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“LA MELONI E’ UNA PRIVILEGIATA, LA MATERNITA’ E’ UN PROBLEMA PER LE DONNE CON UN LAVORO PRECARIO”

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

LE LAVORATRICI IN PIAZZA: “MOLTE DI NOI SONO COSTRETTE A SCEGLIERE TRA IMPIEGO E MATERNITA'”

“Certo che Giorgia Meloni incinta può fare il sindaco, se sa fare bene il politico”.
Le donne, ricercatrici e insegnanti, in piazza Vidoni per una manifestazione Usb, non hanno dubbi, maternità  e lavoro si riescono a coniugare anche se a fatica.
“Chi è benestante si può permettere di stare a casa”, afferma una ricercatrice in statistica.
La polemica sulla maternità  della Meloni e prima ancora quella di Marianna Madia, ministro della Funzione Pubblica che oggi hanno cercato di incontrare per alcune questioni sindacali, le fa sorridere.
“Ma loro sono delle privilegiate, non credo abbiamo problemi a permettersi una baby sitter, il nido, e altri servizi di assistenza. Non hanno nemmeno un capo a cui dover dar contro. Allora chi lavora sette ore in un call center? Chi ha un contratto precario? La maggior parte delle mamme fa davvero salti mortali”, raccontano le lavoratrici. Dimissioni in bianco, contratti interrotti per la maternità , difficoltà  nel fare carriera: le lavoratrici fanno capire quanto in realtà  questa scelta non sia così semplice in Italia rispetto alla Scandinavia.
E la natalità  zero sia legata molto alle poche tutele nel lavoro.
Molte donne precarie sono infatti costrette a scegliere tra impiego e maternità , le trentenni non riescono nemmeno a pensare ad un progetto di così lungo respiro come quello di accudire un bambino.
“Non so nemmeno dove lavorerò domani a chi lo lascio il pargolo, non si ha spesso uno stipendio adeguato, non penso che la Meloni abbia lo stesso problema, le faccio gli auguri ma i problemi quotidiani sono altri”, dice ironica una maestra precaria

Irene Buscemi
(da Il Fatto Quotidiano“)

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GALAN, LA VILLA SEQUESTRATA NON VA ALLO STATO MA A VENETO BANCA CHE PRESTO’ 1,8 MILIONI AL GOVERNATORE SENZA GARANZIE

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

IL PRESTITO ANTECEDENTE AL 2009 E’ STATO ONORATO SOLO PER 129.000 EURO… L’IPOTECA REGISTRATA SOLO NEL 2013, DOPO L’ARRESTO DELLA SEGRETARIA MINUTILLO.. IL PM AVEVA PARLATO DI COLLUSIONE TRA L’EX GOVERNATORE E LA BANCA

Tra la banca e lo Stato vince la banca: i proventi della vendita all’asta della villa sequestrata a GiancarloGalan andranno a Veneto Banca.
Alle casse del Paese finiranno — forse — le briciole. E dire che la residenza dell’ex ministro era stata sequestrata dai magistrati di Venezia come garanzia a seguito del suo arresto per corruzione nel giugno 2014 per il Mose.
Galan dopo 78 giorni di carcere aveva patteggiato una pena di 2 anni e 10 mesi oltre al pagamento di 2,6 milioni di euro a fronte dei 15 di cui secondo l’accusa si sarebbe impossessato illecitamente.
A garanzia del pagamento il tribunale lagunare aveva sequestrato la cinquecentesca magione di Cinto Euganeo.
Ma sulla villa grava un’ipoteca di Veneto Banca iscritta per un finanziamento da 1 milione 850 mila euro concesso alla società  il prestito alla società  Margherita srl dell’ex ministro e di cui appena 129 mila euro sono stati restituiti.
Nel novembre 2015 il gip di Venezia, Giuliana Galasso, aveva ritenuto il diritto dello Stato prevalente a quello della banca giudicando così legittima la confisca della villa. Ma l’istituto di credito ha fatto ricorso e martedì è stata depositata l’ordinanza che ribalta la decisione iniziale e assegna alla banca il diritto di ricevere per prima i proventi della vendita.
Secondo quanto riportato ieri dal Corriere del Veneto, nell’ordinanza di martedì il gip Roberta Marchiori ha riconosciuto la prelazione alla banca sostenendo che non spetta al giudice penale la valutazione di merito. Ora, salvo eventuali possibili ricorsi in Cassazione, la villa dovrà  essere messa all’asta.
I legali di Galan, Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, hanno stimato il valore della casa in 3 milioni 500 mila euro mentre i periti del tribunale avevano calcolato una cifra di un milione inferiore.
Anche se dovesse essere venduta al prezzo di 3,5 milioni, dopo la prelazione della banca non rimarrebbero comunque fondi sufficienti a Galan per saldare il debito con lo Stato. Ma questo “non è un problema di Galan”, “Noi abbiamo fatto una datio pro solutum e la procura sapeva benissimo che c’era l’ipoteca della banca”.
In pratica “abbiamo dato l’immobile con una stima di 3,5 milioni come datio pro solutum, quindi, visto che l’esistenza della ipoteca era ben nota, è un problema per Veneto Banca e per la procura della Repubblica di Venezia che immagino ora farà  ricorso in Cassazione contro l’ordinanza”.
Secondo l’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Stefano Ancilotto, il prestito era stato concesso in tre distinte rate: febbraio 2009 un milione di euro, agosto 2012 altri 300 mila euro e il resto a dicembre 2012.
In questi tre frangenti non era mai stata chiesta nè fornita una garanzia, nonostante l’ammontare dell’esposizione fosse ben superiore allo stesso capitale sociale della srl di appena 20 mila euro.
La garanzia viene invece registrata nel marzo 2013, immediatamente dopo l’arresto di Claudia Minutillo, assistente di Galan, avvenuto il 28 febbraio. E soprattutto, secondo gli inquirenti, subito dopo la pubblicazione da parte della stampa della notizia che Minutillo stava collaborando con i magistrati per ricostruire la rete di tangenti che ruotava attorno al Mose.
Ancilotto ha parlato dunque di “collusione” tra l’ex governatore del Veneto e l’istituto di credito finalizzata a sottrarre la villa allo Stato.
Saputo che Minutillo era in carcere e collaborava, Galan non poteva ignorare che le parole della segretaria avrebbero portato gli inquirenti fino a lui e così — ragiona l’accusa — avrebbe deciso di iscrivere ipoteca sull’abitazione nel tentativo di sottrarla al sequestro. Tesi accolta ma ribaltata martedì scorso.
Ora la villa sarà  messa all’asta e il ricavato finirà  nelle casse della banca. Allo Stato resteranno le briciole. Forse.

Davide Vecchi
(da “il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA A FINI: “BERLUSCONI DEVE CONSIDERARE SALVINI E LA MELONI COME AVVERSARI, NON COME ALLEATI”

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

“MELONI PRESUNTUOSA E SCONCLUSIONATA, A ROMA BALLOTTAGGIO GIA’ SCRITTO: RAGGI E GIACHETTI”

Proprio parlando di Roma Berlusconi ha rispolverato una categoria, “i fascisti”, che nel 1993 aveva definitivamente archiviato indicando Gianfranco Fini come la scelta giusta per il Campidoglio.
“È una battuta di cui non conosco le origini. Non so nemmeno chi ci sia nella lista Noi con Salvini, non li conosco e penso che non li conoscano neanche i romani, come si vedrà  dai risultati elettorali. Il problema del centrodestra è molto più complesso di quella battuta. Anzi, direi che è un dramma”.
Fini è seduto nel suo studio da ex presidente della Camera. Il telefonino squilla spesso: “Sono gli amici che vogliono capire come andrà  a finire a Roma”.
Qual è il dramma?
“Che il centrodestra, come lo abbiamo conosciuto, è finito. Che ormai è nato un blocco di destra, che è naturale chiamarlo lepenista, formato da Meloni e Salvini divenuto il baricentro di quello schieramento politico, oggi”.
E Berlusconi?
“Berlusconi vuole tenere unito tutto il fronte, federarlo come fece 20 anni. Un’impresa impossibile. Come fa la Merkel con Alternative di Frauke Petry o come Sarkozy con Marine Le Pen, Berlusconi dovrebbe considerare avversari Salvini e Meloni, non alleati. Purtroppo Silvio ha perso qualsiasi capacità  innovativa e non per un dato anagrafico. Se qualcuno vuole farmi incazzare mi parli di rottamazione. Non è l’eta che va cambiata, ma lo schema e Berlusconi avrebbe ancora qualche freccia da tirare”.
Per esempio non mollando Bertolaso.
“Esattamente. Non lo farà  e se anche fosse Bertolaso a ritirarsi, dubito che il giorno dopo Silvio darebbe l’appoggio alla Meloni. Nei prossimi 15 giorni potrebbero esserci delle sorprese”.
Comunque sia non ha scelto Berlusconi la fine del centrodestra. Sono stati Salvini e Meloni a scaricarlo.
“Ma per Forza Italia può essere un’opportunità . Riprenda un’identità  e un posizionamento che in termini di contenuto non sia solo quello di tenere unita la coalizione a ogni costo, non accetti mai più le parole d’ordine del blocco lepenista, faccia opposizione a Renzi ma con la cultura di governo che significa che non c’è bisogno di dire di no a tutto”.
Lei chi voterà  a Roma?
“Storace ha governato la regione, non ha pendenze penali ed è sicuramente il più competente. Sulla destra abbiamo idee molto diverse ma qui si sceglie il sindaco. Bertolaso è bravo nelle emergenze ma finora le ha gestite su direttive politiche di altri. Marchini ha fatto un’esperienza in consiglio comunale ed è trasversale. Meloni rappresenta una parte del mondo di An”.
Quindi?
“Ho ancora un po’ di tempo per decidere. Non voglio fare Ponzio Pilato ma direi che al momento il ballottaggio Giachetti-Raggi è già  scritto”.
Salvini sostiene che Bertolaso sia un candidato a perdere per coprire un patto con Renzi sulle aziende
“Nella domanda c’è la risposta. E questo sarebbe un alleato?”.
Meloni comunque è l’ultima scelta per lei
“La sua candidatura è frutto del tatticismo e degli errori. È costretta a fare la corsa. Poteva dire di sì a Marchini, che ha persino vinto le primarie della Lega, invece Marchini mai. Venti giorni fa ha detto sì a Bertolaso poi ha detto di no. L’obiettivo di Giorgia non era far vincere il centrodestra ma rafforzare Fratelli d’Italia. Ha agito in modo sconclusionato e quando si è accorta che Storace raccoglie una base identitaria e ha la forza di un’esperienza amministrativa, ci ha ripensato altrimenti Fdi sarebbe stato asfaltata. Aggiungo che Meloni non parla con Storace, che pure può prendere il 5-6 per cento. Credo per presunzione. O forse per disistima”.
Il punto è che Forza Italia ormai ha meno voti della Lega.
“Ma se insegue quei presunti alleati non attirerà  mai più i voti dei cosiddetti moderati. Il primo passaggio di una nuova unità  potrebbe essere il referendum costituzionale, il modo in cui si dirà  no a Renzi”.

Goffredo De Marchis
(da “La Repubblica”)

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“LA MELONI USA LA GRAVIDANZA PER FARE CAMPAGNA ELETTORALE”: LUXURIA RICORDA LA INCOERENZA DI GIORGIA

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

“PERCHE’ QUANDO ERA MINISTRO NON SI OPPOSE AL RIPRISTINO DELLE DIMISSIONI IN BIANCO, USATE PER LICENZIARE LE DONNE INCINTE?”

Vladimir Luxuria è intervenuta questa mattina su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università  degli Studi Niccolò Cusano, nel corso del format ECG Regione, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio.
Duro l’attacco riservato da Vladimir Luxuria a Giorgia Meloni: “La gravidanza? Molto probabilmente questa ci vuole marciare. Se una ci tiene così tanto a conciliare il lavoro e la maternità  e lo rivendica come diritto delle donne, perchè quando era ministro non ha fatto nulla contro una pratica barbara e incivile come quella delle dimissioni in bianco? Una pratica vergognosa usata in particolar modo per poter licenziare le donne che restano incinte.
Il Governo Prodi aveva tolto la pratica delle dimissioni in bianco, perchè una donna che oggi parla tanto del diritto sacrosanto di poter essere sindaco e mamma quando era Ministro della Gioventù del governo Berlusconi non ha fatto nulla contro questa pratica ripristinata dal governo Berlusconi?
Mi chiedo se tu sei ministro e non sei incinta non dici nulla, una volta che ti candidi sindaco a Roma incinta parli tanto di questo diritto? Servirebbe maggiore coerenza Purtroppo in politica anche una cosa così bella come la maternità  può essere usata per fare campagna elettorale.”

(da agenzie)

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BERLUSCONI E LA MOSSA MARCHINI PER SPACCARE LA LEGA

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

“QUEI DUE COMBINATI COME SONO NON VANNO DA NESSUNA PARTE”… SILVIO INTENZIONATO A FARE CAMPAGNA ELETTORALE PERSONALMENTE IN TUTTA ROMA: “ORA VEDIAMO QUANTO CONTANO QUEI DUE”

Scacco al re, ma il re potrebbe ancora ribaltare la partita degli alleati volta a detronizzarlo.
Il pezzo a sorpresa che Silvio Berlusconi potrebbe muovere, anche se non subito, sulla infuocata scacchiera del centrodestra si chiama Alfio Marchini.
Non è detto che lo farà . Ma lui è convinto, narrano i suoi, che «quelli (Matteo Salvini e Giorgia Meloni, ndr) combinati così alla fine non andranno da nessuna parte».
GUERRA APERTA CON SALVINI E MELONI
Paradossalmente il Cav, seppur furioso perchè ferito nell’onore, si starebbe muovendo secondo una filosofia per la quale non tutti i mali vengono per nuocere.
E, quindi, di queste strane “primarie”, scatenatesi di fatto nel centrodestra con l’annuncio della candidatura della Meloni al Campidoglio, Berlusconi ha deciso di dimostrare che «quei due» non valgono più di tanto.
Il re messo sotto scacco ora spera che la discesa in campo degli alleati si trasformi in un boomerang, che bruci la strada da loro intrapresa per sostituirlo alla guida del centrodestra, con Salvini al posto suo.
Perchè Silvio si considera ancora l’unico leader possibile e quello del futuro sempre lui intende sceglierlo.
NELLA LEGA C’È CHI TIFA MARCHINI
Appoggiare quindi Marchini, che, assicurano dentro Forza Italia, era stata la prima scelta del Cav, però subito cannoneggiata da Fratelli d’Italia, sarebbe un modo per sparigliare la partita. E cercare di mettere in difficoltà  il leader leghista, i cui colonnelli romani – con in testa la ex An Barbara Saltamartini – da mesi fanno larvatamente il tifo per “Arfio”.
Non solo. Alle primarie fatte da ‘Noi con Salvini’ nella Capitale, un paio di settimane fa, Marchini risultò primo con oltre 4 mila voti e la Meloni chiuse agli ultimi posti.
Berlusconi ha due mesi di tempo per cambiare candidato Ammesso che l’ex premier lo faccia, non si tratterebbe di una mossa immediata, ma arriverebbe poco prima della scadenza per presentare le candidature, prevista tra due mesi.
Chiaro che terrà  il punto su Bertolaso, come ha ribadito anche il 16 marzo quasi in contemporanea con la discesa in campo di Giorgia.
Si dice che dove ci sarà  Guido ci sarà  Silvio, che per questo per tutta la campagna elettorale dovrebbe lasciare Arcore e trasferirsi stabilmente a Roma.
Insomma, tirerà  la volata all’amico Bertolaso mettendoci la sua faccia quasi come il candidato fosse lui e non l’ex capo della Protezione civile.
Ma, trattandosi di Berlusconi, molto dipenderà  dai sondaggi.
OCCHI PUNTATI SUI SONDAGGI.
Ed è sulla base dei sondaggi che alla fine potrebbe virare su Marchini. Imprenditore che gode dell’apprezzamento di una parte importante del mondo forzista romano, da Antonio Tajani e Maurizio Gasparri, ora naturalmente tutti schierati come soldati su Bertolaso.
Di più: Marchini non dispiacerebbe neppure a Gianni Letta, braccio destro del Cav, ma al tempo stesso anche grande amico di Bertolaso, suo ex collega nel ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Comunque sia, tutto lascia supporre che Berlusconi dirà  no all’invito di Giorgia a far fare all’ex capo della Protezione civile un passo di lato, perchè magari si affianchi a lei, come city manager, in un ticket per Roma.
La battaglia finale è ancora tutto a sorpresa. Anche se ormai sembra che tutto possa risolversi in una lotta interna al centrodestra per accaparrarsi il terzo posto dopo Pd e M5s.
Ma gli alleati che hanno dato scacco al re, in primis Salvini, il giorno dopo la discesa in campo di Giorgia, sferrato il colpo, appaiono un po’ meno sicuri.
Non sono certo passati inosservati alcuni distinguo di rango ai piani alti del Carroccio rispetto al suo strappo.
Il governatore lombardo Roberto Maroni, in una intervista al Corriere della sera del 16 marzo, ha detto che la scelta del candidato a Roma andava «lasciata a Silvio».
Una intervista letta con grande attenzione da qualche parlamentare leghista, che sarebbe attraversato dalle stesse perplessità  di “Bobo”.
MARONI TEME IL CONTAGIO
Maroni ha detto di temere «il contagio» dello strappo di Roma nel resto d’Italia. La linea ufficiale di Berlusconi è quella di trovare insieme la quadra in tutte le altre grandi città .
Ma a Torino è già  spaccatura: Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni non appoggeranno il forzista Osvaldo Napoli ma il notaio Alberto Morano.
E contro il candidato di Silvio, Gianni Lettieri, andranno a Napoli, dove Lega e Fdi stanno convergendo su Lina Lucci, vicina all’iniziale candidato della Meloni, Marcello Taglialatela, ma qui Fdi è al 2% e non conta nulla.
A Bologna il Carroccio ha già  lanciato la chiacchierata Lucia Borgonzoni, ma qui come in altre città  con candidati leghisti la contromossa che potrebbe scatenare il Cav è l’astensionismo azzurro, prevedono i maligni.
A Novara, invece, Salvini e Meloni non riescono ancora a trovare la quadra, perchè hanno tuttora candidati diversi.
LO SGARBO DI TOTI.
Intanto, il re messo sotto scacco starebbe osservando con estrema attenzione quanto gli si muove attorno. E certamente avrà  notato quelle parole di Giovanni Toti di fatto non sfavorevoli alla discesa in campo della Meloni.
Ora, nella cerchia dei fedelissimi berlusconiani, Toti, da possibile successore, è sospettato di voler fare «un ticket con Salvini nuovo leader del centrodestra».
Fantapolitica? È però un bel po’ di tempo che le azioni di Toti come delfino avrebbero perso quota nella casa azzurra.
Berlusconi è orientato a cercare altrove i suoi successori e queste amministrative saranno, spiegano i suoi, anche un test per cominciare a scegliere il leader dei moderati del futuro.
Magari con il ritorno nella rosa azzurra anche dello stesso Marchini?

Paola Sacchi
(da “Lettera43″)

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VERDINI CONDANNATO A DUE ANNI PER CORRUZIONE

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

IL SENATORE ERA IMPUTATO PER CORRUZIONE NELLA VICENDA DELLA COSTRUZIONE DELLA SCUOLA DEI MARESCIALLI

Condanna a 2 anni di reclusione per il senatore Denis Verdini nel processo che lo ha visto imputato per corruzione nella vicenda dell’appalto per la Scuola Marescialli di Firenze.
Lo hanno deciso i giudici della VII sezione del Tribunale di Roma, con pena sospesa. Verdini era presente in aula al momento della sentenza.
La richiesta di condanna era stata fatta dal pm Ilaria Calò al termine di una requisitoria durata circa due ore.
“Siamo delusi dalla sentenza”, è stata la prima reazione degli avvocati del senatore Franco Coppi e Marco Rocchi. “Il processo – hanno sottolineato i legali – non offriva nessun sostegno alla tesi accusatoria. Inoltre, il reato è destinato a prescriversi entro l’estate, il che costituisce un limite alla nostra difesa nel giudizio d’appello”.
Il procedimento, in cui la posizione di Verdini è stata stralciata, è quello in cui sono stati già  condannati, con sentenza passata in giudicato, Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio Superiore per i lavori pubblici, Fabio De Santis, ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana, l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli (salito alle cronache dopo le intercettazioni nelle quali rideva al telefono la notte del terremoto del Aquila nell’aprile 2009) e il costruttore Riccardo Fusi. Verdini si sarebbe attivato affinchè Fusi venisse aiutato nei suoi affari e De Santis nominato provveditore.
LA VICENDA
Secondo le accuse, confermate nei processi di primo grado e di appello, l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci e il suo braccio destro Fabio De Santis, nominato nel 2008 provveditore alle opere pubbliche di Firenze dal ministro Altero Matteoli su sollecitazione di Denis Verdini (che per questo è attualmente sotto processo per corruzione), asservirono le loro funzioni pubbliche agli interessi dell’imprenditore Riccardo Fusi, con l’intermediazione interessata di Piscicelli. Fusi era stato estromesso dall’appalto per la costruzione della Scuola Marescialli, affidato ad Astaldi.
Un arbitrato gli aveva riconosciuto il diritto a un indennizzo ma l’imprenditore, convinto di aver subìto una ingiustizia, voleva riprendersi i lavori. Secondo le accuse, Balducci e De Santis «misero a disposizione del privato costruttore le loro funzioni pubbliche», «al   punto — scrive la corte di appello — che paiono aver agito in preda ad interessi talora indistinguibili da quelli del privato corruttore».
Forse il progetto sarebbe andato in porto se il 10 febbraio 2010 — esattamente sei anni fa — Balducci e De Santis non fossero finiti in carcere nell’inchiesta fiorentina sulle Grandi Opere. Tutti e due sono stati condannati in primo grado a 3 anni e 8 mesi. Piscicelli a 2 anni e 8 mesi e Fusi a 2 anni.

(da agenzie)

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BERLUSCONI PREPARA LA MOSSA SPIAZZANTE: TICKET MARCHINI-BERTOLASO E INTESA CON STORACE

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

SONDAGGI IPR E TECNE’ RIDIMENSIONANO LA MELONI: 15% SIA A LEI CHE A BERTOLASO, E’ TESTA A TESTA… RAGGI E GIACHETTI AL 25%, MARCHINI AL 12%, STORACE AL 6%

Comincia dai numeri la sfida destinata a segnare una svolta nel centrodestra, non solo romano.
I primi sondaggi diffusi ieri sera a Porta a Porta di Ipr e Tecnè indicano un testa a testa tra Guido Bertolaso e Giorgia Meloni, con un 15% ciascuno nel caso della corsa separata, ovvero Bertolaso solo per Forza Italia e la Meloni per Fratelli d’Italia.
Prima sorpresa: non esiste il presunto strapotere della figura della Meloni.
Seconda sorpresa: tra i due è più Bertolaso che fa aumentare i voti iniziali di Forza Italia (che ha un 9-10% di base) che la Meloni (Fdi è accreditata di un 10-11%)
In tutti i casi rilevati dagli istituti di sondaggio si registra un primo turno sostanzialmente «alla pari» con un 25% dato ai due maggiori candidati, ovvero Virginia Raggi per M5S e Roberto Giachetti per il Pd,
Al ballottaggio, invece, il risultato, univoco, di tutte le simulazioni effettuate affida la guida del Campidoglio alla grillina Raggi.
Poi ci sono le incognite: Marchini e’ intorno all’11-12%, Storace al 5-6%.
Nell’esperienza civica di Alfio Marchini sono già  confluiti il Nuovo Centrodestra e i fittiani, sulla candidatura di Storace sono confluiti Alemanno e molti finiani in funzione anti Fdi.
Voci ben informate parlano di una mossa a cui Berlusconi sta lavorando per dare scacco matto a Salvini e alla Meloni: un ticket Marchini-Bertolaso che potrebbe proiettare la nuova coalizione al 25% e giocarsi il balottaggio.
A quel punto anche Storace potrebbe farsi coinvolgere: dopo tante polemiche con la Meloni sarebbe autolesionista non schierarsi sul fronte opposto.

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INTERVISTA A BERTOLASO: “AL RITIRO NON CI PENSO PROPRIO”

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

“CI SONO POLITICI CHE ASSUMONO IMPEGNI E IL GIORNO DOPO CAMBIANO IDEA, IO PREFERISCO LA DIGNITA’ E VADO AVANTI”

«I politici sono fatti così, assumono impegni e fanno promesse poi il giorno dopo tranquillamente cambiano idea. Purtroppo questo è accaduto anche con Giorgia Meloni. Mi amareggia che tutto questo avvenga per strategie nazionali sulle spoglie di una città  stremata».
Guido Bertolaso prende atto. La candidatura a sindaco di Roma della leader di Fratelli d’Italia è fresca di annuncio, mentre fumano le macerie di un centrodestra squassato dai livori l’ex capo della protezione civile prova a mostrare calma e fiducia nonostante tutto.
«L’obiettivo resta vincere al primo turno, i sondaggi dicono che non siamo messi male. E non posso deludere 40.000 persone che con la rassegnazione che c’è in giro hanno fatto la fila per venire ai gazebo a dare il loro giudizio su di me».
Intanto lei sembra aver offerto alla Meloni un assist d’oro per uscire dall’angolo. È pentito di quella frase, “deve fare la mamma”, che le ha attirato addosso palate di sconcertata indignazione?
«Non sono pentito neanche per sogno. Giorgia l’aveva detto al Family Day, “non mi posso candidare perchè sono incinta”, tanto che fu sommersa sui social dalle critiche e io immediatamente le mandai un messaggio di totale solidarietà . Io ho semplicemente ribadito questo concetto, non riesco a capire perchè si sia scatenato questo pandemonio. Forse perchè si voleva oscurare il risultato dei gazebo che era andato al di là  di ogni più positiva previsione».
Lei però adesso, insieme a Berlusconi, viene dipinto come emblema del retaggio culturale maschilista annidato nella società  italiana. Si è guadagnato gli strali della presidente della Camera Laura Boldrini!
«Lei sta parlando con un uomo che aveva rinunciato alla candidatura perchè aveva una nipotina che non stava bene. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Se vuole le faccio l’elenco delle donne incinte che ho salvato in Africa e che sarebbero morte perchè non avevano nessuna assistenza al parto. Dopo Pasqua presenterò la mia proposta di giunta e vedrete che sarà  una squadra fatta soprattutto di donne. Non mi interessa quello che dice la signora Boldrini e non mi ha mai interessato».
Senza il sostegno di Fratelli d’Italia non diventa difficile pensare di arrivare anche solo al ballottaggio?
«Io vado avanti come un candidato tecnico indipendente con l’appoggio di Forza Italia. Gli ultimi sondaggi che sono usciti per Porta a Porta mi dicono che la mia candidatura è estremamente valida. Mi pare che al ballottaggio al momento la Raggi prenderebbe il 52 per cento, e io il 48 per cento. Non mi pare che siamo messi male».
E alla Meloni che ieri le ha proposto di collaborare “mettendosi di lato” per aiutarla a vincere cosa risponde?
«Capisco che lei sarebbe contenta di avermi come suo alleato, tanto è vero che alcuni avevano tirato fuori l’idea del ticket nei giorni scorsi. Però a questo punto io ho 40 – 45 mila romani che domenica scorsa hanno espresso il loro giudizio sul mio programma e su di me. Non posso deluderli».
Lei è stato scaricato dalla sua amica Giorgia un attimo dopo la conferenza stampa sui risultati delle gazebarie.
«Ormai non mi stupisco più di nulla. I gazebo li abbiamo fatti perchè ce li ha chiesti la Lega. Poi quando il giudizio dei romani è arrivato Salvini ha cambiato direzione. Questo purtroppo è accaduto anche con Giorgia Meloni. Ma le voglio bene, da lei non mi sento tradito».
Il centrodestra però così spaccato va incontro a una sconfitta sicura.
«Io da tecnico indipendente e da uomo libero sono pronto a parlare con tutti anche domani mattina. Anche perchè ci sono alcuni concorrenti che sulla base di sondaggi non hanno grandissime prospettive di andare avanti. Se qualche candidato del centrodestra pensasse non dico di fare un passo indietro ma di allearsi con Guido Bertolaso potremmo vincere alla grande anche al primo turno. Sarebbe un vantaggio per Roma e per chi si convince di fare squadra insieme a me».
Lei viene identificato anche come l’uomo delle grandi opere e degli appalti dati con procedure di emergenza. Cosa pensa della relazione dell’Anac di Cantone che censura pesantemente il ricorso facile alle procedure negoziate nelle ultime due amministrazioni capitoline?
«Chiami il prefetto di Roma Gabrielli che era presidente delle gare di appalto che abbiamo fatto a L’Aquila per assegnare oltre un miliardo e mezzo di euro dopo il terremoto, le spiegherà  chiaramente che sono state fatte tutte secondo il codice degli appalti, con tempistiche abbreviate e nella più assoluta trasparenza. Comunque Cantone ha ragione, tutto quello che è successo è successo perchè non c’erano controlli e perchè ai vertici dell’amministrazione capitolina c’erano delle persone per bene ma completamente prive di esperienza nella gestione amministrativa della cosa pubblica».

Martino Villosio
(da “il Tempo”)

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INTERVISTA A FINI: “MELONI, CHE DELUSIONE. SILVIO E’ IL PIU’ COERENTE”

Marzo 17th, 2016 Riccardo Fucile

“GIORGIA E’ CADUTA NEL TRANELLO, AN ERA UNA FORZA POPOLARE NON POPULISTA”

«Cara Giorgia sei caduta nel tranello»: Gianfranco Fini, uno dei padri fondatori della destra di governo e candidato sindaco nella Roma che fu, respinge al mittente le affermazioni della Meloni: «Io non sto fondando proprio un bel niente».
Gianfranco Fini, che sta succedendo a Roma?
«Ci sono vecchi rancori, antipatie, gelosie e questo è deprecabile, ma la cosa più grave è che c’è un’involuzione di quella che era la politica di Alleanza Nazionale in senso lepenista. An era una forza popolare e non populista, aveva una cultura di governo, quando era all’opposizione, non aveva una cultura massimalista contraria a tutto e a tutti, An voleva rifondare l’Unione europea e non affondarla. Oggi purtroppo la destra romana, Fratelli d’Italia, ha un posizionamento diverso, molto simile a quello della Lega. Sono alleati naturali al di là  delle questioni romane» .
E allora?
«Il problema è che An aveva tre volte i voti di FdI e poi c’era Forza Italia, il pilastro della coalizione e che oggi non ha più identità . Giorgia è caduta nella trappola: se si fosse candidata dieci giorni fa, prima di Bertolaso, nessuno l’avrebbe contestata. Oppure se Giorgia avesse detto di Marchini che è un ottimo candidato, ci sarebbe stato un centrodestra non solo competitivo, ma più largo di quello esistente. Invece un po’ i tentennamenti, un po’ il fatto che Giorgia ha pensato più al partito che a vincere, quando si è accorta che Storace le avrebbe tolto molti voti, ha perso la bussola. Berlusconi è stato più lineare e coerente».
Ma oggi un elettore di destra a Roma che pensa?
«È disorientato da questo vaso di Pandora, votato all’autodistruzione del centrodestra. Poi bisogna vedere cosa si intende quando si parla di destra e di centrodestra, sono due categorie molto ampie. An e Fi raccoglievano tanti voti perchè non avevano posizioni radicali».
Il pasticcio a destra, ma anche a sinistra, favorirà  i Cinque stelle?

«È evidente. Dicono una cosa tanto semplice quanto ripetitiva: li avete provati tutti, perchè ora non provate con noi che siamo un qualcosa di nuovo? Tanti italiani hanno fiducia in questo “nuovo” fine a se stesso».�
Cosa è cambiato rispetto a quando si presentò lei per il Campidoglio?
«Tutto, sono passati 22 anni ed è come se fossero passati due secoli».

Antonio Angeli
(da “il Tempo”)

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