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ECCO, CI MANCAVA UN’ALTRA ESIBIZIONISTA: L’ASSESSORA EX AN CHE ORGANIZZA IL PARTY IN MASCHERA ALLA “SPIAGGIA FASCISTA” DI CHIOGGIA

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

UN SUGGERIMENTO: NON HA BISOGNO DELLA MASCHERA, E’ GIA’ RIDICOLA DI SUO… CONTINUA LA FARSA DEI FASCI DA AVANSPETTACOLO: SE IL DUCE FOSSE VIVO SAREBBERO GIA’ AI LAVORI SOCIALMENTE UTILI

Il clima alla spiaggia Punta Canna di Sottomarina, il lido fascista gestito da Gianni Scarpa, continua ad arroventarsi.
Il gestore dello stabilimento balneare è indagato per apologia di fascismo. La denuncia era arrivata dopo l’ispezione della Digos a Playa Punta Canna alla quale aveva fatto seguito l’ordinanza del prefetto di Venezia “per l’immediata rimozione di ogni riferimento al fascismo contenuto in cartelli, manifesti e scritte”.
Ma Gianni non è da solo: al suo fianco si è schierata l’assessora Elena Donazzan che è pronta a immolarsi per la causa della libertà  (di aver ridotto il fascismo ad avanspettacolo)
In difesa di Scarpa si era schierata nei giorni scorsi anche l’assessora all’istruzione, alla formazione e al lavoro e pari opportunità  del Veneto Elena Donazzan. L’assessora, della quale ricordiamo le divertentissime battaglie contro il gender e soprattutto quella contro i “magrebini di merda”, nei giorni scorsi aveva stigmatizzato l’intervento del prefetto definendolo “liberticida”.
La Donazzan si chiedeva se il prefetto non avesse ordinanze più serie cui apporre la sua autorevole firma. Ad esempio “contro l’accattonaggio degli zingari“.
Ovviamente la Donazzan preferisce usare il termine dispregiativo e razzista “zingari” invece che “nomadi”.
C’è da chiedersi se in quanto assessora all’istruzione la Donazzan non abbia cose più serie di cui occuparsi.
Perchè — riferisce il Gazzettino — ha deciso di organizzare una festa in maschera a tema “anni Trenta” proprio al lido fascista.
La Donazzan ha già  annunciato che sta pensando di vestirsi da Margherita Sarfatti, scrittrice e giornalista veneziana di origine ebraica, nonchè amante di Benito Mussolini (e sua biografa).
L’assessora alle pari opportunità , ben felice di vestire i panni della concubina del Duce, fa sapere che mancano solo gli ultimi dettagli «devo concordare con Gianni gli ultimi dettagli, poi sono proprio curiosa di vedere cosa si inventerà  il Prefetto».
Probabilmente chiamera’ un’ambulanza per il ricovero a psichiatria.
Varrebbe la pena ricorda che l’assessora è un pubblico ufficiale e che è tenuta a rispettare le leggi dello Stato italiano.

(da agenzie)

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“MA I CINQUESTELLE SONO CONNIVENTI O CORROTTI?”: LA RAGGI CHIEDE SOLDI PER ROMA DOPO CHE AVEVA DETTO CHE LI AVREBBERO RECUPERATI TAGLIANDO GLI SPRECHI

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

MATTIA FELTRI SULLA STAMPA RICORDA LE PROMESSE DEL M5S IN CAMPAGNA ELETTORALE

Sulla Stampa di oggi Mattia Feltri tira fuori una bella provocazione — di cui avevamo parlato qui — riguardo la richiesta di Virginia Raggi al governo di avere i poteri speciali per Roma e 1,8 miliardi l’anno per un totale di 7,2 miliardi, per ora respinta dall’esecutivo.
Niente? Peccato. Perchè, per fare un piccolo esempio, servono cinquanta milioni per le buche e senza toccherà  tenersele, quelle attuali e le prossime. Almeno così ha detto il sindaco. Che pure aveva delle bellissime idee. Ricordate? Gli sprechi, i tagli, la buona gestione. Nel 2015, quando sindaco era Ignazio Marino, i cinque stelle avevano presieduto una commissione speciale e spulcia qui, spulcia là , recupera l’Imu, adegua gli affitti, chiedi i tributi al Vaticano, rivedi le concessioni balneari, sistema gli introiti dalle associazioni sportive, fai pagare per i tavolini dei bar, e insomma bastavano questi risparmiucci per recuperare un miliardo all’anno. Solo coi risparmiucci. Poi tutto il resto.
E perchè Marino e i suoi predecessori non lo facevano?
«Nel migliore dei casi sono conniventi, nel peggiore corrotti».Dopo, dicevano i cinque stelle, si finisce col pretendere «l’immancabile finanziamento salva-Roma». Facile no?
Però, porca miseria, dei risparmiucci non si è saputo più nulla, e invece si è saputo dell’immancabile richiesta di finanziamento salva-Roma. Rimane una domanda: conniventi o corrotti?
Anche se Mattia Feltri non lo nomina, l’uomo che pronunciò la famosa frase “conniventi o corrotti?” è Daniele Frongia, il capo di gabinetto poi vicesindaco e oggi assessore allo sport per libera decisione di Beppe Grillo.
Quando ancora era un semplice candidato e presentando il suo libro “E io pago” alla Camera, sostenne nel febbraio di un anno fa in un’intervista a Roma Today: “Abbiamo individuato 1,2 miliardi di euro di sprechi. Se il Movimento cinque stelle venisse eletto alle prossime elezioni, nel giro di un anno potrebbero essere reinvestiti per la città , come asili, trasporti e manutenzione stradale”.
E non fu l’unico. Che dire infatti dell’ottimo Luigi Di Maio che prometteva l’8 ottobre 2015 “un miliardo di euro da investire in servizi al cittadino”, che però finora nell’ottima gestione romana non si sono ancora visti?
Una promessa che lo stesso Di Maio reiterava il 4 febbraio 2016, quando parlava di un miliardo di sprechi (che evidentemente i 5 Stelle erano pronti a recuperare).
Insomma, sembra proprio che l’ottima amministrazione Raggi abbia notato che ci sono differenze apprezzabili tra le fregnacce inventate in campagna elettorale giuste istanze dell’opposizione in Campidoglio e la realtà , quella realtà  che come al solito scombina i piani dei sognatori.
Di certo c’è solo una cosa: nessuno ha la sfera magica, ma di bugie elettorali tutti ne abbiamo le palle piene.

(da “NextQuotidiano”)

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GIUNTA TOTI NEI GUAI: VINCE IL CONCORSO PER ADDETTO STAMPA AL SAN MARTINO UN AMICO DELLA PORTAVOCE DEL GOVERNATORE DELLA LIGURIA

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

UN ALTRO CANDIDATO NEPPURE   AVVERTITO CHE AVEVA PASSATO LA PRIMA PROVA, COSI’ IL CANDIDATO RESTA UNICO

Il concorso per addetto stampa del San Martino vinto dall’unico candidato presentatosi alla selezione, potrebbe avere pesanti ripercussioni per l’area comunicazione del presidente della Regione Giovanni Toti.
In un comunicato il gruppo della Regione del M5s evidenzia come Pietro Pisano il giornalista vincitore in solitaria del bando è stato in passato collaboratore di Enrico Nicolini, ex stella della Sampdoria nonchè padre di Jessica Nicolini, la ex portavoce di Toti e oggi, dopo aver vinto un concorso, capo ufficio stampa della Regione Liguria.
Tutto ciò mentre sono decine i giornalisti precari e disoccupati che alle redazioni dei giornali ieri hanno espresso amarezza e rabbia per aver scoperto che il concorso che attendevano con ansia (molti di loro avevano partecipato alle selezioni di inizio anno per ricoprire l’incarico temporaneamente per due mesi: il prescelto era stato Pisano, poi vincitore della gara) era già  stato bandito, concluso e il posto da 44 mila euro netti annui già  assegnato.
L’Associazione Ligure dei Giornalisti, il sindacato di categoria, ha scritto alla Regione criticando le procedure “opache e il concorso per pochi intimi”.
L’unico altro giornalista italiano che per caso aveva scoperto l’esistenza della selezione, un free lance calabrese potrebbe presto presentare ricorso al Tar visto che nessuno lo aveva avvisato che la sua domanda era stata accolta e così non si era presentato al colloquio.
Vincitore del bando, il 26 maggio scorso, è stato Pietro Pisano.
Lo stesso Pisano che, in un recente passato, ha ricoperto la funzione di responsabile della comunicazione del Verona Calcio, squadra di cui era allora direttore tecnico Enrico Nicolini, padre di Jessica Nicolini, attuale capo redattore dell’Agenzia Regione Liguria News e numero uno della comunicazione, istituzionale e non solo, di Toti.
Coincidenze che rafforzano il timore che potremmo trovarci di fronte a una situazione poco chiara e su cui va fatta assolutamente chiarezza, per sgombrare ogni dubbio da possibili sospetti di favoritismo o, peggio, nepotismo, all’interno delle istituzioni regionali.

(da “La Repubblica”)

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“SE PULITE LE STRADE, PRANZO GRATIS PER TUTTI”: MENTRE BUCCI DORME, I RISTORATORI DI GENOVA PENSANO A COME PULIRE LA CITTA’

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

IL PROGETTO COINVOLGEREBBE 200 PROFUGHI… HANNO GIA’ ADERITO   TRENTA ESERCIZI COMMERCIALI E L’IDEA SPOPOLA IN RETE

“Il tavolo è già  pronto per essere apparecchiato. Un posto in più e un pranzo gratuito per i migranti che lavoreranno per tenere pulito il centro storico.
La proposta arriva dai ristoratori, pronti a offrire i loro piatti, a chi contribuirà  a strappare le erbacce a bordo strada, ridipingere le panchine e cancellare le scritte sui muri.
Una nuova alleanza che parte dall’idea di Damian Ranasinghe, titolare del ristorante Soho a pochi passi dal Porto Antico, che in poche ore ha già  raccolto l’adesione di una trentina di colleghi.
In ballo un progetto che potrebbe coinvolgere circa 200 migranti da impiegare proprio nel centro storico con lavori socialmente utili.
«Siamo tutti dalla stessa parte – racconta il ristoratore – Per chi ci aiuterà  a tenere pulito il centro storico e riqualificarlo la porta sarà  sempre aperta. È un piccolo gesto per ringraziare i ragazzi e per rilanciare la nostra categoria che spesso viene associata solo al mugugno e ai luoghi comuni».
Un’iniziativa che ha preso piede soprattutto in rete.
Ieri mattina Damian Ranasinghe ha pubblicato su Facebook un post diretto a Marco Bucci. “Caro sindaco, sono disposto a offrire io il pasto a tutti quelli che puliranno la zona dove noi abbiamo le attività  commerciali. (Zona piazza Fossatello e via al ponte Calvi). Facciamo parlare di noi per queste attività  invece della “torta di riso” taggando i colleghi e chiedendo il loro supporto.
Tanti i ristoratori che hanno già  risposto, dai fratelli di Maio di Don Cola ad Andrea Scala, titolare di un locale a Porta Soprana che rilancia: “Caro sindaco, sono deluso di avere così tanta spazzatura vicino al locale, che puzza da morire e manda via i clienti – scrive su Facebook –   Sfido chiunque a starci vicino. Pensi un po’ mangiare a pochi metri i nostri piatti”.
E risponde all’appello anche Alessandro Cavo, presidente Fepag Genova. «Stiamo valutando di aderire alla proposta del pranzo gratis come associazione – spiega – Io sono già  pronto a partecipare. È un modo per migliorare il sistema dell’accoglienza, chi ama Genova e si dà  da fare per rendere più accogliente il centro storico più grande d’Europa è sempre bene accolto, questa ne è la dimostrazione. E da queste parti il lavoro non manca di certo, c’è ancora molto da fare”.
I ristoratori segnalano da una parte la mancanza di chiarezza sulle regole comportamentali, dai rifiuti abbandonati per strada   alla mancanza di bidoni dei rifiuti a bordo strada. “Dall’altra servono sanzioni per chi le regole non le rispetta – conclude Cavo – Il meccanismo è semplice ed efficace. Basta applicarlo”.

(da “il Secolo XIX”)

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BUCCI VENDITORE DI FUMO: “GENOVA IDEALE PER AZIENDE CHE VOGLIONO GUADAGNARE, IL COSTO DEL LAVORO E’ PIU’ BASSO CHE ALTROVE”

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

MA IL DATO SI RIFERISCE ALLA RETRIBUZIONE MEDIA DEI LAVORATORI DIPENDENTI, SENZA DISTINGUERE TRA I DIVERSI TIPI DI LAVORO… METTERE INSIEME OPERAI E MACELLAI, INGEGNERI E DOCENTI E FARE UNA MEDIA NON HA ALCUN VALORE: I CONTRATTI NAZIONALI RENDONO I COSTI DI GENOVA PARI A QUELLI DELLE ALTRE CITTA’

Genova è il posto ideale per investire, «per un’azienda che vuole guadagnare, e guadagnare bene». Perchè il costo del lavoro è più basso che altrove in Italia, dice il sindaco Marco Bucci, ma non solo. «Ci sono tutti gli elementi per attirare investimenti ma siamo straordinari nel non farlo sapere in giro».
Bucci lancia la sfida durante la cerimonia dell’Indipendence day, davanti alla piccola comunità  americana stretta attorno al Console Generale degli Stati Uniti per il Nord Italia, Philip T. Reeker: invitato a chiarire i motivi per investire su Genova, Bucci inanella tre punti.
«Perchè il costo del lavoro è più basso che altrove, inferiore del 10% rispetto Milano, del 30% rispetto alla Francia e molto di più rispetto all’America – dice – e perchè ci sono straordinarie professionalità , che vengono anche dalla tradizione industriale, e una qualità  della vita decisamente alta».
L’analisi di Bucci parte dal costo del lavoro: Genova non è la Cina, i contratti di categoria sono nazionali.
Possibile che produrre ai piedi della Lanterna sia una garanzia di risparmio? E soprattutto: se è così, è un dato positivo che i genovesi guadagnino meno, e non poco, di chi svolge gli stessi lavori altrove?
«Le risultanze di un’indagine che abbiamo svolto a fine 2016   – dice Guido Conforti , responsabile del Centro Studi di Confindustria – si basano sulle retribuzioni ed è relativo al complesso dell’occupazione e non a casi specifici, come può essere la retribuzione media di un ingegnere o di un manager».
Tradotto: il confronto della retribuzione lorda per i lavoratori dipendenti di sette grandi città  dice che un ipotetico signor Parodi guadagna mediamente 28.950 euro e spiccioli all’anno, un piemontese ne guadagna mediamente 900 in più e il milanese evocato da Bucci avrà  in busta paga, a fine dicembre, 3.500 euro più del genovese. Questo dato però non distingue affatto la tipologia di lavoro e mette insieme il macellaio e l’ingegnere, il professore di liceo e l’astrofisico.
Insomma non è per nulla attendibile sostenere che a parità  di medesimo lavoro a Genova si guadagni di meno, semplicemente in altre città  ci sono occupazioni più remurative che a Genova.

(da “il Secolo XIX”)

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“AVANTI” A DESTRA: IL LIBRO DI RENZI E IL COAGULARSI DI UN’AGENDA CONSERVATRICE

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

RENZI VUOL CONVINCERE L’ELETTORE CHE UNA COSA DI DESTRA REAZIONARIA IN REALTA’ E’ DI SINISTRA

L’insistente campagna di presentazione dell’ultimo libro di Matteo Renzi, “Avanti”, diventata la più recente delle armi di distrazione di massa, sta oscurando – ancora una volta – la maggiore novità  in corso nella politica italiana: il coagularsi di un’agenda politica di destra, diventata centrale nel dibattito del paese.
Questo spostamento a destra è già  stato segnalato parzialmente dalle elezioni amministrative, ma è ben più sostanziale di quanto le stesse urne locali abbiano già  indicato.
Stiamo parlando infatti del formarsi di un nucleo coerente di idee su una molteplicità  di temi, piuttosto che di un semplice partito.
Stiamo parlando di argomenti intorno ai quali si innerva un consenso trasversale, che va al di là  delle formazioni politiche costituite. Consenso che sta influenzando e trascinandosi dietro, come d’altronde dimostra anche l’ultimo libro di Renzi, il posizionamento stesso del Pd.
Sui singoli temi il fenomeno è evidente.
Sull’immigrazione, con l’azione di Minniti — che, paradossalmente, punisce soprattutto le Ong – e le dichiarazioni contenute in “Avanti”, in cui si parla di “aiutare i migranti a casa loro”, il centrosinistra si sposta su un terreno tradizionalmente leghista, adottato in seguito anche dal Movimento 5 Stelle.
Si capisce che si tratti di una manovra per portare la competizione del Pd su temi molto popolari, ma per quanti distinguo possano essere avanzati, la decisione di scegliere una linea del genere finisce per indicare una volontà  di aprirsi a posizioni trasversali, che travalichino il semplice bacino dell’elettorato di partito, di destra o di sinistra che sia.
Un esempio perfetto di come, quasi senza accorgersene, farsi condizionare da un’agenda conservatrice. E dunque spostare come riflesso quasi involontario la propria.
Un altro tema che ha preso lentamente a scivolare verso destra è il rapporto con l’Europa. Mentre il governo continua a mantenere una parvenza di rispetto nei confronti delle regole europee, nel suo ultimo libro Renzi guida la rivolta contro quegli stessi criteri che il governo dice di voler difendere.
Facendone una battaglia politica pubblica e stentorea — fino ad arrivare all’ormai nota proposta di mantenere il rapporto tra deficit e Pil al 2,9% – e renderla un pezzo importante della futura piattaforma elettorale.
Il terzo indizio è la gestione della crisi bancaria.
Su questo versante il governo ha fatto quello che l’Unione ha chiesto. Ma il modo in cui il processo è stato gestito — a partire da Banca Etruria e il giglio magico – ha alimentato la sensazione popolare, sempre più vasta, che gli interventi di salvataggio siano in fondo serviti soltanto a chi le banche le aveva o le dirigeva.
Senza minimamente sanzionare o punire chi colpa ha avuto in quei fallimenti. In questo caso la piattaforma del Pd ha seguito quella del governo.
Col risultato finale di spostare l’elettorato democratico a favore di un tipico risentimento dei conservatori.
Inoltre, un esempio piccolo, ma rilevante, nella formazione dell’opinione pubblica: la questione Rai. Il taglio dei compensi può essere discusso come giusto o sbagliato. In astratto è una questione interessante; ed è persino giusto sostenere che chi è bravo valga di più.
Nel caso specifico, tuttavia, è difficile non vedere come la proposta di portare tutti gli stipendi a equa misura sia, per un’azienda pubblica, una proposta politica.
È la richiesta di una sorta di patrimoniale, fatta per rispondere alla reazione dei cittadini che, dopo essersi visti obbligati a pagare il canone attraverso la bolletta elettrica, oggi più che mai chiedono alla Rai un comportamento adeguato ai tempi.
E i tempi sono quelli di una patrimoniale vera che la crisi ha imposto alla vita di tutti. Che il centrosinistra e il Pd, responsabili del governo del paese, abbiano prima fatto una legge, e poi si siano presi la responsabilità  di concederne l’aggiramento, chiaramente aumenta il senso di distacco e disprezzo che la politica ha per la voce dei cittadini. E anche questo scontento è un malumore che classicamente è l’humus naturale delle campagne di destra.
Come si vede non stiamo parlando della creazione di nuovi partiti o coalizioni populiste o sovraniste.
Siamo piuttosto in presenza di scelte politiche che portano a un’unificazione dell’elettorato – al di là  degli schemi ideologici – intorno a piattaforme di ispirazione conservatrice.
L’effetto di questa fluttuazione dell’opinione pubblica si è già  avvertito dentro il sistema dei partiti. Il caso più clamoroso è il comportamento iper-opportunistico del M5S, che, intuendo questo magmatico ribollire dell’elettorato, ha accentuato la propria caratteristica “a-ideologica” a favore di scelte estremamente pragmatiche.
Alcune di queste lo sono così tanto da poter essere definite chiaramente come ciniche. La posizione assunta sulla difesa della libertà  di espressione a proposito del fascismo è semplicemente inaccettabile da qualunque punto di vista in un paese con la storia dell’Italia.
Il pericolo che i 5 Stelle corrono su questa strada è quello di diventare una pura frantumazione di idee, un variegato collage di diversi colori ideologici, una forma pulviscolare che non darà  mai stabilità  al paese che la sceglie.
Nel centrodestra sembra avere intuito molto bene questa dinamica di flussi Silvio Berlusconi. Che da abilissimo panettiere della politica italiana sa lavorare come nessun altro su due forni. Entrambi sono in riscaldamento.
Quello con Matteo Renzi, con cui dialoga di grandi intese, e quello con Matteo Salvini, con cui parla di coalizioni. Ci sono pochi dubbi che alla fine, a voto contato, Silvio sceglierà  per chi lo farà  vincere. Un altro comportamento opportunistico.
Chi pare restare fuori dalla decodificazione di quel che sta succedendo sotto i suoi occhi sembra essere proprio il partito che più è in difficoltà  nella gestione di questi flussi.
Il Pd di Renzi guarda oggi a destra, sia pur con un mucchio di distinguo che dovrebbero far capire all’elettore che una cosa di destra in realtà  è di sinistra.
La spericolatezza con la quale attualmente il Pd viaggia su questo filo del rasoio fa pensare a un’enorme incoscienza.
Soprattutto fa capire a chi lo osserva che al cuore di questo errore c’è un’assoluta inconsapevolezza: la convinzione di essere ancora al centro delle dinamiche del paese, la convinzione, cioè, di essere ancora chi dà  le carte.
Mentre invece il futuro si sta già  costruendo altrove.

(da “Huffingtonpost”)

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COSA HA CAPITO LO SCIACALLO DI MAIO DI TRITON: NULLA, COME AL SOLITO

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

FORSE IL FUORICORSO NON CONOSCE BENE L’INGLESE, ALTRIMENTI SAPREBBE CHE LA PROCEDURA SUGLI SBARCHI APPLICATA DA FRONTEX SI APPLICA ANCHE IN ALTRI PAESI, COME SPAGNA E GRECIA

Booom! Così titola il MoVimento 5 Stelle mentre annuncia che Luigi Di Maio ha le prove che Renzi ha svenduto l’Italia per il bonus da 80 euro.
In che modo? Secondo il vice presidente della Camera — che ieri è volato a Bruxelles per assistere all’audizione del direttore di Frontex Fabrice Leggeri — l’ex Premier avrebbe consentito lo sbarco dei migranti in Italia in cambio della possibilità  di concedere il bonus Irpef. Per Di Maio l’accordo firmato dal governo con Frontex è addirittura alto tradimento.
Quali sarebbero le prove di questa balla del fuoricorso? Ovviamente nessuna, perchè queste prove non sono emerse durante l’audizione di ieri.
E’ solo stato confermato quello che tutti sanno fin dall’inizio, ovvero che Triton prevede che tutti i migranti salvati dagli assetti che partecipano alla missione (sono esclusi quindi sia i vascelli delle ONG che quelli della Marina che non fanno parte di Triton) vengano trasferiti nei porti italiani.
Stiamo parlando dell’accordo stabilito nell’allegato 3 del piano operativo di Frontex, quello secondo il quale i migranti salvati in mare da Frontex dovevano essere sbarcati in Italia.
Di Maio intanto confonde le imbarcazioni che salvano i migranti con quelle che partecipano a Triton. Lui pensa che tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterrano centrale siano quelle di Triton. Ma non è così.
La missione di Frontex non è — contrariamente a Mare Nostrum — una missione di ricerca e soccorso in mare. Certo, anche le imbarcazioni di Triton hanno effettuato salvataggi in mare ma è bene ricordare che le navi delle ONG non partecipano a Triton. E che la maggior parte dei salvataggi in mare non è eseguita da imbarcazioni poste sotto il controllo di Frontex.
Di Maio si lamenta che “oltre 180 mila migranti sono sbarcati in Italia” mentre “solo 8.000 sono sbarcati in Spagna”. Insomma l’Italia starebbe subendo ingiustamente i soprusi di Frontex e dell’Europa mentre altri paesi — come la Spagna — se la cavano con poco
Ma il motivo è che le operazioni di Frontex guidate dalla Spagna (Minerva, Indalo ed Hera) sono su rotte migratorie meno battute.
Questo se non altro conferma che Frontex opera allo stesso modo ovunque, ovvero i migranti salvati nell’ambito delle singole operazioni vengono trasferiti nei porti dei vari “host country”.
Ad esempio quelli salvati dall’operazione Poseidon Sea vengono trasferiti in Grecia. Lo si può leggere negli allegati del piano operativo dell’operazione che pubblichiamo nella pagina FB.
Si tratta quindi di una procedura operativa standard di Frontex.
Frontex precisa tra l’altro che in base al principio di non-respingimento le persone tratte in salvo non possono essere sbarcate in un paese dove la loro vita sarebbe a rischio.
Questo avviene in accordo con la Convenzione di Amburgo che sancisce che le persone soccorse in mare debbano essere trasferite verso il porto sicuro più vicino. Non è quindi vero — come dice Di Maio — che “gli altri paesi hanno chiuso i porti” ma è la posizione geografica dell’Italia rispetto a quei flussi migratori a dare luogo a questa situazione. E non si può certo dire che sia colpa di Renzi
Dov’erano i 5 Stelle quando l’Italia chiudeva Mare Nostrum e Frontex dava il via a Triton?
Vi ricordate cosa diceva il MoVimento 5 Stelle quando è entrato in Parlamento?
La loro idea era di aprirlo “come una scatoletta di tonno”. Sorprende quindi che si accorgano solo ora, a tre anni dall’avvio di Triton, del contenuto degli accordi.
Non erano stati eletti per vigilare sull’operato delle istituzioni? Che fine ha fatto l’operazione “fiato sul collo” della quale vanno tanto orgogliosi?
I 5 Stelle si sono mossi solo ora dopo le dichiarazioni di Emma Bonino della settimana scorsa. Ci sarebbe da chiedersi cosa hanno fatto in questi tre anni a parte perdere tempo dietro le fantasiose ipotesi del procuratore Zuccaro sui rapporti di connivenza tra Ong e scafisti.
Un altro aspetto della vicenda che i pentastellati danno per certo ma che è stato completamente smentito.
Ma c’è di più. Sul Blog di Grillo c’è un post a firma del M5S Camera datato ottobre 2014 nel quale si attacca l’operazione Mare Nostrum definendola “Affare Nostrum”. Ora Di Maio propone di chiudere Triton e minaccia di gestire i rimpatri e l’accoglienza “prendendo i soldi da quel budget che diamo ogni anno all’Unione Europea”.
I 5 Stelle dimenticano però che non sono tanto gli sbarchi a rappresentare il problema quanto la mancanza del rispetto delle quote di ripartizione dei migranti.
Ed è un vero peccato che al Parlamento europeo il M5S faccia parte del gruppo parlamentare assieme all’UKIP di Nigel Farage, fieramente contrario all’arrivo di migranti (pure quelli intraeuropei). Indovinate qual è l’unico paese europeo esentato dalla ripartizione? Il Regno Unito.

(da “NextQuotidiano”)

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LA CALURA ESTIVA PORTA LA POLEMICA SUL BALCONE DI PIAZZA VENEZIA: FORZA ITALIA VUOLE RIAPRIRLO, PER IL POLO MUSEALE HA PROBLEMI STATICI

Luglio 13th, 2017 Riccardo Fucile

PER GIRO (FI) “E’ UN LUOGO CHE FA PARTE DELL’IDENTITA’ DEL PAESE”… SONO I FASCI DA BAGAGLINO, SOLO ESTERIORITA’, NESSUNO CHE RICORDI LE LEGGI SOCIALI A TUTELA DEI LAVORATORI CHE FECE L’ITALIA AVANGUARDIA NEL MONDO…E SONO GLI STESSI CHE POI VOTANO PER ABOLIRE L’ART. 18

La polemica sul reato di propaganda del regime fascista, esplosa dopo la presentazione della proposta di legge in Parlamento da parte del Pd, arriva fino al balcone del Duce che si affaccia su piazza Venezia a Roma.
È Il Tempo a ricostruire la vicenda, spiegando che “nonostante le ampie stanze di Palazzo Venezia siano state restaurate e riaperte al pubblico”, il piccolo ballatoio da dove Benito Mussolini arringava le folle è rimasto chiuso.
Scrive Il Tempo:
“Dal polo museale di Palazzo Venezia fanno sapere che ‘il balcone non è fruibile solo per problemi statici. Viene aperto solo per il cambio delle bandiere e per interventi di pulizia e manutenzione”. Non sarebbe dunque nei piani della dirigenza vietare alcuni spazi del palazzo, tantomeno cancellare o modificare gli interventi fatti in epoca fascista”
A chiedere la riapertura al pubblico del balcone è Forza Italia.
L’ex sottosegretario ai Beni culturali, Francesco Giro, spiega: “Non è vero che ci sono problemi di staticità , perchè fu completamente restaurato quando ero ai Beni culturali e fui proprio io, al termine dei lavori, a proporre la riapertura al pubblico. Purtroppo il pregiudizio è prevalso sulla volontà  del povero sottosegretario”.
Giro rilancia la proposta e sottolinea: “Non è apologia del fascismo, ma un luogo che racchiude un momento storico rilevante che non va abbattuto perchè fa parte dell’identità  di questo Paese”.
Di questa sterile polemica non se ne sentiva la mancanza, rientrando ormai in quell’atteggiamento da “Bagaglino” che, per evidente carenza culturale, tende a rivalutare solo alcune forme esteriori del fascismo, ben guardandosi dall’approfondire l’analisi storica e le radici sociali.
Nessuno che ricordi, tanto per fare un esempio, le numerose leggi a tutela dei lavoratori che caratterizzarono i primi passi del fascismo, divenute punti di riferimento per tutto il mondo occidentale, e modello da copiare per tante democrazie a parole.
Fa sorridere che qualcuno, per mero interesse di bottega, si preoccupi oggi del balcone del duce e dimentichi le riforme sociali, giuridiche e urbanistiche attuate da Mussolini.
Soprattutto quando poi sono gli stessi che oggi votano per l’abolizione dell’art 18 e dei diritti dei lavoratori.
Facile fare un saluto romano, difficile nella vita essere coerenti.
Continuate così che non andrete lontano…

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