Destra di Popolo.net

MARONI: “SALVINI FACCIA MENO PROCLAMI E SI DIMETTA DA SEGRETARIO DELLA LEGA”

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

“FARE IL MINISTRO DEGLI INTERNI RICHIEDE ESTREMA RISERVATEZZA, RAPPRESENTA LA SICUREZZA NAZIONALE, VUOL DIRE STARE IN UFFICIO DALLE 9 ALLE 21, ALTRO CHE CHIACCHIERE”

Nel giorno in cui il neoministro dell’Interno, Matteo Salvini, è a Pozzallo, in Sicilia, luogo simbolo degli sbarchi, l’ex titolare del Viminale, Marco Minniti, avverte sui rischi legati a uno stravolgimento del lavoro messo in campo negli ultimi anni, e il governatore leghista della Lombardia, Roberto Maroni, avverte il leader del Carroccio: “Prudenza prima di dire che si rimandano a casa 100mila migranti”.
Fa sentire la sua voce anche la Chiesa con il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che in un’intervista a Qn dichiara: “L’Italia non esca dall’Unione europea e i flussi migratori non siano ridotti a “una mera questione di polizia”.
“Non si può pensare di risolvere i flussi migratori riducendoli ad una mera questione di polizia o addirittura di spesa pubblica. C’è molto di più”, ha aggiunto Bassetti.
C’è in gioco, prima di tutto, la salvaguardia della dignità  umana che è sempre incalpestabile e inalienabili”
“L’Italia ha sempre coltivato il dialogo tra Est e Ovest, ma non è mai stata un Paese dell’Est al confine con l’Ovest. Non possiamo diventare un’Ungheria al centro del Mediterraneo”, afferma Minniti in una lunga intervista al Corriere della Sera in cui chiede a Salvini, di non distruggere l’attuale modello anti-terrorismo e anti-sbarchi.Quanto ai rimpatri di massa, l’ex ministro dell’Interno è perentorio: “Furono un punto dirimente della campagna elettorale del centrodestra nel 2001. Finì con la più grande sanatoria della storia: circa 600 mila clandestini divennero regolari”.
Maroni, dal canto suo, in un’intervista a Repubblica, sottolinea:
“L’immigrazione è un tema complicato. Rimandare a casa i migranti non è così semplice. Devono essere rimandati nei Paesi di origine, non di provenienza. Con la Tunisia è facile, non con la Libia. Consiglierei prudenza, prima di dire ‘ne rimandiamo a casa 100mila”.
Chi siede al Viminale, osserva Maroni, “non deve fare grandi annunci e fare troppo il politico”, motivo per cui, spiega, al neo ministro “ho posto il problema dell’opportunità  di fare il ministro e, insieme, il segretario federale della Lega”, visto che stare alla guida dell’Interno “vuol dire stare in ufficio dalle 9 del mattino alle 21 di sera”.
E soprattutto visto che “quel rango richiede una riservatezza che altri ruoli non richiedono”, poichè il ministro dell’Interno “è il responsabile unico della sicurezza nazionale, non pu mettersi a fare proclami tutti i giorni, cosa che invece farà  Di Maio”.

(da “Huffingtonpost”)

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BANDERUOLE: IL LEGHISTA BAGNAI E L’USCITA DALL’EURO NON PIU’ NECESSARIA

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

IN UNA INTERVISTA IL SENATORE LEGHISTA, DOPO AVER SCRITTO DIVERSI LIBRI PERORANDO L’USCITA DALL’EURO, SI RIMANGIA TUTTO E SI BECCA GLI INSULTI DEI NO EURO: “PUSILLANIME ATTACCATO ALLA POLTRONA”

Sarà  un’intervista che farà  molto rumore nel fronte no euro quella che Alberto Bagnai ha rilasciato ad Atlantico, perchè il senatore della Lega autore di tanti libri in cui spiegava che l’uscita dell’euro era la condizione necessaria per riportare la crescita in Italia oggi afferma tutt’altro.
Nel colloquio con Atlantico.fr Bagnai dice che alla coalizione Lega-M5S è stata attribuita la volontà  di uscire dall’euro “anche se non era nei nostri programmi”.
Il senatore sostiene che nel programma della Lega si diceva di riesaminare i trattati europei, e non di uscire unilateralmente dalle euro.
Una posizione non speculare, si direbbe ad occhio, a quella del deputato leghista Claudio Borghi, il quale in più occasioni, sia prima che dopo la campagna elettorale, aveva dichiarato che rinegoziare Maastricht era un sinonimo per dire che si usciva dall’euro.
Bagnai dice che nel contratto con il M5S è stato chiesto di rimuovere la proposta e la Lega ha accettato, ma punta il dito sulle regole di bilancio, la cui irrazionalità  non è in discussione: “Quindi è chiaro che la nostra priorità  è la crescita nella misura in cui possiamo raggiungerla rispettando le regole ed europee e, se è possibile, applicandole”.
Ma la frase più importante è quella che Bagnai pronuncia rispondendo a una domanda su Paolo Savona: il professore ha abbastanza esperienza per negoziare condizioni migliori per l’Italia “e quindi per l’Europa”, perchè, spiega Bagnai, ciò che è necessario per l’Italia è la crescita economica: “L’uscita dall’euro, al momento, non è una necessità  anche se il sentimento antieuropeo è sempre più forte in Europa: è necessario invece aprire una riflessione urgente sulla sua tenuta, nell’interesse di tutti i paesi; “ma se la crescita riprende, non ci sarà  bisogno di nessun tipo di uscita“.
La presa di posizione, ritwittata da Bagnai senza il solito tripudio di followers no-euro, è stata oggetto di molte ironie su Twitter dove il dibattito tra le due posizioni è infinito e non alieno a spettacolari risse verbali: Alfonso Fuggetta, professore di informatica al Politecnico, pubblica la frase sull’uscita dall’euro al momento non più necessaria accompagnandola con un commento breve ma significativo: “Meglio che non dica niente. Ma spero che tanta gente legga e apra gli occhi“.
C’è poi chi dà  a Bagnai del pusillanime o chi lo definisce attaccato alla poltrona (di senatore).
Ma più che la (spiegabile, anche strategicamente) nuova posizione politica di Bagnai non può che far tornare in mente un video del gennaio scorso in cui Salvini in persona, presentando le candidature di Borghi e dello stesso Bagnai, diceva “Noi non abbiamo cambiato idea, continuiamo a pensare che l’euro sia un progetto fallito e se andremo al governo non escludiamo nessuna possibilità “.
Nel frattempo invece una, in particolare, è stata al momento esclusa.

(da “NextQuotidiano”)

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LE CAMPIONESSE DEI DIRITTI CIVILI CHE STRANAMENTE TACCIONO: BONGIORNO E LEZZI, MENTRE IMPAZZA FONTANA, VOI DOVE SIETE?

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

LA NEOLEGHISTA CHE SI BATTEVA CONTRO L’OMOFOBIA E LA GRILLINA CHE PARLAVA DI “MATRIMONIO EGUALITARIO” HANNO RINNEGATO IL PASSATO PER UNA POLTRONA?

Giulia Bongiorno è una donna di destra, la sua storia politica la vede passare dal Pdl a Futuro e Libertà  di Fini, dalla formazione centrista di Monti fino a questa inaspettate adesione alla Lega nel gennaio 2018 che l’ha portata in Senato.
Eppure Giulia Bongiorno sui temi etici, sui diritti civili si è sempre espressa con chiarezza. Intanto è mamma single di un bambino, è autrice di proposte di legge contro lo stalking e per l’introduzione dell’aggravante del femminicidio e del delitto di matrimonio mediante coercizione.
Favorevole alle unioni civili per le coppie omosessuali, si è rammaricata non poco quando il Parlamento ha bocciato per la terza volta la legge contro l’omofobia.
In quell’occasione disse: “Si registra ancora una volta l’arretratezza culturale dell’Italia e lo scollamento tra politica e società “.
Nel 2013 scriveva su Twitter:”Alle coppie gay non possono essere negati i benefici federali riconosciuti dal matrimonio. Sentenza USA contro le discriminazioni”
La domanda sorge spontanea: ministra Bongiorno come fa a sopportare le dichiarazioni del suo socio di partito e membro dell’esecutivo Lorenzo Fontana
Domanda da girare anche a un’altra ministra della Repubblica Barbara Lezzi, responsabile del dicastero del Sud, firmataria del Ddl numero 393, depositato in Senato il 5 aprile 2013 e recante “Modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso”.
Un testo in cui si parla addirittura di matrimonio egualitario e non di unioni civili”.
Ministra Lezzi, anche lei come fa a non indignarsi davanti all’omofobia di Fontana?
Aspettiamo risposte.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: Diritti civili | Commenta »

RIDICOLI: DI MAIO RIASSUME AL MINISTERO IL RENZIANO CHE CALENDA AVEVA CACCIATO

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

VITO COZZOLI, ESPRESSIONE DEL GIGLIO MAGICO, ENTRA A CORTE DEI GRILLINI CHE FINGONO DI DIMENTICARE IL SUO CURRICULUM

Ieri sera l’ex ministro dello Sviluppo Carlo Calenda in un tweet ha segnalato un grande ritorno al ministero dello Sviluppo Economico: quello di Vito Cozzoli, che faceva il capo di gabinetto con Federica Guidi e venne da lui sostituito.
Calenda dice che Cozzoli era “vicinissimo all’allora Giglio Magico”, e con questa definizione di solito si chiamano in causa i renziani: in effetti il capo di gabinetto era stato accusato di essere il vero responsabile del ministero formalmente guidato dalla Guidi e addirittura di essere nelle simpatie di Renzi e Lotti.
Adesso però è in quelle di Di Maio, accusa Calenda, quindi ha fatto il salto della quaglia.
E il suo curriculum? “Prima dell’esperienza al Mise aveva ricoperto per otto anni il ruolo di capo dell’Avvocatura di Montecitorio, dove è entrato per concorso nel 1991. Numerosissimi gli incarichi anche extra-parlamentari, tra cui quello di presidente della Commissione di secondo grado per le licenze Uefa presso la Fgci e di Amerigo, associazione specializzata negli scambi culturali tra giovani italiani e americani. Avvocato cassazionista, insignito di onorificenze come quella di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, di Commendatore dell’Ordine Equestre di Sant’Agata di San Marino e della Gran Croce al Merito Melitense del Sovrano Ordine di Malta”, scrive di lui Formiche.
Per fortuna che c’è Calenda a fermare quelli del Giglio Magico!
E a testimoniare che Cozzoli non sia nelle grazie dei giornali c’è anche il pezzo che gli dedica Stefano Feltri sul Fatto:
C’è traccia di un contatto tra Cozzoli e Di Maio il 25 ottobre 2017: il politico M5S era alla presentazione di un libro del giurista al Centro studi americani di Roma. Presente anche Maria Elena Boschi, con cui Cozzoli è in ottimi rapporti. Nessuno, allora, immaginava che Di Maio si sarebbe affidato a un esponente di prima fila di quell’establishment trasversale che i Cinque Stelle volevano combattere.
Il Fatto scrive anche che Cozzoli è finito sui giornali per la vicenda di Tempa Rossa, il giacimento petrolifero gestito da Total in Basilicata. Nel 2014 a Total serve un emendamento che renda strategiche le opere connesse al giacimento.
L’emendamento è firmato da Vito Cozzoli, capo di gabinetto della Guidi, ma viene bloccato dall’opposizione (cioè dal M5S). Pochi mesi dopo, poi, l’allora ministro Boschi si accerta che l’emendamento entri nella legge di Stabilità .
Per quella vicenda verrà  indagato per traffico di influenze illecite il compagno della Guidi, Gianluca Gemelli che, secondo i pm di Potenza, stava spendendo il suo rapporto col ministro per incassare, in cambio dell’interessamento, attraverso la Total, un subappalto da 2,5 milioni di euro. Nel 2017 Gemelli viene archiviato.
Nel frattempo la Guidi si è dimessa e pure Cozzoli (mai stato accusato di nulla dai pm) perde il posto.

(da agenzie)

argomento: la casta | Commenta »

LAURA CASTELLI, DALLE MAIL A SUPERNOVA AL POSTO AL MINISTERO

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

UNA VITA CONTRASSEGNATA DA GAFFE, COMPRESO L’ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE… E’ IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO, BELLEZZA

Aldo Grasso nella sua rubrica Padiglione Italia sul Corriere della Sera oggi si occupa di Laura Castelli, quasi-ministra alle Infrastrutture sorpassata all’ultimo momento da Danilo Toninelli dopo la scoperta delle sue email a Supernova e oggi di nuovo in corsa per un posto da sottosegretaria o viceministra:
Nonostante Bruno Vespa le avesse amabilmente rivolto una battuta («Lei alle Infrastrutture sarebbe come Dracula alla guida dell’Avis»), pareva che la strada fosse spianata. Fra i due c’era empatia. Poi qualcosa,in questa allegria di naufraghi, deve aver rovinato i piani. Pare che in passato la deputata torinese sia stata l’autrice di email non proprio simpatiche nei confronti dei dioscuri pentastellati, Di Maio e Dibba, e quando si apre una voragine il passato non passa mai.
Di lei si ricordano: la surreale discussione sull’euro da Lilli Gruber (presente Cottarelli), la memorabile gaffe a un convegno dei Dottori Commercialisti dove involontariamente ha confessato di aver fatto esercizio abusivo della professione. E altro ancora.
In Parlamento ha dichiarato, in maniera un po’ ambigua, di voler usare l’olio di ricino, ha utilizzato il gesto dell’ombrello e nel salotto di «Agorà » ha sostenuto che i dipendenti pubblici in sciopero sono pagati dallo Stato («Non è uno sciopero volontario, è uno sciopero pagato con i soldi pubblici»).
Perfetta per un ministero. Basta aspettare. È il cambiamento, bellezza, e noi non ci possiamo fare niente.

(da “NextQuotidiano”)

argomento: governo | Commenta »

ORA SI SPARA AI POVERI, TIRO A SEGNO RAZZISTA CONTRO MIGRANTI: UCCISO UN RAGAZZO, DUE FERITI IN CALABRIA

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

NON RUBAVANO, CERCAVANO SOLO LAMIERE IN UNA VECCHIA FABBRICA ABBANDONATA, ERANI TUTTI REGOLARI … L’UNICO CLANDESTINO DELL’UMANITA’ E’ L’ASSASSINO

Lo ha puntato come il bersaglio di un tiro a segno e ha fatto fuoco. È morto così Sacko Soumayla, ventinovenne maliano, ucciso ieri notte nel vibonese da un colpo di fucile che qualcuno ha sparato da lunga distanza.
Insieme ad altri due uomini, Madiheri Drame, 30 anni, e Madoufoune Fofana, 27 anni, la vittima era entrata all’ex Fornace, una fabbrica abbandonata nella zona di San Calogero, alla ricerca di vecchie lamiere e altro materiale utile per costruire un riparo di fortuna, quando qualcuno ha iniziato a sparare da un vicino casolare diroccato.*”Stavamo raccogliendo delle lamiere quando si è fermata una Fiat Panda bianca vecchio modello ed è sceso un uomo con un fucile che ci ha sparato contro 4 volte”, ha raccontato Madiheri Drame. Il primo proiettile ha colpito Soumayla alla testa, facendolo crollare. Ma il misterioso cecchino non si è fermato. Ha solo cambiato bersaglio.
Un proiettile ha centrato alla gamba Madiheri Drame, mentre il più giovane dei tre, Madoufoune Fofana, 27 anni, è riuscito a trovare riparo.
Altri colpi di fucile si sono persi nella notte, poi l’uomo –   di carnagione chiara, hanno detto i sopravvissuti – si è dileguato. E l’unico dei tre ragazzi rimasto illeso ha potuto dare l’allarme. Soccorso dai carabinieri, Soumayla è stato trasferito al reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Reggio Calabria, ma l’immediato intervento chirurgico non è riuscito a salvarlo.
Tutti regolarmente residenti in Italia, i tre uomini vivevano nella vicina tendopoli di San Ferdinando, il ghetto di baracche e tende di fortuna che solo qualche mese fa è stato parzialmente distrutto dall’incendio in cui ha perso la vita Becky Moses. Secondo i piani della prefettura, avrebbe dovuto essere sgomberato e distrutto, mentre i braccianti avrebbero dovuto essere trasferito in un nuovo accampamento poco distante.
Una “soluzione temporanea” – si era detto l’estate scorsa –   in attesa di dare il via a progetti di accoglienza diffusa. Ma la nuova struttura è risultata troppo piccola per accogliere tutti i braccianti che lavorano nelle piantagioni e negli agrumeti della Piana di Gioia Tauro e i programmi di alloggio alternativi non sono mai partiti.
Così, sulle ceneri della vecchia tendopoli sono nate nuove baracche, dove i più trovano riparo.
Nata dopo la rivolta del 7 gennaio 2010, quando   i migranti erano scesi in piazza per protestare contro il ferimento di uno di loro, un “fratello” a cui qualcuno per gioco aveva distrutto un braccio sparandogli, con un fucile ad aria compressa, la tendopoli negli anni è stata più volte abbattuta e ricostruita come “soluzione temporanea”.
Ma a 8 anni dalla rivolta, le tende sono ancora in piedi. È lì che questa mattina sindacati, associazioni e comitati che da tempo si occupano dei braccianti si stanno dando appuntamento per tastare il polso della situazione. C’è rabbia e disperazione per l’ennesimo lutto che colpisce il campo.
In prefettura c’è grande preoccupazione. Nella notte è stata convocata una riunione d’urgenza del coordinamento delle forze di polizia per programmare un’ulteriore intensificazione dei controlli nell’area.
Nel frattempo, le indagini, affidate ai carabinieri di Vibo Valentia, proseguono.
Si cerca un uomo di carnagione chiara che, secondo quanto emerso dai rilievi eseguiti in nottata, si sarebbe appostato in un casolare a circa 150 metri dall’ex fornace per poi allontanarsi in auto.
Gli investigatori stanno setacciando i filmati delle telecamere di videosorveglianza, ma l’identificazione del cecchino potrebbe non essere semplice. E nel frattempo, al campo, la rabbia continua a montare.

(da agenzie)

argomento: criminalità | Commenta »

SONDAGGI: LA MAGGIORANZA DEI BRITANNICI E’ CONTRARIA ALLA BREXIT

Giugno 3rd, 2018 Riccardo Fucile

“E’ STATO UNO SBAGLIO, CE NE PENTIREMO”… MAGARI DITELO A QUALCHE CAZZARO ITALIANO

Il pubblico britannico si è spostato in massa nel territorio del “Bregret“.
È il risultato di un sondaggio YouGov in cui la maggioranza della popolazione adesso crede che la decisione di abbandonare l’Unione Europea sia stata “sbagliata”. Ecco il risultato più recente: Con il senno di poi, ritiene che sia stato giusto o sbagliato votare l’uscita dall’Unione Europea? Giusto: 43 Sbagliato: 44 Non so: 13
La differenza dell’1% è prevista dal margine d’errore. Però, più o meno dall’estate del 2017, nei sondaggi YouGov una maggioranza di britannici è convinta che la Brexit sia “sbagliata”.
In precedenza, invece, il favore andava leggermente al risultato del referendum del 2016.
L’opinione sulla Brexit è rimasta negativa, in media, per nove mesi di seguito
Il termine della Brexit è stabilito a marzo del 2019, tra soli dieci mesi. I sondaggi suggeriscono che mentre i britannici stanno preparandosi alla storica partenza dall’Europa una maggioranza di persone vorrebbe che non succedesse mai.
Al tempo stesso, secondo una media mobile di sondaggi compilata da Pantheon Macroeconomics, la popolarità  della prima ministra May è cresciuta con il suo spostarsi verso una ‘soft Brexit’:
L’analista di Pantheon Samuel Tombs ha pubblicato i due grafici affiancati nel suo più recente UK Chartbook, un sommario mensile dei grafici più cruciali sull’economia britannica.
Tombs ha ripetutamente sostenuto – come molti suoi colleghi della City e di Wall Street – che alla fine il governo britannico capitolerà  e opterà  per una soft Brexit perchè il costo economico dell’uscita dell’UE causerebbe un danno politico troppo grave per il governo di May.
Inoltre, una soft Brexit – con una Gran Bretagna all’interno dell’unione doganale della UE e vicina alle sue normative – è l’unico compromesso che può sia ottenere una maggioranza in parlamento sia preservare l’invisibile confine irlandese.
La popolarità  di May porrebbe essere legata alla ritrovata avversione del paese verso l’abbandono dell’UE?
Circola la teoria secondo cui i votanti per la permanenza nell’UE preferiscono May come prima ministra rispetto ai concorrenti intransigenti all’interno del suo partito che vogliono una prospettiva “senza patti” che metterebbe a rischio l’economia.

(da “Business Insider“)

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