Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
CONTESTATO LO STESSO REATO ALL’ASSESSORE AL BILANCIO E AL CAPO DI GABINETTO GIORDANA
La procura di Torino, dopo quasi un anno, ha chiuso le indagini sul caso Ream.
E ha deciso di aumentare il numero di indagati: adesso sono quattro perchè oltre alla sindaca Chiara Appendino, all’assessore al Bilancio Sergio Rolando e all’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, c’è anche il direttore delle Finanze Paolo Lubbia.
I pm hanno anche deciso di contestare un nuovo reato: abuso d’ufficio, che va ad aggiungersi al falso ideologico in atto pubblico.
Secondo i procuratori aggiunti Marco Gianoglio ed Enrica Gabetta i quattro indagati avrebbero commesso un falso ideologico in atto pubblico in relazione al rendiconto 2016 e nel bilancio di previsione 2017 (solo sindaca e assessore al Bilancio).
La vicenda riguarda l’area ex Westinghouse: nel 2012 Ream (una partecipata di Fondazione Crt) acquisì il diritto di prelazione sulla zona dove forse sorgerà il nuovo centro congressi di Torino.
Versò al Comune una caparra di 5 milioni. A fine 2013 la Città aggiudicò ad Amteco-Maiora il progetto, operazione perfezionata alla fine dello scorso anno, quando il Comune ha incassato una parte dei 19,7 milioni offerti dai privati e, di conseguenza, avrebbe dovuto “decurtare” i 5 da restituire a Ream.
Non è andata così: la somma non è stata nè versata nè iscritta a bilancio. Il Comune dunque, secondo la procura, avrebbe garantito l’equilibrio del bilancio del 2016 attraverso un falso: conteggiando un credito ma non il rispettivo debito.
L’indagine è nata da un esposto dei capigruppo Stefano Lo Russo e Alberto Morano ed è poi stata condotta ascoltando decine di testimoni, tra cui l’ex direttore finanziario di Palazzo Civico Anna Tornoni, che avrebbe raccontato delle pressioni subite perchè non iscrivesse il debito di 5 milioni a bilancio, sia nel 2016 sia nel 2017.
Tornoni, nel frattempo è stata destinata ad altro incarico ed è stata sostituita da Lubbia. Sul caso Ream è andato in scena un feroce scontro tra il Comune e revisori dei conti, al culmine del quale il collegio ha deciso di dimettersi.
(da “La Stampa”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
TIFO DA STADIO E IL MANTRA “LO STATO SIAMO NOI”… SALVINI INFASTIDITO DAL DISCORSO DI CONTE TROPPO A TRAZIONE GRILLINA
Il colpo d’occhio è impressionante. È la nuova maggioranza “gialloverde”, o “gialloblu”, come ama dire Salvini che, nella definizione, già pregusta il prosciugamento finale di Forza Italia.
Il nuovo premier Giuseppe Conte, all’ennesimo passaggio sul “contratto” di cambiamento, incassa l’ennesima standing ovation. Di fronte, una distesa di parlamentari occupa tutta la parte centrale dell’emiciclo. Ai lati le ridotte di Pd e Forza Italia, i cardini del bipolarismo che abbiamo conosciuto in questo ventennio.
Parecchie standing ovation, ben 62 applausi, comportamenti insoliti per le nostre abitudini parlamentari.
Come è insolito – l’applausometro è sempre un indicatore culturale in questi casi – l’assenza di un solo battito di mani per il capo dello Stato, rispettosamente e fugacemente citato dal neo-premier.
È il populismo bellezza, una politica che non conosce mediazioni istituzionali, tutta protesa a parlare all’esterno, come il tweet postato da Salvini, mentre Conte sta ancora parlando.
Populismo praticato, con un premier “esecutore” di un contratto, che in settantuno minuti di discorso ne cita tutti i capitoli, senza indicare mai il “come”, il “quando”, il “con quali soldi”.
E che, alla fine, presenta a mo’ di concessione benevola quelle regole di confronto con le opposizioni previste dai regolamenti e dalla Costituzione.
Populismo, sia pur in giacca sartoriale (almeno il premier) e senza registro emotivo, postura e pathos (a quelli ci pensano gli altri), orgogliosamente rivendicato, nel passaggio più applaudito: “Ci prendiamo la responsabilità di affermare che ci sono politiche vantaggiose o svantaggiose per i cittadini: le forze politiche che integrano la maggioranza di governo sono state accusate di essere populiste e antisistema. Se populismo è attitudine ad ascoltare i bisogni della gente, allora lo rivendichiamo”.
Evviva, i senatori applaudono, curva osannante del nuovo potere che siede ai banchi del governo compulsando telefonini, in un Parlamento diventato un link della piattaforma Rousseau.
Con i parlamentari della Repubblica pentastellata che, se vogliono intervenire in discussione generale, devono prima presentare un testo scritto, perchè a braccio non è consentito.
Interventi fotocopia, sul “finalmente è arrivato un governo eletto dai cittadini”, che “realizza le promesse”.
E chissà se è un caso che gli unici a sottrarsi a questa euforia sono i ministri che i conti li conoscono, eccome.
Una sfinge Giovanni Tria. Immobile Paolo Savona: “Il passaggio del discorso di Conte che mi è piaciuto di più? Quello che ho scritto io, nel mio comunicato, che serve un’Europa più forte e più equa”.
Peccato che sia un passaggio caduto nel vuoto rispetto ad altri più popolari, di un discorso che ha il marchio pentastellato più che leghista, anche nello stile: retorica del “cambiamento”, “cittadini”, un programma sulla giustizia che evoca il motto dio Davigo, (“non esistono innocenti ma colpevoli non provati”), e una fiera di luoghi comuni.
Un marchio che, raccontano i suoi, ha un po’ irritato Salvini che non ha visto sbandierati con altrettanta enfasi i suoi cavalli di battaglia. Alla fine dei settantuno minuti, comunque, non si capisce quali siano le aliquote della famosa flat tax o quando si farà il reddito di cittadinanza.
È un blocco politico quello che è nato, in un clima euforico da presa del Palazzo d’Inverno. O da stadio, chiasso puro, con una standing ovation anche alla Taverna che inneggia ai cittadini che “ora sono lo Stato”.
Non c’è un solo intervento della Lega applaudito da Forza Italia e viceversa.
Si astiene Fratelli d’Italia. Il voto certifica che il centrodestra, per come l’abbiamo conosciuto, non c’è più.
E quel minimo d bon ton di maniera di oggi già prefigura un duello rusticano che verrà , in questa retorica del nuovo al governo e del vecchio all’opposizione: “Loro – dice Candiani – possono parlare del passato, noi del futuro”.
Un clima nuovo, di cambio d’epoca. Quella vecchia volpe di Pier Ferdinando Casini, che di epoche ne ha viste tante, dice: “Qualcosa di inquietante c’è. Quando Prodi e Berlusconi si alternavano c’era un’alternanza di governo. Qui è diverso. Questi dicono ‘lo Stato siamo noi’. Ma lo Stato è il governo, il Parlamento, la magistratura. Quando ti senti lo Stato significa che cambia la grammatica della Repubblica. È inquietante. E sento aria di un reclutamento ampio…”.
Reclutamento tra parlamentari spaventati e timorosi di affondare nel “vecchio”, in questo cambio di sistema e di potere.
Giancarlo Giorgetti, l’uomo delle nomine, che quasi si appisola in Aula, è una star alla buvette, bloccato da un paio di bionde che chiedono un selfie.
Nell’orgia del nuovo potere si confondono le contraddizioni di un programma che non va oltre i titoli.
E si pone la domanda, che accompagna la nascita del nuovo governo: è l’embrione del bipolarismo che verrà o è l’inizio di una nuova Cosa gialloverde?
Il colpo d’occhio suggerisce la seconda, come gli applausi e la complicità ostentata dai due sub-premier, veri titolari dell’azione di governo. Per ora c’è la certezza di una maggioranza politica che si muove e agisce come tale. Non è poco.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
DIECI I VOTI DI MARGINE RISPETTO ALLA MAGGIORANZA PREVISTA
Il governo Conte incassa la prima fiducia: a palazzo Madama sono 171 i senatori che hanno votato a favore. I no sono stati 117, gli astenuti 25. Erano presenti al voto in 314, in 313 hanno votato. L’asticella della maggioranza era fissata a 145.
L’esecutivo sarà domani alla prova della Camera. Conte, a quanto si apprende da fonti di governo, terrà la delega ai servizi segreti.
Quando la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, ha pronunciato il numero dei senatori che hanno votato sì alla fiducia si è levato un lungo applauso in aula.
Nessuna sorpresa per il primo voto di fiducia.
Il governo incassa i previsti 171 sì, 4 voti in più rispetto ai numeri della maggioranza (167 senatori), e si attesta su una soglia di ‘sicurezza’ di 10 voti in più rispetto alla maggioranza assoluta, che a palazzo Madama è fissata a quota 161.
Ai 58 voti favorevoli della Lega e 109 del Movimento 5 stelle si aggiungono infatti i già previsti 2 voti dei senatori eletti all’estero del Maie, Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario, e i 2 voti degli ex grillini Maurizio Buccarella e Carlo Martelli. Nessun ‘soccorso’ arriva dal gruppo Per le Autonomie, che durante le consultazioni svolte da Conte in occasione del primo incarico affidatogli dal Capo dello Stato avevano lasciato un “canale aperto” che, però, dopo il discorso programmatico del premier, non si è trasformato in voto favorevole: le Autonomie si sono infatti astenute, anche se con alcune divisioni all’interno del gruppo.
Su 8 componenti 2 senatori, Gianclaudio Bressa e Pierferdinando Casini, hanno optato per il ‘no’, mentre la senatrice a vita Elena Cattaneo si è astenuta. Ha scelto l’astensione anche l’altra senatrice a vita, Liliana Segre.
Nessuna sorpresa neppure sul fronte di un possibile allargamento stabile della maggioranza, con la conferma dello ‘spezzettamento’ in tre tronconi della coalizione di centrodestra: FdI si astiene, la Lega sta al governo e Forza Italia si pone con determinazione all’opposizione. Anche il Pd conferma il fronte dell’opposizione, votando no alla fiducia, così come Leu.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
SENATRICE A VITA SEGRE: “NO A LEGGI SPECIALI SU ROM E SINTI”… SENATORE A VITA MONTI: “ATTENTI ALLA TROIKA”… LA RUSSA (FDI): “HA DETTO ‘Sà ‘ ALLA NATO E ALLA RUSSIA”
Grande tensione quando ha preso la parola l’ex premier ed ex segretario dem Matteo Renzi. “Pensiamo che in quei banchi ci sia la coalizione di domani, noi siamo un’altra cosa”. “Siete diversi, ma avete lo stesso metodo di violenza verbale”. “Anche noi – spiega – potremmo farvi lo screening, ma non lo facciamo”.
“Lei – ha detto rivolto a Conte – è un premier non eletto, vorrei dire un collega, ma nessuno le sta negando la legittimità come accaduto nella XVII legislatura”.
E ancora: “Siamo rimasti sorpresi dal riferimento alle opposizioni, ma la voglio prendere sul serio. Noi non occuperemo mai i banchi del governo, mai la poltrona del presidente del Senato, mai insulteremo i ministri, mai attaccheremo le istituzioni del Paese al grido mafia, mafia, mafia”.
“Questo contratto è scritto con inchiostro simpatico, garantito da un assegno a vuoto”. “Non so se è il governo del cambiamento – ha concluso Renzi – intanto è cambiato il vocabolario: quello che nella XVII Legislatura si chiamava inciucio oggi si chiama contratto. Non so se cambierete il Paese. Intanto avete cambiato vocabolario”.
Renzi che poi ha annunciato che il Pd convocherà al Copasir la ministra della Difesa Elisabetta Trenta “perchè chiarisca”. Il riferimento riguarda un recente trasferimento del marito all’interno del ministero e anche altri aspetti del suo curriculum: dal corso all’università di Mosca, al fianco di alcuni ideologi del potere putiniano al ruolo della SudgestAid, consorzio creato presso la Link Campus University per il reclutamento di contractor.
Duro l’intervento della presidente dei senatori di Fi (ex alleati in campagna elettorale di Salvini nella coalizione di centrodestra Fi-FdI-Lega): “Siamo chiamati a pronunciarci su un governo che è la maschera di tante contraddizioni, il frutto del compromesso e di 88 giorni di trattative estenuanti e abbastanza surreali. Nel programma che oggi ci ha illustrato è indicato il cosa ma non il quando nè tantomeno il come. E non sia mai con quali soldi. Impegni verbali, slogan, a fronte di nessun impegno di bilancio. Contraddizioni, tante contraddizioni, questa è la cifra del suo programma”.
“La vera flat tax – ha detto poi la vicepresidente del Senato – quella del progetto del centrodestra per le persone, per le famiglie, è stata molto sacrificata sull’altare del compromesso con i 5 stelle. Che cosa farete – ha chiesto Bernini – quando dovrete scegliere tra una visione di crescita liberale e un’altra di decrescita, la visione regressiva e immobilista che ha indotto il M5s a dire no alla Tav, alla Tap, ad investimenti infrastrutturali di cui l’italia che vuole crescere ha disperatamente bisogno?”.
Quando Liliana Segre ha preso la parola, l’intera Aula di Palazzo Madama ha riservato alla senatrice a vita un applauso e una standing ovation quando ha ringraziato “Mattarella che ha deciso di ricordare l’80° delle leggi razziali, razziste, facendo una scelta sorprendente, nominando senatrice a vita una vecchia signora che sul braccio porta i numeri di Auschwitz tatuati sul braccio”.
Con la senatrice Segre si è complimentata immediatamente la presidente Casellati che ha parlato di “lezione di vita”.
“Mi rifiuto – ha aggiunto Segre – di pensare che la nostra civiltà democratica sia sporcata da leggi speciali nei confronti di Rom e Sinti: se accadrà mi opporrò con tutte le forze”. “Ho conosciuto la condizione di clandestina e richiedente asilo – ha aggiunto Segre – il carcere e il lavoro operaio, essendo stata schiava minorile. Per questo svolgerò l’attività di senatrice senza legami politici, ma seguendo la mia coscienza”.
Momenti di inquietudine, in Aula, per le parole del senatore a vita Mario Monti.
“Un governo è efficace – ha dichiarato l’ex premier – se chi lo guida è il presidente del Consiglio – ha proseguito Monti – e se questi esercita pienamente i suoi poteri e responsabilità e sono certo che il governo otterrebbe credito maggiore e consenso maggiore se iniziasse la sua vita con un atto di modestia e realismo: non il premier ma l’intero vostro governo nascerebbe oggi come governo dimezzato se altre forze politiche non avessero dato in un momento difficilissimo per il Paese prova di grande responsabilità : qualunque cosa possiate pensare di FI, Pd e l’allora Terzo polo e Fratelli d’Italia almeno nella fase iniziale, da novembre 2011 per oltre un anno hanno sostenuto provvedimenti impopolari e ciò ha consentito di portare l’Italia fuori da una spaventosa crisi finanziaria e portarla a una ancor troppo lenta ripresa”.
“Voi colleghi della Lega e M5s – ha proseguito Monti – come Lega esercitavate coerente e bruciante opposizione in parlamento e nel Paese, e il M5s nei siti diffondeva in modo molto cinico spesso in totale contrasto con la realtà fattuale tesi che non andavano certo nella direzione degli sforzi che l’allora Parlamento incoraggiò”.
“Voi – ha concluso Monti – avreste oggi la Troika, sareste un governo dimezzato perchè sareste ridotti a agenti di un governo semi-coloniale: la Troika è una realtà disgustosa a mio parere, e abbiamo fatto di tutto per risparmiare all’Italia questa dimostrazione di scarsa dignità “.
Ironico Ignazio La Russa, di FdI (ex alleati in campagna elettorale di Salvini nella coalizione di centrodestra Fi-FdI-Lega): “Non ho capito cosa vuol dire dare la Daspo ai corrotti: io sono perchè i corrotti vadano in galera. Non votiamo la fiducia perchè non possiamo fidarci solo degli annunci”. “Nel suo discorso, presidente Conte – ha attaccato La Russa – ho sentito cinque volte la parola ‘Paese’ ma mai la parola ‘patria’ e in questo ricorda molto i suoi predecessori, Renzi e Gentiloni, altro che cambiamento”.
“Noi non facciamo parte di questa maggioranza e non daremo la fiducia a questo Governo, ma ci riteniamo un partito di patrioti, che antepone l’interesse nazionale. Noi guarderemo ai fatti e non agli annunci”. “Non dovete essere supini ai diktat dell’Europa – sottolinea -. Lei ha detto ‘sì’ alla Nato, ma anche alla Russia. Ha detto ‘sì’ alla flat tax ma anche al suo opposto. Il suo discorso è pieno di ‘ma anche’, lei presidente ha cercato di barcamenarsi tra due diverse sponde. Noi valuteremo volta per volta”.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
NESSUNA TRAMA NARRATIVA E VISIONE EMOTIVA, INSICURO E NON A SUO AGIO, POCO SPONTANEO, MIMICA MONCA E CONTRATTA
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è cimentato da neofita con il discorso più importante della sua vita. Valutiamolo nella sua capacità di comunicare, di rappresentare idee e contenuti.
Il discorso non è di quelli che passerà alla storia, anche se c’è un cambiamento effettivo: ha ripassato il “contratto del cambiamento”, base del programma di governo. Non guida un governo grazie a una visione che ha saputo rappresentare, ma è piuttosto il “garante” di una mediazione tra due visioni diverse nate da storie molto distanti tra loro. Il contratto è il feticcio di questo governo, un sacro totem: Conte è il sacerdote che canta la messa.
La struttura del suo discorso era priva di “metafore” e mancava di trama narrativa, è stato un elenco preciso di punti che non ha saputo unire in una visione emotiva. L’ansia di dire tutto l’ha portato a dire troppo e a dilungarsi, tanto che sul finale era stanco e dava l’idea di essere insoddisfatto di quel che non aveva fatto in tempo a dire.
Il “body language” ha mostrato un certo nervosismo: non era a suo agio e la sua emozione ha posto un blocco, un muro tra sè e chi lo ascoltava.
Si leggeva nei gesti una paura del giudizio e si notava insicurezza.
Sul viso nessuna espressione, scarso uso della voce, mancanza di cambio di timbro e tono nell’esposizione: quando ha sottolineato alcuni passaggi alzando la voce non è apparso spontaneo.
Non è stato certamente aiutato da un esperto in comunicazione, perchè anche il meno talentuoso tra questi gli avrebbe spiegato come il tenere un foglio in mano possa essere sì una utile coperta di Linus, ma possa anche essere capace di soffocarti, offrendo al pubblico una mimica monca e contratta.
Intendiamoci, non è stata una tragedia; in carriera ho visto cose ben peggiori.
Diciamo che tutti gli aspetti che ho analizzato ci hanno consegnato un’idea mediocre del premier
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
NESSUNA MENZIONE PER EURO, LEGGE FORNERO, PACE FISCALE, TAV, ILVA, ISTRUZIONE E SUD
Alcuni temi, come l’euro e il superamento della riforma Fornero, non sono stati neppure citati, mentre su altri, come la flat tax e Ilva, le parole sono state più che centellinate.
I “non detto” del premier Giuseppe Conte nel suo discorso programmatico al Senato sono tanti e hanno tutti a che fare con i contenuti del Contratto del governo per il cambiamento confezionato dai due azionisti di riferimento, Matteo Salvini e Luigi Di Maio.
“Il cambiamento non sarà solo nelle parole e nello stile, ma anche e soprattutto nel metodo e nei contenuti”, ha sottolineato Conte in aula, ma su alcuni punti la direzione che il nuovo esecutivo intende intraprendere resta alquanto vaga.
Riforma Fornero, il superamento non viene neppure citato. È uno dei punti che hanno animato il dibattito tra Lega e 5 Stelle, con Salvini orientato all’abrograzione della riforma delle pensioni e Di Maio su una posizione più soft, che poi è confluita nel Contratto, quella del superamento. Conte, tuttavia, non ha citato la riforma Fornero nè tantomeno il suo superamento. Le uniche parole pronunciate su questo tema hanno riguardato le cosiddette pensioni d’oro e le pensioni dei parlamentari.
Euro. Se l’Europa viene definita da Conte “la nostra casa”, la moneta unica non viene mai citata. L’unico passaggio di natura economica è quello sull’Unione economica e monetaria, ma il premier dice solamente che deve essere “orientata a tutelare i bisogni dei cittadini per bilanciare più efficacemente i principi di responsabilità e di solidarietà “.
Flat tax. Dopo le diversità di vedute emerse nella Lega sull’entrata in vigore della tassa con doppia aliquota (al 15% e al 20%), Conte non chiarisce il timing. Ribadisce la linea politica, cioè che l’obiettivo è arrivare a una “drastica riduzione dell’elusione e dell’evasione fiscale”, ma non vengono indicate nè le coperture nè chiarito se la flat tax entrerà in vigore il prossimo anno sia per le imprese che per le famiglie o invece ci sarà un’introduzione in due tempi.
I “non detto” di Conte riguardano anche la cosiddetta pace fiscale, su cui non arrivano novità oltre lo slogan ripetuto come un mantra da Salvini e Di Maio.
E poi ancora nel suo intervento non c’è alcun riferimento alle missioni internazionali. Mancano anche due dossier di peso, cioè Ilva e Tav. Che scelte attuerà il governo? Sullo stabilimento di Taranto, che non viene mai citato, l’unico riferimento, indiretto e molto vago, è il passaggio in cui il premier dice: “L’azione di governo sarà costantemente incentrata sulla tutela dell’ambiente”. Anche la Torino-Lione, messa in discussione nel Contratto, non viene indicata quale è la strategia del nuovo esecutivo.
Poche parole e centellinate anche su università e ricerca e sul Sud. Temi affrontati con poche frasi e senza indicazioni precise sulle misure che si intende portare avanti.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
E’ UN AGRICOLTORE DELLA ZONA CON PRECEDENTI, NIPOTE DI UNO DEI SOCI DELL’EX FORNACE, CONOSCIUTO COME UNA TESTA CALDA
C’è un indagato per l’omicidio di Soumayla Sacko, il 29enne del Mali ucciso a colpi di fucile sabato pomeriggio all’ex Fornace, una fabbrica abbandonata al confine fra il vibonese e la Piana di Gioia Tauro, in Calabria.
Si tratterebbe di A.P., nipote di uno dei soci della società proprietaria della ex fornace, agricoltore 43enne di San Calogero, piccola frazione del vibonese molto vicina al luogo in cui il 29enne è stato ucciso.
Non è ancora chiaro se legato ad ambienti di ‘ndrangheta, certamente con alle spalle qualche precedente di polizia, per lo più relativo a liti e controversie per questioni di confini e proprietà .
Una testa calda, si sintetizza in ambienti investigativi
Secondo quanto filtra, un suo parente in passato sarebbe rimasto coinvolto nello scandalo legato alla struttura, sequestrata dopo il ritrovamento di oltre 135mila tonnellate di rifiuti tossici e fanghi radioattivi.
Questa mattina, i carabinieri della Compagnia di Tropea e della stazione di San Calogero gli hanno notificato un “avviso della persona indagata” e contestuale “notifica di accertamenti tecnici non ripetibili”.
Un passaggio necessario – spiegano fonti investigative – per consentirgli di nominare un perito di parte che assista all’autopsia che a breve sarà effettuata sul corpo di Soumayla, ma soprattutto per poter sottoporre il sospettato alla prova dello stub, l’esame per accertare la presenza di residui da sparo su mani e vestiti.
Si tratta di uno snodo fondamentale per l’inchiesta. Se lo stub dovesse risultare positivo, per l’uomo dovrebbe scattare l’arresto.
Attualmente, è indagato per omicidio e non gli è stata contestata alcuna aggravante, ma il quadro si potrebbe aggravare alla luce degli accertamenti tecnici.
Anche grazie alle precise testimonianze dei due sopravvissuti, i carabinieri fin da subito hanno stretto il cerchio attorno al 43enne, cui sarebbero stati sequestrati l’auto e alcuni vestiti.
Drame Madiheri lo aveva descritto come “basso, tozzo, con indosso una maglia nera e pantaloni grigi”, ma soprattutto aveva indicato con precisione l’auto che guidava – una Panda bianca vecchio modello – e persino parte del numero di targa.
Assistiti da avvocati e dirigenti dell’Usb, che vigilano anche sulla loro sicurezza, Drame e Fofana in mattinata, insieme al cognato della vittima, hanno formalmente riconosciuto e identificato il corpo di Soumayla.
Burocrazia della morte, che ha permesso di procedere subito dopo con gli accertamenti tecnici investigativi.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
IL WEB NON PERDONA: “SEI UN SOMARO”
Gaffe del deputato Cinquestelle Francesco Berti che accusa il Pd di essere assente in aula nel dibattito sulla fiducia al governo Conte, ma per testimoniarlo posta una foto della Camera invece di quella del Senato dove il neo premier sta tenendo da ore il suo discorso d’insediamento, con tutti i banchi di maggioranza e oppisizione occupati in pieno.
“Mentre Renzi si farà il tour fuori dall’Italia mantenendo la carica e l’indennità da senatore (s minuscola), il gruppo del Pd segue l’esempio del capo. Eccoli, quelli del ‘dobbiamo salvare le istituzioni dai populisti che non rispettano la democrazia’, ancora una volta assenti in blocco in aula, mentre il presidente Conte si presenta alla Camera. Ma veramente questi hanno governato 5 anni?”, scrive Berti pensando di cogliere l’opposizione con le mani nel sacco.
Ma Conte, come è noto alla gran parte degli italiani, oggi si è presentato al Senato e solo domani, mercoledì, sarà presente al dibattito e al voto di fiducia alla Camera.
Una circostanza che molti, tra cui i parlamentari Matteo Richetti, Nadia Ginetti, Caterina Bini del Pd, hanno fatto notare a Berti.
Il deputato M5s prova a correre ai ripari con un’ammissione su Fb dell’errore compiuto: “Mi segnalano giustamente che Renzi era in aula del Senato durante il discorso di Conte. Questa foto è stata scattata alla Camera dei deputati, uno dei due rami del parlamento, Renzi è al Senato (sì, proprio quello che voleva abolire)”, scrive non a capo chino.
Molti su Fb gli hanno risposto con puntuta brevità : “Sei un somaro”.
(da agenzie)
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Giugno 5th, 2018 Riccardo Fucile
STRAFALCIONI, CONGIUNTIVI SBAGLIATI… L’ASSESSORE: “NON E’ UN’INIZIATIVA PER GLI STRANIERI, MA E’ PENSATO PER I NOSTRI CONCITTADINI”
Troppi strafalcioni e poca padronanza della lingua italiana, con molte ‘a’ senz’acca e i congiuntivi dimenticati.
Cosi’ l’assessore alla cultura del Comune di Bariano nella Bassa bergamasca ha pensato e organizzato in Municipio un corso di italiano rivolto agli italiani.
Un ripasso di grammatica per consentire ai residenti di rispolverare le regole studiate sui banchi di scuola ma dimenticate con il passare del tempo.
“Il corso è aperto a tutti – ha spiegato all’Eco di Bergamo l’assessore alla Cultura Marino Lamera – ma non e’ un corso di alfabetizzazione per stranieri, lo abbiamo pensato proprio per i barianesi e infatti lo abbiamo chiamato ‘Cinque ri-passi della grammatica’, in ogni caso si sono iscritti anche alcuni stranieri che pero’ avevano una conoscenza dell’italiano piu’ avanzata”.
Il successo e’ stato senza precedenti: in pochi giorni si sono iscritti in 15, tutti pronti a imparare a scrivere meglio e magari non dimenticare le acca.
(da agenzie)
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