Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
LA SITUAZIONE A BORDO STAVA PEGGIORANDO E IL COMANDANTE HA PRESENTATO IL CONTO: 200.000 EURO AL GIORNO IL COSTO DELLA VIOLAZIONE DI LEGGE DELL’ITALIA… ORA IL COLOSSO DANESE POTREBBE FARE CAUSA CIVILE A SALVINI E TONINELLI PER AVER NEGATO L’ATTRACCO SENZA MOTIVO
I 113 dell’Alexander Maersk sbarcano a Pozzallo.
Dopo quattro giorni di inspiegabile e assurdo fermo in rada del cargo danese che giovedì ha soccorso un gommone in avaria, è finalmente arrivato il via libera del Viminale e del ministero delle Infrastrutture.
Lo sbarco è previsto intorno alle 23, dopo che le condizioni dei migranti stavano cominciando a diventare particolarmente critiche per il maltempo e la pioggia battente che nelle ultime ore è caduta sulle persone costrette a stazionare sui ponti del cargo.
Il comandante della nave danese denuncia il costo di 200.000 euro al giorno per la deviazione della sua rotta e l’immotivato mancato sbarco: cinque giorni fanno un milione di euro.
Ancora misterioso il perchè della mancata autorizzazione che aveva impedito fino ad ora lo sbarco delle persone.
Il soccorso era avvenuto sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana, che aveva poi indicato Pozzallo come porto di sbarco. Poi lo stop dell’Italia, improvviso e immotivato.
“Non posso non manifestare la mia soddisfazione per la positiva conclusione della vicenda – dice Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo – perchè si è avverato l’auspicio contenuto nel mio appello. Era una decisione attesa da tutta la città , che ha vissuto con apprensione l’evolversi della situazione”.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
ESISTE UNA INTERNAZIONALE RAZZISTA CHE HA INTERESSE HA SEMINARE ODIO E MONETIZZARE IN VOTI: LA MAGISTATURA ASPETTA CHE QUALCUNO SI FACCIA GIUSTIZIA DA SOLO?
Vedere le immagini delle donne e dei bambini che scendono stremati dalla nave Aquarius, o avere la conferma dal Viminale che gli sbarchi lo scorso aprile sono diminuiti di oltre il 75 per cento rispetto al 2017 non ferma i twittatori dell’odio.
Anzi, li sprona a coprire la voce dei moderati.
È questo uno degli aspetti della diffusione dell’odio sui social rilevati dalla terza edizione della “Mappa dell’intolleranza”, il progetto ideato da Vox-Osservatorio Italiano sui diritti, in collaborazione con l’università Statale di Milano, l’università di Bari, La Sapienza di Roma e il dipartimento di sociologia dell’università Cattolica di Milano.
I ricercatori hanno esaminato oltre 6milioni e mezzo di tweet tra marzo e maggio 2018, considerando 76 termini sensibili, e hanno diffuso a livello nazionale un sondaggio online, che chiedeva agli intervistati di indicare cinque termini negativi che rivolgerebbero a sei gruppi di persone – donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani – che sono di solito prese di mira dagli odiatori nei social.
Il primo dato che salta agli occhi è che sono aumentati i tweet contro i migranti.
Erano 38.000 nel 2016, sono stati complessivamente 73.390 nel 2017, con picchi significativi in momenti in cui i fatti di cronaca avrebbero dovuto spingere a compassione, o rassicurare sulla reale entità degli arrivi in Italia.
La percentuale dei tweet dell’odio passa infatti dal 32,45 per cento del 2017 al 36,93 per cento nel 2018: un balzo di 4 punti in pochi mesi, in pratica più di 1 italiano su 3 twitta il suo odio contro migranti, ebrei e musulmani.
Sono invece diminuiti rispetto all’anno passato i tweet contro le persone omosessuali. Dai 35.000 registrati nel 2016, si è passati ai 22.000 nel periodo 2017/2018, una decrescita che l’analisi sociologica allegata alla mappa interpreta come “conseguenza dell’approvazione della legge sulle unioni civili e del conseguente cambiamento culturale in atto nel Paese”.
“Le molte dichiarazioni pubbliche di personaggi famosi – scrivono i ricercatori – hanno, anche in questo senso, facilitato la visibilità del fenomeno, accrescendone dove possibile la sensibilizzazione sociale”.
È assai efficace, a questo proposito, la visualizzazione dell’odio contro gli omosessuali nelle “mappe termografiche” nelle quali il rosso intenso su una certa regione indica una maggiore concentrazione di tweet di odio. Confrontando la mappa dell’Italia prima e dopo la legge Cirinnà è evidente che le zone “calde” sono significativamente diminuite.
Sono però preoccupanti le mappe termografiche per visualizzare in quali zone d’Italia si concentrano gli odiatori dei migranti.
È rosso fuoco l’area di Milano, la più ampia, così come quella di Napoli. Seguono Roma, Firenze, Torino, Bologna e Genova a conferma, come nella rilevazione dello scorso anno, che nelle grandi città , dove si hanno comunque meno contatti diretti con la diversità , si generano più odio e paura.
“I tweet intolleranti diminuiscono dove è più alta la concentrazione di migranti – osserva Silvia Brena, co-fondatrice di Vox – dimostrando quindi una correlazione inversa tra presenza sul territorio e insorgere di fenomeni di odio: come a dire, conoscersi promuove l’integrazione”.
L’incremento di tweet con orientamento ostile verso migranti ed islamici secondo Giovanni Semeraro dell’Università di Bari “Aldo Moro” “conferma come i temi che dominano il dibattito politico trovino riscontro nelle opinioni e nelle tracce digitali che la popolazione dissemina nella rete”.
Sono aumentati anche i tweet antisemiti e resta stabile l’odio espresso in rete contro le donne, comunque ancora la categoria più presa di mira sui social.
La mappa evidenzia anche che a un aumento dei tweet violenti corrisponde però una diminuzione dei profili Twitter, il che, per i ricercatori, “parrebbe indicare una sorta di estremizzazione online dell’odio”.
Ci sono meno twittatori, ma sono però in grado di “monopolizzare e viralizzare l’intolleranza via social, con un pugno di odiatori seriali e professionali in grado di ottenere un effetto pervasivo sulle comunicazioni e le interazioni in rete”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
A FRONTE DI CENTINAIA DI DENUNCE DOCUMENTATE DA ORGANISMI INTERNAZIONALI, TESTIMONIANZE E FOTO, SALVINI NEGA CHE I SUOI AMICI CRIMINALI LIBICI ATTUINO TORTURE E STUPRI NEI “CONFORTEVOLI” LAGER LIBICI
Parole vergognose che negano un dramma testimoniato da centinaia di fonti indipendenti e dalle stesse Nazioni Unite: le torture, gli stupri e gli abusi a cui sono sottoposti i migranti in Libia.
Ma per lo xenofobo razzista catapultato al governo non è vero. Torture in Libia? Solo retorica.
Ha detto il ministro di Polizia: “Oggi ho visitato un centro di accoglienza e protezione per mille migranti che sarà pronto entro un mese con la collaborazione dell’Unhcr: vale contro la menzogna e la retorica per cui in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”
Poi ha aggiunto “La guardia costiera libica in mare ha dimostrato grande serietà ed efficienza: sono gli equipaggi delle navi delle Ong ad essere assai più pericolosi per la vita degli stessi migranti e di tutti gli altri”.
Meglio i trafficanti della Guardia Costiera libica che prendono mazzette per far imbarcare i profughi che le Ong che cercano di salvare vite umane.
E’ possibile ci siano collusioni? “Ma sta scherzando”.
Nemmeno legge i rapporti delle nazioni unite o dell’unione europea.
Ormai per giustificare la disumanità si sono messi a giocare alle tre scimmiette.
(da Sovranist)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
L’ESILARANTE CONFERENZA STAMPA TRASMESSA DA AL JAZEERA IN CUI IL VICE PREMIER LIBICO RIFIUTA LA PROPOSTA DI SALVINI E LO RIMANDA A CASA A MANI VUOTE
Oggi è il grande giorno della visita del ministro dell’Interno Matteo Salvini in Libia.
Il valoroso Capitano della Lega è andato laggiù, oltre le acque del Mediterraneo infestate da quei buonisti delle Ong per fare gli interessi degli italiani.
C’erano tutte le premesse per portare a casa il risultato. Dopo le ultime settimane passate a fare la voce grossa contro un’isoletta come Malta finalmente Salvini aveva l’opportunità di andare a parlare con chi comanda nel paese da cui partono i gommoni.
Per rimarcare meglio la differenza con i governi precedenti Salvini ha scelto di non utilizzare uno dei lussuosi aerei “Obama style” alla Renzi che fanno parte della flotta della Repubblica.
Come ci ha tenuto a rimarcare su Facebook Luca Morisi — il Casaleggio/Casalino della Lega — Salvini «viaggia “no frills” su un velivolo militare».
Del resto il ministro è notoriamente uno ruspante, che bada più alla sostanza che alla forma. L’importante è ottenere dai libici quello che già Conte aveva proposto di chiedere in Europa al vertice informale sui migranti.
Al punto due dell’European Multilevel Strategy for Migration è scritto nero su bianco che per risolvere il problema dell’immigrazione l’Unione Europea dovrà creare centri di protezione internazionale nei paesi di transito come Libia e Niger al fine di valutare le richieste d’asilo e offrire assistenza giuridica ai migranti.
In una parola i famosi hotspot. Per Salvini l’imperativo è uno solo: «fermare le navi delle ong, che aiutano il traffico di esseri umani» perchè «solo le autorità libiche dovranno pattugliare le acque libiche e bloccare le navi delle Ong che vogliono sostituire i governi aiutando l’immigrazione illegale».
E poco importa che i salvataggi da parte delle Ong avvengano ormai in acque internazionali quindi al di fuori dell’area di giurisdizione libica.
Durante un colloquio con il vice premier libico Ahmed Maitig Salvini ha spiegato che a differenza di alcuni paesi europei che vorrebbero che gli hotspot venissero creati in Italia (quei cattivoni) il governo del cambiamento ritiene che ci sia un’altra strada da percorrere.
Una che non costituisca un problema nè per il nostro Paese nè per la Libia.
Perchè — spiega il ministro dell’Interno — «non si interromperebbe il flusso di immigrati». Assieme ad altri paesi europei l’Italia invece proposto la creazione di «centri di accoglienza posti ai confini a Sud della Libia per evitare che anche Tripoli diventi un imbuto, come l’Italia».
Non è chiaro se per Salvini andranno posizionati in Libia o in Chad e in Niger. Quello che è certo è che il governo guidato da al-Sarraj — l’interlocutore ufficiale del governo italiano e della comunità internazionale — non ha il pieno controllo della parte meridionale del Paese.
Probabilmente in Italia c’è qualcuno che crede che questa proposta sia davvero geniale.
Salvini dice che con gli hotspot in Italia (ovvero ai confini Sud dell’Europa) non si fermerebbero i “flussi della morte”. Ecco quindi la soluzione: spostare gli hotspot più a Sud, abbastanza a Sud da impedire ai migranti di arrivare sulla costa e farli diventare un problema italiano.
Dove? In Libia. Di sicuro i libici accetteranno un piano del genere che semplicemente sposta il loro problema un poco più a Sud ma pur sempre sul loro territorio e che toglie loro anche la “valvola di sfogo” delle partenze via mare.
Il problema è che il governo libico non ragiona come l’elettorato di Lega e MoVimento 5 Stelle.
Ed infatti durante la conferenza stampa congiunta con Salvini il vice premier Maitig non usa mezzi termini: «rifiutiamo categoricamente la presenza di campi per migranti in Libia. Questo non è accettato dai libici nè è consentito dalla legge libica».
In poche parole i libici non hanno alcuna intenzione di fare il lavoro sporco per l’Italia e per l’Europa.
O meglio: bisognerà trovare un modo per convincerli. Del resto i migranti non hanno alcuna intenzione di fermarsi nel paese visto che il loro obiettivo è raggiungere le coste italiane ed europee.
In pratica il vice premier libico Ahmed Maitig non vuole che la Libia diventi un imbuto, esattamente come diceva Salvini. Ma a differenza di Salvini non ritiene che la generosa proposta dell’Italia sia accettabile e vantaggiosa.
Fortunatamente la conferenza stampa, trasmessa da Al Jazeera era tradotta in inglese e quindi ben pochi elettori della Lega si sono accorti della scoppola rimediata dal Capitan Salvini a Tripoli.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
LA NUOVA LEGGE PREVEDE CHE SE LA LEGA NON SI COSTITUISCE PARTE CIVILE (COSA CHE NON HA FATTO) SI DEVE DICHIARARE IL NON LUOGO A PROCEDERE
È stato fissato per il prossimo 10 ottobre ma, per effetto di una modifica al codice penale, rischia di chiudersi con un non luogo a procedere il processo d’appello milanese ‘The Family’ nel quale Umberto Bossi, il figlio Renzo ‘Il Trota’ e l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito sono stati condannati nel luglio dell’anno scorso rispettivamente a 2 anni e 3 mesi, 1 anno e 6 mesi e 2 anni e 6 mesi per aver usato i soldi del partito per fini privati.
Lo scrive l’agenzia di stampa ANSA che sostiene che in base alla nuova norma entrata in vigore lo scorso maggio, per fare in modo che il processo vada avanti, la Lega dovrebbe sporgere querela per il reato di appropriazione indebita con l’aggravante contestata a Bossi, attualmente senatore e presidente del partito, al figlio e a Belsito e che in passato ha permesso ai pm di procedere d’ufficio.
Querela che al momento, da quanto è stato riferito all’ANSA, non è stata presa in considerazione.
Dunque, se così fosse, il processo si chiuderebbe per un difetto di procedibilità .
La Lega originariamente si era costituita con l’avvocato Domenico Aiello davanti al gup di Milano, ma poi nel corso dell’udienza preliminare al legale venne revocato il mandato e il partito rinunciò ad essere parte civile e a chiedere quindi i danni al suo fondatore. Il giudizio di primo grado si è concluso circa un anno fa con le condanne dei tre imputati.
Una mano lava l’altra.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
L’ANALISI SUI FLUSSI DELL’ISTITUTO CATTANEO: A PISA IL 70% DEI VOTI GRILLINI SONO ANDATI AL CANDIDATO DELLA LEGA, MA A BRINDISI E TERAMO L’OPPOSTO, HANNO VOTATO QUELLO DEL PD
Gli elettori 5 Stelle avevano un candidato del Movimento sono in 7 dei Comuni coinvolti nei ballottaggi di ieri (Ragusa, Avellino, Imola e Terni quelli principali). Come hanno votato, in tutti gli altri casi?
In che misura sono stati determinanti per il largo successo dei sindaci del centrodestra, e in particolare di quelli leghisti?
Rinaldo Vignali – ricercatore dell’Istituto Catteneo – sta studiando i flussi elettorali di alcuni dei Comuni chiave di questa tornata.
“In Toscana – risponde – l’elettorato dei 5 Stelle è stato determinante per il trionfo leghista”.
Il dato più significativo è quello di Pisa. “Qui su 100 cittadini che avevano votato M5S al primo turno, ben 70 hanno scelto il candidato di centrodestra. Solo l’8,7 per cento ha preferito il centrosinistra. Il resto si è rifugiato nell’astensione. E mi sento di dire che il trend è simile anche nelle altre roccaforti rosse cadute in Toscana”.
Dunque il patto gialloverde regge nelle urne, lo stesso meccanismo è stato registrato anche nelle altre città principali?
“Il dato è tutt’altro che omogeneo. Pensiamo ad Ancona. Qui gli elettori che al primo turno avevano scelto il Movimento, al ballottaggio si sono divisi in parti quasi uguali: 43 per cento astenuti, 34 per cento al centrodestra. Ma c’è anche un 21,9 che ha scelto centrosinistra. A Brindisi addirittura il 41 per cento ha scelto Riccardo Rossi del centrosinistra, contribuendo al suo successo a sorpresa. Il 59 per cento ha preferito non votare. A Teramo il 56 per cento si è astenuto, il 33 per cento ha votato centrosinistra, l’11 per cento centrodestra. A Siracusa c’è stata una situazione del tutto diversa: ben il 94 per cento degli elettori ha preferito non tornare alle urne”.
Insomma, il voto dell’elettore 5 Stelle è difficilmente catalogabile. Come si spiega il quasi totale travaso in Toscana verso i candidati leghisti?
“In Toscana il Pd è percepito maggiormente come un blocco di potere, come un sistema. Nelle regioni tradizionalmente rosse l’elettorato M5S è più ideologico. Se al Sud, dunque, può spostarsi a destra come a sinistra, al centronord è principalmente ostile al Partito democratico”.
Come si è comportato l’elettorato di centrosinistra lì dove non aveva un proprio candidato?
“Abbiamo esaminato due casi. A Terni in massa gli elettori di centrosinistra hanno disertato le urne. Un 14,5 per cento ha scelto il candidato dei 5 Stelle. Solo il 4,6 il centrodestra. A Ragusa, su 100 elettori del centrosinistra il 52 per cento ha votato 5 Stelle, il 44 per cento si è astenuto, solo il 4 ha votato centrodestra”.
E i leghisti? Lì dove non erano presenti hanno votato 5Stelle? A Imola sembra evidente
“A Imola ha vinto il modello Pizzarotti, il modello Parma. Lì dove i grillini sono contrapposti al centrosinistra, tutti gli altri elettori al ballottaggio scelgono i 5Stelle”
(da “La Repubblica”)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
VINCE IL CANDIDATO DI SINISTRA CHE NON PIACEVA AL PD
A prima vista sembrerebbe un raggio di sole in una tempesta. Ma la vittoria di Giovanni Caudo nel III Municipio di Roma non dovrebbe essere motivo di vanto per il Partito Democratico di fronte a una rovinosa sconfitta generalizzata nel resto d’Italia.
Perchè se l’esclusione del MoVimento 5 Stelle dal ballottaggio in entrambe le municipalità dimostra che a Roma l’Effetto Raggi è quello che è e la sindaca non ha più il consenso della città , la vittoria di Caudo (così come quella di Ciaccheri) arriva dopo che alle primarie i due hanno superato i candidati della maggioranza del partito, dimostrando così la lontananza totale tra la classe dirigente interna del partito, l’attivismo e l’elettorato di centrosinistra.
Caudo e Ciaccheri sono stati sostenuti in una coalizione allargata che comprende anche LeU, movimenti e realtà civiche.
Caudo, in passato assessore della giunta di Ignazio Marino, ha sconfitto con il 56,71% dei consensi il leghista Francesco Maria Bova, già dirigente del commissariato Fidene e sostenuto dalla coalizione di centrodestra FI-FdI e Carroccio.
Caudo aggiunge 1200 voti ai 18mila che ha conquistato al primo turno mentre Bova ne porta a casa appena 150 in più.
Il nuovo consiglio municipale sarà composto da 16 consiglieri del centrosinistra, 6 del centrodestra, 3 dei 5 Stelle. Gli scranni della maggioranza saranno occupati da 9 esponenti dem: Francesca Leoncini, Filippo Maria Laguzzi, Yuri Bugli, Simona Sortino, Italo Della Bella, Nastassja Habdank, Maria Teresa Ellul, Christian Giorgio. Tre gli eletti della lista Caudo: Matteo Zocchi, Francesca Farchi, Maria Romano. Infine due esponenti di Leu, Matteo Piterosante e Cesare Lucidi e Angela Silvestrini di Centro Solidale. giovanni caudo III municipio
“A Roma dopo il fallimento del M5S il centrosinistra unito vince nel III Municipio con Giovanni Caudo la sfida con la destra di Salvini: un nuovo passo avanti importante per tutti i romani verso il riscatto della Capitale!”, scrive su Facebook il segretario renziano Andrea Casu mentre il deputato Luciano Nobili su Twitter esulta: “Dopo due anni di fallimenti, Roma respinge il mostro populista e torna democratica”.
Entrambi già non ricordano più che i vincitori non sono per niente un prodotto della classe dirigente romana: entrambi hanno sconfitto alle primarie i candidati indicati dai renziani della Capitale grazie all’appoggio di Nicola Zingaretti.
Il PD Roma è riuscito nel miracolo di riuscire a perdere le sue primarie anche se oggi i suoi azionisti di maggioranza esultano per la sconfitta dell’odiata Raggi, ottenuta grazie alla sconfitta dei candidati che aveva designato per il governo municipale.
Ma la capocciata di Roma al MoVimento 5 Stelle non può far pensare ad alcuna rinascita del Partito Democratico in città .
Roma, che ha anticipato l’Italia nel portare il M5S al governo, è di nuovo in anticipo sull’Italia nel giudizio nei confronti del governo grillino. Mentre Roma e il Lazio possono costituire un laboratorio di nuove idee e alleanze per il Partito Democratico di Zingaretti.
Ma la strada è ancora lunga e piena di professionisti del salto sul carro del vincitore.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
VINCE ANCHE A BRINDISI, ALTAMURA E ACQUAVIVA
Netta affermazione del centrosinistra tradizionale, quello contrario fino all’ultimo alle aperture a destra, che si impone a Brindisi e in alcuni dei principali comuni baresi. Assente il Movimento 5 Stelle, mentre il centrodestra invece paga anche le tante divisioni interne alla coalizione.
E’ quanto emerge dal ballottaggio che ha riportato alle urne undici comuni pugliesi. In cinque di questi (Brindisi, Altamura, Acquaviva, Conversano e Noci) si impone il centrosinistra con i suoi simboli ufficiali.
A Casamassima e Mola vincono candidati di civiche di centrosinistra. Caso a parte per Bisceglie dove fin dall’inizio le coalizioni erano un mix di centrodestra e centrosinistra.
L’unica netta affermazione del centrodestra è quella di San Nicandro Garganico. Da registrare l’elezione di due donne sindaco a Altamura e Oria.
Ma la vittoria più importante senza dubbio quella di Brindisi, unico capoluogo di provincia fra gli undici comuni andati al ballottaggio. Qui il ricercatore Enea, Riccardo Rossi, alla guida di una coalizione composta da Pd, Leu e civiche di sinistra ribalta il risultato del primo turno, si impone con il 56,6 per cento delle preferenze e più di 16mila voti sul candidato di centrodestra Roberto Cavalera (fermo al 43,5 per cento), e può festeggiare l’elezione a nuovo sindaco della città che finalmente chiude la lunga fase commissariale.
La chiamata alle urne anche degli elettori del Movimento 5 Stelle ha giovato a Rossi che raccoglie oltre seimila voti in più rispetto ai 10mila raggiunti al primo turno, mentre Cavalera (che aveva in coalizione personaggi delle precedenti amministrazioni, compreso Gabriele Antonino, figlio dell’ex sindaco Giovanni condannato per corruzione) perde tremila voti rispetto al primo turno e sconta il netto rifiuto del leghista Massimo Ciullo (altro candidato di centrodestra fermatosi al primo turno) che ha negato il suo sostegno scatenando forti polemiche in tutto il centrodestra regionale.
Grande vittoria per il centrosinistra anche ad Altamura dove Rosa Melodia, vola verso il 55 per cento di preferenze e con più di 16mila voti diventa la prima sindaca della città , ribaltando il voto del primo turno, e staccando di dieci punti Giovanni Saponaro, candidato di centrodestra che però era sostenuto sia da civiche vicine a Massimo Cassano (ex senatore di Forza Italia) che da fedelissimi del governatore Michele Emiliano.
Altamura torna dunque ad avere un sindaco espressione di centrosinistra, dopo vent’anni di dominio delle destre e soprattutto dopo la brutta parentesi dell’ultimo sindaco, Giacinto Forte, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Tangentopoli della Murgia, che ha portato al commissariamento del comune.
Il centrosinistra vince anche a Conversano, ma questa non è una sorpresa, visto che al ballottaggio si sono ritrovati Pasquale Gentile con Pd e civiche e Pasquale Loiacono, alla guida di una coalizione composta da socialisti, Leu e civiche. A prevalere è stato quest’ultimo con 7.325 voti e il 59 per cento di preferenze, mentre Gentile raccoglie quasi mille voti in meno rispetto al primo turno.
Ad Acquaviva delle Fonti viene rieletto il sindaco uscente di centrosinistra, Davide Carlucci che con oltre il 54 per cento delle preferenze e 6.255 voti batte Franco Pistilli, nonostante quest’ultimo fosse riuscito a fare un apparentamento tecnico e a portare dalla sua parte al ballottaggio Forza Italia e Noi con l’Italia.
Anche a Noci prevale il sindaco uscente di centrosinistra Domenico Nisi che con il 53 per cento delle preferenze si avvia al secondo mandato, battendo l’ex senatore fittiano (ed ex sindaco) Piero Liuzzi fermo al 47 per cento. Netta affermazione a Casamassima di Giuseppe Nitti che alla guida di una coalizione composta da civiche di centrosinistra (ma non del Pd che al primo turno aveva puntato su Antonia Spinelli), sfonda il muro del 62 per cento delle preferenze, lasciando al 38 per cento Agostino Mirizio, candidato di Forza Italia e Fratelli d’Italia.
Nitti si riconosce nel partito Italia in Comune, fondato dal sindaco di Parma, l’ex grillino Federico Pizzarotti, che può vantare l’adesione anche di Giuseppe Colonna, fresco di vittoria a Mola di Bari (dove il Pd non si è neanche presentato alle elezioni). Colonna, candidato con liste civiche, prevale con il 55,5 per cento sul sindaco uscente, Stefano Diperna, sostenuto da fittiani, Forza Italia, Fratelli d’Italia e civiche di destra.
Nell’unico comune della Bat al secondo turno, Bisceglie, si impone Angelantonio Angarano, l’ex dem che ha messo insieme una corazzata di civiche di centrosinistra e centrodestra. Battuto l’altro civico Giovanni Casella. Si tinge di rosa anche il comune brindisino di Oria con la vittoria di Maria Lucia Carone, che insieme a una coalizione di civiche di centro ha sconfitto il candidato di Forza Italia e di civiche di centrodestra, Giuseppe Carbone. Nell’altro comune brindisino al ballottaggio, Francavilla Fontana, Antonello Denuzzo candidato di civiche di centrodestra con 9mila voti (4mila in più rispetto al primo turno) ribalta le previsioni e si impone sul sindaco uscente di centrosinistra, Maurizio Bruno, sostenuto da Pd e civiche.
L’unica vittoria dei simboli ufficiali del centrodestra si regista a San Nicandro Garganico, dove Costantino Ciavarella si impone su Mario D’Ambrosio sostenuto da una strana alleanza fatta da Pd e fittiani. Non a caso il centrodestra vince qui, dove si presenta unito, visto che Ciavarella è sostenuto dai simboli di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega, insieme all’Udc.
Per quanto riguarda l’affluenza alle urne, malissimo Brindisi (40,6 per cento) e Casamassima (36,1 per cento), con dati ben al di sotto del 50 per cento. Dati completamente diversi nelle altre piazze, soprattutto a Oria (65 per cento) e Acquaviva delle Fonti (65,4 per cento) che fanno registrare numeri sulla partecipazione più alti d’Italia.
Anche Noci (59,9 per cento), Altamura (54,2 per cento) e Conversano (53,7) hanno superato la metà degli elettori e la media nazionale, mentre a Mola di Bari si arriva al 47,1 per cento. A Bisceglie, si è toccato quota 48,1 per cento. Sotto la media nazionale anche il dato dell’unico comune foggiano al voto, San Nicandro Garganico dove si registra un’affluenza del 44,8 per cento.
(da agenzie)
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Giugno 25th, 2018 Riccardo Fucile
A ORBASSANO VINCE IL CANDIDATO SINDACO DI FORZA ITALIA CONTRO QUELLO DELLA LEGA
Il centrodestra espugna Ivrea, una delle utlime roccaforti del centrosinistra.
Stefano Sertoli è il nuovo sindaco: ha conquistato il 52,74 per cento dei voti, Maurizio Perinetti, portabandiera del centrosinistra 47,36 per cento.
Il mancato accordo con Francesco Comotto, candidato della lista Sinistra che aveva raccolto più del 18 per cento, sembra aver penalizzato Perinetti. A Ivrea hanno votato 9.276 elettori, pari al 46,72%, in calo di oltre otto punti percentuali rispetto al 10 giugno (55,25%). Tracollo del Pd.
Sertoli vince con uno scarto di circa 450 voti a Ivrea. “Non vedo l’ora di mettermi al lavoro”, dice il nuovo primo cittadino che succede a Carlo Della Pepa. “Puntavamo al cambiamento, non solo di colore politico, perchè io sono un civico, ma del modo di operare. Io penso a una città per tanti, non per pochi. Dopo 40 anni la voglia di cambiare era nell’aria”, sottolinea il neo primo cittadino che ha già la valigia pronta. “Giovedì partirò insieme alla delegazione del Comune per il Bahrain. “Andrò a Manama per la candidatura Unesco di Ivrea”, spiega Sertoli.
Ad Orbassano, invece, il candidato della Lega, Giovanni Falsone, non è riuscito a sfondare, nonostante la campagna elettorale aggressiva giocata contro il “Sistema Orbassano”.
Cinzia Bosso, candidato di Forza Italia, ha vinto con oltre il 58 per cento delle preferenze, contro il 42 per cento di Falsone: “Sono felice grazie a tutti i cittadini, alla squadra e si continua a lavorare con tanta forza e impegno”. Bosso raccoglierà il testimone dal marito, Eugenio Gambetta, che ha amministrato per due mandati. Cambia però la maggioranza: sarà un monocolore Forza Italia più liste civiche, mentre la Lega andrà all’opposizione insieme al Pd e ai CInque Stelle. A Orbassano ha votato il 44,17 contro il 58,46 del primo turno.
Lo sconfitto di Ivrea Maurizio Perinetti, candidato del Pd, sottolinea che “”se avessimo fatto qualche apparentamento, forse avremmo vinto, ma non saremmo stati coerenti con i nostri elettori. Usciamo quindi da questa contesta elettorale a testa alta, con la convinzione di avere mantenuto il nostro stile”.
A Ivrea, la città di Adriano Olivetti, la sinistra amministrava ininterrottamente dal dopoguerra.
(da agenzie)
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