Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
L’HASHTAG LANCIATO DA VALIGIA BLU SPOPOLA E NELLA CLASSIFICA TRENDING TOPIC SURCLASSA QUELLO DI SALVINI… “VOI CHE AVETE PORTATO IL M5S AL GOVERNO, VOLEVATE QUESTO?”
Matteo Salvini lancia l’hashtag #chiudiamoiporti con tanto di foto a braccia conserte e sguardo volitivo.
E i social rispondono con le parola d’ordine di segno opposto: #umanità perta. L’hashtag, lanciato dal sito di informazione Valigia Blu, ha scalato in poche ore la classifica dei trending topic, scalzando quello salviniano.
Tweet dopo tweet, si alza la voce di quanti non si sentono rappresentati dalla decisione del ministro dell’Interno.
Fra molti altri, all’iniziativa ha partecipato anche Roberto Saviano, che in un tweet si rivolge nello specifico al ministro delle Infrastrutture e al Movimento 5 stelle: “Su Salvini non avevo alcuna speranza, ma Lei, ministro Toninelli, pensavo fosse – almeno – una brava persona. E voi, donne e uomini che avete portato il M5S al governo, volevate questo? Essere la ruota di scorta di un partito xenofobo? #umanità perta #apriteiporti #Aquarius”.
“Un giorno poi ci spiegherete che merito avete di essere essere nati nella parte più fortunata del mondo. Restiamo Umani #umanità perta #apriteiporti #aquarius”, scrive Verena Zerbato.
“Un porto chiuso è un ossimoro”, è invece il tweet di Martina Nasso: “I porti nascono per collegare: sono punti di partenza per infinite strade, innumerevoli derive possibili. I porti sono sguardi aperti sul mare. Non chiudiamo gli occhi #umanità perta #Aquarius #apriteiporti”.
L’hashtag activism, l’attivismo su Twitter, è l’immediata risposta online che potrebbe anticipare altre forme di organizzazione, fuori dalla piazza virtuale.
In tanti sperano in una mobilitazione.
“Se chiudono i porti vanno aperte le piazze”, scrive Fabio Chiusi. C’è chi, come Ciro Pellegrino, accusa il silenzio dell’Unione europea, finora rimasta a guardare: “Una #Europa vera interverrebbe subito, una Europa degli uomini e non degli spread e dei summit. Invece tace e seicento vite sono tra le onde del mare tre Malta e l’ottusità dei #Salvini e dei #Toninelli #Aquarius deve approdare, la priorità è la vita. #apriteiporti #umanità perta”. Massimiliano Boccone si limita a un semplice appello: “Non chiudiamo i porti, apriamo i cuori”.
“Sono nata a Palermo”, twitta Simona Tudisco, “la città “tutto porto” che da sempre accoglie tutti. Siamo italiani, indiani, africani e pure cinesi. Non basterà neanche Salvini a cambiare la nostra natura basata sull’accoglienza e la convivenza pacifica. Ci sta provando ma non ce la farà ! #umanità perta”.
Palermo è fra le città , insieme a Napoli e Messina, che ha dato la disponibilità a far attraccare la nave Aquarius nel proprio porto.
Il rapper Frankie Hi-nrg esprime la sua solidarietà in versi: “Quelli che i poveri li lasciamo a mollo / quelli che la croce la mettiamo in collo / sempre e solo agli ultimi / sempre ai derelitti / sempre a chi non può mai difendere i suoi diritti”.
“Ora in TT c’è #umanità perta e non chiudiamo i porti”, ha scritto Arianna Ciccone, fondatrice di Valigia Blu e ideatrice dell’hashtag. “Non cambiamo di certo il mondo con un Tweet ma è importante far sentire la nostra voce e contrastare chi ci vuole disumani. È una piccola vittoria di attivismo digitale. Parliamo anche di questo non solo di odio sui social”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
MA E’ INCAPACE DI MANDARE A FARE IN CULO CHI SPECULA SUI DISPERATI PER QUATTRO VOTI SPORCHI DI SANGUE… MALTA ACCUSA: “IL PORTO PIU’ VICINO ERA LAMPEDUSA”
La nave Aquarius è in navigazione con 629 naufraghi a bordo provenienti dal Nordafrica, tra cui 123 minori non accompagnati.
La nave ha superato Malta, che ha dichiarato di non avere competenza e sta navigando verso nord.
Dice l’ultimo tweet della Ong Sos Mediterranee alle 21.30 di aspettare urgentemente istruzioni. Ma la nave continua a navigare verso nord, prima di doversi eventualmente fermare tra Malta e la Sicilia.
Le istruzioni infatti arrivano poco dopo le 22.30: Sos Mediterranee twitta che gli è stato detto di fermare Aquarius dove si trova: a 35 miglia nautiche dall’Italia e 27 da Malta
E l’Unhcr in serata fa un appello: “Stati e attori coinvolti trovino soluzioni rapide che consentano ai migranti e rifugiati dell’Aquarius di essere sbarcati in modo sicuro e rapido”.
Poco dopo le 22 il premier Giuseppe Conte, impegnato in un vertice con Salvini e Di Maio, annuncia: “E’ stato disposto l’invio di due motovedette con medici a bordo pronti a intervenire al fine di garantire la salute di tutti gli occupanti dell’Aquarius che dovessero averne necessità “.
La risposta di Malta non è positiva. “Il caso non è di nostra competenza”, ha detto un portavoce del governo della Valletta citato dal quotidiano Malta Today.
E spiega: “Il salvataggio degli oltre 629 migranti ora a bordo dell’Aquarius è avvenuto nella zona libica di ricerca ed è stato coordinato dal centro di soccorso a Roma”.
E quindi – questa la conclusione – “Malta non è nè l’autorità che coordina ne ha competenza sul caso”.
La Valletta nega addirittura di aver ricevuto la lettera di Salvini.
Riporta il Times of Malta che le operazioni di salvataggio sono state condotte e coordinate dall’Italia e che le leggi internazionali dicono che deve essere il porto più vicino ad accogliere i migranti.
Si tratterebbe quindi di Tunisi o Lampedusa.
E l’ambasciatore di Malta in Italia, Vanessa Frazier, raggiunta in aereo dice:” I 629 migranti dell’Aquarius non li accogliamo, è una questione di principio. L’operazione SAR (search and rescue) nel Mediterraneo è avvenuta nella SAR libica coordinata dal centro RCC di Roma. Per cui è assolutamente escluso che i migranti debbano essere sbarcati a Malta”.
Una prima reazione al caso era arrivata attraverso un’intervista radiofonica del premier Joseph Muscat: “Malta intende costruire buone relazioni con l’Italia, nella convinzione che gli interessi di Roma e La Valletta siano simili. Ha sempre agito in accordo con le regole internazionali sull’immigrazione e lo dimostrano fatti documentati”.
Insomma, una contrapposizione netta.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
LA AQUARIUS IN ATTESA DI ISTRUZIONI PER LO SBARCO: A BORDO 629 ESSERI UMANI, TRA CUI 123 MINORI, 11 BAMBINI E 7 DONNE INCINTE… SE SUCCEDE QUALCOSA L’ACCUSA SARA’ PESANTISSIMA, RAZZISTI AVVISATI
“L’Aquarius si dirige verso nord, seguendo le istruzioni ricevute dopo i soccorsi e i trasbordi operati la scorsa notte sotto il coordinamento del MRCC di Roma.
L’Aquarius è nell’attesa di istruzioni definitive per quanto riguarda il porto di sbarco (port of safety)”. Lo scrive, in un post delle 18.33 su Facebook, Sos Mediterranee Italia.
“Abbiamo preso nota – prosegue il post – della dichiarazione del ministro dell’Interno italiano ai media italiani. Il nostro unico obiettivo è lo sbarco in un porto sicuro delle persone che abbiamo soccorso ieri in condizioni difficili. Prendiamo atto inoltre che le autorità SAR maltesi sono state contattate dalle autorità SAR italiane – conclude il post – al fine di trovare la soluzione migliore per il benessere e la sicurezza delle 629 persone che si trovano ora a bordo dell’Aquarius”.
A bordo della nave Aquarius ci sono 629 persone, tra loro 123 minori non accompagnati, 11 bambini e sette donne incinte. Sono state soccorse attraverso sei diverse operazioni di salvataggio.
“Se un ministro senza cuore lascia morire in mare donne incinte, bambini, anziani, esseri umani, il porto di Napoli è pronto ad accoglierli. Noi siamo umani, con un cuore grande. Napoli è pronta, senza soldi a salvare vite umane”. Lo scrive in un tweet il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris facendo riferimento alla mancata autorizzazione di approdare in Italia per la nave Aquarius con a bordo 629 migranti.
Anche Palermo è pronta ad accogliere. “Palermo, la città che a partire dal proprio nome è ‘tutta un porto’, è stata e sarà sempre pronta ad accogliere le navi, civili o militari che siano, impegnate nel salvataggio di vite umane nel Mediterraneo. Quelle navi e quegli uomini che rispettano la legge del mare e la legge internazionale, sottraendo alla morte uomini, donne e bambini che alcuni vorrebbero consegnare nelle mani della criminalità internazionale. A violare la legge internazionale, quella che impone come priorità assoluta il salvataggio delle vite umane, è il ministro dell’Interno italiano che, qualora ce ne fosse stato bisogno, ha dato ulteriore dimostrazione della natura culturale dell’estrema destra leghista”.
Lo dichiara il sindaco Leoluca Orlando.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
“QUALCUNO GIOCA CON LA VITA DI 600 DISPERATI”
“Non voglio rubarvi il lavoro, ma il titolo di giornata potrebbe essere: ‘Restiamo inumani'”. Così all’HuffPost consiglia Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Il ministro degli Interni Matteo Salvini ha appena annunciato che il Viminale non autorizzerà l’attracco in un porto italiano della nave “Acquarius”, con a bordo 629 migranti…
“Intanto va detto che questa gravissima decisione riguarda due ministri, in quanto i porti sono dipendenti dal ministero delle Infrastrutture e dal suo titolare (Toninelli, pentastellato, ndr). Il titolo della giornata potrebbe essere: ‘Restiamo inumani’. Si tratta di una decisione priva di pietà per le sorti di oltre 600 persone, donne, bambini, minori non accompagnati inclusi. E sulla loro sorte di avvia un contenzioso con Malta, incuranti delle conseguenze per queste persone. Il tema dell’atteggiamento di Malta nel complesso delle questioni riguardanti l’immigrazione esiste ed è bene ricordarlo e fatto pesare, ma farlo con oltre 600 persone su una nave è del tutto sbagliato”.
Ad affondare è anche il Diritto del mare…
“Il Diritto del mare passa del tutto in secondo piano, considerato il fatto che Malta rifiuta da anni di mettere a disposizione i propri porti, e questo è un dato di fatto. L’atteggiamento delle autorità di La Valletta è esecrabile, e su questo non possono esserci dubbi o incertezze nel denunciarlo. Ora, però, se per contestare l’atteggiamento maltese si deve giocare con la salute e chissà sulla vita stessa di 600 persone, beh, non può essere questa la soluzione”.
Siamo al colpo finale per le Ong che operano nel Mediterraneo?
“Ieri sera, sabato, durante la conferenza stampa dal Canada, ho ascoltato il presidente del Consiglio, professor Conte, dire che il problema non sono le Ong. Quindi mi pare che all’interno del governo vi siano posizioni non proprio identiche. Ci vorrebbe saggezza, pazienza e un impegno serio a risolvere le ragioni di fondo di un fenomeno complesso come quello dell’immigrazione. Se siamo arrivati a questo punto, lo dobbiamo anche alle politiche europee, e dunque anche italiane, di fare le cose nel modo completamente inverso. Noi, come Italia, abbiamo prima buttato amare quella meravigliosa operazione chiamata ‘Mare nostrum’, poi abbiamo ridotto la capacità di ricerca e soccorso in mare, poi ancora abbiamo delegittimato e ostacolato le Ong. Infine oggi chiudiamo loro i porti. Una politica sciagurata, che non ha mai realizzato azioni alternative, come quella di garantire percorsi legali e sicuri ai richiedenti asilo, e quote significative di reinsediamento in Paesi terzi. Non si è investito nello stato di diritto in Libia, e questo è lo scenario, desolante, che precede la situazione odierna”.
Amnesty International, come altre associazioni e Ong impegnate nella difesa dei diritti umani, non ha mai smesso di denunciare situazioni limite, e anche oltre, in cui i diritti della persona sono stati sistematicamente calpestati, come nei lager libici, per restare al Mediterraneo. Alla luce di questi ultimi fatti, cosa si sente di chiedere alla società civile?
“Io temo che la società civile oggi sia abbastanza annichilita dagli attacchi continui contro le Ong, delegittimate, attaccate nella loro reputazione e perfino criminalizzate. Siamo usciti da una campagna elettorale in cui la ‘minaccia’ dalla quale difendersi non era soltanto il migrante ma anche l’italiano solidale. E’ necessario, però, reagire, chiamando a una maggiore attenzione anche il mondo dell’informazione, giacchè in questi giorni abbiamo anche assistito a giornalisti cui è stato chiesto di consegnare documentazioni e immagini raccolte a bordo di una nave, di una Ong tedesca, che aveva tratto in salvo centinaia di migranti nel Mediterraneo. Di cosa si aveva timore? Cosa bisognava nascondere? Tranne rare eccezioni, su questa vicenda è calato un silenzio pesante da parte dei mezzi di comunicazione. E questo è preoccupante, perchè se si spengono i riflettori sulle tragedie che si continuano a consumare nel Mediterraneo, se non se ne ricercano responsabilità e connivenze, la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. E di questo ne porteremo, tutti, la responsabilità “.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
“CI SONO TANTE NUOVE SCHIAVITU’ IN ITALIA, NON SOLO NEL MERIDIONE”
“Ci sono tante nuove schiavitù in Italia, non solo nel meridione”, così Gino Strada, fondatore di Emergency, ospite di Lucia Annunziata a “1/2 h in più”, che ha poi dato un giudizio sugli ultimi due ministri dell’Interno, Minniti e Salvini: “Minniti ha fatto una politica che è un atto di guerra contro i migranti, che ha portato molti morti. Matteo Salvini vuole portare avanti l’opera di Minniti. Io spero che l’opera di Salvini finisca come quella di Minniti, nel nulla”, ha detto Strada.
“Io – ha continuato Strada – ho 70 anni e sono sconcertato. Non mi aspettavo di vedere ministri dell’Interno razzisti o sbirri in Italia”, riferendosi sempre a Marco Minniti e Matteo Salvini.
“La politica di Minniti era pagare degli assassini per dire assassinatevi pure ma non a casa nostra. c’è continuità di intenti con il suo successore Salvini. Non hanno considerazione delle vite umane”.
oi un commento sulla “pacchia”, termine utilizzato da Salvini riferendosi ai migranti: “È finita la pacchia. Ma ha mai lavorato in miniera?”.
“Oggi in Italia c’è una guerra tra poveri, e questo è triste. ‘Italiani prima! Vengono a portarci via il lavoro!’ – ha commentato Strada – s’è visto, gli sbarchi sono calati del 70 per cento e nessun effetto sui tassi di occupazione”.
“Pensare che la Lega sia in un governo di rinnovamento… me lo ricordo io Bossi urlacchiare in giro… mi sembra una roba vecchia. Sono stanco. Vorrei andare via dall’Italia”.
(da agenzie)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
E’ PALESE LA VIOLAZIONE DELL’ART. 33 DELLA CONVENZIONE DI GINEVRA, DEGLI ART 2 E 3 DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELL’ART 4 PROT. 4 DELLA CEDU
Dopo le dichiarazioni del Ministro degli Interni Matteo Salvini sulla chiusura dei porti italiani alle navi delle ong impegnate nelle attività di soccorso ai migranti davanti alla Libia, pubblichiamo 5 domande e 5 risposte sulla solidarietà in mare nel diritto internazionale
1) Salvare la vita in mare è un obbligo?
Si. Il diritto del mare e la Costituzione italiana (art. 2) si fondano sulla solidarietà quale dovere inderogabile.
Il diritto internazionale (convenzione di Montego Bay e altre) impone agli Stati di obbligare i comandanti delle navi che battono la propria bandiera nazionale a prestare assistenza a chiunque venga trovato in mare in pericolo di vita, di informare le autorità competenti, di fornire ai soggetti recuperati le prime cure e di trasferirli in un luogo sicuro
2) Non prestare soccorso ai naufraghi è reato?
Si. In Italia, l’ingiustificata omissione di soccorso ai naufraghi costituisce reato ai sensi degli articoli 1113 e 1158 del codice della navigazione.
Sono obbligati a prestare soccorso tutti i soggetti, pubblici o privati, che abbiano notizia di una nave o persona in pericolo in mare, qualora il pericolo di vita sia imminente e grave e presupponga la necessità di un soccorso immediato.
Secondo la Convenzione di Amburgo tutti gli Stati con zona costiera sono tenuti ad assicurare un servizio di ricerca e salvataggio (SAR).
L’acronimo SAR corrisponde all’inglese “search and rescue” ovvero “ricerca e salvataggio”. Con questa sigla si indicano tutte le operazioni che hanno come obiettivo quello di salvare persone in difficoltà .
3) Perchè le navi delle ong non sbarcano a Malta?
Tutti gli stati costieri del Mediterraneo sono tenuti, alla luce della Convenzione di Amburgo, a mantenere un servizio di SAR, e le SAR dei vari stati devono coordinarsi tra di loro.
Il Mar Mediterraneo, in particolare, è stato suddiviso tra i Paesi costieri nel corso della Conferenza IMO (International Maritime Organization) di Valencia del 1997. Secondo tale ripartizione delle aree SAR, l’area di responsabilità italiana rappresenta circa un quinto dell’intero Mediterraneo, ovvero 500 mila km quadrati.
Tuttavia il governo maltese, responsabile di una zona vastissima, si è avvalso sinora della cooperazione dell’Italia per il pattugliamento della propria zona di responsabilità : nella prassi il Centro di Coordinamento regionale SAR maltese non risponde alle imbarcazioni che la contattano nè interviene quando interpellato dal Centro di Coordinamento regionale SAR italiana.
La mancata risposta dell’autorità maltese, tuttavia, non esime la singola imbarcazione che ha avvistato il natante in panne dall’intervenire.
Di fatto, a seguito della mancata risposta (o risposta negativa) della SAR maltese, la singola imbarcazione chiederà l’intervento della SAR italiana che coordinerà l’intervento.
La Libia e la Tunisia, pur avendo ratificato la convenzione di Amburgo, non hanno dichiarato quale sia la loro specifica area di responsabilità SAR.
L’area del Mar Libico confinante con le acque territoriali della Libia non è quindi posta sotto la responsabilità di alcuno Stato.
Di fatto, l’unico soggetto che presta soccorso (anche) nelle acque confinanti con le acque territoriali libiche è l’Italia.
In Italia l’MRCC di Roma ha il compito di assicurare l’organizzazione efficiente dei servizi di ricerca e salvataggio nell’ambito dell’intera regione di interesse italiano sul mare, che si estende ben oltre i confini delle acque territoriali (circa un quinto dell’intero Mediterraneo, ovvero 500 mila km quadrati).
Il Comando Generale, infatti, assume le funzioni di Italian Maritime Rescue Coordination Centre (I.M.R.C.C.), e cioè di Centro Nazionale di Coordinamento del Soccorso Marittimo, cui fa capo il complesso delle attività finalizzate alla ricerca e al salvataggio della vita umana in mare.
L’I.M.R.C.C. mantiene i contatti con i centri di coordinamento del soccorso degli altri Stati per assicurare la collaborazione a livello internazionale, prevista dalla Convenzione di Amburgo.
4) Cosa si intende per luogo sicuro dove condurre i soggetti recuperati?
Il luogo di sicurezza (place of safety) è da intendersi come il luogo in cui può essere garantita innanzitutto l’incolumità e l’assistenza sanitaria dei sopravvissuti. In termini pratici questo vuol dire che finito il salvataggio in mare, l’operazione SAR non è ancora conclusa: i naufraghi devono essere condotti in un luogo dove possono essere fornite le garanzie fondamentali agli stessi (non solo le garanzie relative all’assistenza sanitaria, ma anche la garanzia a non essere sottoposto a torture o a poter presentare domanda di protezione internazionale).
L’individuazione di tale luogo spetta alla SAR che coordina la singola azione di salvataggio, salvo che ci si trovi nelle acque territoriali dove resta la competenza esclusiva dello Stato costiero.
Non sempre il luogo sicuro è lo Stato costiero più vicino al luogo ove avvengono le operazioni di soccorso. Non sono infatti considerati “sicuri” porti di paesi dove si possa essere perseguitati per ragioni politiche, etniche o di religione, o essere esposti a minacce alla propria vita e libertà .
Ad esempio, l’UNHCR ritiene che la Libia non soddisfi i criteri per essere designata come luogo sicuro allo scopo di svolgere procedure di sbarco in seguito a salvataggi in mare, alla luce della volatilità delle condizioni di sicurezza in generale e, più in particolare, nei riguardi di cittadini di paesi terzi.
Queste condizioni, infatti, contemplano la detenzione in condizioni che non rispettano gli standard – e sono stati dimostrati frequenti abusi nei confronti di richiedenti asilo, rifugiati e migranti.
Secondo un esposto dell’ASGI, il territorio libico non può ritenersi “luogo sicuro”, in quanto non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, nè le principali Convenzioni in materia di diritti umani, e numerosi sono i rapporti internazionali che denunciano le gravi violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti dei migranti.
5) È possibile bloccare l’accesso ai porti delle navi private che hanno effettuato il soccorso?
Lo stato costiero, nell’esercizio della propria sovranità , ha il potere di negare l’accesso ai propri porti. Le convenzioni internazionali sul diritto del mare, pur non prevedendo esplicitamente l’obbligo per gli stati di far approdare nei propri porti le navi che hanno effettuato il salvataggio, impongono e si fondano sull’obbligo di solidarietà in mare, che sarebbe disatteso qualora fosse negato l’accesso al porto di una nave con persone in pericolo di vita, appena soccorse e bisognose di assistenza immediata.
La chiusura dei porti comporterebbe in ogni caso la violazione di norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati, a partire dal principio di non refoulement sancito dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra.
Il rifiuto di accesso ai porti di imbarcazioni che abbiano effettuato il soccorso in mare può comportare la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), qualora le persone soccorse abbiano bisogno di cure mediche urgenti, nonchè di generi di prima necessità (acqua, cibo, medicinali), e tali bisogni non possano essere soddisfatti per effetto del concreto modo di operare del rifiuto stesso.
Il rifiuto, aprioristico e indistinto, di far approdare la nave in porto comporta l’impossibilità di valutare le singole situazioni delle persone a bordo, e viola il divieto di espulsioni collettive previsto dall’art. 4 del Protocollo n. 4 alla CEDU.
(da “Il Corriere della Sera“)
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Giugno 10th, 2018 Riccardo Fucile
LA RESPONSABILITA’ E’ DEL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE, VIOLARE LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI COMPORTA LA DENUNCIA
Ci sono precedenti alla decisione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, di chiudere i porti?
Nel giugno 2017 sotto una pressione degli sbarchi ben maggiore (12mila arrivi in pochi giorni), il governo Gentiloni, col ministro Marco Minniti, aveva valutato l’opportunità di negare l’accesso ai porti del nostro Paese alle navi delle Ong che non battevano bandiera italiana.
O, in ogni caso, di valutare gli ingressi, escludendo ogni automatismo. Un modo per fare pressione sui partner europei. Ma mai si era arrivati a una minaccia esplicita.
Come si definisce un “porto sicuro”
La convenzione di Amburgo del 1979 prevede che gli sbarchi debbano avvenire nel “porto sicuro” più vicino al luogo del soccorso. Questo significa che, come spiega l’Unhcr, le persone tratte in salvo devono essere portate dove: 1) la sicurezza e la vita dei naufraghi non è più in pericolo; 2) le necessità primarie (cibo, alloggio e cure mediche) sono soddisfatte; 3) può essere organizzato il trasporto dei naufraghi verso una destinazione finale.
Chi decide qual è il “porto sicuro” più vicino?
Questo viene individuato dal Maritime rescue coordination centre che ha responsabilità del coordinamento delle operazioni in mare. In altre parole, se è il Comando generale della Guardia costiera con base a Roma (come nel caso della Aquarius) a ricevere la richiesta d’aiuto, saranno gli italiani a scegliere il luogo dove portare i naufraghi.
Perchè Salvini attacca le autorità maltesi?
Perchè Malta viene considerato un “porto sicuro”, tanto che accetta spesso di occuparsi della cura dei malati soccorsi in mare e trasferiti con ponte aereo. Ma sono pochissimi gli sbarchi autorizzati, viste le insufficienti capacità ricettive attivate sull’isola dalle autorità maltesi.
Nel caso della nave Aquarius chi deve accogliere i migranti soccorsi?
Per la Valletta, “il salvataggio è avvenuto nella zona libica di ricerca ed è stato coordinato dal centro di soccorso a Roma. Malta non è nè l’autorità che coordina ne ha competenza sul caso”. Ma la linea del Viminale è sempre stata diversa: Malta è un porto sicuro e non è il Paese che coordina i soccorsi a dover essere automaticamente anche sede dello sbarco dei migranti. Per il resto, si è sempre accordato a Malta un “atteggiamento comprensivo”, comprendendone le difficoltà , visto le insufficienze delle sua capacità di accoglienza.
L’Italia può decidere di chiudere i suoi porti?
Sì, il governo italiano può negare uno sbarco. Ma la responsabilità ricade totalmente sul ministro delle Infrastrutture, il Viminale non ha competenza al riguardo.
Il rifiuto di accesso ai porti di imbarcazioni che abbiano effettuato soccorsi in mare può comportare però la violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, quando i soccorsi versino in stato di bisogno (per esempio, alimentare) o necessitino di cure mediche urgenti.
Una volta comunicata la chiusura dei porti cosa devono fare le navi dei soccorsi?
In teoria non dovrebbero neppure entrare nelle acque territoriali di quel Paese. In verità , se una nave si presenta all’imbocco del porto e comunica che non può garantire la sicurezza delle persone a bordo e le cure mediche necessarie, il Paese deve accogliere l’imbarcazione.
(da “La Repubblica”)
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