Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
GIORNALISTI MANAGER, IMPRENDITORI: SPINGERE SU AUTONOMIA FISCALE PER GARANTIRSI IL SOSTEGNO… ORMAI E’ ASSE XENOFOBO CON LA LEGA
“Lega e M5S: forza popolare o deriva populista». Nel titolo dell’incontro di Garda la parola «forza» declinata al singolare evoca subito convergenze e (forse) future alleanze.
È vero che i panel erano separati, come si sono affrettati a precisare molti nel Movimento 5 Stelle anche per zittire le voci critiche di chi nel gruppo parlamentare già lamenta un eccessivo dialogo con la Lega Nord.
Ma sta di fatto che la serata con il grillino Luigi Di Maio e il leghista Giancarlo Giorgetti segna un’ulteriore tappa nell’avvicinamento tra i due partiti classificati sotto l’etichetta «populisti», che da mesi si strizzano l’occhio a distanza.
In ordine: euro, migranti, ius soli, referendum sull’autonomia fiscale in Lombardia e Veneto. Questi sono i temi che li avvicinano.
Se è solo scena, convenienza o tattica, dietro la quale non c’è alcuna speranza concreta di vedere seduti allo stesso tavolo Di Maio e Salvini, lo diranno i prossimi mesi, anche a seconda di quale legge elettorale ci sarà .
Per adesso, però, è certo che la strategia di Davide Casaleggio guarda a Nord.
Come la rete di relazioni che, convegno dopo convegno, il rampollo del fondatore del M5S sta costruendo per provare a pescare voti in quelle aree produttive delle regioni settentrionali dove i 5 Stelle risultano più deboli.
Relazioni che arrivano a sfiorare mondi e conoscenze in comune con il Carroccio. Come Arturo Artom, imprenditore che ha portato nello stesso salotto Casaleggio e il governatore lombardo Roberto Maroni, e volto in quota M5S di una categoria che spera nell’autonomia fiscale sponsorizzata dall’asse grillo-leghista.
In politica non esistono le coincidenze e non è un caso che a Garda ci sia stata una riproposizione in piccolo della convention «Sum01 – Capire il Futuro» organizzata a Ivrea da Casaleggio in ricordo del padre.
A dialogare con Di Maio è stato Gianluigi Nuzzi, giornalista Mediaset e marito di Valentina Fontana, amministratrice della Visverbi srl, l’agenzia di comunicazione che ha organizzato la serata di ieri e la giornata di metà aprile a Ivrea di cui proprio Nuzzi è stato il presentatore.
Altri nomi in comune tra i due eventi sono: Gianpiero Lotito, fondatore di Facility Live, la start-up anti Google, uno che ad ascoltarlo fa impazzire di gioia Casaleggio jr; la psicologa Maria Rita Parsi e il conduttore Gianluigi Paragone.
Se c’è una categoria che fa sorgere sentimenti al limite dell’odio antropologico a Casaleggio sono i giornalisti.
Con le dovute eccezioni. Paragone è una di queste. Giornalista che fu leghista, dopo essere entrato in quota Carroccio alla Rai ne è uscito per indossare a La Gabbia su La7 i panni più rockettari e antisistema, adatti alla politica al tempo del grillismo.
Nella sua trasmissione dove si parla di banche, migranti, lavoro c’è sempre spazio per i 5 Stelle, con somma gioia di Rocco Casalino che smista i parlamentari da un talk show all’altro.
Dove c’è Casaleggio poi c’è Nuzzi. «Ma non chiamatemi grillino – dice lui – Io faccio il giornalista, e non devo avere un’identità politica. A Casaleggio padre mi legava un’amicizia nata ai tempi in cui sul blog di Grillo uscirono articoli sul mio libro Vaticano Spa. Ci siamo conosciuti e ci siamo confrontati, in maniera libera».
Molti degli invitati, spiega Nuzzi, sono presenti in entrambe le locandine, di Ivrea e di Garda, perchè sono «amici» suoi e della moglie.
Tutta l’attenzione però è stata calamitata da Di Maio e Giorgetti, accomunati da un’insistente campagna sullo stop ai migranti.
È di ieri l’ultima sentenza del blog di Grillo «Matteo Renzi è politicamente responsabile del disastro immigrazione. Con il suo governo è entrata in vigore l’operazione Triton che autorizza le navi di 15 Stati europei a portare i migranti solo in Italia».
Toni che fino a qualche mese fa avremmo sentito in bocca a un leghista. Ma in attesa delle alleanze (se ci saranno) basterebbero le parole di Alessandro Di Battista a Otto e mezzo a dare l’idea che una certa simpatia, costruita magari sulla base di un nemico comune, c’è: «Noi facciamo vincere la destra? Pur di votare il Pd i cittadini voterebbero qualunque altra cosa».
Il gioco ormai è scoperto
(da “La Stampa”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
PER IXE’ PD 27,4%, M5S 26,8%…. PER DEMOPOLIS M5S 28%, PD 26,5%… LEGA 13,7%, FORZA ITALIA 13,5%, FDI 4,8%
Pd primo partito, con un margine dello 0,6% sul Movimento 5 Stelle.
È quanto emerge dalle prime intenzioni di voto dell’Istituto Ixè, rese note ad Agorà su Raitre, dopo i ballottaggi delle amministrative.
Il partito guidato da Matteo Renzi è in grande difficoltà e si attesta al 27,4%. M5s è al 26,8%.
In confronto alla situazione prima del voto (fine maggio), il Pd ha perso l’1,9% e il movimento di Grillo l’1,2%.
Di diverso avviso un sondaggio Demopolis, secondo cui se si votasse oggi per la Camera, il Movimento di Grillo otterrebbe il 28%, superando di un punto e mezzo il partito di Renzi, attestato al 26,5%.
Concordi i due sondaggi nel sottolineare la leggera crescita del centrodestra.
Per Ixè la Lega è al 14% e Forza Italia al 13,7%. Per Demopolis la Lega avrebbe il 13,7%, di fatto affiancata da Forza Italia al 13,5%.
Fratelli d’Italia avrebbe il 4,8%.
Secondo Demopolis il voto locale conferma la crescita dell’area di centrodestra, rilevata negli ultimi mesi per Otto e Mezzo: la somma complessiva dei tre partiti guidati da Salvini, Berlusconi e Meloni, che si fermava al 27% nel novembre scorso, cresce in aprile al 30% ed al 32% odierno, nonostante alcune evidenti distanze tra i 3 leader.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
E’ CITTADINO ITALIANO, IN ITALIA DA 26 ANNI CON UN FIGLIO LAUREATO E UN ALTRO DISABILE… I MANDANTI MORALI CHE OGNI GIORNO ISTIGANO ALL’ODIO ANCORA A PIEDE LIBERO
Picchiato perchè straniero, ancorchè con cittadinanza italiana, beneficiario di un alloggio popolare.
È quanto accaduto al bengalese Howlader Dulal di 52 anni, a Tor Bella Monaca, che ha denunciato la vicenda al commissariato di polizia Casilino Nuovo.
Secondo quanto raccontato dall’uomo, ad aggredirlo con calci e pugni, in largo Ferruccio Mengaroni, quattro ragazzi italiani tra i 20 e i 25 anni ai quali stava chiedendo informazioni per raggiungere l’abitazione popolare assegnatagli dal Comune.
“Qui non c’è posto per te. Lascia stare le case popolari”, avrebbero detto i ragazzi strappandogli le carte che aveva in mano prima di aggredirlo brutalmente. “Abbiamo presentato denuncia per lesioni con aggravante dello sfondo razziale”, ha spiegato Paolo Palma, l’avvocato che difende il 52enne.
Dulal che è in Italia da 26 anni e lavora regolarmente in un ristorante, è perfettamente integrato.
“Lui lavora, ha un figlio laureato – spiega Palma – e un altro disabile come disabile è anche lui perchè cardiopatico”. “È ottavo in graduatoria tra gli aventi diritto all’alloggio popolare. Dopo l’aggressione, in comune gli è stato detto di portare la denuncia così gli avrebbero cercato un altro alloggio in un luogo diverso”.
A dicembre dello scorso anno alcuni abitanti di via Filottrano, a San Basilio, erano scesi in strada per evitare che la famiglia assegnataria, marito e moglie marocchini con tre bambini, prendesse possesso di un alloggio Ater.
“Non vogliamo negri nè stranieri qui, ma soltanto italiani” ripetevano i manifestanti ai caschi bianchi del gruppo sicurezza pubblica emergenziale e gruppo Tiburtino. La famiglia ha poi ottenuto un alloggio a Tor Sapienza.
A gennaio alcune decine di militanti di estrema destra hanno organizzato un picchetto bloccando, di fatto, l’ingresso al condominio a una famiglia egiziana, legittima assegnataria di un alloggio Ater, e facendo intanto rientrare nella casa i due giovani italiani che la occupavano abusivamente.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
1) E’ UN ATTO DI AGGRESSIONE NEI CONFRONTI DEI PAESI CHE SONO SEDE DELLE ONG 2) E’ VIETATO DALLE LEGGI INTERNAZIONALI 3) VIOLEREBBE LA CONVENZIONE DI AMBURGO DEL 1979 RATIFICATA DALL’ITALIA CON IL DECRETO 662 DEL 1994 4) VIOLEREBBE L’ART 10 DEL TESTO UNICO SULL’IMMIGRAZIONE
«Nessun porto chiuso, lo dico da responsabile della Guardia costiera e delle operazioni di soccorso ai migranti. Non stiamo rinunciando a quei princìpi di umanità che l’Italia ha messo in campo con Renzi e Gentiloni».
Graziano Delrio nell’intervista al Corriere della Sera è piuttosto chiaro sulla questione del blocco delle navi, e infatti sui giornali si dice invece tutt’altro: l’Italia è pronta a bloccare i porti a partire dal 6 luglio senza risposte concrete da parte dell’Europa.
Secondo Il Messaggero a Tallinn, al primo incontro sotto la presidenza dell’Estonia, il ministro Marco Minniti misurerà le reazioni dell’Ue alla provocazione italiana di chiudere i porti alle navi delle organizzazioni non governative che abbiano bandiera di altri paesi, ma sembra già chiaro che non arriveranno risposte concrete alla “crisi” italiana.
L’ultimatum solo una formalità e così, alla fine della prossima settimana, o al massimo tra una decina di giorni, la sfida potrebbe diventare realtà , come nel 2004, l’Italia bloccherà l’attracco di una prima nave e lo sbarco dei migranti.
«Un dato è certo: il governo non intende fare marcia indietro e accontentarsi delle promesse che, a fronte degli sforzi richiesti dall’Europa, non sono mai state mantenute», sostiene il quotidiano. La stessa cosa scrive il Corriere della Sera:
La scadenza è stata fissata per mercoledì prossimo quando a Tallinn, in Estonia, si riuniranno i ministri europei di Interno e Giustizia.
Se entro quel giorno non arriveranno «risposte dall’Unione Europea sulla gestione dell’emergenza migranti», l’Italia è pronta a far scattare il primo blocco navale. Non c’è alcun annuncio ufficiale, ma la dichiarazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che si aspetta «impegni concreti in quella sede», fa ben comprendere quale sia la strategia pianificata dal governo. In realtà appare improbabile che sette giorni siano sufficienti per convincere gli Stati della Ue a fornire collaborazione.
E dunque è possibile che Roma voglia tentare un’azione di forza proprio per misurare le reazioni a livello internazionale, ma anche la tenuta «interna».
Al di là del plauso di numerose forze politiche, bisognerà infatti vedere se di fronte al divieto di attracco per le navi straniere che trasportano migranti, il fronte che adesso appare compatto continuerà a reggere.
Di questo dovrebbe parlare il ministro dell’Interno Minniti con i colleghi francese e tedesco in un incontro che si sta cercando di organizzar ea Bruxelles tra lunedì e martedì in vista del vertice allargato.
Eppure il blocco dei porti non si può fare
Eppure il blocco dei porti non si può effettuare senza violare norme e regolamenti internazionali. Chiudere i porti italiani allenavi battenti bandiera di Stati stranieri è impossibile perchè illegale, violerebbe leggi e trattati sottoscritti dall’Italia, a partire da quello di Dublino:il Paese di primo approdo deve farsi carico dell’accoglienza. Spiega oggi Giampiero Calapà sul Fatto:
Il primo problema che si porrebbe, intanto, è come attuare la “chiusura dei porti”. L’unica strada possibile è quella del blocco navale, utilizzando anche la forza per impedire l’accesso alle navi non gradite. Sarebbe logicamente da considerarsi come un’aggressione nei confronti dei Paesi che sono sede formale delle Ong, oltre che una potenziale barbarie catastrofica per l’immagine dell’Italia nel mondo; per fare un esempio di cosa potrebbe succedere: un’imbarcazione carica di migranti salvati in mare, magari con le insegne di Medici senza frontiere, fermata vicino a un porto siciliano con le armi puntate contro da mezzi dello Stato italiano. La strada del blocco navale è, quindi, impraticabile.
Non solo. La Convenzione di Amburgo del 1979, ratificata dall’Italia dieci anni dopo con la legge numero 147 e attuata con decreto della Presidenza della Repubblica numero 662 del 1994 pone dei paletti ben precisi: gli sbarchi devono avvenire nel primo “porto sicuro”, laddove per porto sicuro s’intende il più vicino in grado di fornire assistenza e accoglienza, motivo per cui spesso Malta, troppo piccola con i suoi 316 chilometri quadrati di superficie, viene esclusa dalle rotte.
E non finisce qui:
C’è anche il Testo unico sull ‘immigrazione approvato nel 1998. L’articolo 10 vieta la possibilità di respingere persone che richiedano di ottenere protezione internazionale, quindi è impossibile per la legge italiana scacciare dalle nostre acque imbarcazioni con migranti di cui anche uno solo volesse richiedere diritto d’asilo: impossibile verificarne la presenza in mare
L’Italia è stata già condannata in passato per i respingimenti. Con il blocco dei porti si rischia di fare il bis, di violare le leggi, di finire sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo.
Forse ha ragione Delrio: stiamo scherzando.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
C’E’ CHI VUOLE L’INSERIMENTO DI CONSIGLIERI IN ASSESSORI, MA LE REGOLA DEL M5S LO VIETANO
Giovanna Vitale su Repubblica racconta oggi di una strigliata agli assessori rifilata dalla sindaca Virginia Raggi a causa dello scarso rapporto che questi hanno con i consiglieri: le continue lamentele che arrivano dalla maggioranza hanno spinto la prima cittadina a chiedere ai delegati di migliorare la comunicazione nei confronti del gruppo.
Ma a quanto pare questo non basta ai consiglieri, che reclamano posti in giunta:
Spegnere il fuoco sotto una pentola in ebollizione: è questo il tentativo della sindaca. Messa sul chi va là non solo dagli ultimi assalti alla poltrona del suo vice, finito nel mirino dell’ala ortodossa del Movimento per la sua eccessiva autonomia, ma per lei ormai diventato un punto di riferimento irrinunciabile, al punto da pretendere e ottenerne la blindatura da parte di Luigi di Maio.
A preoccupare la sindaca, oltre alle proteste dei singoli consiglieri, è stato il tenore della riunione che uno dei due tutor, Riccardo Fraccaro, ha tenuto martedi sera, al termine della seduta d’aula.
È lì che la maggioranza ha espresso tutto il suo malumore nei confronti dei tecnici presenti in giunta che, a loro dire, non saprebbero interpretare lo spirito del Movimento e alcuni, anzi, addirittura lo tradirebbero.
Ma, appunto, le regole non lo consentono:
Spingendosi a chiedere – ora che con l’addio di Colomban il rimpasto sarà inevitabile – l’inserimento di un paio di consiglieri, per alzare il tasso politico della squadra.
Ma Fraccaro sarebbe stato irremovibile: «Le nostre regole non consentono il passaggio da una poltrona all’altra». Immediate le obiezioni: «E allora Frongia, eletto in consiglio e poi nominato assessore? E allora la Appendino, che ha promosso il capogruppo in giunta?».
Muro: «Frongia è stata una eccezione e Chiara ha fatto una stupidaggine», la replica senza appello.
Ma i portavoce romani non intendono demordere. E Raggi, per placarli, adesso deve dare un segnale: la strigliata alla giunta è solo l’inizio.
(da “NexrQuotidiano”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
“CENTRODESTRA MODERATO E LIBERALE, ANCORATO AL PPE”… PARLA DI FLAT TAX E REDDITO DI DIGNITA’… PAROLE MORBIDE PER RENZI ACIDE PER PRODI, VELENOSE PER GRILLO
Silvio is back, again. “Ma io non sono mai andato via. Comunque, rieccomi” afferma Berlusconi in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera.
Un colloquio in cui sposta l’asse del centrodestra su un binario moderato, in cui rilancia la legge elettorale sul sistema tedesco, in cui non lascia spazio a delfini, in cui ha parole dure per Prodi e morbide per Renzi.
Il centrodestra avanza, Berlusconi sente l’odore della vittoria. Ma quale centrodestra?
“Il baricentro lo decideranno gli elettori con il voto, finalmente. Per il momento, alle Amministrative hanno scelto noi. A dimostrazione che un centrodestra con una forte componente liberale, moderata, ancorata al Ppe, è in grado di esprimere idee e persone giuste per vincere, ma soprattutto per governare bene le città e la nazione. In questo centrodestra, Forza Italia – che si è confermata il primo partito della coalizione per voti e per numero di eletti – ha una funzione trainante. È la prova che il vento è tornato a spirare nella nostra direzione”
Berlusconi è impegnato nella costruzione del programma.
“Abbiamo preparato un bellissimo albero della libertà , rappresentazione grafica di un programma che sarà rivoluzionario: le radici sono i nostri valori cristiani e i nostri principi liberali, i rami rappresentano i diversi problemi del Paese e i frutti sono le nostre proposte per superarli e far ripartire l’Italia”.
Il leader di Forza Italia cita fra gli impegni la flat tax, “al livello più basso possibile con una quota esente per i primi 12.000 euro, in modo da assicurare la progressività ” e il reddito di dignità “nel quadro di una riforma complessiva del welfare”.
Berlusconi vede spazio per un solo centrodestra, “quello che ho inventato 23 anni fa”, un centrodestra “unito, plurale, vincente”, senza alternative, se non “quello della signora Le Pen, che ha garantito la vittoria della sinistra in Francia”.
Non ribadisce quanto detto “in una battuta”, cioè che scapperebbe in caso di governo Salvini-Di Maio, non accetta che si parli di un suo successore.
“I delfini esistevano nelle monarchie, e non sempre riuscivano a salire sul trono. Per quanto mi riguarda, alle elezioni ci sarò comunque. Anche se la Corte di Strasburgo non desse il suo verdetto in tempo utile, sarò in campo a guidare la campagna elettorale. Certo, sarebbe una clamorosa ingiustizia per milioni di italiani che non potrebbero votare il loro leader”.
La prima cosa da fare è però la legge elettorale.
“Il premio di coalizione ha più senso del premio di lista, ma poichè il Pd non ne vuol sentir parlare, noi siamo fermi al sistema tedesco, sul quale tutti i maggiori partiti fino a 15 giorni fa erano d’accordo. Qualcuno deve spiegarmi cos’è cambiato e perchè non si può ripartire da dove eravamo arrivati”.
Si voterà a fine legislatura, afferma Berlusconi, anche se la sua preferenza è per votare prima, nonostante le possibili fibrillazioni sui mercati e l’impegno della legge di bilancio.
“Se dovesse essere impostata da un governo e conclusa nel suo iter da un altro governo, non succederebbe nulla di traumatico”. Per il domani, l’Italia potrebbe tornare alle larghe intese, Berlusconi ricorda che è parte della storia d’Italia.
“Ci fu il centrismo, che realizzò il miracolo economico e trasformò un Paese devastato dalla guerra in una delle grandi potenze economiche mondiali. Ci fu il centrosinistra, che fece cose importanti ma compromise la crescita per l’eccessiva dilatazione della spesa pubblica. Ci fu la disgraziata stagione del compromesso storico, e poi il pentapartito, che pur commettendo numerosi errori avviò una nuova modernizzazione del Paese. Le coalizioni funzionano se sono coerenti al loro interno, e comunque sono una decisione degli elettori”.
Anche per questo, le parole su Renzi sono morbide, Berlusconi non lo attacca.
“Si possono attribuire a Renzi due tipi di errori: ha atteggiamenti mutevoli che anche noi abbiamo subìto. E poi non si è mostrato in grado, per quella sua cultura politica tipica della sinistra democristiana, di realizzare quella vera modernizzazione della sinistra che sarebbe molto utile all’Italia. Tuttavia non si può non riconoscere che sia dinamico e determinato”.
Diverso invece il tono su Romano Prodi, tornato sulla scena.
“Mi ha incuriosito. Significa che essere stato umiliato per tre volte dai suoi non gli è bastato”.
L’attacco vero è nei confronti di Beppe Grillo.
“Il successo dei grillini è il fallimento della politica. Io considero pericolosissimi i Cinquestelle ma ho massimo rispetto e comprensione per chi li vota. Questi elettori esprimono un disagio, una rabbia, una delusione verso la politica che non solo condivido, ma faccio mie. A quegli elettori noi abbiamo il dovere di proporre una diversa qualità dell’offerta politica, basata su persone oneste e credibili e su programmi concreti e realizzabili. Questo è l’unico modo per fermare un movimento come quello di Grillo, che se mai dovesse governare sarebbe la sciagura definitiva per il nostro Paese. Basti pensare alle politiche fiscali, basate sulla patrimoniale, su tasse altissime sulla casa e su tasse di successione al 50%”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
LA QUINDICENNE, STUPRATA DA 11 MINORENNI, TORNA IN GERMANIA PER RITROVARE LA TRANQUILLITA’ NEGATA… LE VERGOGNA DI UNO STATO CHE TUTELA SOLO I CARNEFICI, NON LE VITTIME
Fu violentata dal branco a 15 anni, circa un anno fa, in un paese del napoletano, Pimonte, dov’era tornata dalla Germania con la sua famiglia e dove era nata.
Trovò il coraggio di denunciare i suoi aguzzini, 12, tutti coetanei, tra cui il fidanzatino, e le furono promessi supporto e aiuti psicologici che però, alla fine, non sono mai arrivati.
Per questo, per riguadagnare la tranquillità ‘negata’ e un equilibrio psicologico andato in pezzi, ora la giovane e la sua famiglia hanno deciso di lasciare Pimonte e tornare in Germania.
A denunciare il triste epilogo di una triste storia è stato oggi il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Campania, Cesare Romano.
“All’indomani della notizia, – ricorda Romano – molti gridavano allo scandalo stigmatizzando l’accaduto e sollecitando le istituzioni locali e regionali perchè adottassero le iniziative necessarie a proteggere la minore e a sensibilizzare gli adolescenti di Pimonte per stimolare una condanna collettiva dell’accaduto”.
Ma, purtroppo, alle tante e accorate parole pronunciate allora non sono seguiti i fatti. “Chi ha avuto il coraggio di denunciare è costretto ad abbandonare la comunità dov’era rientrato con entusiasmo e dopo tanti sacrifici, – sottolinea con forza Romano – gli autori dei fatti denunciati, invece, che sono stati messi alla prova nello stesso comune, continueranno a scorrazzare indisturbati”.
“Questo il modello per i nostri giovani? Questa la giustizia? Questa la protezione?”, si chiede il garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Campania che denuncia “l’ insensibilità istituzionale dimostrata da chi ne aveva assunto impegno”.
La vicenda, che risale alla fine dello scorso luglio, suscitò scalpore e la ferma condanna da parte del vescovo e del sindaco della cittadina del Napoletano. Ciononostante qualcuno, in paese, tra i genitori dei violentatori minorenni, si permise di fare affermazioni gravi, definendo la vittima “una che se l’era cercata”.
Per fortuna, però, i sentimenti che prevalsero tra i cittadini furono di condanna e sconcerto.
Undici ragazzi autori dello stupro di gruppo vennero trasferiti in una comunità di recupero con l’accusa di violenza sessuale.
Un altro, che aveva meno di 14 anni, venne invece affidato alla famiglia.
“Le vittime non sono mai colpevoli”, disse il parroco di Pimonte, poco dopo avere appreso la notizia dello stupro subìto dalla 15enne. Un’esortazione a non coltivare sentimenti di vergogna che però, alla fine, hanno avuto la meglio sulla ragazzina, forse anche per colpa di chi avrebbe potuto fare di più per lei e invece non l’ha fatto.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
“BIANCA, IL MIO ANGELO CUSTODE”… SOLO IL 20% DEI PAZIENTI SOPRAVVIVE CON QUESTO TIPO DI TRAUMA TORACICO
Ha 12 costole rotte, è appena uscito dall’ospedale ma dovrà ora iniziare un lungo percorso di riabilitazione prima di tornare al 100%.
Eppure, Max Biaggi non si lamenta del dolore fisico e dei contraccolpi psicologi del brutto incidente di Latina e al Corriere della Sera racconta quanto i suoi cari lo abbiano supportato.
“Mio padre si è spaventato tanto. Pensi che mi ha pure tenuto la mano: erano 45 anni che non lo faceva! È stato bellissimo. [Con Bianca Atzei] non ci stacchiamo mai già nella vita di tutti giorni. Avevo e ho un gran bisogno di lei. È il mio angelo custode, la persona che amo più di tutte al mondo. [Con i miei figli] cercavo di fare quello sano, ma più di tanto non ce l’ho fatta…»”.
E proprio un’esperienza tanto traumatica gli ha fatto capire quali siano le cose più importanti della vita.
“L’amore generato da un figlio, da una famiglia, da una compagna non lo percepisci davvero fino a quando non ti trovi sul baratro. Ho capito che non dobbiamo trattenere i sentimenti ma dare e dire quello che si ha dentro sempre, non solo nelle difficoltà . L’amore che dai torna: quello arrivatomi da ogni parte del mondo e da tanta gente sconosciuta mi ha commosso. Altro che vincere un Mondiale…”
Del resto, nonostante ora il pluricampione sia sereno, l’incidente del 9 giugno è stato piuttosto grave.
“Il primario della rianimazione, Claudio Ajmone Cat, mi ha spiegato la gravità del trauma e mi ha detto che con questo tipo di trauma toracico maggiore sopravvive solo il 20 per cento dei pazienti. Lì, lo confesso, me la sono fatta addosso dalla paura”
(da “il Secolo XIX”)
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Giugno 29th, 2017 Riccardo Fucile
RITIRATE LE FORZE SPECIALI, PERSI TRE MESI PER UNA ESIBIZIONE MUSCOLARE QUANDO SERVIVA UNA ATTIVITA’ INVESTIGATIVA
La sera dell’8 aprile l’avevano già “preso”. Poi i titolisti dei giornali locali avevano dovuto correggere il tiro: Igor Vaclavic, il killer ricercato per l’omicidio di Budrio, non era stato ancora catturato dopo aver ucciso ancora.
“È braccato, lo stiamo prendendo”, facevano sapere gli investigatori.
E braccato, l’uomo che dicevano essere un reduce delle famigerate truppe siberiane, lo è stato davvero. Per prenderlo, invece, bisognerà aspettare ancora, visto che nel frattempo Igor è scomparso: svanito, evaporato, praticamente un fantasma.
Sarà per questo motivo che a tre mesi da quel mancato arresto, nessuno cerca più Igor. O meglio: nessuno lo cerca più nei modi e nei luoghi in cui è stato braccato per settimane.
L’imponente caccia all’uomo andata in scena tra aprile e giugno è sospesa: Igor non c’è e gli investigatori hanno dovuto cambiare tattica.
È la cosiddetta fase due, come l’ha definita il Resto del Carlino: il numero degli uomini dei reparti speciali utilizzati nella zona rossa tra Molinella e Argenta è stato drasticamente ridotto, il fascicolo sul killer è diventato di competenza dei reparti investigativi.
“La caccia al latitante resta priorità del ministero“, si limitano a dire dal Viminale, confermando quindi che Igor non è più solo un ricercato ma ha acquisito lo status di latitante: da “criminale di serie C“, come l’avevano definito gli inquirenti, al gotha ristretto di cui fa parte Matteo Messina Denaro.
Resta da capire come abbia fatto a sfuggire a ottocento tra poliziotti e carabinieri che lo hanno braccato per settimane, notte e giorno, armati fino ai denti e con ogni mezzo di ricerca, in quei quaranta chilometri quadrati di boscaglia e corsi d’acqua tra le oasi di Campotto e Marmorta.
Lo avevano ribattezzato Igor il russo ma non è russo, non ha un passato da militare in Siberia e non si chiama nemmeno Igor: il suo vero nome è Norbert Feher ed è un serbo di 36 anni nato a Subotica, arrivato in Italia nel 2005 ed espulso due volte, senza però mai lasciare il nostro Paese.
Questo, però, la sera dell’8 aprile, non si poteva sapere. Si sarebbe capito soltanto qualche giorno dopo quando nel Ferrarese sarebbero arrivate le teste di cuoio, gli addestratissimi cacciatori di latitanti, armati fino ai denti.
Lì, tra boschi e acquitrini, lo Stato aveva inviato il meglio delle sue truppe per prendere quel pericoloso assassino capace di ammazzare a sangue freddo due persone in pochi giorni: il 2 aprile a Riccardina di Budrio aveva abbattuto il barista Davide Fabbri con una pistola presa a una guardia giurata.
Sei giorni dopo era toccato a Valerio Verri, una guardia volontaria, che lo aveva intercettato a un posto di blocco tra Marmorta e Molinella, in provincia di Bologna. Era stata quella l’ultima apparizione del killer serbo: da quel momento in poi la zona si era trasformata nella scenografia della più imponente caccia all’uomo degli ultimi anni.
Tra i boschi senza sentieri erano arrivati infatti i reparti speciali dei cacciatori di Calabria e di Sardegna, investigatori con anni d’esperienza nella ricerca di boss mafiosi nei bunker della ‘ndrangheta sull’Aspromonte.
Droni, visori termici a infrarossi, cani molecolari: in quel cerchio rosso dove era stato localizzato, gli investigatori hanno provato di tutto.
Anche le qualità di Gandolf e Druido, due bloodhound, cani molecolari certificati dall’Fbi: hanno confermato il punto esatto dove — tra sterpaglie e immondizia — Igor aveva dormito nei giorni di Pasqua. Poi poco altro.
“In questi anni passati tra i canali forse ha preparato decine di rifugi: al novanta per cento Igor è ancora qui”, diceva il pm di Bologna, Marco Forte.
“Igor era in vantaggio di due giorni. Ora gli siamo dietro di ventiquattro ore. Appena sbaglia lo prendiamo”, assicurava un altro investigatore il 29 aprile.
“Abbiamo le prove e le tracce della presenza del ricercato ancora in zona, tracce recenti”, spiegava invece il capitano Stefano Biasone, ufficiale dei Parà del Tuscania, altro addestratissimo reparto dei carabinieri spedito nella Bassa alle costole di Igor. “Se non lo prendono loro non lo prende più nessuno”, dicevano i militari.
Oggi gli abitanti della zona sperano che non sia davvero così.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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