Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
ISAK NOKHO, FEDERICO RAMPAZZO E MOHAMMED EMSI DIOP SI INCONTRERANNO A TORINO: “E’ NATA UNA FRATELLANZA TRA NOI”
Alla fine diventeranno amici.
Isak Nokho, Federico Rappazzo e Mohamed “Emsi” Diop si incontreranno presto, dopo aver salvato da probabile morte per schiacciamento il piccolo Kelvin, il bimbo cinese che si trova tuttora ricoverato all’ospedale Regina Margherita di Torino, in seguito ai fatti di piazza San Carlo di sabato scorso.
Lunedì 5 giugno Isak – che è di Fucecchio – ha incontrato la madre del piccolo, regalandole una maglia della Juve recuperata nella calca. Isak lì ha conosciuto Federico, che nelle foto si vede proteggere col proprio corpo il bimbo ferito.
E poi Mohamed, senegalese come Isak, che Kelvin l’ha tirato fuori dal mucchio.
Isak ieri ha parlato con gli altri due “eroi” di questa vicenda e ci ha raccontato che presto si incontreranno: «Voglio tornare a Torino già in settimana, stavolta senza giornalisti, perchè voglio parlare con loro. E poi magari invitarli a Fucecchio, nel mio paese, perchè si è cittadini del luogo in cui si vive. E’ una nata una fratellanza fra di noi, abbiamo fatto la cosa che ci sembrava giusta in quel momento. Chi si è speso per evitare conseguenze peggiori si merita tutto il bene di questo mondo. Intanto io ora posso tornare alla vita normale, anche se ieri la gente mi guardava in maniera diversa ed io non ci sono abituato».
Isak ci ha raccontato che dopo aver parlato con la madre di Kelvin è riuscito finalmente a dormire dopo due nottate insonni: «Sì, quando sono tornato sono crollato, perchè ero felice, mi ero tolto un peso che mi attanagliava da sabato. Invece ieri mattina sono uscito di casa col sorriso, quando ho incontrato i bimbi del Ciaf dove faccio il servizio civile loro sorridevano. E’ stata un’esperienza bellissima».
L’incontro di Isak, Mohamed e Federico è il simbolo della società di oggi: due ragazzi senegalesi (uno che vive a Torino, uno a Fucecchio) e un ragazzo di Torino di origini siciliane, che si trovano per caso in una situazione impensabile e che – ignorando l’esistenza l’uno dell’altro – diventano protagonisti di un atto di altruismo che ha lasciato il segno, in loro stessi e negli altri.
(da “il Tirreno”)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DEI CRONISTI DE “IL TIRRENO” CHE HANNO ACCOMPAGNATO ISAK DALLA MADRE DEL PICCOLO: “SEI STATO STRAORDINARIO”
«Grazie, hai salvato il mio Kelvin». «No. Non lo dire. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque. Non sono un eroe».
Il mondo in un corridoio d’ospedale. Ling Quinquang e Isak Nokho. L’abbraccio inespresso. Lui vorrebbe stringerla, il Ramadan glielo impedisce.
Allunga una mano: è venuto apposta da Fucecchio per questo. Lei è timida. Chissà come si esprime la gratitudine a un uomo che ha salvato la vita a tuo figlio di 7 anni. Isak si è trasformato in uno scudo, sabato sera, mentre una folla impazzita fuggiva a piedi nudi da piazza San Carlo , fra i vetri e il sangue, lontano da una finale di calcio trasformata in un carnaio.
All’ospedale Regina Margherita, lunedì pomeriggio, Ling osserva quell’uomo riservato, venuto dalla Toscana, che per il suo Kelvin è stato scudo umano. Di più: un grembo.
Isak ha risposto al suo appello di riconoscenza. E pensa che senza quel guscio, oggi il suo bambino non si sarebbe svegliato dal coma. Non avrebbe difficoltà a parlare per colpa dei tubi e del polmone schiacciato.
Non parlerebbe proprio, dopo essere stato calpestato da centinaia di piedi in fuga. Quello, però, è un passato remoto, anche se appartiene appena a 45 ore fa.
Ora, mamma e amico sono uno davanti all’altro. Ling indossa gonna e camicetta beige, giubbottino bianco. Un caschetto castano scuro incornicia un volto segnato dalla sofferenza. Tiene stretto il cellulare, mostrando a tutti le foto del suo tesoro.
Isak è in jeans, maglietta nera, come un qualsiasi ragazzo di 23 anni. Ling è nata in Cina, ma vive a Torino. Isak è nato in Senegal, ma abita a Fucecchio, cuore della Toscana.
Il primo contatto è intorno a una maglia della Juve, versione baby, sporca di sangue. Isak l’aveva raccolta nella confusione, convinto che fosse di Kelvin: nella fuga di massa, tutti perdevano tutto.
Isak non dimentica. Sabato sera, chi cade viene travolto. Il delirio collettivo travolge tutto. Ma non la voglia di aiutare gli altri.
In mezzo a un fiume di sangue, alle grida, si fa largo l’umanità di tanti anche di Isak. Che con un altro ragazzo di colore – Mohamed, salva il bambino.
Lui coprendolo con il suo corpo, l’altro strappandolo, ormai incosciente, alla furia della folla.
«Ho visto molte persone una sopra all’altra – racconta Isak emozionato a Ling – c’era anche un bambino, che poi ho capito essere Kelvin. Lì in mezzo c’era anche un mio amico, che stava per svenire. Non respirava».
E così Isak ha la freddezza di piazzarsi a due passi da loro, coi suoi 195 centimetri di altezza. Lui e altri due angeli si mettono uno accanto all’altro, abbracciandosi, in modo da creare un “muro” umano per evitare che altri tifosi in fuga schiacciassero quelli che erano già distesi per terra. Kelvin compreso, che è sepolto davanti agli occhi disperati della sorella. Ma lo scudo funziona.
Isak Nokho schiaffeggia il suo amico Benito Lombardo, anche lui di Fucecchio, che si riprende, anche se è ferito. Il 23enne resta lì «fino a quando ho visto che altre persone si stavano occupando di Kelvin».
Infatti c’è Mohamed che lo trascina via. Il piccolo è in coma, nella calca ha rimediato vari traumi e lo schiacciamento di un polmone. Isak, quando legge su Internet che il bambino è grave, vuole andare a Torino, per fare coraggio ai genitori e alla sorella.
Il giorno prima ha raccontato il suo dramma proprio Il Tirreno. Omettendo, per pudore, i particolari su Kelvin. «Non riesco a dormire, aiutatemi. Devo fare qualcosa per quella famiglia. Vorrei andare a trovarli».
Così Il Tirreno organizza il viaggio. Quando arriva all’appuntamento, in piazza XX Settembre, a Fucecchio, è imbarazzato ed emozionato.
Ha chiesto un permesso al Ciaf di Fucecchio, un centro per l’infanzia dove svolge il servizio civile: «Non cerco pubblicità . Avrei preferito rimanere anonimo. Ma non posso sentirmi in pace finchè non so che quel bambino si è ripreso».
E allora vale la pena di rifare quei 400 chilometri che sabato l’hanno proiettato in un incubo: «Non sapevo neanche se andare a vedere la partita al maxi-schermo. Benito ha insistito, io sono protettivo e non volevo lasciarlo da solo. Così sono andato».
Lunedì però la destinazione è l’ospedale Regina Margherita. Durante il viaggio Isak cerca di riposare, ma non ci riesce. Il cuore batte forte. Ha bisogno di una voce piena d’amore, che lo incoraggi. Telefona alla mamma in Senegal, le racconta tutto.
All’arrivo a Torino, alle 19 passate da una manciata di minuti, ad attenderlo, c’è un’altra mamma che pochi minuti prima ha visto suo figlio sveglio. «Hai fatto una cosa straordinaria – gli dice Ling – tu come altri che mi hanno raccontato ciò che è accaduto e che sono venuti a trovarmi. Tu l’hai protetto, l’altro l’ha tirato fuori. Se Kelvin è vivo è merito di tutti voi». Ma niente abbracci. Il Ramadan li vieta: «Avrei voluto, eccome, ma non posso».
Isak è molto religioso e proprio nella spiritualità ha trovato la forza di opporsi alla folla di piazza: «Avrei dato la mia vita. Gridavo con tutta la forza che ho in corpo che non c’era alcun attentato. In quei momenti agisci col cuore, perchè il cervello non funziona. Io sono adulto e quelle scene non riesco a cancellarle. In questi giorni ho sperato di risvegliarmi da un brutto sogno. Figuratevi i bimbi che cresceranno con quelle immagini nella testa».
Ling lo ascolta, continua a ringraziarlo. Guarda la maglia sporca di sangue che gli ha consegnato Isak. «L’ho trovata accanto a Kelvin», le dice. Lei avverte: «Non è di mio figlio». Poco importa, resta il simbolo di questa storia: «Gliela darò, raccontandogli di te. Lasciami il tuo numero, ti chiamerà appena starà meglio. Ora è intubato, non riesce a parlare. Ma lo farà presto. Anche con te, Isak».
Un’altra stretta di mano, un altro grazie. Si risale in auto, verso Fucecchio: «Ora sì, ragazzi. Sono felice».
(da “il Tirreno“)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
PER NON FAR FARE BELLA FIGURA A UN IMMIGRATO SONO ARRIVATI AL PUNTO DI NON MENZIONARE IL SUO RUOLO E FARLO SPARIRE DALLE FOTO.. E IL LIQUAME DA FOGNA RAZZISTA COMMENTA DA PAR SUO
Durante il panico di sabato sera in Piazza San Carlo a Torino alcune persone hanno mantenuto la calma.
Si tratta di Mohammad Guyele e di Federico Rappazzo. Sono stati loro due a soccorrere il piccolo Kelvin, il bambino di sette anni travolto dalla folla impazzita. Nessuno dei due vuole essere chiamato eroe, perchè ha solo fatto quello che doveva fare per trarre in salvo il bambino. Entrambi dicono di non aver salvato Kelvin da soli, ma di essersi aiutati l’uno con l’altro.
Mohammad è stato il primo ad intervenire, cercando di allontanare la folla e portando Kelvin al riparo.
Poi è intervenuto Federico che ha protetto il bambino facendo scudo con il suo corpo e tentando di calmarlo.
Per la verità in quei concitati istanti è intervenuto un altro ragazzo — anche lui senegalese come Mohammad — Isak Nokho. Isak ha aiutato a Mohammad a farsi strada tra la folla.
A quanto pare i tre, che hanno già incontrato i genitori di Kelvin al Regina Margherita, diventeranno amici.
La dinamica è abbastanza chiara, Mohammad nota Kelvin in difficoltà , lo estrae dalla folla con l’aiuto di Isak. A quel punto viene in loro soccorso Federico, che oltre ad essere un militare studia da infermiere.
Chi ha salvato la vita a Kelvin? Non è poi così importante visto che tutti e tre dicono di essersi dati una mano e che non sarebbero riusciti a farlo da soli.
Per il Giornale e Libero invece la questione è importantissima
Il Giornale e Libero distorcono la verità e fanno sparire “il negro”
Non vorrete mica che due negri facciano bella figura? No, non è accettabile. Quindi nella storia pubblicata da Libero e dal Giornale non c’è traccia dell’intervento dei due “colorati”. Intervento che è stato provvidenziale tanto quanto quello di Federico.
A scanso di equivoci l’intervento di Mohammed è stato confermato anche dalla sorella di Kelvin che era con lui in Piazza San Carlo.
Ma cosa sono le testimonianze, i racconti stessi dei protagonisti di fronte alla volontà di cancellare il contributo di due persone di colore, di due negri, in questa piccola e drammatica vicenda.
I lettori di Libero e del Giornale sembrano apprezzare che finalmente sia stata fatta chiarezza ed eliminato il negher.
Il tutto naturalmente mentre i TG e i giornali di regime si affannavano a spandere la solita retorica buonista pro-immigrati. Che siano stati pakati dalla Boldrini?Probabilmente era un attore, un falso profugo (in fondo è pure ben messo fisicamente, mica scappa dalla guerra) pagato dalla televisione di Stato.
Suvvia, chi di voi ha mai pensato che un senegalese potesse essere tifoso della Juventus. Sappiamo tutti che quel negro era in piazza non per tifare ma per fare altro.Mi raccomando, non dite a questi cittadini onesti che Kelvin è un bambino di origine cinese.
Non si sa mai, potrebbero chiedere a Rampazzo i danni per aver salvato un invasore, uno che mica sfugge dalla guerra.
Questo è il centrodestra da vomito italiano.
(da NextQuotidiano”)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
4 ANNI, SEI MESI E UN GIORNO TRA I BANCHI DELL’ARS E A 65 ANNI SI PERCEPIRA’ L’ASSEGNO MENSILE… I GRILLINI FANNO FINTA DI RINUNCIARVI, MA HANNO MATURATO I REQUISITI, SE FOSSE UNA COSA SERIA AVREBBERO DOVUTO DIMETTERSI IL GIORNO PRIMA
Era probabilmente cerchiata in rosso sul calendario, evidenziata nei promemoria, segnata forse persino nelle sveglie dei telefoni cellulari.
E non poteva essere altrimenti visto che quella di ieri era una giornata fondamentale per la Regione Siciliana, una data importantissima, un giorno da ricordare negli anni a venire.
Uno pensa: che cosa potrà mai accadere di così rilevante nell’isola del Gattopardo, nella Regione dei corsi e ricorsi storici, delle alchimie politiche che anticipano epoche nazionali e segnano destini di governi e governanti?
Il varo di una legge rivoluzionaria? La riforma dell’agrodolce statuto Autonomo? L’inaugurazione di una linea ferroviaria da Paese occidentale o — chissà — persino di un’opera simbolica tipo il ponte sullo Stretto?
Nossignore. Niente di così banale.
Al contrario in Sicilia ieri era la giornata del V-Day, non il Vaffa Day di Beppe Grillo ma più semplicemente il giorno del vitalizio, importante solo per poche decine di cittadini.
Dalla scorsa mezzanotte i consiglieri regionali dell’isola — che qui per la verità si fanno chiamare “onorevoli“, cioè deputati, come fanno i loro colleghi di Montecitorio — hanno maturato il diritto a percepire la pensione.
Sissignore: ai 51 consiglieri eletti per la prima volta nel 2012 sono bastati quattro anni, sei mesi e un giorno tra i banchi dell’Assemblea regionale siciliana per garantirsi un assegno mensile che cominceranno a percepire a partire dal loro sessantacinquesimo compleanno.
I 14 consiglieri del Movimento 5 Stelle IN TEORIA avrebbero rifiutato l’assegno inviando una lettera di rinuncia all’Ars (che vale come carta straccia) e oggi hanno organizzato un corteo di protesta contro il privilegio.
“I politici hanno fatto la legge Fornero per i cittadini che però non si applica ai politici stessi: è un grande paradosso”, dice Giancarlo Cancelleri, che studia da governatore. Al pentastellato risponde Davide Faraone del Pd. “Per rinunciare ai privilegi i deputati M5s all’Ars avrebbero dovuto dimettersi ieri e non l’hanno fatto. Hanno spedito una settimana fa una lettera che è carta straccia e oggi marciano urlando vergogna, avendo maturato, da qualche ora, anche loro i requisiti pensionistici”, attacca il sottosegretario alla Salute.
Ed in effetti è così: i diritti maturati verranno liquidati per legge, non basta certo una lettera scritta magari venti anni prima per fare testo. Chi ha oggi 40-45 anni solo al compimento del 65° dovrà nel caso scrivere una vera e propria lettera di rinuncia all’ente previdenziale, non certo ora.
E tra 20-25 avrà tempo di cambiare idea, state tranquilli…
Altra cosa sarebbe stata dimettersi un giorno prima che scattasse il diritto, ma tutti i rivoluzionari grillini si sono guardati bene dal farlo.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
I TREDICINE A ROMA, I MANCINO A TORINO: CHE FEELING TRA GRILLINI E I RAS DEGLI AMBULANTI ABUSIVI
Tra i tanti disastri dell’organizzazione della finale di Champions in Piazza San Carlo a Torino ce n’è uno tipicamente italiano: i venditori abusivi.
Sabato sera in piazza San Carlo erano in molti a lavorare. E i risultati si sono visti quando è scoppiato il panico.
Centinaia di bottiglie di vetro a terra hanno contribuito a rendere difficoltosa e pericolosa la fuga delle persone in preda al panico. Eppure in piazza quella sera non ci avrebbero dovute essere nè le bottiglie in vetro nè i venditori abusivi. Come è stato possibile?
Chi sono i Mancino: i re degli abusivi torinesi
L’edizione torinese di Repubblica riporta le testimonianze di molte persone che si sono recate in questura per raccontare come gli abusivi agissero sostanzialmente indisturbati.
I venditori di birra per tutta la sera sono entrati liberamente in piazza con i carrellini carichi di bottiglie di birra. Stando ai racconti dei testimoni venivano scaricati direttamente dai camion appena fuori gli sbarramenti.
Gli stessi che avrebbero dovuto effettuare il “prefiltraggio” della folla per impedire eventuali azioni terroristiche.
Per tutta la sera gli abusivi hanno venduto indisturbati la loro merce. A sorvegliare la piazza c’erano appena 300 uomini tra Carabinieri, Polizia e Vigili. Quello degli abusivi, a fronte di una piazza con quarantamila persone sarà sembrato il problema minore.
Anche per sequestrare uno per uno i carrelli dei “cavallini” è un’operazione lunga e nel frattempo gli altri abusivi continuano a lavorare indisturbati.
Si sarebbe dovuto controllare prima, per evitare che i venditori abusivi entrassero in piazza. Non è stato fatto.
Ma c’è di più, perchè alcuni testimoni hanno raccontato a Repubblica che a gestire la vendita c’erano i Mancino.
Si tratta di un’importante e storica famiglia di ambulanti che da anni è ai vertici della ristorazione di piazza, quella abusiva.
Ma non erano loro i furgoni parcheggiati nelle “retrovie” a rifornire i venditori che si aggiravano in piazza. Perchè è molto più conveniente utilizzare mezzi a noleggio, o intestati a cittadini stranieri. In modo da rendere inefficace il provvedimento di sequestro
Come mai gli abusivi hanno agito indisturbati per tutta la sera?
Difficile non notare gli abusivi con i loro carrelli e le bacinelle piene di bottiglie di birra. Difficile non accorgersi dei camion parcheggiati per i rifornimenti.
Eppure in Piazza San Carlo la vendita di bottiglie di birra è proseguita per tutta la sera.
Perchè nessuno ai varchi ha fermato il passaggio dei carrelli? Alcuni esercenti si sono lamentati di aver preso multe salate perchè un cliente è uscito dal locale con una bottiglia o un bicchiere di vetro.
Agli abusivi, ai Mancino, tutto sembra essere concesso. Ed è su questo che la Procura intende indagare.
Non solo perchè le bottiglie abbandonate per terra hanno causato il ferimento di numerose persone. Ma anche per accertare le responsabilità di chi ha lasciato che gli abusivi agissero indisturbati. Due furgoni in piazza CLN sono stati individuati nel pomeriggio e sanzionati per divieto di sosta, ma è finita lì.
E non si può certo dire che i venditori di birre abbiano agito di nascosto. Alcuni di loro avevano addirittura delle lampade per illuminare la mercanzia.
Insomma, tutto è avvenuto alla luce del sole. Anche perchè già dal pomeriggio di sabato i venditori con i loro carrelli si aggiravano per le strade intorno a Piazza San Carlo.
Alla faccia dei tanti commercianti che pagano le licenze e le tasse. Il tutto sotto il naso di Vigili e uomini delle forze dell’ordine. Resi impotenti dal fatto che multe e sequestri non fermano gli abusivi ma forse — è l’ipotesi — qualcuno ha preferito chiudere tutti e due gli occhi.
Mettendo a rischio l’incolumità della folla assiepata in Piazza San Carlo
L’assessore della giunta Appendino e i Mancino
Certo, gli abusivi e le birre c’erano anche durante la finale del 2015 nella medesima piazza. E i Mancino sono diventati quello che sono nel corso di decenni.
Senza dubbio i venditori abusivi non ci sono solo a Torino: sono una costante dei grandi eventi.
Il problema è che in questo caso oltre millecinquecento persone sono rimaste ferite. La novità è che ora a governare la città non ci sono “i soliti noti”, la kasta, la vecchia politica.
Da un anno a capo dell’Amministrazione comunale c’è Chiara Appendino. La maggioranza in Consiglio Comunale è saldamente in mano al MoVimento 5 Stelle.
È lecito attendersi dal nuovo che avanza che è stato eletto promettendo cambiamenti radicali che questo cambiamento venga messo in atto? La risposta è sì.
Qualche tempo fa Repubblica ha girato un servizio sul Barattolo, il mercato del libero scambio.
Nel servizio ad un certo punto un venditore — per sua stessa ammissione — abusivo si lamenta di non poter vendere la sua merce. Interviene quindi Alfredo Mancino che propone una soluzione:
“Dal mio commercialista ti faccio fare un’autorizzazione itinerante, tu ti fai un carrellino, che non sia a benzina o elettrico e puoi andare nei parchi a vendere i gelati.”
Un’offerta senza dubbio allettante, infatti il venditore ci sta. Ed è a quel punto che l’Assessore Marco Giusta che stava assistendo alla scena chiede all’abusivo se i due si conoscessero e se si potesse fare la cosa.
I due confermano e Costa chiede a Mancino “ci pensi tu?”. Mancino dice che ci pensa lui e l’accordo è suggellato con una stretta di mano.
Naturalmente anche se Mancino è personaggio abbastanza noto non è detto che Costa sapesse con chi stava parlando.
Non siamo però nemmeno nello stesso caso della foto di Di Maio con Tredicine perchè qui Costa ha assistito ad un vero e proprio accordo.
E da quelli del M5S, così più preparati degli altri, una cosa del genere non ce la si aspetta. *
Poi si scopre che anche con il M5S al governo i Mancino hanno potuto vendere birre in Piazza San Carlo e ci si chiede: in che cosa sono meglio? In che cosa sono diversi?
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
“SAREBBE UN OTTIMO CANDIDATO PER PALAZZO CHIGI”
Il presidente della Bce, Mario Draghi, “sarebbe un ottimo premier” secondo il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che in un’intervista al QN frena sull’ipotesi di larghe intese: “Immagino che Renzi voglia tornare a Palazzo Chigi vincendo le elezioni. Noi ovviamente faremo tutto il possibile per evitarlo perchè vogliamo vincerle e portare a Palazzo Chigi un nostro candidato”.
Berlusconi esclude fibrillazioni dei mercati in caso di voto anticipato: “Le elezioni sono la fisiologia di un sistema democratico. La patologia è che in Italia l’ultimo governo scelto dagli elettori è stato il nostro nel 2008. I mercati dovrebbero temere la sovranità popolare? Non credo, anche perchè gli italiani nelle espressioni di voto hanno sempre dimostrato buon senso, prudenza ed equilibrio”.
“Non esiste, figuriamoci. Draghi è uno Degli artefici di questa europa”. Matteo Salvini, interpellato da affaritaliani.it, boccia senza appello la proposta avanzata dal Cav.
D’altronde è ormai evidente che il suo candidato è Di Maio, l’unico che può rimettere in gioco un partito ridimensionato come la Lega.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
TRUMP NON AVREBBE GRADITO LA SUA ASTENSIONE NELL’INCHIESTA DELL’FBI SULLE INTERFERENZE RUSSE IN CAMPAGNA ELETTORALE
Il ministro della Giustizia, Jeff Sessions, è pronto a dimettersi sulla scia delle crescenti tensioni con il presidente Donald Trump.
Lo riporta Abc citando alcune fonti.
Trump sarebbe frustrato per la decisione di Sessions di astenersi sulle indagini sul Russiagate, avendo aperto di fatto la strada alla nomina del procuratore speciale.
La tensione sarebbe salita a livelli talmente alto da spingere Sessions a ipotizzare le dimissioni.
Non è chiaro se le abbia minacciate o abbia offerto di dimettersi.
Secondo il Washington Post che cita fonti vicine alla Casa Bianca, Trump non sapeva che Sessions si sarebbe astenuto riguardo al Russiagate e ora lo accusa dei successivi sviluppi come la nomina di un procuratore speciale, Robert Mueller, per supervisionare il caso.
La rabbia di Trump contro il ministro della giustizia sarebbe anche legata allo stop dei suoi “travel ban”, i decreti sui divieti nei viaggi, da parte dei Tribunali Usa.
Lo stesso presidente si era scagliato contro il Dipartimento di giustizia per come ha gestito questa disputa legale.
Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, a cui è stato chiesto se Trump ripone ancora fiducia in Sessions ha risposto di “non aver parlato con lui di questo”.
Intanto secondo il New York Times l’ex direttore dell’Fbi, James Comey, non voleva ritrovarsi solo negli incontri con Trump e aveva chiesto al ministro della Giustizia, Sessions, di non lasciarlo solo.
Comey temeva pressioni di Trump sul Russiagate e sosteneva che il Dipartimento della giustizia aveva anche il compito di proteggere l’Fbi dall’influenza della Casa Bianca.
Da parte sua Sessions pare sia stato irritato dai continui tweet e commenti di Trump, specialmente dopo il licenziamento di Comey da capo dell’Fbi il 9 maggio scorso. E che questo lo abbia spinto a avanzare l’ipotesi di dimissioni.
Sessions avrebbe detto a Trump di avere bisogno di mano libera per fare il suo lavoro.
Domani l’ex direttore dell’Fbi, James Comey, si presenterà in commissione al Senato in quella che sarà la sua prima testimonianza pubblica dal suo licenziamento.
L’ex capo dell’Fbi non arriverà a accusare Trump di aver cercato di ostacolare il corso della giustizia ma si limiterà a descrivere i fatti e le sue riunioni con il presidente, lasciando a altri il compito di tirare le conclusioni
Infine, sempre sul Russiagate, emergono altre circostanze. Trump avrebbe fatto pressioni anche sul direttore dell’Intelligence Usa Daniel Coats, affinchè intervenisse su Comey per fermare l’inchiesta dell’Fbi sulle interferenze dei russi nella campagna presidenziale americana.
Secondo il Washington Post Trump si lamentò con Coats dell’indagine dell’Fbi e di come Comey la stava gestendo.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
L’ANNUNCIO DEL MUSLIN COUNCIL OF BRITAIN: “RIFIUTIAMO DI SEPPELLIRE I TRE ATTENTATORI”
“Alla luce dei principi etici essenziali all’Islam, per gli attentatori non ci sarà la tradizionale preghiera funebre”.
Con queste parole un gruppo di oltre 140 imam e leader religiosi provenienti da tutto il Regno hanno rifiutato pubblicamente di seppellire i tre attentatori artefici dell’attentato al London Bridge e al Borough Maket.
La notizia è stata data dal Muslim Council of Britain che, sul proprio account Facebook, ha spiegato che la Salat al-Janazah, la preghiera islamica, è un rito che normalmente viene eseguito per ogni musulmano a prescindere dalle azioni compiute.
Con questa mossa, che il Muslim Council ha definito “senza precedenti”, i religiosi non solo negano il rito, ma invitano anche le altre cariche religiose a fare altrettanto: “Chiediamo a tutte le autorità religiose del Paese di unirsi a questo rifiuto. Vi chiediamo di ritirare loro questo privilegio, perchè queste azioni sono indifendibili e completamente in contrasto con gli insegnamenti elevati dell’Islam”.
Il “Muslim Council of Britain” già all’indomani dell’attentato al London Bridge aveva preso posizione sul difficile momento che sta attraversando il Regno Unito.
“Siamo profondamente feriti dalla serie di attacchi terroristici perpetrati da assassini che cercano di ottenere legittimità religiosa per le loro azioni. Cerchiamo di capire che ciò che fanno non ha nè legittimità nè la nostra simpatia.
“Siamo scioccati, arrabbiati e terrificati che qualcuno possa aver compiuto tali atti. E per di più in nome della fede. È ingiustificabile, si legge nel comunicato stampa.
In questi anni religiosi e clerici musulmani della Gran Bretagna hanno sempre condannato gli attacchi terroristici.
Più volte hanno sollecitato i membri della comunità a non partire per i paesi in guerra. Tra i precedenti c’è anche un video del 2014 con cui alcuni imam, sciiti e sunniti, esprimevano apertamente la loro condanna all’Isis.
Azioni che ad alcuni di loro è costato l’inserimento nella lista dei musulmani “apostati” pubblicata dallo Stato Islamico su d?biq di aprile 2016.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2017 Riccardo Fucile
IN AZIONE PIU’ GRUPPI, ALMENO SETTE MORTI
Spari, feriti, numerosi morti, si parla di sette vittime, per un doppio attacco improvviso a Teheran di matrice terroristica.
Un commando ha fatto irruzione nel Parlamento dove era in corso una seduta di deputati: avrebbe catturato alcuni ostaggi e dopo poco uno di loro si sarebbe fatto saltare in aria all’interno dell’edificio.
Quasi in contemporanea, un altro attacco è avvenuto nel santuario dell’Imam Khomeini, a sud della capitale, dove un gruppo armato ha sparato tra la folla dei pellegrini e uno di loro, una donna, si è fatta esplodere al momento dell’irruzione.
E si parla anche di un secondo uomo-bomba sulla tomba di Khomeini.
Secondo Al Arabiya, l’Isis ha già rivendicato il duplice attacco.
La notizia viene per ora data dal canale in lingua farsi dell’emittente con quartiere generale negli Emirati Arabi, che cita fonti libiche, cosa che viene accolta con una pioggia di critiche e accuse di “propaganda” dai social network iraniani.
Ma è da mesi che la polizia iraniana afferma di aver sventato attacchi terroristici attribuiti all’Isis in diverse regioni iraniane, in particolare nel sud ovest abitate prevalentemente da sunniti.
Molti feriti al mausoleo dell’imam Khomeini sono stati trasportati dalle ambulanze in ospedale mentre dal Parlamento le notizie sono più confuse, ma di momento in momento sale il numero delle vittime.
Qui si parla di almeno sette morti, con gli attentatori ancora dentro, forse una presa di ostaggi e teste di cuoio in azione. Un terrorista si è barricato in una stanza del complesso molto ampio del Parlamento e ha detto di indossare una cintura esplosiva. Dopo poco si sarebbe fatto saltare in aria.
Secondo uno dei giornalisti dell’agenzia Tasnim rimasto intrappolato all’interno, ci sono almeno quattro ostaggi catturati dai terroristi, ancora asseragliati nei piani alti del Parlamento. Per ora non si sa se siano stati coinvolti nell’esplosione.
Altri media parlano di alcuni colpi d’arma da fuoco che avrebbero raggiunto anche l’area riservata ai giornalisti.
L’attacco sarebbe stato condotto da almeno quattro persone armate di kalashnikov e armi ed è ancora in corso.
Secondo il deputato Elias Hazrati, gli attentatori all’interno del Majiis, il parlamento, sono almeno quattro e in questi minuti le teste di cuoio sono entrate nel cortile dell’edificio. I terroristi, tre o 4 a seconda delle fonti, sarebbero asserragliati in una zona del cortile. La situazione è ancora molto confusa, secondo alcuni media gli attentatori non sono riusciti a portare con sè gli ostaggi, secondo altri ci sono ostaggi, tra cui alcuni deputati.
Alcuni testimoni citati dalla Tasnim hanno riportato che dal Parlamento si sentono ancora degli spari. Tutte le strade del centro di Teheran che portano al Parlamento sono state chiuse.
Altri media rilevano che tra i deputati all’interno del parlamento è esplosa la rabbia e hanno cominciato a scandire ad alta voce: “Morte all’America. Morte al suo servo, l’Arabia Saudita”.
Intanto, l’ufficio relazioni con il pubblico della metropolitana ha smentito le voci, che si rincorrevano sul web, di un’esplosione alla metro di Teheran: la linee metropolitana, riferisce, funzionano in tutte le direzioni (martedì c’era stata una collisione tra due treni che aveva causato diversi feriti).
E altri spari rivolti contro i passanti sono stati uditi in piazza Baharestan, nel cuore di Teheran, di fronte al Parlamento. Secondo alcuni media forse uno dei terroristi è riuscito fuggire e si è coperto la fuga sparando tra la folla.
Altre fonti di stampa parlano di uno solo assalitore al Parlamento e aggiungono che i feriti sono guardie addette alla sicurezza.
Malgrado l’attacco sia ancora in corso, la sessione del Parlamento iraniano guidata dal presidente del Majlis, Ali Larijani sarebbe ufficialmente ancora in corso. Lo hanno evidenziato le immagini trasmesse in diretta dall’emittente Press Tv. La stessa emittente ha riferito che sono stati uditi nuovi spari dall’edificio.
Quasi in contemporanea, il blitz al mausoleo di Khomeini da parte di un commando di quattro persone, incluso un attentatore suicida, forse una donna, che si è fatta esplodere all’interno. Lo riporta la tv statale iraniana e anche l’agenzia semiufficiale Fars.
Il doppio attacco, che appare come una strategia coordinata, è avvenuto intorno alle 11 del mattino, ora di Teheran. E per ora si parla di un arresto, uno dei membri del commando al sacrario del padre fondatore della Repubblica Islamica dell’Iran. Ma secondo l’intelligence iraniana, erano tre i commando terroristici che volevano colpire stamane a Teheran, ma uno è stato neutralizzato prima che riuscisse ad entrare in azione. Non è stato però chiarito quale fosse l’obiettivo di questo terzo gruppo terroristico.
Intanto si è riunito il gabinetto di sicurezza del governo di Teheran. Due ore dopo il doppio attentato la situazione è ancora molto critica e confusa. E i media parlano anche di un terzo terrorista, che si sarebbe fatto esplodere vicino alla tomba di Khomeini, dove già si era fatta saltare in aria una kamikaze donna.
(da agenzie)
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