Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
LA LIBIA VUOLE MANO LIBERA E NESSUN TESTIMONE SCOMODO NEI CENTRI PER PROFUGHI… IL VICE PREMIER MAITEEQ E’ IL GARANTE DEI FINANZIAMENTI E DELLA IMPUNITA’ ALLE TRIBU’ CHE FANNO DA AGUZZINI… L’ITALIA FINANZIA UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Niente testimoni scomodi. O mani completamente libere o non se ne fa niente. Formalmente, è una questione di sovranità nazionale. Nella sostanza, in quei centri di accoglienza/identificazione, l’unico controllo deve essere libico.
Incrociando fonti diplomatiche a Roma e osservatori indipendenti a Tripoli, HuffPost può fornire una chiave d’interpretazione molto concreta alle parole del vice presidente libico Ahmed Maiteeq, pronunciate ieri nella conferenza stampa congiunta a Tripoli con il ministro dell’Interno e vice premier italiano, Matteo Salvini.
“Rifiutiamo categoricamente” la proposta circolata in ambito europeo di realizzare “campi di migranti in Libia: non è consentito dalla legge libica”, ha sostenuto Maiteeq.
Bocciata dunque l’ipotesi, evocata dall’Italia, di realizzare Centri di identificazione in Libia (e in Niger) finanziati con le risorse dell’Africa Fund europeo, ma gestiti dalle agenzie delle Nazioni Unite (Unhcr e Oim).
Maiteeq è uomo legato al sistema tribale ed è supportato dalle più potenti tribù libiche: un “Garante”, più che un vice premier; garante dei finanziamenti alle tribù che si sono reinventate “custodi” dei migranti; “garante” della loro impunità quanto a pratiche coercitive utilizzate nei 34 centri di detenzione gestiti dal ministero dell’Interno di Tripoli. E qui inizia la storia.
“Al confronto dei lager libici, i campi profughi della Turchia assomigliano a dei resort”.
Il tragico paradosso, formulato da una fonte ai vertici di una delle agenzie Onu impegnate in prima linea sul fronte dei rifugiati e/o migranti, dà conto di cosa significhi, in termini di diritti umani, affidare alle “autorità ” libiche la gestione dei soccorsi in mare e del contenimento della rotta mediterranea.
Non si tratta di piegare questo tema, che riguarda la vita e la morte di migliaia e migliaia di persone, a polemiche politiche interne o a mai saziati appetiti elettorali. Non è questo il problema, visto peraltro che l’affidarsi alla Guardia costiera libica, e alle milizie e tribù che controllano il territorio libico da dove partono le carrette del mare, nasce con il governo precedente a quello giallo-verde, quando al Viminale era insediato un esponente del Pd, Marco Minniti.
In continuità con il recente passato, anche il governo in carica ha deciso di puntare sull’esecutivo di Tripoli guidato da Fayez al-Serraj. Un governo che fatica a esercitare il controllo della stessa Capitale.
Controllano i porti da dove partono le “carrette del mare”. Hanno stretto un patto d’azione (milionario) con le tribù locali, funzionari corrotti dei “governi” in carica (Tobruk e Tripoli) e filiere jihadiste.
Quanto alle rotte dei barconi, direzione Italia, i punti di partenza sulla costa ad ovest di Tripoli sono Zuara, Sabratha, Sourman e Zanzur.
Alle porte della capitale gli imbarchi avvengono a Tagiura e verso Misurata a Tarabuli.
Tutte zone sotto il controllo del governo non riconosciuto di Tripoli legato agli islamisti e alleato di fatto con Ansar al Sharia, che combatte nel Fezzan, ai confini sud della Libia, sventolando le bandiere nere del Califfato.
Almeno a Sabratha, uno dei punti di partenza verso Lampedusa, operano milizia legate ad Ansar al Sharia, la fazione jihadista più attiva e meglio armata tra le oltre 230 che spadroneggiano in Libia, e che nei mesi scorsi è entrata a far parte dell’Esercito islamico di al-Baghdadi.
I clan criminali che si occupano materialmente della tratta pagano il pizzo alle milizie che controllano il territorio.
A Zuara, lo snodo più importante, ogni viaggio genera un giro d’affari medio di 150mila euro. Il pizzo ai miliziani è di 18mila euro, poco più del 10 per cento.
Le coste fra Derna e Sirte, area di insediamento jihadista, offrono facile riparo a possibili barchini che, sul modello degli Al Shabaab somali potrebbero minacciare le rotte nel Mediterraneo Centrale trasformandosi in una fonte di auto-sostentamento per qualsiasi gruppo terroristico o clan criminale.
Nel Sahel libico i nomadi Tebu comandano il traffico dei migranti: raccolgono con questo commercio 60mila dollari alla settimana.
Fanno affari, stringono accordi con le tribù concorrenti come i Tuareg, si alleano con il governo di Tobruk — quello riconosciuto internazionalmente – e l’anno scorso hanno catturato nella loro rete 170mila paganti, come se facessero un servizio pubblico, alla luce del sole.
Sono i Tebu che riforniscono i barconi e hanno in mano i flussi migratori da Est, dal Corno d’Africa, che transitano per le piste che dal Sudan attraversano il deserto libico, superando l’oasi di Cufra alla volta di Agedabia, sulla costa della Cirenaica.
La rotta orientale è praticata da profughi sudanesi, somali, etiopi, eritrei e dai siriani in fuga dalla guerra. Il biglietto si acquista nei mercati di Khartoum, la capitale del Sudan.
Da lì si parte sui pick up che trasportano una media di trenta-quaranta persone. Il viaggio – salvo imprevisti – dura un paio di settimane durante le quali le loro vite sono in pugno ai soprusi di autisti, poliziotti, miliziani.
È in questo quadro di illegalità diffusa, che s’inserisce l’illegalità “legalizzata”.
A far rispettare questa “legge” dovrebbe pensare anche la Guardia costiera di Tripoli. La Guardia detta la sua di “legge”, definisce i suoi tariffari, intesse alleanze, gioca su più tavoli.
Vincendo le ragionevoli titubanze, i rischi di finire ammazzati sono altissimi, e con la garanzia dell’anonimato, c’è chi racconta ad HuffPost l’esistenza di un vero e proprio “tariffario”: per un gommone “lasciato salvare” vengono chiesti dai 45 ai 60mila euro. La merce umana viene cosi “prezzata” due volte: per imbarcarsi e per avere una chance in più di non finire in fondo al mare.
È un sistema dell’illegalità che si “legalizza” nel momento in cui a tirare le fila di questi (sporchi) affari milionari sono personale governativo, uomini in divisa, funzionari locali che arricchiscono i loro conti bancari all’estero, con la foraggiata complicità dei “colletti bianchi” che in qualche paradiso fiscale riciclano i proventi dei traffici.
Per mettere fine a questo sistema, il generale Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, nemico giurato di Serraj, ha posto il suo di tariffario all’Europa: 20 miliardi di euro per trasformarsi, come e più del turco Erdogan, nel “Gendarme” del Mediterraneo.
E se non si accetta di pagare il pizzo alla Guardia Costiera di Tripoli, allora il mare diventa off limits e la sicurezza una chimera. Smantellare il sistema di collusione sedimentatosi in Libia attorno al traffico di migranti è una impresa sempre più difficile da realizzare.
Un abitante di Zawiya, uno dei punti di maggior traffico di migranti, ha riferito ad “Al Jazeera” che il capo dei miliziani “è pagato direttamente dal governo con il compito di monitorare le attività al porto. Dovrebbe lavorare con i funzionari della marina, ma invece è il boss del traffico di esseri umani. Non solo gestisce quello che accade al porto, ma controlla direttamente anche diversi centri di detenzione”.
L’agenzia Askanews riporta che una fonte del ministero dell’Interno libico, contattata da al Jazeera, ha confermato il racconto dell’abitante di Zawiya: “Le guardie costiere corrotte danno i migranti ai miliziani e i miliziani li tengono in centri di detenzione illegali. Qui iniziano a ricattare i migranti. Gli prendono i soldi, i telefoni, i documenti. Con i numeri che trovano sui telefoni, i trafficanti chiamano le famiglie per chiedere un riscatto per lasciarli andare. I miliziani li vendono anche ai caporali della zona che li usano come forza lavoro gratuita. Contrastarli è quasi impossibile, anche per la polizia”.
“Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi armati e dei trafficanti spesso in combutta per ottenere vantaggi economici – ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa – Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a violenze ed abusi sistematici.
I governi europei non solo sono pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono attivamente le autorità libiche nell’impedire le partenze e trattenere le persone in Libia.
Dunque, sono complici di tali crimini”, ha aggiunto.
L’organizzazione non governativa lancia poi un’accusa alla Guardia costiera libica i cui ufficiali “sono conosciuti per operare in collusione con le reti di trafficanti e per esercitato minacce e violenze sui rifugiati e sui migranti a bordo delle barche in difficoltà “.
Più volte HuffPost ha dato conto di denunce relative alla connivenza tra elementi della Guardia costiera libica e i trafficanti di esseri umani. In un rapporto del luglio 2017, Oxfam ha documentato che l’84% delle persone intervistate ha dichiarato di avere subito trattamenti inumani tra cui violenze brutali e tortura, il 74% ha dichiarato di aver assistito all’omicidio o alla tortura di un compagno di viaggio, l’80% di aver subito la privazione di acqua e cibo e il 70% di essere stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali.
“I migranti sono stati sottoposti a detenzione arbitraria e torture, tra cui stupri e altre forme di violenza sessuale” ha rimarcato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, basandosi sulle inchieste di Unsimil, la missione Onu a Tripoli, in un rapporto trasmesso al Consiglio di sicurezza nel quale vengono riportati anche i soprusi della Guardia costiera libica e le crudeltà dei funzionari incaricati del contrasto all’immigrazione illegale.
L’agenzia Onu per i migranti (Oim) ha censito 627mila stranieri in Libia, ma secondo Guterres le stime reali vanno da 700mila al milione.
Nelle 17 pagine del dossier vengono raccontale le rilevazioni dell’Unsmil, che “ha visitato quattro centri di detenzione supervisionati dal Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale e ha osservato un grave sovraffollamento e condizioni igieniche spaventose”.
I prigionieri “erano malnutriti e avevano limitato o nessun accesso alle cure mediche. La missione internazionale ha continuato a documentare “la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia costiera libica nel corso di salvataggi e/o intercettazioni in mare”, scrive Guterres che cita quanto avvenuto il 6 novembre 2017, quando “i membri della Guardia costiera hanno picchiato i migranti con una corda e hanno puntato le armi da fuoco nella loro direzione durante un’operazione in mare”. Sia nei centri governativi sia nei lager clandestini si verificherebbero, come segnalato nel documento consegnato al Consiglio di sicurezza il 12 febbraio, “rapimenti per estorsione, lavori forzati e uccisioni illegali”.
Così si spiegano le parole del vice premier libico.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO IL NO DI TRIPOLI HA CORRETTO IL TIRO: “PARLAVO DI CORRIDOI ESTERNI”… MA NON SI E’ CONFRONTATO CON GLI INTERESSATI, SPARA BALLE UN TANTO AL CHILO
Ha deciso lui per tutti. Dopo che Tripoli ha risposto picche agli hotspot in territorio libico, anche se nel sud, il ministri di Polizia Salvini ha corretto il tiro e parlato di confini esterni.
Quindi questo significa che lui ha preso una decisione che riguarda il Mali, il Sudan e i paesi a sud della Libia a loro insaputa.
“Quando parlavo di centri di protezione e identificazione da aprire ai confini della Libia, intendevo ai confini esterni della Libia”. Ha precisato il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante la conferenza al Viminale, dopo il rientro dalla Libia.
Tripoli, infatti, per voce del vicepremier Ahmed Maitig, aveva messo in chiaro: “Rifiutiamo categoricamente la presenza di campi per migranti in Libia. Questo non è accettato dai libici nè è consentito dalla legge libica”
E allora? Il titolare del Viminale ha spiegato che “Niger, Mali, Ciad, Sudan, sono tutti coinvolgibili ma serve un’azione forte della Unione europea, come fu fatto con la Turchia per i confini Est. Inoltre, ci piacerebbe che l’azione francese in Niger fosse più operativa: ma non do lezioni ai francesi altrimenti poi Macron si offende…”.
Parole al vento, fatti zero, balle tante.
(da Globalist)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
CHI PROMUOVE L’ODIO VERSO IL DIVERSO (IL NON BIANCO, IL NON CRISTIANO, IL NON ETERO) E’ SEMPLICEMENTE UN RAZZISTA
Negli anni mi è successo di vergognarmi di essere italiano. Capitava di solito quando Silvio Berlusconi faceva una delle sue gaffe o i parlamentari abbassavano la testa al volere del loro capo e, probabilmente, unico datore di lavoro.
All’epoca ero circondato da tanti altri connazionali espatriati che, in maniera simile, si sconsolavano guardando il teatrino della politica nazionale.
Oggi, purtroppo, tanti amici inglesi, americani, austriaci, polacchi, ungheresi e così via, provano imbarazzo nel leggere quello che succede nel proprio paese e il risalto che ne viene dato dai media internazionali
Non mi sento meglio, nè sollevato, da questo imbarazzo diffuso.
Vedo un futuro difficile, dove potremmo imbatterci in un mondo ancora più complicato rispetto a quello che conosciamo. E ho ripreso a vergognarmi. Ancora una volta non sono solo. Lo faccio insieme a tanti altri che all’estero parlano la lingua di Dante.
Questi decenni verranno studiati come quelli di una rivoluzione che, dopo quella industriale, ha cambiato il globo o almeno parte di esso: internet e l’avanzamento della tecnologia hanno rivoluzionato i modi di vivere, viaggiare, corteggiare, comunicare, fare politica, diffondere la cultura, l’attivismo, permesso canali orizzontali di trasmissione dell’informazione.
Eppure la nuova rivoluzione ha contribuito ad agitare una bottiglia e fare esplodere un tappo.
Il contenuto versato è la rabbia, l’odio e la violenza verbale “protetta” da uno schermo e dalla postazione in salotto. Il web è un vettore, ma i contenuti sono nostri.
I messaggi che mi fanno vergognare oggi sono quelli del ministro dell’Interno e dei suoi seguaci (che, come a volte succede, magari commenteranno queste righe, suggerendo, senza conoscermi, che sono un privilegiato e parte dell’establishment)Salvini oggi è uno dei maggiori esempi mondiali di populismo e demagogia al potere. È l’autoproclamato tribuno di un popolo di minoranza che si atteggia a maggioritario e con il quale lui pensa di interagire direttamente.
Questo pregiudizio razziale si è rinvigorito grazie a media disattenti e quasi privi di conoscenze storiche che legittimavano i comizi senza contraddittorio dei leghisti.
Salvini e simili diventano il megafono di un’entità nazionale e nazionalista nebulosa e disomogenea che è muta con i cattivi e i furbi (mafia, evasori) ma mostra muscoli dopati dai gigabyte dell’ultima promozione internet e imbelliti da selfie taroccati con quelli più deboli e poveri — guardando, tuttavia, questi ultimi sempre dal famoso schermo del telefonino e senza mai incrociare lo sguardo di un bambino africano.
In effetti, per chi predica il pregiudizio xenofobo i migranti sono essenzialmente questo: immagini di sfigati provenienti da un mare apparentemente lontanissimo, fotografie da un set cinematografico di un film surreale.
In sintesi, chi fugge da guerre e fame viene deumanizzato e non più percepito come un essere di pari dignità e valore.
Questa è una strategia per non ascoltare le grida di aiuto e allontanare le responsabilità .
Guardare il mondo dritto negli occhi significa invece fare i conti con la paura e la sofferenza. Più che percepire il dolore altrui è conseguentemente meglio rifugiarsi nelle favole e credere alla “pacchia”, alle vacanze dei migranti o alle facili cospirazioni.
Poco tempo fa mi sono trovato a dibattere in televisione con Diego Fusaro, un filosofo, marxista sulla carta, etnonazionalista reazionario nella vita giornaliera, che mi ha fatto dubitare del valore di un dottorato di ricerca (che dovrebbe avere anche lui): zero dati, zero conoscenza del dibattito internazionale e delle dinamiche socioeconomiche e politiche di altri paesi.
Il tutto era un festival di affermazioni e concetti astratti: signori del mondialismo-deportazioni di massa-imperialismo interventistico.
Non pretendo empirismo scientifico da tutti e nemmeno empatia totale, mi accontenterei di un po di logica e del ritorno della ragione. Se il Fusaro di turno considera i migranti come dei “non cittadini” in relazione ai benefici del welfare, bisogna riappropriarsi del (buon) senso e del linguaggio: questa è già una trasfigurazione dell’uomo-migrante.
Questo è il contesto che genera o legittima la xenofobia.
Il “non” diventa, un soggetto, se non addirittura oggetto, inferiore.
Alla stessa maniera il tono amichevole di alcuni tweet di Salvini (“Buona serata amici. Che fate?”, “Vi tengo aggiornati!”, “buon sabato Amici, vi voglio bene”) stride con le politiche xenofobe proposte in nome di un’entità superiore (gli Italiani del nord fino a qualche tempo fa) e con l’odissea di chi attraversa il mediterraneo.
Un’emoticon con un cuore non ha alcun valore quando si chiude un porto a un minore. All’irrazionalità rispondiamo con i dati e con la riflessione e al pregiudizio etnico con l’etimologia e la semantica, con il senso delle parole e il loro significato.
Chi promuove l’odio o il disprezzo verso il diverso (il “non” cittadino, il “non” bianco, il “non” cristiano, il “non” etero), non è un populista e neanche un sovranista. È semplicemente un razzista.
Non siamo noi a dovercene vergognare.
Basta riflettere offline per qualche minuto per capirlo.
Andrea Mammone
Storico Royal Holloway, University of London
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
SEEHOFER ABBASSA I TONI E RASSICURA LA MERKEL
La Grosse Koalition tedesca non salterà a causa della lite sulle politiche dell’asilo.
Lo assicura il ministro dell’interno della Csu, Horst Seehofer, definendo “fuori dal mondo” uno scenario del genere a Focus on line.
Seehofer, che si è ribellato ad Angela Merkel, minacciandola di decidere da solo se non passerà la linea dei respingimenti immediati al confine dei migranti già registrati in altri paesi Ue, sta abbassando i toni dello scontro, insieme al partito bavarese.
“Non è un’ipotesi concreta, l’Europa è divisa, in Germania la società è polarizzata, e le relazioni dei partiti nell’Unione sono complicate”, ha detto Seehofer; ciononostante l’ipotesi che la Grosse Koalition possa andare all’aria per le tensioni Cdu/Csu “non è realistica”.
Stasera la coalizione di governo affronterà la questione in un delicato vertice che potrebbe rivelarsi cruciale per il futuro dell’esecutivo.
A poche ore dal confronto, i falchi bavaresi ricorrono a toni concilianti: “Nessuno di noi mette in dubbio l’Unione o mette in discussione il governo”, ha affermato alla Frankfurter Allgemeine Zeitung il segretario generale della Csu, Markus Blume
Anche il capogruppo regionale bavarese Alexander Dobrindt è tornato a sottolineare l’importanza dell’Unione, come casa comune della Cdu e della Csu.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
TORTURE, STUPRI SISTEMATICI, MALTRATTAMENTI, FAME: LA MAGGIOR PARTE DEI PAZIENTI SOFFRE DI DOLORI CRONICI, PROBLEMI NEUROLOGICI E DA STRESS POST-TRAUMATICO, ANSIA E SINTOMI DEPRESSIVI
Al rientro dalla Libia aveva detto che le torture dei migranti e rifugiati sono “retorica” e alcuni centri d’accoglienza sono “all’avanguardia”.
Frasi, quelle di Matteo Salvini, che hanno portato Medici senza frontiere ad esprimere “dissenso” perchè molti dei pazienti assistiti dalla ong a Roma “sono passati attraverso la Libia” e lì “sono stati torturati e maltrattati”, spiega Anne Garella, capomissione di Msf Italia.
“Vediamo ogni giorno le conseguenze fisiche e mentali delle torture”, dice Medici senza frontiere che gestisce centri di riabilitazione per i sopravvissuti alla tortura, abusi e maltrattamenti nella Capitale, ad Atene e Città del Messico.
La maggior parte delle persone assistite soffre di dolori cronici, problemi muscoloscheletrici, neurologici e gastrointestinali, disturbi da stress post-traumatico, ansia e sintomi depressivi, sottolinea la ong che nei primi mesi del 2018 ha prestato cure a 950 pazienti.
Lunedì, al rientro da Tripoli dove ha incontrato il numero due del governo Sarraj, Salvini aveva spiegato di aver “chiesto di visitare un centro di accoglienza e protezione” che “entro un mese sarà pronto per 1000 persone con l’Unhcr” per “smontare tutta la retorica nella quale in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”. Quella che per Salvini è retorica e viene criticata da Msf ora, nella Giornata mondiale contro le torture, era stata descritta così dall’Alto commissario delle Nazioni unite, Zeid Raad Al Hussein, lo scorso novembre: “Episodi di schiavitù moderna, uccisioni, stupri e altre forme di violenza sessuale pur di gestire il fenomeno migratorio e pur di evitare che persone disperate e traumatizzate raggiungano le coste dell’Europa”.
La “sofferenza” dei migranti detenuti in Libia “è un oltraggio alla coscienza dell’umanità ”, aveva aggiunto citando le valutazioni degli osservatori dell’Onu inviati nel Paese nordafricano a verificare sul campo la situazione: “Sono rimasti scioccati da ciò che hanno visto: migliaia di uomini denutriti e traumatizzati, donne e bambini ammassati gli uni sugli altri, rinchiusi dentro capannoni senza la possibilità di accedere ai servizi basilari”.
Ora giungono anche le puntualizzazioni di Msf: “Dopo anni di lavoro con i pazienti, abbiamo iniziato a capire che la tortura è più di un problema di salute. La tortura dovrebbe essere guardata con una questione sociologica e antropologica che ha conseguenze sulla salute fisica. Crea ferite visibili e invisibili”, dice Gianfranco De Maio, referente medico di Msf. L’approccio della ong “mira ad aiutare le persone a ricostruire le loro relazioni sociali con gli altri — conclude — La tortura e i maltrattamenti attaccano la capacità di una persona di avere relazioni equilibrate e significative. La loro fiducia negli altri è danneggiata e per questo perdono dignità ”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
UNA SEQUELA DI BALLE E DATI SBAGLIATI, DIMENTICANDO DI DIRE CHE IL M5S CHE ORA VUOL CAMBIARE IL TRATTATO DI DUBLINO QUANDO ERA IL MOMENTO VOTO’ CONTRO LE MODIFICHE
Oggi il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano era al Consiglio d’Europa per parlare di migranti e immigrazione.
Un compito non facile, visto che la già di per sè complicata situazione al largo delle coste italiane è stata ulteriormente aggravata dalle azioni del governo del cambiamento.
Come è noto infatti il governo Conte, in primis i ministri Toninelli e Salvini, non hanno saputo fare di meglio che tenere al largo per diversi giorni tre imbarcazioni: la nave Aquarius, il mercantile Alexander Maersk e la nave della Ong tedesca Lifeline.
Tre navi diverse, una addirittura non è nemmeno di una Ong, con tre storie diverse. Ma Di Stefano non ha tempo per i dettagli, a lui importa piuttosto il contrasto ai trafficanti.
Ed è qui interessante notare come al momento nessuna inchiesta abbia stabilito che le Ong sono da equipararsi agli scafisti (questo nonostante il ministro dell’Interno le abbia definite “vicescafisti”).
Di Stefano spiega che «Nel momento in cui una Ong nonostante la segnalazione della Guardia Costiera italiana va ad agire in acque territoriali libiche sta di fatto facendo un favore ai trafficanti». Questa affermazione però è tutta da dimostrare.
Al contrario quando il sottosegretario agli Esteri dice che «la marina italiana non ha mai escluso la possibilità di attraccare a nessuna imbarcazione che avesse recuperato nelle zone Sar come anche nelle acque italiane migranti in difficoltà » non sta raccontando la verità .
Di Stefano preferisce parlare della Lifeline dicendo che il soccorso è avvenuto in acque libiche (pare in realtà a 30 miglia nautiche dalla costa).
Diversamente i salvataggi della Aquarius e della Alexander Maersk sono avvenuti sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana all’interno di una zona SAR sulla quale l’Italia ha assunto da tempo la competenza di coordinare i soccorsi. Ciononostante la nave della Ong SOS Mediterranee ha visto negato il permesso a sbarcare i migranti in Italia mentre il mercantile danese ha dovuto attendere l’esito dei ballottaggi per poter approdare a Pozzallo.
Vale la pena ricordare che le aree SAR si estendono ben oltre il limite delle acque territoriali e che se anche i salvataggi fossero avvenuti in quella che alcuni chiamano area SAR libica la Libia al momento non ha un RCC e a dirla tutta il governo libico non ha nemmeno il controllo su tutta la costa (metà circa è sotto il controllo del governo di Tobruk che non è riconosciuto dall’ONU).
Di Stefano poi tesse le lodi della nostra Guardia Costiera, che ha salvato più di 600 mila vite. Ed è vero, perchè senza il fondamentale apporto e sostegno dell’IRMCC e della Guardia Costiera molti migranti sarebbero morti annegati.
Le cifre però sono sbagliate. Finalmente anche il governo si accorge che su un totale di 611.411 persone salvate in mare tra il 2014 e il 2017 (quattro anni) solo un sesto è stato soccorso dalle Ong (114.910 persone).
Questo significa che, secondo la logica di Toninelli&Co, a fare da Taxi del mare sono state anche altre unità navali; 310 mila migranti sono arrivati in Italia dopo essere stati soccorsi da personale della Guardia Costiera, della Marina Militare e della Guardia di Finanza. Il triplo rispetto a tutte le Ong messe assieme.
Di Stefano si accorge anche di come il regolamento di Dublino attuale obblighi il paese di primo approdo a gestire le pratiche dei richiedenti asilo.
Per il sottosegretario agli esteri è giunto il momento di cambiare questo concetto. Lo ha detto del resto anche il presidente del Consiglio Conte. Eppure Di Stefano dimentica di ricordare che gli eurodeputati del M5S hanno votato contro alla proposta di modifica che eliminava il concetto del paese di primo approdo e sanciva il principio di redistribuzione automatica dei richiedenti asilo (non dei rifugiati, come è ora). A quanto pare oggi, dopo che il M5S ha raccontato che la riforma del regolamento di Dublino era peggiorativa per l’Italia anche Manlio Di Stefano si è reso conto che non è così.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
SU ISTAGRAM IL CUOCO UTILIZZA IL SELFIE CHE SALVINI AVEVA USATO PER ATTACCARE I PROFUGHI PER PRENDERLO PER IL CULO
“Buonasera amici, che fate? Tranquilli, le barche che vedete dietro di me non trasportano i 49 milioni di euro che la Lega ha sottratto agli italiani”: recita così il post che chef Rubio, alias Gabriele Rubini, ha pubblicato su Instagram.
Un post che ha raccolto in poche ore oltre 25mila “mi piace” e che fa il verso ad quello pubblicato da Matteo Salvini, in cui il ministro dell’Interno scriveva: “Buona serata amici, che fate? P.s. Tranquilli, le barche che vedete dietro di me non trasportano clandestini!”.
Lo chef, presentatore del programma televisivo “Unti e bisunti”, ha affiancato alla foto una didascalia: “Buongiorno onorevole @matteosalviniofficial, spero che nelle prigioni super-lusso libiche vada tutto bene e che gli accordi che state rinnovando per rimbalzarvi i migranti come vostro solito (dando la colpa a terzi), fruttino come sempre tantissimo allo Stato italiano”.
La foto di Salvini con alle spalle le due imbarcazioni ha fatto infuriare decine di utenti, che hanno commentato negativamente il post pubblicato su Twitter: a molti non è piaciuto il tentativo di “banalizzare” una situazione drammatica quale è quella che riguarda i migranti.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE FRANCESE GUARDA ALL’ESPERIENZA DEI CORRIDOI UMANITARI MESSA IN CAMPO DALLA COMUNITA’
È arrivato con 25 minuti di ritardo, ma si è intrattenuto con papa Francesco addirittura per 57 minuti, un tempo record.
Emmanuel Macron è salito a palazzo apostolico in Vaticano questa mattina dopo un’udienza concessa a Palazzo Farnese a una delegazione della Comunità di Sant’Egidio.
Con Francesco si è intrattenuto di più di quanto non avevano fatto prima di lui Barack Obama (50 minuti) e Donald Trump (30 minuti).
L’incontro è stato cordiale. Macron, accompagnato anche della premiere dame Brigitte Trogneux che indossava un abito nero lungo fin sotto al ginocchio e ha raccolto i capelli biondi, ha alla fine salutato Francesco con una inusuale “carezza”.
Un gesto spontaneo del Capo di Stato, con il cenno della mano a sfiorare il volto del Papa, e avvenuto al momento dei saluti dopo lo scambio dei doni
Ricevendo fra le sue mani una copia preziosa del “Diario di un curato di campagna”, romanzo di Georges Bernanos, il Papa ha ringraziato Macron confessandogli: “Ho letto quest’opera diverse volte e mi ha fatto bene: è un libro che ho sempre amato molto”.
Nel donare a Macron il medaglione di San Martino che offre metà del suo mantello a un povero, Francesco ha spiegato al presidente francese: “È una medaglia realizzata da un artista romano del secolo scorso. Ritrae San Martino. E vuole sottolineare la vocazione dei governanti in aiuto dei poveri. Tutti siamo poveri”. Il Papa ha anche donato a Macron i suoi documenti Evangelii gaudium, Laudato Si’, Amoris Laetitia, Gaudete et exsultate e l’ultimo Messaggio per la Giornata mondiale della pace.
Al centro del colloquio principalmente la questione migranti.
Come anticipato ieri dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, è grande l’attenzione vaticana per l’atteggiamento dell’Europa in merito, quindi le questioni bilaterali specie alla luce della posizione non rigidamente laicista espressa dal presidente francese qualche mese fa in un incontro con i vescovi del suo Paese.
Sono tutti temi dei quali il presidente francese ha parlato anche con Sant’Egidio.
Si è parlato – fanno sapere dalla Comunità – dell’auspicio di soluzioni umanitarie di accoglienza e integrazione per i migranti, di corridoi umanitari, di Africa e di pace. “Macron ascoltava parecchio Riccardi e Impagliazzo, attento alle soluzioni concrete, interessato moltissimo ai corridoi umanitari, e molto alla ‘scuole della pace’ in Africa, scuole di alfabetizzazione per minori in situazioni difficili e quindi cosa significa costruire un futuro in Africa. E poi ha visto con favore anche la necessità più in generale di riaprire canali legali (oltre ai corridoi umanitari) d’ingresso per chi ha bisogno, insomma tutto ciò che può legalmente favorire l’arrivo di migranti. Ha parlato poco e ha molto ascoltato. Ultimo tema il dialogo interreligioso come strada per la pace. È voluto stare tanto con Sant’Egidio, più di tre quarti d’ora”.
Non è un caso che la giornata odierna del presidente francese, Emmanuel Macron, a Roma si sia aperta con una visita a Palazzo Farnese di una delegazione della Comunità di Sant’Egidio.
È al lavoro per la pace e l’accoglienza degli ultimi proprio della Comunità , migranti in primis, messo in campo anche con l’invenzione dei cosiddetti corridoi umanitari, che il presidente francese guarda. L’idea adesso è quella di ampliare questa esperienza dei corridoi umanitari
Macron è accompagnato a Roma dalla moglie Brigitte, dal ministro dell’Interno, Gerard Collomb, incaricato dei culti religiosi, e dal ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian.
(da agenzie)
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Giugno 26th, 2018 Riccardo Fucile
BRAVO AMM. PETTORINO, PERSONA STIMATA A GENOVA DOVE E’ STATO PER DIVERSI ANNI COMANDANTE
Garantiti i soccorsi in mare, parola della Guardia costiera.
“Abbiamo risposto sempre, sempre rispondiamo e sempre risponderemo a ciascuna chiamata di soccorso”, afferma Il comandante generale, l’ammiraglio Giovanni Pettorino, che cancella ogni dubbio su quale è e sarà il comportamento dei suoi uomini.
“Lo facciamo – aggiunge – perchè è un obbligo giuridico ma anche un obbligo che sentiamo moralmente: tutti gli uomini di mare, da sempre e anche in assenza di convenzioni, hanno portato soccorso e aiuto a chi si trova in difficoltà in mare. Noi non abbiamo mai lasciato solo nessuno in mare”.
Un militare e una persona perbene, stimata a Genova, dove ha prestato servizio.
Da sottolineare l’inciso “lo facciamo perchè è un obbligo giuridico”… ora la magistratura indaghi sui vertici politici che nei giorni scorsi hanno affermato il contrario, invitando al tradimento e all’illegalità .
(da agenzie)
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