Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
ALTRO CHE SEQUESTRARE LA NAVE, TONINELLI DOVREBBE DIMETTERSI PER PALESE MENZOGNA … E LA ONG HA OPERATO IN ACQUE INTERNAZIONALI, NON LIBICHE, ALTRA BUGIA
L’Olanda disconosce le navi Lifeline e Seefuchs, che navigano nel mar Mediterraneo per salvare migranti.
Le due imbarcazioni, al centro di una nuova contesa dopo il caso della Aquarius sono in attesa di un porto sicuro dove attraccare dopo aver soccorso oltre 300 persone. “Non viaggiano con bandiera olandese, secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos)”, ha spiegato la rappresentanza dei Paesi Bassi presso l’Unione europea sostenendo che “appartengono a Ong tedesche e non sono registrate in Olanda”.
Una dichiarazione che ha indotto il ministro degli Infrastrutture Danilo Toninelli a spiegare, con riferimento alla Lifeline, che “salveremo le vite umane, poi sequestro la nave” perchè dall’esecutivo olandese “ci hanno detto che Lifeline batte illegalmente bandiera olandese e quindi, di fatto, è una nave apolide che non potrebbe o dovrebbe viaggiare in acque internazionali”.
Una “imbarcazione pirata“, insomma, come ha ribadito il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, durante un comizio a Viterbo.
Ma Toninelli mente o è un incapace.
Dal portale ufficiale dell’Imo, l’Organizzazione marittima internazionale, in uso anche agli operatori specializzati di settore, risulta che l’Olanda mente.
I dati forniti da www.gisis.imo.org, consultati dal Ilfattoquotidiano.it, attribuiscono bandiera olandese alla Lifeline e tedesca alla Seefuchs.
È bene chiarire che la certificazione Imo è quella che viene richiesta nei porti di attracco e attesta ufficialmente la “nazionalità ” di un’imbarcazione.
Con il numero Imo 6725842, la Lifeline risulta registrata dal settembre 2017.
Batte bandiera olandese da prima (gennaio 2016) dopo oltre trent’anni con bandiera britannica. Contestualmente al passaggio nei Paesi Bassi, la Lifeline (che in precedenza era la Sea Watch 2) ha cambiato la propria caratteristica in imbarcazione “Search & Rescue”, quindi che si occupa di ricerca e salvataggio.
Dal settembre 2017, la proprietaria è la Mission Lifeline eV, ong tedesca, con indirizzo in Rudolfstrasse 7 a Dresda.
Se una nave militare italiana dovesse chiedere i documenti all’equipaggio e questi dovessero fornire quel certificato Imo con registrazione in Olanda, il nostro Paese — spiegano fonti di settore al Fatto.it — non potrebbe procedere al sequestro dell’imbarcazione.
La Seefuchs, invece, è registrata con numero Imo 5148716 e batte bandiera tedesca dall’agosto 1992. Dal maggio dello scorso anno ha come proprio scopo quello di ricerca e salvataggio, dopo essere stata un peschereccio per quasi sessant’anni. Dall’1 gennaio 2000 il proprietario registrato è la Seefuchs Gbr che risulta registrata in Germania, a Greifswald, in Hafenstrasse 28.
Cosa può essere accaduto quindi per spingere l’Olanda a parlare di navi che non battono la propria bandiera secondo il trattato Unclos?
L’articolo 94 di quella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare afferma che “ogni Stato tiene un registro delle navi che contenga i nomi e le caratteristiche delle navi che battono la sua bandiera, ad esclusione di quelle che, in virtù di norme internazionali generalmente accettate, per effetto delle loro modeste dimensioni ne sono esenti”.
Può essere questo un caso: la Lifeline potrebbe non rientrare in quel registro, ma la bandiera è comunque Olanda come recita l’elenco Imo.
Il comma B dello stesso articolo, tra l’altro, recita che in ogni caso lo Stato “esercita la propria giurisdizione conformemente alla propria legislazione, su tutte le navi che battono la sua bandiera, e sui rispettivi comandanti, ufficiali ed equipaggi, in relazione alle questioni di ordine amministrativo, tecnico e sociale di pertinenza delle navi”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
UNA DICHIARAZIONE CHE ROMPE IL SILENZIO DEL M5S E DEL SERVO DI MAIO
Aspetta dodici ore, Roberto Fico.
Non è il suo ruolo fare da controcanto alle uscite scomposte di alcuni esponenti del governo. Ma le frasi di Matteo Salvini sulla scorta di Roberto Saviano sono troppo gravi per lasciar correre.
Così, il presidente della Camera – nel giorno in cui si formano le commissioni parlamentari, mettendo finalmente Camera e Senato in condizione di lavorare – affida alla sua pagina Facebook un pensiero chiarissimo nella sua nettezza: “L’Italia è il Paese che ha nel suo ventre tre fra le più grandi organizzazioni criminali internazionali: mafia, camorra, ‘ndrangheta. Tutti i cittadini, gli imprenditori e gli intellettuali che hanno avuto il coraggio di denunciare e opporsi alla criminalità organizzata devono essere protetti dallo Stato”. Parla di Roberto Saviano e di tutti gli altri. Parla di uno Stato che non può permettersi di abbassare la guardia su fenomeni che sono tutt’altro che superati.
“Spero che al più presto questo male che rovina la vita a migliaia di persone, si infiltra nell’economia e talvolta nelle istituzioni, possa essere definitivamente sradicato – continua il leader dell’ala ortodossa del Movimento – diventando così solo un brutto ricordo. In questo modo nessuno dovrà più essere scortato perchè finalmente libero”.
Poche parole con cui la terza carica dello Stato chiarisce a chi finge di non saperlo che la scorta non è un privilegio, ma una privazione di libertà . Parole che risuonano forti perchè avvolte dal silenzio di tutto il resto del Movimento 5 stelle.
In imbarazzo per le parole di Salvini, ma incapace di contrastarle.
Anzi, impegnato – dopo uno sguardo ai sondaggi – nell’inseguimento dei toni del leghista su migranti e ong
Dieci giorni fa, di ritorno dalla visita alla baraccopoli di San Ferdinando, su un terreno confiscato alla ‘ndrangheta in Calabria, Fico aveva detto al presidente di una cooperativa aderente a Libera: “Bisogna lavorare perchè questi fenomeni scompaiano. Creare le condizioni per svuotare il bacino della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra”.
Poi aveva raccontato a don Pino De Masi, uno dei preti antimafia della zona: “Ricordo il giorno in cui decisi da che parte stare. Ero nel salotto di casa davanti alla televisione che mostrava la strage di Capaci. Lì capii quale sarebbe stata la mia strada. Ed è una scelta che a Napoli ho ribadito ogni giorno della mia vita. Non bisogna più mirare ad indebolire le mafie, al contrasto delle mafie. Dobbiamo puntare alla sconfitta”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
CARLOTTA TREVISAN: “TROPPI SILENZI SU PORTI CHIUSI E CENSIMENTO DEI ROM”
Nonno Luciano, partigiano tra i fondatori della settima sezione del Pci, è tornato solo ieri a rivolgerle le parola. “Oggi mi ha anche abbracciato dopo giorni in cui il caffè a colazione si prendeva in silenzio. Era arrabbiato con me perchè non mandavo un segnale”.
Carlotta Trevisan è la consigliera ormai ex grillina, vicepresidente del Consiglio comunale di Rivoli, che ha pensato e pensato e poi ha deciso di uscire dal Movimento 5Stelle.
Colpa dell’intesa con Matteo Salvini, dice lei, da sempre in prima fila ai Pride e a tutte le manifestazioni per la difesa dei diritti civili.
Una decisione sofferta?
“Moltissimo. Ho passato serate a piangere e ho pianto anche ieri sera quando sono andata a trovare i miei amici del Meet Up. Ci troviamo tutte le settimane, discutiamo, organizziamo. Vorrei che fosse chiaro che a me il Movimento piace. Solo che non riuscivo più a restare a guardare la posizione subalterna del Movimento nei confronti di Salvini. Che domina la comunicazione”.
Aveva votato No all’accordo?
“Certo, ero contraria. Ma è stato il silenzio dei 5Stelle dopo le dichiarazioni di Salvini su porti chiusi e censimento dei rom a farmi fare il passo definitivo”.
Nonno Luciano era contento di avere una nipote che aveva scelto Grillo?
“Mio nonno il 4 marzo ha votato il Movimento 5 Stelle. Però non poteva accettare il governo con la Lega. La sua storia non glielo avrebbe mai concesso. Per questo mi teneva il muso da giorni”.
Qualcuno del Movimento ha tentato di fermarla?
“Sì, il mio non è stato un gesto improvviso. Tutti sapevano del mio malessere, del mio disagio. Ne abbiamo parlato con i consiglieri di Rivoli che mi hanno chiesto di restare nel gruppo misto per dare una mano. Ma ho pensato che fosse meglio aiutarli dall’esterno in iniziative concrete”.
Passerà al Pd?
“Per carità , questo mai. Come dicevo, io credo fermamente nei valori che hanno portato alla nascita del Movimento 5Stelle. E non ho alcuna intenzione di criticare le persone e gli ideali che mi hanno fatto aderire al Movimento dal 2009. Non ho certo cambiato idea”.
Crede che qualcuno seguirà il suo esempio? Pensa che altri usciranno dal Movimento torinese o piemontese?
“Non lo so. Altri hanno condiviso il mio malessere. Ecco, io credo che la mia decisione porterà qualcuno a riflettere sulla necessità di alzare la voce e non lasciare la scena a Salvini”.
C’è un gruppo di dissidenti all’interno del Movimento 5Stelle?
“Nulla che non sia del tutto trasparente. Ci sono posizioni diverse. Io ad esempio condivido le opinioni dei consiglieri comunali contrari alle Olimpiadi a Torino”.
Cosa farà da domani?
“Non so ancora. Vorrei tanto portare qui l’esperienza di “Cambiamo Messina dal Basso” che giudico un vero esempio di progetto di democrazia dal basso. Mi piacerebbe fare questo. Non subito, certo, ci vorrà un po’ di tempo. Ma è più che sicuro che il mio impegno con la politica non finirà qui. Vado avanti a combattere. Me lo ha insegnato nonno Luciano”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
IL PROFESSORE ERA STATO INDICATO COME FUTURO MINISTRO DA DI MAIO: “LA PACE FISCALE? E’ UN CONDONO INIQUO”
La pace fiscale e la flat tax? “Una follia”. Andrea Roventini, presentato da Luigi Di Maio nella squadra dei potenziali ministri pentastellati prima delle elezioni, stronca la politica economica della Lega. Il docente dell’Istituto di Economia della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa sostiene che la pace fiscale voluta dalla Lega “mi sembra l’ennesima follia di politica del Carroccio dopo la flat tax”.
Per Roventini, interpellato dall’Adnkronos, il maxi-sconto delle cartelle sotto i 100mila euro “è un condono, un’ennesima misura iniqua che, affiancata alla flat tax, ha l’effetto di aumentare le disuguaglianze e di non produrre crescita”. L’economista sostiene che l’accoppiata “diminuirà le entrate fiscali future visto che disabitua il contribuente a pagare le imposte”.
La pacificazione, osserva, “favorisce le piccole imprese, come la flat tax, e non i dipendenti che le tasse le pagano già in busta e le pagano per tutti”. Inoltre, incalza, “dire che la flat tax venga finanziata con la suddetta pace fiscale equivale a millantare, perchè si tratta di finanziare un intervento pluriennale con una misura una tantum, che ridurrà le entrate fiscali future, mettendo dunque a rischio il consolidamento di bilancio pubblico“. Roventini rileva anche come già l’Ocse abbia bocciato misure di questo tipo: “C’è un recente report che indica tra le poche cose che l’Italia non dovrebbe fare un condono fiscale”.
La linea della prudenza sui conti e dell’impegno per il consolidamento del neo ministro dell’Economia, Giovanni Tria, appare “in contrasto con la flat tax di Salvini, perchè l’evidenza empirica dimostra che la flat tax porta sempre a deficit”. Piuttosto, secondo Roventini, “l’Italia deve sfruttare questa occasione per cooperare con gli altri partner europei e sedersi ai tavoli per la riforma della Zona euro“.
Tra i primi passi da compiere, ci sarebbe “una riforma del fondo Esm, alla quale sto lavorando con Marcello Minenna, Roberto Violi e Giovanni Dosi”, quest’ultimo direttore dell’Istituto di Economia della Sant’Anna, molto vicino ai pentastellati prima dell’alleanza di governo con la Lega.
“L’Italia — conclude Roventini — deve andare con proposte concrete da discutere ai tavoli” con un punto fermo, insindacabile: “Non ci si può lanciare nell’avventura di uscire dall’euro, è da irresponsabili“.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
“SEI STATO ELETTO IN CALABRIA, AI TUOI COMIZI IN PRIMA FILA UOMINI DELLE COSCHE BELLOCCHIO E PESCE”… “LEGA PARTITO DI LADRI, HA RUBATO 58 MILIONI AGLI ITALIANI”
Dopo che il leader del Carroccio ha annunciato di voler dare avvio a verifiche sulla scorta dell’autore di Gomorra, Saviano gli ha risposto con un video che ha pubblicato su Facebook: “E secondo te, Salvini, io sono felice di vivere così da 11 anni? Da più di 11 anni. Ho la scorta da quando ho 26 anni, ma pensi di minacciarmi, di intimidirmi? In questi anni sono stato sotto una pressione enorme, la pressione del clan dei Casalesi, la pressione dei narcos messicani. Ho più paura a vivere così che a morire così. E quindi credi che io possa avere paura di te? Buffone” è l’inizio del messaggio rivolto al ministro.
“Le parole pesano, e le parole del Ministro della Malavita, eletto a Rosarno (in Calabria) con i voti di chi muore per ‘ndrangheta, sono parole da mafioso. Le mafie minacciano. Salvini minaccia. Il 17 marzo, subito dopo le elezioni, Matteo Salvini ha tenuto un comizio a Rosarno. Seduti, tra le prime file, c’erano uomini della cosca Bellocco e persone imparentate con i Pesce. E Salvini cosa fa? Dice questo: “Per cosa è conosciuta Rosarno? Per la baraccopoli”.
Perchè il problema di Rosarno è la baraccopoli e non la ‘ndrangheta. Matteo Salvini è alla costante ricerca di un diversivo e attacca i migranti, i Rom e poi me perchè è a capo di un partito di ladri: quasi 50 milioni di euro di rimborsi elettorali rubati.”
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
“CON LE SUE DICHIARAZIONI E’ VENUTO MENO AL SUO RUOLO E HA TRADITO IL GIURAMENTO”
La lettera che Vauro e Michele Santoro hanno scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Consiglio Superiore della Magistratura, al Presidente della Camera, al Presidente del Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte Costituzionale, al Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Roma, all’Euro Parlamento, Bruxelles-Strasburgo-Lussemburgo, al Presidente della Corte di Giustizia dell’Unione Europea Lussemburgo, al Presidente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
Alle Eccellenze Vostre si espone quanto segue.
Il ministro dell’Interno di un Paese democratico è il garante dell’ordine pubblico e della sicurezza di tutti i cittadini. La nostra Costituzione, la Costituzione su cui Salvini ha giurato, all’articolo 54, impegna tutti i cittadini alla fedeltà alla Repubblica. Dunque non è oggettivamente accettabile che egli possa pronunciare frasi che assumono il tono di una minaccia anche nei confronti di un singolo individuo. Affermare che caccerà dal nostro Paese tutti i componenti di una etnia, segnatamente quella Rom, ma che “purtroppo quelli di cittadinanza italiana dobbiamo tenerceli” espone una intera minoranza a rischi assai gravi e viola contemporaneamente interi capitoli della nostra Costituzione, la Legge che punisce chi incita all’odio razziale e la Carta dei diritti che è uno dei pilastri fondanti dell’Unione Europea.
A seguito di queste dichiarazioni si sono già verificati i primi gesti di grave intolleranza, che sono stati compiuti inneggiando al nome del ministro.
Il comportamento di Salvini è contrario alla legge ma nessun giudice ha ritenuto di dover procedere d’ufficio nei suoi confronti.
Evidentemente è intervenuta una sorta di assuefazione ai gesti che trasformano l’attività di governo in una dittatura della maggioranza, sovvertendo il principio che ogni maggioranza deve comunque sottostare alla Costituzione e non viceversa.
All’articolo 2, infatti, la Costituzione garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità ; all’articolo 16 il diritto di ogni cittadino a circolare e soggiornare liberamente in tutto il territorio nazionale. Qualsiasi forma di discriminazione, fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica e sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, è vietata.
Nè può essere fonte di discriminazione l’appartenenza ad una minoranza nazionale, quali sono i cittadini italiani di etnia rom e di lingua romanì, che si intende schedare con appositi censimenti e la creazione di liste di proscrizione.
Il ministro dell’Interno, a cui sono affidate funzioni pubbliche di primaria importanza, alle quali dovrebbe adempiere con disciplina e onore, dovrebbe tutelare la sicurezza di tutti gli italiani. Con le sue dichiarazioni, Matteo Salvini è venuto meno al suo ruolo, ha tradito il suo giuramento e ha violato la Costituzione, la legge delle leggi, nelle sue parti fondamentali.
Ci auguriamo che questa denuncia possa servire a qualcosa e che le istituzioni democratiche facciano sentire la loro voce. Ma se ciò non dovesse avvenire, non rinunceremo a batterci in tutte le sedi e con tutte le nostre forze.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
1300 CONDIVISIONI SOTTO IL POST DEL CENTROCAMPISTA JUVENTINO CHE ADERISCE ALLA CAMPAGNA DELL’ALTO COMMISSARIATO ONU
Claudio Marchisio si schiera in favore dei rifugiati con l’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, e il web si divide.
La foto del centrocampista della Juventus che mostra un cartello con l’hashtag #withrefugees ha ottenuto oltre 1200 commenti.
Il testo, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che si è celebrata ieri, 20 giugno, recita: “Guerre e violenza costringono ogni giorno migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case e ad affrontare pericolosi viaggi alla ricerca di protezione, dignità e un futuro per i propri figli. Io credo sia il momento di chiedere ai leader mondiali delle soluzioni concrete e di stare dalla parte dei più deboli. E tu da che parte stai?”
Sotto il post si affollano i commenti: quelli positivi stavolta sono in netta maggioranza, ma ovviamente non mancano quelli a sfondo apertamente xenofobo, visto che nessuno è ancora andato a prelevarli a casa e messi in campi di rieducazione alla vita civile.
Tantissimi i commenti di sostegno alla campagna a cui ha aderito il calciatore.
Tra i tanti che rispondono alle critiche e agli insulti, una ragazza risponde: “Guarda, io sono lavoratrice precaria, guadagno in un mese quanto Marchisio in due giorni. Eppure la penso come lui e i razzisti mi fanno schifo. Non c’è correlazione tra reddito e cervello”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
CON FURTI E RAPINE IN CALO, QUESTI PENSANO A LEGITTIMARE PISTOLEROS CHE SPARANO ALLA SCHIENA… QUANDO IL M5S DICEVA “TOGLIAMO LE ARMI DALLE CASE DEGLI ITALIANI”
Dopo aver risolto il problema dell’invasione dei migranti (che i numeri dicono essere inesistente) e dato un colpo di ruspa ai rom la Lega procede spedita con la realizzazione del suo programma di governo.
È ora il turno della legittima difesa.
Nel contratto di governo con il M5S c’è scritto che «si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa».
Con gli immigrati ormai fuori gioco e i Rom pronti per l’espulsione c’è da chiedersi come mai la riforma della legge sulla legittima difesa sia così urgente e necessaria. Non erano infatti queste due categorie di persone a costituire il rischio per la sicurezza?
Il dubbio è che, al di là dei proclami, Salvini non abbia risolto nulla.
In alternativa è possibile che la Lega voglia continuare ad rimestare nel torbido delle paure della popolazione.
E sarebbe interessante poter leggere i dati aggiornati sul numero delle rapine e dei furti in abitazione e di quanti effettivamente abbiano luogo quando i proprietari sono all’interno.
Gli ultimi dati, pubblicati sul sito del Ministero risalgono al 2015 ed evidenziano come il numero dei furti denunciati, pur essendo notevolmente aumentato tra il 2004 e il 2012 (un dato comune a molti paesi europei ad eccezione del Regno Unito e legato alla crisi del 2008) ha registrato una leggera flessione tra il 2014 e il 2015.
Il fenomeno esiste e non va sottovalutato. Le risposte però le deve dare il governo, non i singoli cittadini ognuno per sè.
Un rapporto del centro studi Transcrime (su un campione di dati del Ministero) ha dimostrato che i furti si concentrano prevalentemente nei mesi da ottobre a gennaio, nei giorni di venerdì e sabato e tra le 8 e le 10 del mattino o tra le 17 e le 20 di sera, vale a dire quando le persone non sono in casa.
Insomma nella maggior parte dei casi il ladro non entra in casa di notte quando i proprietari stanno dormendo ma — sorpresa — quando non c’è nessuno a poter difendere la proprietà .
Anzi generalmente tende a preferire i furti “facili”.
Nello stesso periodo il numero delle rapine (ovvero il furto commesso mediante un atto di violenza su un soggetto) denunciate sia calato in maniera drastica passando dalle 80,20 ogni centomila abitanti del 2004 alle 57,74 del 2014.
Nei giorni scorsi il sottosegretario al Ministero dell’Interno, il leghista Nicola Molteni, ha annunciato di aver depositato la proposta di legge sulla legittima difesa della quale è il primo firmatario.
Molteni ha dichiarato di averne già parlato con il ministro Salvini «Ne ho già parlato con Matteo. Senza sicurezza non c’è nessuna libertà , appena si insedieranno le commissioni partirà l’iter, partiremo da quel testo. Con il ministro Bonafede c’è sempre stata grande intesa, per 5 anni abbiamo lavorato fianco a fianco in Commissione».
La proposta di modifica dell’articolo 52 del codice penale è sostanzialmente quella già presentata dallo stesso Molteni nel 2016.
In un post su Facebook il deputato leghista riassumeva i dieci punti della sua proposta di legge che prevede il superamento della proporzionalità tra offesa e difesa, la cancellazione dell’eccesso colposo di legittima difesa e l’introduzione del concetto di difesa sempre legittima.
Inoltre Molteni riteneva che un cittadino che si fosse difeso — con un arma regolarmente denunciata — da un criminale nella usa abitazione non meritasse MAI di essere indagato o processato.
Eppure in molti casi l’iscrizione nel registro degli indagati di chi risponde sparando ad un ladro serve soprattutto per garantire la possibilità al “difensore” di nominare un legale e quindi di poter essere tutelato durante le indagini.
Nell’articolo 1 della proposta di Molteni viene enunciato il nuovo principio cardine della legittima difesa: «Si considera che abbia agito per legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio». La legge attuale dice che «Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa».
Quando Di Maio e il M5S erano contrari alla modifica dell’articolo 52 del codice penale
La legge sulla legittima difesa, quella attuale, funziona. Lo dimostrano l’archiviazione del procedimento a carico di Francesco Sicignano, il pensionato di Vaprio d’Adda che sparò e uccise un ladro nella sua abitazione; e in precedenza l’archiviazione delle accuse nei confronti di Graziano Stacchio, il benzinaio che sparò contro alcuni rapinatori che avevano assaltato una gioielleria.
Nessuno di loro è stato processato.
La Lega però si attacca al caso di Ermes Mattielli, che sparò 14 colpi contro 2 ladri di rame che stavano scappando (quindi avevano già desistito dal furto) e che venne condannato per eccesso di legittima difesa.
Il comma b) dell’art. 52 del Codice penale prevede infatti che c’è legittima difesa «quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione».
Proprio questo comma, che ora la Lega vuole abrogare era stato fatto introdurre nel 2006 su proposta della Lega Nord.
L’idea era quella di creare un ulteriore deterrente ai malviventi. Ora la Lega vorrebbe modificare la legge per “ammorbidire” la definizione di legittima difesa e creare un nuovo deterrente. Il gioco potrebbe andare avanti all’infinito.
Lo stesso vale per il discorso della proporzionalità o quello della discrezionalità del magistrato. Nessuno deve “chiedere” al ladro quali siano le proprie intenzioni o verificare, accendendo la luce e facendo domande se l’intruso sia armato o meno.
Può accadere infatti che chi si difende commetta l’errore di sentirsi minacciato quando in realtà non è in pericolo, questa eventualità è prevista ed è la cosiddetta legittima difesa putativa che nasce appunto dalla convinzione di trovarsi in pericolo.
Molteni dice che nel governo c’è sintonia. Eppure c’è stato un tempo in cui Luigi Di Maio diceva che «La detenzione di armi va ridotta drasticamente. Non siamo una società abbastanza serena per prenderci questi rischi» con una proposta drastica: «Togliamo le armi dalle case degli italiani».
Nei commenti Alessandro Di Battista se la prendeva con la lobby delle armi e rivelava il suo timore che diventassimo come gli USA (ora che il Dibba è negli States a visitare ghetti e quartieri difficili potrà esprimersi ancora meglio sull’argomento).
In un post sul Blog delle Stelle Igor Gelarda spiegava che ammorbidire l’articolo 52 del codice penale abrogando il reato di eccesso colposo di legittima difesa avrebbe portato al rischio di un Far West.
Il “Far West” non è solo l’avere i cittadini con la pistola nel cassetto ma il sapere che i ladri, per evitare il rischio professionale, saranno magari più propensi alla violenza, visto che corrono il rischio di essere ammazzati.
Molteni non è d’accordo visto che ha detto che «non ci sarà nessun Far West, il Far West ce l’abbiamo già ». Un po’ come l’invasione dei migranti o l’emergenza sicurezza costituita dalle 20 mila persone rom, sinti e romanì che vivono nei campi.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
LA DECISIONE SPETTA ALL’UCIS, ISTITUITO NEL 2002 E GUIDATO DA UN PREFETTO O DA UN DIRIGENTE GENERALE DELLA POLIZIA … LE ZECCHE ISTERICHE PADANE SI RASSEGNINO
Non spetta al ministro dell’Interno decidere se assegnare o revocare il meccanismo di protezione delle persone a rischio.
Ecco perchè la minaccia di Salvini di togliere la scorta a Roberto Saviano è solo un avvertimento di pessimo gusto: il vicepremier leghista non ha infatti alcun potere di incidere su procedure codificate per legge.
DECIDE L’UCIS
In seguito alle polemiche suscitate dall’omicidio del giuslavorista Marco Biagi da parte delle Nuove Brigate Rosse, avvenuto a Bologna il 19 marzo 2002, si riaprì la discussione sulla protezione personale delle persone a rischio: al professore era stata da poco rimossa la scorta. Così il governo, allora guidato da Berlusconi, emanò un decreto legge con cui venne istituito l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza (Ucis) presso il Viminale. Si tratta dell’organismo che gestisce, “attraverso la raccolta e l’analisi coordinata delle informazioni relative alle situazioni personali di rischio”, l’assegnazione delle scorte per la tutela di soggetti istituzionali oppure minacciati dal terrorismo e/o dalla criminalità organizzata.
COM’E’ ORGANIZZATO
Suddiviso in 4 uffici, l’Ucis è guidato da un prefetto o da un dirigente generale della Pubblica sicurezza: ufficio analisi (raccoglie, valuta e analizza le informazioni riguardanti le persone a rischio, su segnalazione delle questure e delle prefetture); ufficio servizi di protezione e vigilanza (pianifica la protezione della persona interessata); ufficio formazione e aggiornamento (per la formazione del personale) e ufficio per l’efficienza dei mezzi e degli strumenti speciali (si occupa della verifica dei mezzi usati).
COME FUNZIONA
Il prefetto segnala all’Ucis le personalità che necessitano di scorta, allegando le analisi fatte sulla base delle indagini che hanno portato a questa conclusione. L’Ucis esamina quindi la richiesta e dispone — se lo ritiene necessario — l’istituzione della scorta, stabilendo modalità e risorse da impiegare. Ed è sempre l’Ucis a valutare l’eventuale revoca. La scorta viene assegnata solo quando esiste un rischio concreto: per la revoca bisogna invece stabilire che questo pericolo sia cessato. In entrambi i casi la decisione finale spetta alla Commissione centrale consultiva che è composta dal direttore dell’Ucis e dai rappresentanti delle forze di polizia, di Aise e Asi.
LIVELLI DI PROTEZIONE
Esistono diversi livelli di protezione, in base all’intensità del rischio e delle minacce. Il più blando è la vigilanza, che può essere dinamica (un’auto della polizia passerà più volte al giorno nelle vicinanze del posto di lavoro o dell’abitazione) oppure fissa (gli agenti resteranno in presidio). Per quanto riguarda la scorta, dipende dal livello di allerta: il primo — quello massimo – prevede l’assegnazione di tre auto blindate con tre agenti per ogni auto. Il secondo livello prevede due auto blindate con tre agenti ciascuna. Il terzo livello di allerta prevede un’auto blindata con due agenti a disposizione. Il quarto livello assegna un’auto non blindata e uno o due agenti di scorta.
QUANTO COSTA
Nel 2012 è stato calcolato che le misure di protezione e vigilanza costano allo Stato 250 milioni di euro all’anno. Tanto quanto si spende per 2.108 agenti, alla guida di 484 auto blindate e 190 non blindate, che scortano 584 personalità ritenute a rischio. Un numero che però, a causa degli interventi di spending review dei governi di centrosinistra, si sarebbe assottigliato: gli scortati sarebbero infatti più che dimezzati, scendendo all’incirca a 200 soggetti.
(da agenzie)
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