Vecchio è cambiata. Diventando via via più dettagliata, fino ad indicare, come accade nelle spese del 2013, il nome del ristorante e una specificazione ulteriore rispetto al semplice “incontro istituzionale” seguita per esempio fino agli elenchi delle spese del 2011.
Cosa sono dunque gli “approfondimenti” adesso richiesti?
In sostanza, sembra di capire, la Corte dei conti chiede a Palazzo di andare oltre ai moduli del decreto Cancellieri. Di fornire dettagli ulteriori per le spese sostenute. Di specificare, ad esempio, se di quel pranzo sostenuto in occasione di un “incontro istituzionale con gli amministratori locali”, esistono anche informazioni ulteriori circa il motivo dell’incontro e le figure istituzionali che hanno partecipato all’incontro. Almeno nel caso delle spese rendicontate con lo “schema tipo”, risultanti dalle determine di spesa firmate dal dirigente, perchè nè Renzi nè Nardella hanno mai avuto la carta di credito del Comune.
Massimo Vanni
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
TRA LORO AUGELLO, D’ASCOLA, SACCONI E GIOVANARDI AL SENATO, PISO, ROCCELLA E PICCONE ALLA CAMERA
Gaetano Quagliariello fa sul serio. E ha già pronto un gruppo di deputati e senatori disposti a
seguirlo: Andrea Augello, Nico D’Ascola, Maurizio Sacconi e Carlo Giovanardi a Palazzo Madama, e Eugenia Roccella, Filippo Piccone e Vincenzo Piso a Montecitorio.
Ma il fronte potrebbe allargarsi nei prossimi giorni. Insomma, il combinato disposto tra le dimissioni rassegnate da coordinatore nazionale del Nuovo centrodestra, con relativa richiesta ad Angelino Alfano di lasciare il governo, e l’idea di dare vita a gruppi parlamentari autonomi in entrambi i rami del Parlamento potrebbe, specie al Senato, avere effetti dirompenti sulla tenuta della maggioranza.
E anche se l’ex delfino di Silvio Berlusconi ostenta sicurezza, minimizzando la vicenda (“Non ho forzato nessuno per entrare in Ncd quando c’era da avere un gesto di coraggio, non trattengo nessuno”), a Palazzo Chigi non si sottovalutano affatto i rischi delle possibili defezioni. Anzi.
Non è un caso che lasciando Palazzo Madama insieme alla ministra delle Riforme Maria Elena Boschi e al suo portavoce, Filippo Sensi, il presidente del Consiglio si sia intrattenuto per una decina di minuti, al riparo da occhi indiscreti, a colloquio con il capogruppo del Ncd, Renato Schifani, e con la senatrice di fede alfaniana, Federica Chiavaroli.
Segnali di evidente preoccupazione per una decisione, quella di Quagliariello, che apre ora all’interno del Nuovo centrodestra una questione politica sulla quale sarà difficile, se non impossibile, ricomporre la frattura.
Almeno a sentire i ragionamenti dei fedelissimi dell’ex coordinatore del partito.
“Se quella tra Ncd e Partito democratico doveva essere un’alleanza finalizzata all’approvazione delle riforme costituzionali, con il via libera del Senato al ddl Boschi questa alleanza ha ormai esaurito il suo scopo”, ragionano alcuni parlamentari vicini all’ex ministro delle Riforme del governo di Enrico Letta.
“Se l’alleanza dovesse continuare — osservano — si tratterebbe di un’alleanza strategica”.
E qui iniziano dubbi e interrogativi: “Come può considerarsi strategica un’alleanza in presenza di una legge elettorale come l’Italicum che, per effetto del premio di maggioranza alla lista che ottiene più voti, impedisce di fatto le coalizioni?”.
E ancora: “Come può essere strategica un’alleanza con un partito, il Pd, che un minuto dopo l’approvazione delle riforme costituzionali grazie al nostro voto determinante sbeffeggia il suo principale alleato portando in Aula la legge sulle unioni civili, pur consapevole della nostra posizione da sempre contraria?”.
Insomma, il partito è dinanzi ad un bivio: diventare organico al Pd di Renzi o tentare di ricostruire un’area di centrodestra con Forza Italia.
Ecco perchè, prima di “strappare” del tutto, i senatori vicini a Quagliariello potrebbero garantire al governo un appoggio esterno, confluendo nel gruppo Misto nella speranza che il fronte dei malpancisti si allarghi a tal punto da poter formare un gruppo autonomo (a Palazzo Madama servono almeno 10 eletti).
Nel Ncd, infatti, la squadra di quelli che non condividono più la linea di Alfano conta diversi altri nomi: da Ulisse Di Giacomo a Guido Viceconte fino a Piero Aiello e Giuseppe Esposito.
Ma, come detto, le defezioni all’interno del Ncd potrebbero toccare anche la Camera.
La dichiarazione congiunta Roccella-Giovanardi, del resto, è un segnale inequivocabile:
”Fin da ora ci sentiamo liberi di non votare la fiducia al governo, quando sarà richiesta“.
Una bella grana per Alfano. E, forse, anche per Renzi.
Antonio Pitoni e Giorgio Velardi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 15th, 2015 Riccardo Fucile
ROSSELLA ORLANDI DENUNCIA: “LA GESTIONE DEL CONTANTE COSTA 8 MILIARDI L’ANNO”…. “IL NERO E’ GIA’ IL 17% DEL PIL”
“Sono maturi i tempi per l’utilizzo della moneta elettronica. Incrementarla ha un impatto positivo sulla riduzione del sommerso e sull’evasione fiscale, oltre che sul costo di gestione del contante che è di 4 miliardi l’anno per il settore bancario e 8 miliardi l’anno per il sistema Paese».
Parole precise e nette di Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate, pronunciate giusto un anno fa dinanzi alla commissione parlamentare di Vigilanza sull’anagrafe tributaria.
«L’economia sommersa vale tra 255 e 275 miliardi e dunque tra il 16,3 e il 17,5% del Pil, sono dati preoccupanti», aggiungeva la Orlandi.
«Il contante, in quanto mezzo anonimo e non tracciabile, alimenta le possibilità di sviluppare economia sommersa, di conseguenza la riduzione del contante rappresenta una delle chiavi per la lotta all’evasione».
Più chiaro di così.
Eppure il governo Renzi triplicherà la soglia per il cash dal 2016.
In un paese in cui l’82% delle transazioni e il 67% del loro valore si muove ancora sulla carta frusciante e in cui l’alfabetizzazione digitale e finanziaria stenta, ma cresce piano e andrebbe incoraggiata.
«C’è resistenza», diceva la Orlandi. «Negli ultimi anni non abbiamo incrementato i sistemi di pagamento elettronico, mentre tutti gli altri paesi sì».
Ricordando pure che i cittadini non traggono benefici dall’aumento della tracciabilità , «con poche eccezioni», e quindi non sono stimolati a strisciare carte e bancomat.
O, in un futuro vicino, lo smartphone.
L’eccezione sono i lavori in casa per ristrutturare o efficientare. I bonus generosi a loro abbinati, che scattano solo dietro bonifico parlante, hanno portato all’emersione di una base imponibile di tutto rispetto: 28 miliardi nel 2013, altri 28 miliardi e mezzo nel 2014, 24 miliardi previsti per quest’anno. La tracciabilità incentivata paga.
Perchè allora la decisione del governo? Perchè rinunciare «a una delle chiavi per la lotta all’evasione», al “pagare tutti per pagare meno”?
«Servirà a dare una spinta ai consumi e sarà comunque tutto tracciato», si giustifica Renzi.
«È ovvio che quanto più bassa è la soglia dell’uso contante, tanto più complicate sono le forme dell’evasione», ragiona Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze e del Tesoro. «Io l’avevo fissata a 100 euro quando ero nel governo Prodi e la porterei ora a 500 euro, il taglio massimo dell’euro. Ma il punto non è tanto il ruolo anti-evasione del tetto di tracciabilità , quanto per l’Italia il pericolo di riciclaggio. È da irresponsabili scherzare su queste cose, trovo questa decisione estremamente preoccupante ».
Molti invece esultano. Politicamente Ncd, Area Popolare e Scelta Civica, su tutti. Poi le categorie: Confesercenti, Confcommercio, Codacons, Federalberghi, Federgioco («consentirà ai nostri casinò di allinearsi con le case da gioco estero»), Federturismo («un segnale forte») e Confturismo.
Invocano invece un ritorno allegro a evasione, riciclaggio, nero e sommerso sindacati e minoranza Pd.
E gli italiani come la pensano? Secondo un’indagine Isfol Plus, condotta da Emiliano Mandrone, il 60% dei cittadini è disponibile ad abbandonare il contante, con un picco tra lavoratori dipendenti, laureati, benestanti, attivi socialmente e culturalmente.
Anche Bankitalia, in diversi papers, sottolinea un legame indiscutibile tra cash ed economia sommersa.
Tesi da sempre condivisa dal ministro Padoan che neanche dieci giorni fa esultava da Lussemburgo per l’accordo europeo sullo scambio automatico di informazioni: «Ci sono le basi per un forte recupero dell’evasione, di lotta all’elusione ».
Nel mirino le multinazionali che lucrano vantaggi spostando sedi fiscali.
E in Italia? Si alza la soglia.
Valentina Conte
(da “la Repubblica”)
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