Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
POST DA GALERA DI UN DEPUTATO M5S : “AFFONDARE LE NAVI DELLE ONG”
Sanchez, intervistato da El Pais, dà manforte a Macron e alza ancora i toni: “Ci sono governi, come quello italiano, che fanno un discorso anti-europeo e dove l’egoismo nazionale è più diffuso”.
Poi dichiara: “Ciò ha anche a che fare con la precedente mancanza di solidarietà da parte dell’Ue con un Paese che ospita mezzo milione di esseri umani che provengono dalle coste della Libia”, che sottolinea che “il modo migliore per combattere l’eurofobia è una maggiore integrazione”.
La Spagna non sarà insensibile alle tragedie umane ma è evidente che “non può dare da sola una risposta”.
Elio Lannutti, senatore 5 Stelle. si è lasciato andare a una frase shock. Naturalmente sui social: affondare le navi delle Ong finanziate da Soros.
Il riferimento è alla vicenda della nave Lifeline protagonista involontaria di un’odissea nel Mediterraneo con oltre 230 migranti a bordo.
Ed è poi citato il nome di George Soros, il finanziere associato alle più svariate teorie complottiste contemporanee – come quella della sostituzione etnica – nemico dei sovranisti di ogni latitudine, entrato nelle cronache politiche recenti italiane anche per uno scontro con Salvini (ha accusato il leader leghista di legami con Putin)
Tornando al tweet, davanti alla pioggia di critiche e di reazioni sconcertate il senatore ha corretto il tiro precisando l’ordine delle operazioni: salvare gli essere umani, poi affondare le navi.
Ovviamente nessuno ha ancora bussato alla sua porta, che siano infermieri del servizio di salute mentale o agenti di polizia per accompagnarlo alla casa circondariale più vicina.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIO: FATE AZIONE CIVILE MILIONARIA CONTRO SALVINI E TONINELLI PER DANNI ARRECATI, VEDRETE CHE SI CACANO ADDOSSO… IL COMANDANTE DELLE LIFELINE SBEFFEGGIA IL RAZZISTA: “SE SALVINI VUOLE ARRESTARMI VENGA A PRENDERMI LUI”… E LA GUARDIA COSTIERA SI CACCIA IN GROSSI GUAI GIUDIZIARI
Sono in 334 adesso ad essere bloccati in mare.
Ai 224 a bordo della Lifeline si aggiungono i 110 salvati dal mercantile danese Alexander Maersk da ieri sera fermo davanti al porto di Pozzallo in attesa di un’autorizzazione ad entrare che non arriva.
Il cargo, ovviamente, non è minimamente attrezzato ad assistere i migranti che sono stati presi a bordo in acque internazionali nella notte tra giovedi e venerdi con l’aiuto proprio dei volontari della Lifeline che, già stracarica, ha dato assistenza alle persone a bordo di un altro gommone in difficoltà aiutandole a salire la scaletta lungo la fiancata.
Poi ha fatto rotta verso Pozzallo, non si sa ancora per ordine di chi, dove adesso è fermo e da dove è stata fatta evacuare e portare a terra d’urgenza una donna incinta con un’altra figlia e un’altra donna con una bambina di otto anni disidratate (perchè se qualcuno ci rimette la pelle per Salvini e Toninelli l’accusa è di omicidio)
Al terzo giorno in mezzo al mare con 224 migranti a bordo, dalla Lifeline parte la richiesta di soccorso: “Ci troviamo a sud di Malta in acque internazionali. Alcune forniture sono esaurite, oggi abbiamo assolutamente bisogno di approvigionamenti per la nave. Abbiamo bisogno di farmaci, coperte. Aiutateci”.
Appello raccolto dalle altre due Ong tedesche che in questo momento hanno le loro navi a Malta, la Sea Watch e la Seaeye, che nel pomeriggio porteranno rifornimenti a bordo della Lifeline.
Dalla nave intanto è stata evacuata una persona per un’urgenza medica ed è stata portata in ospedale a Malta, come conferma il premier de La Valletta Joseph Muscat che invita la Ong a ” muoversi dalla sua posizione verso la destinazione originaria per evitare un’escalation.
“Nonostante non abbiamo alcuna responsabilità – sottolinea Muscat – Malta ha appena consegnato rifornimento umanitari e le Forze armate hanno condotto l’evacuazione medica di una persona”.
Le trattative che vanno avanti da ieri tra Italia, Malta e Spagna non hanno ancora portato ad alcuna svolta anche se nelle ultime ore, riferisce il quotidiano online Maltatoday, si era affacciata l’inedita potesi di una ripartizione dei migranti tra Italia, Malta, Spagna e Francia.
Ma il premier maltese Muscat alza nuovamente i toni contro l’Italia: “Siamo un Paese sovrano e nessuno dovrebbe dettarci cosa possiamo o non possiamo fare”,
Da bordo, ai microfoni di radio Capital, il comandante della Lifeline Klaus Peter replica a muso duro a Salvini: ” Se vuole arrestarmi può venire personalmente a prendermi. Vorrei invitare il signor Salvini a fare un viaggio con noi. Solo così si potrà rendere conto dello scenario drammatico in mare. Su questa nave nessuno guadagna un soldo dai salvataggi. Siamo tutti volontari. Mi vergogno profondamente delle parole del ministro italiano”.
Dalla Guardia costiera italiana, nelle stesse ore in cui Unhcr e Iom rilanciavano l’allarme per l’abnorme numero di naufragi e morti in mare negli ultimi giorni, è partito un avviso ai comandanti delle imbarcazioni che incrociano in zona Sar libica: non chiamateci più, rivolgetevi a Tripoli.
Ecco il testo della nota: “Da questo momento, ai sensi della convenzione Solas (Safety of life at sea) i comandanti di nave che si trovano in mare nella zona antistante la Libia, dovranno rivolgersi al Centro di Tripoli e alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”. La convenzione a cui fa riferimento la nota è quella per la salvaguardia della vita umana firmata nel lontano 1914 da 162 Paesi dopo il disastro del Titanic” a salvaguardia della vita umana in mare”. La Guardia costiera italiana la ricorda ora a tutti i comandanti delle navi che transitano nella zona Sar libica, quella in cui ovviamente avvengono tutti i soccorsi delle imbarcazioni con i migranti.
“Un messaggio circolare, di carattere tecnico-operativo per tutte le navi che si trovano in zona libica nel momento in cui si verifica un evento di ‘distress’ – spiegano dalla Guardia costiera – sappiate che l’autorità competente è la Guardia costiera libica, dunque coordinatevi con loro”.
La Convenzione di Amburgo però obbliga qualsiasi autorità marittima ad intervenire nella gestione di un soccorso, dovunque esso sia.
E di fatto la Guardia costiera italiana è sempre stata protagonista del coordinamento di buona parte delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, fuori dalla sua zona Sar.
E in quanto coordinatrice del soccorso ha anche l’obbligo di provvedere al porto sicuro in cui far sbarcare i migranti.
Le Linee guida sul trattamento delle persone soccorse in mare, adottate nel 2004 dal Comitato Marittimo per la Sicurezza dell’IMO prevedono infatti che “in ogni caso il primo centro di soccorso marittimo che venga a conoscenza di un caso di pericolo, anche se l’evento interessa l’area SAR di un altro Paese, deve adottare i primi atti necessari e continuare a coordinare i soccorsi fino a che l’autorità responsabile per quell’area non ne assuma il coordinamento”.
E ancora: “lo Stato cui appartiene lo MRCC che per primo abbia ricevuto la notizia dell’evento o che comunque abbia assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, ha l’obbligo di individuare sul proprio territorio un luogo sicuro ove sbarcare le persone soccorse, qualora non vi sia la possibilità di raggiungere un accordo con uno Stato il cui territorio fosse eventualmente più prossimo alla zona dell’evento. Ciò indipendentemente da qualsiasi considerazione in merito al loro status”.
Tradotto: se la Guardia costiera italiana non interviene in caso di richiesta di soccorso commette un reato e i responsabili rischiano la galera.
Vale la pena per parare il culo a un razzista?
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
LA FRANCIA CI ATTACCA, LA SPAGNA FA SPONDA CON MACRON, DALLA MERKEL NESSUNA APERTURA, CON IL BLOCCO DI VISEGRAD RESTANO DIVERGENZE
“Il nemico numero uno”. A poche ore dal vertice di Bruxelles che nelle intenzioni avrebbe dovuto aprire la strada a un accordo in vista del Consiglio Ue di fine mese, l’Italia si trova sempre più sola.
Un ulteriore colpo alle speranze del governo è arrivato oggi da Parigi. “Chiediamo che non ci sia una gestione caso per caso, proporremo domani uno schema chiaro: che lo sbarco di migranti rispetti le regole e i principi umanitari di soccorso e che avvenga nel porto sicuro più vicino”.
Le parole di Emmanuel Macron sono state una doccia fredda gettata a sorpresa addosso a Palazzo Chigi.
Perchè fanno il paio con l’accordo che l’Eliseo aveva sancito con Angela Merkel qualche giorno fa sui movimenti secondari.
Un pacchetto, quello allestito dall’asse franco-tedesco, che dunque prevede il ritorno in Italia dei migranti che sono sbarcati nel Belpaese e hanno varcato la frontiera solo in un secondo momento.
E che chiude le porte a soluzioni alla Aquarius: nessuna nave vedrà più aprirsi i porti del Mediterraneo se l’approdo più vicino, come succede nella gran parte dei casi, sarà italiano.
Parole che hanno scatenato la dura reazione sia di Luigi Di Maio (Macron sta candidando il suo Paese a diventare il nemico numero uno dell’Italia su questa emergenza) che di Matteo Salvini (insulti di un arrogante).
Una tempesta verbale esacerbata ancor più dal fatto che le parole di Macron sono state pronunciate al termine di un faccia a faccia con il nuovo premier spagnolo, Pedro Sanchez, con il quale aveva già condiviso la gestione del caso Aquarius.
La prima visita internazionale del primo ministro iberico è uno schiaffo alla diplomazia di Roma.
E verrà bissato da un bilaterale la prossima settimana con la cancelliera tedesca, segno di come Madrid stia sempre più sostituendo Roma come partner del direttorio a tre che è il cuore pulsante dell’Europa.
A Palazzo Chigi sono ore frenetiche. Per lunghe ore non esce nessun tipo di notizia dalla sede del governo, con il termometro delle difficoltà che si impenna preoccupantemente verso l’alto.
Flebilmente, filtra ottimismo nei confronti della creazione di hotspot sul suolo africano, e l’intenzione di rimettere in discussione il perimetro del trattato di Dublino che impone la richiesta d’asilo nel primo paese dove si tocca suolo.
Una posizione che si trova stretta in un incastro a tenaglia.
Perchè sui centri di smistamento in suolo africano la posizione è condivisa con i paesi di Visegrad, il cartello del Nord Europa che sul flusso dei migranti ha la posizione più dura.
Ma il processo è lungo, gli investimenti onerosi, e manca all’orizzonte un piano organico di accordi con gli stati di partenza e di transito interessati.
Dall’altro lato, sono gli stessi alleati salviniani che, per bocca dell’Austria, presidente di turno dell’Unione, invocano un coinvolgimento di Frontex per blindare i confini.
E si oppongono radicalmente a qualunque tipo di riforma di Dublino nella direzione gradita da Roma.
Paradossalmente l’unica possibile sponda, quella della Merkel, si è frantumata sotto la spinta degli alleati bavaresi della Csu, che proprio sul dossier immigrazione hanno minacciato la crisi di governo.
La cancelliera ha dovuto stringere le maglie della sua tendenziale moderazione, convenendo con Macron sulla necessità di ritrasferire in Italia i cosiddetti movimenti secondari. Horst Seehofer, leader a Monaco di Baviera, ha oggi ribadito: “Se il vertice di fine mese non troverà una soluzione complessiva, il respingimento dei migranti già registrati in altro paese sarà inevitabile”.
Il piano che Macron porterà a Bruxelles è un dito nell’occhio per Roma: Cie, centri di prima accoglienza, da istallarsi nei porti. Luoghi chiusi, dove valutare il diritto all’asilo o il rimpatrio dei richiedenti.
Se il presidente francese ha spiegato che sarebbero finanziati a livello comunitario, di fatto la soluzione non prevedrebbe alcuna redistribuzione del flusso che investe il nostro paese, che la respingerà al mittente.
Benjamin Griveaux ha spiegato che “il vertice che si terrà domenica a Bruxelles sarà molto difficile”. Per come si stanno mettendo le cose, potrebbe essere stato anche ottimista.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
LE ZECCHE ISTERICHE CHE FOMENTANO ODIO RAZZISTA SONO “ESTREMISTI CHE GIOCANO CON LE PAURE”
“Chiediamo di non gestire caso per caso, proporremo domani uno schema chiaro: che lo sbarco di migranti rispetti le regole e i principi umanitari di soccorso e che avvenga nel porto sicuro più vicino”.
Lo ha detto, a proposito della crisi dei migranti e della riunione informale di domani a Bruxelles, il presidente francese Emmanuel Macron, prendendo la parola al termine dell’incontro all’Eliseo con il premier spagnolo, Pedro Sanchez.
“Bisogna essere chiari e guardare le cifre. L’Italia non sta vivendo una crisi migratoria come c’era fino all’anno scorso. Chi lo dice, dice una bugia”: lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron all’Eliseo dopo l’incontro con il premier spagnolo Pedro Sanchez sottolineando che gli sbarchi rispetto all’anno scorso sono calati dell’80%.
Per Macron, siamo invece in presenza in Europa “di una crisi politica” scaturita da “estremisti che giocano sulle paure. Ma non bisogna cedere nulla allo spirito di manipolazione o ipersemplificazione della nostra epoca”.
“Voglio sottolineare l’eccellente cooperazione che abbiamo con la Spagna” sull’accoglienza dei migranti e “che in particolare abbiamo avuto sul caso dell’Aquarius”, lo ha detto il presidente francese.
“Rendo omaggio alla decisione del presidente del governo spagnolo di accogliere la nave e di aver accettato questa soluzione di solidarietà europea, adottata in extremis”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
“QUESTA VIOLENZA NON APPARTIENE AGLI ITALIANI, DA SALVINI BALLE SPAVENTOSE”… POI LO SFIDA: “VEDIAMOCI QUANDO RESTITUISCI I 50 MILIONI CHE LA LEGA HA RUBATO AGLI ITALIANI”
“Censire i rom? Dirlo con quei toni, senza approfondire mai, perchè il suo gioco è quello, vuol dire lasciare intendere il gioco della stella, il marchio. Significa voglio le liste”.
Così Roberto Saviano parlando a 10.000 persone al parco Sempione di Milano, dove ha invitato tutti a “prenderci delle responsabilità “.
“Sui migranti”, ha proseguito, “ora si dicono parole come ‘Aiutarli a casa loro’: suggestivo. Ma questa risposta nasconde qualcosa di ambiguo. A casa loro significa lontano da me. Fuori dagli occhi. Non c’è nulla, in realtà , che sostenga il progetto del governo. Con i 5 Stelle stampella di un partito xenofobo”.
Saviano ha anche accennato alla polemica sulla sua scorta sollevata da Salvini: “Improvvisamente diventi bersaglio. E la scorta diventa un elemento su cui misurarsi. E’ terribile che un ministro parli pubblicamente di protezione, sono temi delicatissimi. Non puoi non sapere l’Abc del tuo mestiere”
Poi l’attacco diretto al vice premier e al suo metodo di comunicare. “Sa che più la spara grossa più ha consenso. La sua strategia è toccare tutto ciò che sui social ha picchi, dai migranti ai vaccini: segue tutto, ma in realtà non approfondisce mai nulla. E’ solo teatro, sono solo balle, solo propaganda”.
“Dovrebbero ricordare ogni volta a Salvini”, ha aggiunto, “i 50 milioni di euro rubati dalla Lega allo stato italiano. E’ una sentenza definitiva della Cassazione, quella sui rimborsi elettorali falsi. Perchè non creiamo un ‘restitution day?’. Restituisca i soldi, poi inizi a parlare”.
“Non fidiamoci del ministro dell’Interno che parla di gestione passata”, perchè “ha fatto la campagna elettorale in nome di quella storia”. E Bossi, condannato per quesi soldi, era nelle liste. Senza dimenticare che il giovane euro-parlamentare Salvini si prese come assistente (ottimamente retribuito con denaro pubblico) il fratello di Bossi, ossia un simpatico signore con la terza media e titolare di un negozio di autoricambi.
Feroci contro i deboli ma poi silenti contro il ‘magna-magna’ che ha visto la Lega tra i protagonisti.
“Noi ci difendiamo solo conoscendo”, ha proseguito Saviano. “Il diritto alla complessità è la nostra resistenza. Dobbiamo tornare a essere fieri di rappresentare la nostra storia, dobbiamo meritarcela la nostra storia. Dobbiamo resistere. Basta lasciare il web a gente pagata dalla Lega che fa video deliranti. La risposta è prendersi del tempo, riflettere, non c’è altra strada. Ormai non leggere i libri è una cosa di cui andare orgogliosi, è una cosa ‘del popolo’, non delle elite”.
In conclusione, “Dobbiamo fidarci solo di chi è complesso”.
“Mi chiedono sempre ‘perchè non diventi leader’?”; ha chiuso Saviano. “Non c’è bisogno di un leader che va su e poi va giù ma di una comunità perenne, di protezione: è difficile ma si può e si deve fare”.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
IL REDDITO DI UN EUROPEO E’ 11 VOLTE SUPERIORE A CHI VIVE IN AFRICA
Il Corriere della Sera pubblica oggi un’infografica che spiega quale divario sia dietro le migrazioni dall’Africa all’Unione Europea.
Oggi il rapporto fra reddito medio pro-capite in Europa e in Africa sub Sahariana è di 11 a 1.
Il reddito di chi risiede all’interno dell’Unione europea è di 11 volte superiore rispetto a chi vive in Africa.
L’Europa cresce con un tasso annuo del 2 per cento, mentre gli stati dell’Africa sub Sahariana ad un ritmo del 3,5%.
Nonostante ciò, con le politiche attuali il divario economico resterebbe altissimo anche nei prossimi 50 anni.
Le criticità rimangono gravi anche a causa dell’alto tasso di natalità nei territori sub sahariani, dove nel 2068 la popolazione potrebbe sfiorare i 3 miliardi di persone. Mentre in Europa gli abitanti rimarranno praticamente gli stessi di oggi anche tra 50 anni: poco più di 500 milioni.
Secondo Branko Milanovic della New York University, uno dei grandi studiosi mondiali delle diseguaglianze, un giovane africano non si fa scoraggiare da una probabilità del 2% di affogare al largo della Libia.
Si chiede Milanovic: «Un olandese che guadagna 50 mila euro l’anno sarebbe indifferente alla possibilità di guadagnare mezzo milione in Nuova Zelanda?».
Agli attuali tassi di crescita dell’economia dell’Europa occidentale (2%) e dell’Africa subsahariana (3,5), tra dieci anni noi europei guadagneremo in media dieci volte di più, tra trent’anni oltre sette volte di più (come nel 1970) e tra mezzo secolo guadagneremo 5,5 volte di più.
Solo fra 40 anni i subsahariani si avvicinano a una soglia di reddito medio alla quale stanno arrivando oggi centinaia di milioni di cinesi.
In altri termini, di fronte alla speranza di moltiplicare per sette o per cinque il proprio reddito, nel prossimo mezzo secolo milioni di giovani continueranno a cercare l’Europa.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELL’OSSERVATORIO SUI CONTI PUBBLICI: “IN REALTA’ E’ UN REDDITO MINIMO GARANTITO, UNICO PAESE IN EUROPA COSI’ GENEROSO”
Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica su dati dell’Osservatorio Conti Pubblici di Carlo Cottarelli che mette a confronto i redditi minimi garantiti nei paesi dell’Unione Europea e il progetto italiano di reddito di cittadinanza (che non è un vero e proprio reddito di cittadinanza ma un reddito minimo garantito).
L’Osservatorio nota che in nessuno degli Stati europei «esiste un trattamento simile». Da noi infatti il reddito minimo proposto da M5S e Lega sarebbe uguale alla soglia di povertà (saremmo l’unico Paese così “generoso”).
Alla stessa conclusione si arriva confrontando lo strumento con il reddito medio pro capite dei vari Stati: anche in questa classifica, il Belpaese sarebbe al primo posto (in Italia l’ipotizzato reddito di cittadinanza coprirebbe circa un terzo del reddito medio pro capite).
E c’è anche altro:
L’Italia presenta un minor collegamento tra il beneficio e la partecipazione in programmi di politica attiva.
Tutti i paesi analizzati dallo studio, infatti, richiedono ai percettori di redditi minimi garantiti un’attivazione molto precisa.
In 10 Paesi è obbligatorio accettare qualsiasi offerta di lavoro pena la perdita del beneficio, in 11 qualsiasi offerta appropriata, e in Francia si può rifiutare soltanto una offerta.
Questo vuol dire che in 22 Paesi è concesso di rifiutare al massimo una offerta di lavoro ritenuta appropriata (in Italia si sale a tre).
La proposta di «reddito di cittadinanza» elaborata dal M5S nel 2013, e inserita nel «contratto di governo», al centro del dibattito politico di questi giorni, si mostra, almeno sulla carta, decisamente più generosa: 780 euro mensili (pari alla soglia di povertà come definita da Eurostat nel 2014 — con i dati 2016 si passerebbe a 812 euro), indipendentemente dal livello della ricchezza.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
OLTRE I 5000 EURO CI SONO APPENA 20.000 PERSONE CHE COSTANO 2,8 MILIARDI… PER RICAVARE UN MILIARDO COME DICE IL M5S BISOGNEREBBE TAGLIARLE DEL 30% E ALLA FINE L’AUMENTO DELLE PENSIONI PIU’ POVERE SAREBBE DI 25 EURO NETTI AL MESE, SAI CHE PACCHIA… ALTRI ECONOMISTI SOSTENGONO CHE AL MASSIMO SI RASCHIANO 100 MILIONI, PARI A UN AUMENTO DI 3 EURO AL MESE
Luigi Di Maio ha scritto su Facebook di voler decretare per legge lo stop alle cosiddette “pensioni d’oro” ipotizzando un tetto a 5mila euro per ricavare 1 miliardo da spalmare sulle pensioni minime e alzare il loro importo.
La scure dovrebbe colpire coloro che “non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto”.
La proposta lanciata sul social network è generica e manca di specifiche tecniche, ma sulla base dei numeri del sistema previdenziale esistenti è possibile fare qualche ipotesi su realizzabilità e impatti.
Come già emerso a seguito di recenti proposte, si può ipotizzare di applicare il limite di 5mila euro prendendo il valore ‘netto mensile’, che significa andare a lavorare sopra gli 8mila euro lordi.
Inoltre proviamo a ragionare ‘a pensionato’ (e non a pensione, anche se a quei livelli di reddito è difficile che si sommino diversi tipi di trattamenti).
Il quarto rapporto di Itinerari previdenziali, sulla base dei dati Inps del 2015, permette di spacchettare i pensionati per classi di reddito molto dettagliate.
Se si vanno a isolare i pensionati che ricevono più di 8.532 euro lordi (tredicesima esclusa), si vede che sono coinvolte meno di 20mila persone che mettono insieme un reddito pensionistico lordo annuo di circa 2,8 miliardi di euro.
Di questi, in base al post di Di Maio, bisognerebbe isolare quelli con calcolo interamente retributivo, effettivamente una distorsione italiana che è stata sostituita dal 1996 con il calcolo contributivo, che è però entrato in vigore per tutti soltanto dal 2012 (c’è infatti la finestra di mezzo del sistema “misto”).
Insomma, bisognerebbe effettuare una scrematura che ridurrebbe ancora un poco il bacino da cui attingere.
Anche prendendo integralmente i 2,8 miliardi di euro di massa da cui tagliare, è evidente che l’obiettivo di 1 miliardo da recuperare significherebbe una sforbiciata di un terzo della spesa complessiva: una tagliola molto pesante.
Se invece il reddito si dovesse intendere al lordo, il rapporto dell’anno successivo (quindi su dati 2016) indica che il numero di pensionati (in questo caso inclusa la tredicesima) oltre dieci volte il trattamento minimo – e in particolare da 5.018 euro in su – è di quasi 200mila per un reddito pensionistico lordo complessivo di oltre 17 miliardi.
In questa fascia assai ampia, il reddito annuo lordo è in media di 86mila euro che significa un reddito netto mensile (su 13 assegni) di circa 3.800 euro.
Anche ipotizzando di recuperare 1 miliardo da girare sui pensionati al minimo, chi andrebbe a beneficiarne?
Torna ancora utile lo specchietto del quinto rapporto. Ragioniamo sempre in termini di “pensionati” (quindi persone) e non di “pensioni (ovvero singoli prestazioni che si possono sommare).
Si vede che sono circa 2,3 milioni i pensionati fino a 500 euro, quindi entro il minimo per quell’anno, cui vanno 8,3 miliardi di spesa complessiva per un reddito pensionistico medio lordo annuo di quasi 3.700 euro.
Se si ipotizza di far salire la spesa loro dedicata di 1 miliardo, ne deriverebbe un reddito medio annuo di 4.123 per un beneficio di circa 440 euro annuo a testa., circa 25-30 euro netti al mese a testa.
Altri economisti sostengono invece che non un miliardo si andrebbe a recuprare ma appena 100 milioni: in quel caso il pensionato sociale potrebbe vedersi riconosciuto un aumento di appena 3 euro al mese.
Insomma l’ennesima patacca.
(da agenzie)
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Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI COTTARELLI, DIRETTORE DELL’OSSERVATORIO SUI CONTI PUBBLICI… ALLA FINE LO STATO CI RIMETTE PURE
Non più di 51 miliardi. Altro che i 650 miliardi di cui parlava il programma elettorale della Lega, quindi il contratto di governo, infine Armando Siri in un’intervista a Repubblica dello scorso 10 giugno.
A tanto, e non di più, ammontano i crediti potenzialmente riscuotibili dello Stato con qualche forma di “pace fiscale” secondo Carlo Cottarelli.
L’Osservatorio sui conti pubblici italiani, che attualmente Cottarelli dirige presso la Cattolica di Milano, ha in un rapporto – che verrà pubblicato oggi sul sito dell’Osservatorio – pazientemente rielaborato e riordinato la giostra di numeri che diversi esponenti del governo (tranne il ministro dell’Economia Giovanni Tria che continua ad opporsi a qualsiasi tipo di condono o simili) continuano invece a presentare all’opinione pubblica.
E’ in particolare la Lega ad insistere. La cifra dei 650 miliardi sbandierata dallo stesso Salvini nel suo programma elettorale e successivamente ripetuta in più di un’occasione, trarrebbe origine da una relazione in commissione Finanze della Camera del 9 febbraio 2016 dell’amministrazione delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini, che per la verità aveva parlato di 1058 miliardi.
Salvini ha ritenuto appropriato escludere i crediti dei soggetti nullatenenti per 314 miliardi, ma non è chiaro come sia arrivato a 650.
Se infatti non andassero considerati neanche i soggetti falliti, i crediti per cui la riscossione è sospesa per forme di autotutela, le persone decedute e le imprese cessate, si scenderebbe a 500 miliardi e non 650.
Siri nel suo libro “Flat Tax, la rivoluzione fiscale in Italia è possibile” a pagina 150 riporta la cifra di 575 miliardi di crediti inesigibili, anche qui diversa dai 650 del suo segretario.
Insomma, grande è la confusione sotto il cielo della Lega, e il rapporto dell’Osservatorio cerca di mettere ordine.
Vediamo come.
Partendo dai numeri della relazione Ruffini (che si riferisce a dati di fine 2015) qual è l’importo dei crediti che potrebbero effettivamente essere riscuotibili?
Dei 1.058 miliardi, 217 sono stati annullati degli stessi enti creditori, perciò non sono più dovuti dai contribuenti.
E così l’ammontare dei crediti effettivi (il cosiddetto carico netto) era di 842 miliardi di euro a fine 2015.
Sempre secondo la relazione Ruffini, occorre poi escludere i soggetti deceduti e le ditte cessate (78,5 miliardi), i falliti (138 miliardi) e i 92 miliardi dei soggetti nullatenenti secondo l’Anagrafe tributaria.
Si arriva quindi a un carico effettivo in riscossione pari a 506 miliardi di euro.
Ma non è finita: occorre sottrarre ancora 314 miliardi di crediti verso i quali sono già state implementate azioni di riscossione che non hanno avuto esito positivo, poi 34 miliardi non incassabili perchè coperti da varie misure volte a sostenere i debitori in difficoltà economica (ad esempio se si ha un debito inferiore ai 120mila euro, l’Agente di riscossione non si può rivalere sui beni immobili anche diversi dalla prima casa), quindi 25 miliardi di pagamenti che comunque sono già stati rateizzati nonchè 81 miliardi che sono già stati riscossi anche se non ancora contabilizzati.
Quindi, al netto di tutti questi fattori, i crediti veramente recuperabili ammontano, secondo Cottarelli, a 51 miliardi di euro.
La cifra di quanto sarebbe riscuotibile è quindi meno di un decimo di quanto ipotizzato nel documento della Lega.
Un margine di incertezza, ammette il rapporto (materialmente redatto da Piergiorgio Carapella, uno dei ricercatori che lavorano con Cottarelli), potrebbe esistere per i 314 miliardi per cui si sono tentate riscossioni senza successo e si potrebbe pensare che, con uno sconto particolarmente forte, contribuenti recalcitranti potrebbero accettare di pagare una parte di quanto dovuto.
Visti però gli inutili tentativi di precedente riscossione, sarebbe ipotizzabile ricavare qualcosa da questa voci solo attraverso uno sconto davvero senza precedenti.
Il rapporto prende in considerazione anche una serie di dati più aggiornati di quelli considerati nel programma della Lega, ma non se ne esce: l’importo “aggredibile” non supera comunque i 50 miliardi, anzi ancora meno: quest’importo va ridotto per quanto incassato tramite dalla rottamazione delle cartelle esattoriali avviata dal governo Renzi, quella che prevede il saldo del debito fiscale con l’eliminazione degli interessi di mora e delle sanzioni: con tali provvedimenti si prevede di ottenere ulteriori 7,5 miliardi, che salirebbero a 10 tenendo conto dello stralcio degli interessi e delle sanzioni dall’ammontare totale dei crediti.
È però aumentato (da 314 a 348 miliardi) il totale dei crediti per cui si sono tentate azioni di riscossioni, credito per cui esiste comunque un margine di incertezza.
In tutti i paesi avanzati, conclude lo studio, l’amministrazione fiscale può offrire sconti di pagamento dei tributi dovuti quando il contribuente non è in grado far fronte al debito.
“Ma provvedimenti generalizzati – scrive il report – finiscono per premiare anche chi non vuole pagare, creando un incentivo a ritardare i pagamenti dovuti anche per il futuro. Questo incentivo è tanto maggiore tanto più generoso è lo sconto offerto a chi non ha pagato. E lo sconto offerto in questo caso è certamente generoso: il contribuente, stando ai progetti circolati, potrebbe pagare fino a solo il 6 per cento di quanto dovuto e anche la percentuale massima applicabile (25 per cento) sarebbe molto modesta, pari a quella di uno dei condoni più generosi applicati in passato, quello introdotto con la legge finanziaria del 2002.
Con percentuali così basse nella maggior parte dei casi si condonerebbero non solo interessi e penalità ma anche una buona parte di quanto dovuto originariamente”.
(da agenzie)
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