Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
DA BERGAMO AL LUSSEMBURGO VIA LUGANO: LA DIRETTRICE LUNGO LA QUALE SI DIPANANO GLI AFFARI E I FINANZIAMENTI
In via Angelo Maj 24, a Bergamo, c’è un piccolo studio contabile di proprietà di Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba.
Due professionisti come tanti, se non fosse per la loro ascesa, a partire dal 2014, all’interno dell’amministrazione del partito di Salvini.
Alla coppia, poco nota alle cronache, si aggiunge un terzo uomo, più conosciuto: Giulio Centemero, il tesoriere ufficiale del partito, voluto dal leader.
Centemero è stato eletto alla Camera alle ultime elezioni, ma è soprattutto l’uomo ingaggiato da Salvini per gestire i conti dopo gli scandali della truffa sui rimborsi elettorali durante la gestione di Umberto Bossi e Francesco Belsito.
Di Rubba, Manzoni e Centemero: i cassieri di Matteo, insomma.
Tutti nati nel 1979, tutti laureati in economia e commercio all’università di Bergamo, dove si sono conosciuti nei primi anni 2000.
Un trio al cui vertice c’è proprio il neodeputato e tesoriere.
Gestiscono decine di società con base in via Angelo Maj, nuovo quartier generale delle finanze leghiste, sette delle quali controllate- attraverso delle fiduciarie italiane tra i cui soci c’è anche un’anonima impresa svizzera- da una holding lussemburghese che fa capo a un’altra fiduciaria. Impossibile dunque, vista la sofisticata schermatura finanziaria, sapere chi sono i reali proprietari delle società registrate presso lo studio di Di Rubba e Manzoni.
E impossibile è anche conoscere l’origine dei capitali attraverso cui sono state costituite.
L’unica certezza è che seguendo il flusso di denaro si arriva nel Granducato, uno dei principali paradisi fiscali europei.
Ma non è tutto.
Approfondendo gli affari dei cassieri del Carroccio si arriva a un’impresa che noleggia auto, di proprietà di Manzoni e Di Rubba, il cui fatturato si è impennato da quando la Lega è diventata sua cliente.
E c’è pure una grande tipografia della bergamasca, anche questa diventata fornitrice di punta del partito dopo l’elezioni di Salvini a segretario federale, il cui proprietario pochi giorni fa ha fatto guadagnare oltre un milione di euro a Di Rubba.
Da aprile scorso Manzoni e Di Rubba ricoprono anche una carica formale e delicata all’interno del partito: il primo è stato nominato direttore amministrativo del gruppo parlamentare alla Camera, il secondo è stato scelto come revisore legale del gruppo Lega al Senato.
Non solo: entrambi hanno ottenuto incarichi di peso all’interno della Pontida Fin e della Fin Group, ammiraglie finanziarie del partito.
Proprio la Fin Group ha cambiato sede con l’entrata in scena di Salvini e Centemero. Dalla storica via Bellerio, sede e simbolo di una Lega nordista, secessionista, padana, è stata trasferita in via Angelo Maj 24, presso lo studio Di Rubba – Manzoni, con quest’ultimo che è diventato l’amministratore unico della società .
Alle domande de L’Espresso, sia Centemero che i colleghi Di Rubba e Manzoni hanno risposto allo stesso modo. Non hanno fornito informazioni sui beneficiari ultimi delle fiduciarie, ma hanno assicurato che le sette aziende in questione non hanno legami nè diretti nè indiretti con la Lega. Tuttavia un fatto è indiscutibile: in una di queste imprese l’amministratore è il tesoriere del partito, cioè Centemero, e in una seconda lo stesso ruolo è ricoperto dal professionista Manzoni, scelto per vigilare sui conti del gruppo parlamentare alla Camera.
Sempre presso lo studio di Manzoni e Di Rubba è registrata anche la associazione culturale “Più Voci”: l’organizzazione fondata da Centemero, Di Rubba e Manzoni per incamerare contributi da imprenditori, di cui L’Espresso aveva dato conto in esclusiva due mesi fa nell’inchiesta di copertina “ I conti segreti di Salvini ”.
Sull’associazione Più voci questa volta la Lega ha risposto.
Lo ha fatto con il tesoriere Centemero: «I soldi ricevuti non sono stati trasferiti al partito o utilizzati in attività di carattere politico, come ad esempio la campagna elettorale». Il tesoriere ha sottolineato che «l’associazione, come da ragione sociale, stimola il pluralismo dell’informazione, perciò i progetti di sostegno (le donazioni private, ndr) sono stati indirizzati su Radio Padania e su Il Populista (il giornale online edito da Mc Srl, ndr)».
Insomma, Centemero sostiene che quei soldi non servivano a finanziare la campagna elettorale della Lega, ma a sostenere l’informazione realizzata dai suoi media.
Difficile capire quale sia la differenza sostanziale, visto che Radio Padania e Il Populista sono testate attraverso cui la Lega fa campagna elettorale.
E piuttosto complicato risulta anche comprendere perchè, se le cose stanno così, Esselunga e Parnasi (i donatori dell’associazione che avevamo rivelato due mesi fa) non sono stati invitati a donare soldi direttamente a Radio Padania e a Il Populista.
Il tesoriere Centemero ci ha anche fatto sapere che l’associazione è ancora attiva, e che a partire dalla sua fondazione, nell’ottobre nel 2015, «ha raccolto qualche centinaia di migliaia di euro da aziende e privati».
(da “L’Espresso”)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
I CRITERI DI NOMINA? LA SOLITA SPARTIZIONE DELLA CASTA
Subito la Rai, poi l’Autorità per l’Energia, la Cdp e soprattutto la presidenza dell’Antitrust, organismo che regola la concorrenza ed ha forte influenza sugli interessi di Silvio Berlusconi.
Il cda che guida la televisione di Stato e il direttore generale Mario Orfeo scadranno il 30 giugno, dunque tra un mese, all’approvazione del terzo bilancio aziendale, peraltro in utile.
La legge Renzi di riforma della Rai ha cambiato i criteri per la loro nomina. Se il direttore generale (e amministratore delegato) resta una scelta del ministero dell’Economia (azionista quasi totalitario di Viale Mazzini), i 7 consiglieri d’amministrazione arriveranno da percorsi diversi.
Due saranno designati dal Consiglio dei ministri (su proposta, ancora, del ministero dell’Economia). La Camera dei deputati eleggerà intanto due consiglieri e il Senato, altri due. Ma come? Ogni deputato e senatore potrà votare un solo consigliere Rai. In linea teorica, dunque, la maggioranza grillino-leghista è in grado di fare l’en-plein. Cioè di scegliere quattro consiglieri a lei gradita. Oppure – seconda ipotesi – tre consiglieri graditi e un quarto, invece, in quota Berlusconi.
La consuetudine vuole che anche la minoranza (incarnata oggi soprattutto dal Pd) abbia una rappresentanza nel Cda.
Se questa cortesia istituzione sarà praticata anche stavolta, è tutto da dimostrare.
Un ultimo consigliere della televisione pubblica verrà scelto dai dipendenti dell’azienda. Il nuovo presidente, infine, sarà individuato tra i consiglieri d’amministrazione. Per entrare in carica, avrà bisogno dei deputati e senatori della Commissione di Vigilanza (con maggioranza dei due terzi).
Anche i presidenti di Senato e Camera, Casellati e Fico, saranno subito chiamati a entrare in partita.
Spetterà a loro nominare il nuovo presidente dell’Antitrust, dunque la sentinella della concorrenza e dei diritti dei consumatori. Il presidente uscente Giovanni Pitruzzella scadrebbe a novembre, ma già a ottobre si trasferirà alla Corte di Giustizia del Lussemburgo come avvocato generale.
Il 18 aprile, per la seconda volta, il governo Gentiloni è stato costretto a prorogare nel ruolo – con decreto urgente – sia il presidente Bortoni sia i quattro componenti dell’Autorità per l’Energia. Resteranno i carica, per la sola gestione corrente, fino a 90 giorni dal varo del nuovo governo nazionale.
La strada per il rinnovo chiamerà in causa i ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, che proporranno i candidati. Dopo il via libera del Consiglio dei ministri, servirà il parere delle commissioni parlamentari competenti, a maggioranza dei due terzi. Parere vincolante
In uscita sono anche i vertici della maggiore cassaforte pubblica, la Cassa Depositi e Prestiti, dove Fabio Gallia è l’ad e Costamagna il presidente.
La Cassa ha in mano un patrimonio da 410 miliardi di euro (grazie soprattutto al risparmio postale). E i 5Stelle guardano a questo “tesoretto” per dare vita risorse alla futura Banca degli Investiment
L’ad viene scelto dal ministero dell’Economia, azionista maggioritario con l’82,77 per cento delle azioni. I 9 componenti del Cda sono indicati dall’assemblea dei soci (dove partecipano le Fondazioni bancarie che, forti del 15,93 delle azioni, impongono il presidente).
Altre nomine in arrivo, a cavallo tra economia e politica
– alla Sogei (digitalizzazione pubblica amministrazione), ad Eur Spa, Invimit, Centostazioni, Gestore Servizi Energetici;
– al ministero dell’Economia (dove è scaduto il direttore generale, Vincenzo La Via;
– al Csm dove ha sono in scadenza gli otto membri laici nominati dalla Camere, in seduta comune, nel 2014.
Roba da leccarsi i baffi per chi è in crisi di astinenza da tempo.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
MARONI: “SENZA ACCORDI CON I PAESI DI ORIGINE, DI RIMPATRI SALVINI NON NE FA NEANCHE UNO”… COSA SUCCEDE REALMENTE NEI PAESI DI PROVENIENZA DEL FLUSSO MIGRATORIO: PROMEMORIA PER GLI IGNORANTI
Il neo ministro dell’Interno anticipa le prime mosse. “Per i clandestini è finita la pacchia. Martedì ci sarà la riunione dei ministri dell’Interno europei, con la pazzesca proposta all’Italia di accogliere altre 100mila persone, noi diremo no”, ha detto nel corso di un comizio a Vicenza.
Tanto coerente che ha già detto che non ci andrà , nel timore di venire spernacchiato: meglio raccontare due balle a qualche vaccaro padagno che confrontarsi con altri ministri competenti.
“Sulle ong stiamo lavorando e ho le mie idee: quello che è certo è che gli Stati devono tornare a fare gli Stati e nessun vice scafista deve attraccare nei porti italiani”, ha aggiunto.
Nella logica demenziale del clandestino dell’umanità chi aiuta chi scappa da guerre e violenze è un vice-scafista.
La parola d’ordine è: “A casa loro”, l’aiutiamoli scompare o, quanto meno, diviene un accessorio del tutto secondario: “Ora la situazione è tranquilla perchè c’è il mare grosso, ma le difficoltà arriveranno” ammette Salvini, che già domani sarà nei porti della Sicilia a monitorare gli sbarchi perchè “serve un lavoro durissimo”.
Migliorare gli accordi con i Paesi di origine (e con quelli di transito): una cosa, facile, è dirlo, altra cosa, molto più complicata e onerosa, è farlo.
Perchè su questo versante non esistono spazi, giuridici prim’ancora che fattuali, per imporre soluzioni unilaterali.
La maggior parte dei migranti che sbarcano sulle coste italiane proviene da paesi dell’Africa subsahariana, vediamo la situazione in dettaglio.
Nigeria: in Italia il maggior numero di migranti, il 19%, proviene da questo Paese. La situazione lì è davvero grave, soprattutto nel nord, minacciato dal terrorismo islamico di Boko Haram. Non che a sud la situazione migliori, dove persiste una guerra intestina legata al controllo dei pozzi petroliferi del Delta del Niger.
Eritrea: dall’ex colonia italiana nel Corno d’Africa proviene il 13% dei migranti che sbarcano in Italia. Qui c’è una dittatura militare da cui fuggono molti giovani per evitare il militare a tempo indeterminato.
Sudan: i migranti di origine sudanese sono circa del 7%. In questo Paese c’è una feroce dittatura e persiste una situazione politica e sociale gravissima. Devastata da una guerra civile ufficialmente terminata nel 2005 ma in realtà ancora esistente, il Sudan, ex colonia inglese, combatte ancora per raggiungere una sua tranquillità , purtroppo ancora molto lontana.
Gambia: il 7% dei migranti in che arrivano in Italia è originario di questo Paese della costa occidentale dell’Africa, governato da Yahya Jammeh, salito al potere con un colpo di stato. La situazione è terribile: secondo le associazioni per i diritti umani nel paese si verificano rapimenti, detenzioni arbitrarie e torture ed ecco i motivi principali della fuga.
Costa d’Avorio: il 7% dei migranti arriva da qui, un paese che fa da sfondo a conflitti civili interni.
Somalia: il 5% delle persone che arrivano sulle coste italiane viene da un Paese considerato uno “Stato fallito”. Nell’ex colonia italiana nel Corno d’Africa continuano le lotte interne e le guerre civili in atto dagli anni ’80.
Percentuali minori di rifugiati provengono da Paesi come Pakistan, Afghanistan, Senegal, Mali, Ciad, Egitto e Siria.
L’Italia non deve accordarsi con tutti, ma con i principali Paesi di origine, sì.
Se ci si sofferma sul 2017, sempre secondo i dati dell’Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2017 sono sbarcate in Italia 119.247 persone.
Un dato in netta diminuzione rispetto al 2016, quando arrivarono 181.436 persone (-34%).
I Paesi di provenienza più rappresentati nel 2017 sono stati: Nigeria (16% degli arrivi, circa 18 mila persone), Guinea, Costa d’Avorio e Bangladesh (tutti tra l’8 e il 9% degli arrivi, circa 9-10 mila persone a paese).
Seguono Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia.
Al Viminale prima di Matteo Salvini, era entrato dalla porta principale un altro leghista: Roberto Maroni.
Le sue considerazioni nascono dall’esperienza di governo: “Senza accordi con i Paesi d’origine, di rimpatri non se ne fa neppure uno!”, aveva rimarcato l’ex governatore della Lombardia al Sole24Ore all’indomani del raid razzista di Macerata.
La politica dei rimpatri per Maroni — ministro degli Interni del governo Berlusconi ai tempi dell’accordo bilaterale con la Libia del colonnello Gheddafi – è invece molto ostica.
Anche perchè il rimpatrio deve avvenire nel Paese d’origine e non in quello di provenienza. “Significa che ci deve essere un accordo con quel Paese, altrimenti neppure possiamo atterrare….”.
E l’accordo è quasi sempre molto oneroso perchè oltre a dover pagare il viaggio di ritorno “ti chiedono anche le spese per il reinserimento sociale! Ricordo quando a Lampedusa c’erano 800 tunisini che volevamo rispedire a casa e il governo di Tunisi pretendeva 500mila euro per ciascuno”
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
ALLA ZECCA PADAGNA NON PIACE CHE I PROFUGHI SI INTEGRINO E SE LA PRENDE CON CHI NON E’ UN CLANDESTINO DELL’UMANITA’
“È vero che appartengo alla classe degli ultimi, praticamente zero. In tutti questi anni abbiamo unito le nostre debolezze con tanti altri disperati di ogni parte del mondo. Abbiamo condiviso un sogno di una nuova umanità libera dalle mafie, dal razzismo e da tutte le ingiustizie”.
Sono parole dure e nette quelle che Mimmo Lucano, il sindaco di Riace inserito da Fortune fra i 50 uomini più influenti del mondo per il suo rivoluzionario sistema di accoglienza dei migranti, sceglie per rispondere al neoministro dell’interno Matteo Salvini, che in un video definisce il primo cittadino calabrese “uno zero”.
Non è chiaro quando quel video sia stato registrato, i toni sembrano quelli della lunghissima campagna elettorale.
Ma in queste ore in Calabria il filmato sta diventando virale.
Camicia bianca, volto arrossato dal sole, Salvini si rivolge ai propri sostenitori promettendo una visita nella zona jonica reggina. “Non sono ancora venuto nella Locride ma ci arriverò – dice nel video -, non voglio fare promesse alla Renzi. Presto o tardi, meglio presto che tardi ci vedremo”.
È lì che Lucano è riuscito a far rinascere il quasi abbandonato paese di Riace, aprendo le case da tempo abbandonate a migranti e rifugiati.
Un modello di successo, che nel mondo ha fatto scuola anche perchè è stato in grado di rivitalizzare l’economia dell’intera zona.
Ma a Salvini non piace. E lo dice chiaramente: “Al sindaco di Riace – dice a chi lo filma – non dedico neanche mezzo pensiero. Zero, è zero”.
Se si tratti di un programma di governo o di una vaga minaccia, lo chiariranno i primi atti di Salvini da ministro dell’Interno. Certo – commentano gli attivisti – la promessa di tagliare 5 miliardi destinati all’accoglienza migranti, annunciata dal leader della Lega ancor prima di giurare da ministro non fa ben sperare. Anche perchè Riace da tempo lotta per sopravvivere a causa dei fondi ministeriali che arrivano a singhiozzo o non arrivano del tutto.
“Da un anno sono stati sospesi i trasferimenti per lo Spraar, da due non riceviamo soldi per il resto dei progetti”, denunciava solo una settimana fa Lucano.
“Ad ottobre 2017 il prefetto di Reggio Calabria – ha ricordato il sindaco in quella occasione – voleva mandare via i rifugiati. L’ho ritenuto un gesto violento perchè tra questi c’era anche un bambino di 7 giorni di vita che si chiama Gabriel”.
A bloccarlo ci ha pensato la giunta regionale di Mario Oliverio, che da tempo è schierata accanto al sindaco della Locride e venerdì scorso ha approvato un progetto per sostenere i progetti di integrazione di Riace.
Ma in paese c’è preoccupazione. “Noi siamo un modello che dà fastidio, siamo la prova che l’integrazione può essere una risorsa. E questo oggi per molti è un modello pericoloso”.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
CON VALORI FONDANTI COME MERITO E LEGALITA’, MERCATO MA ANCHE SOLIDARIETA’, RISPETTO DELLE DIVERSITA’, TRADIZIONE E MODERNITA’
Berlusconi continua ad avere le idee e le visioni migliori che, peraltro, esprime sempre con grande puntualità ed efficacia. È molto anziano, però. Oramai, è un nonno
Non ha più lo smalto e lo slancio di qualche anno fa e per un elettore, soprattutto giovane, giovanissimo, potrebbe essere davvero “complicato” identificarvisi
L’esperienza e la competenza specifica sono un grandissimo valore, comunque
Sono un patrimonio che non si può buttare in un cestino in nome del “novismo” collegato al marketing elettorale
Non sarebbe corretto farlo nemmeno in nome di quel giustizialismo, allo stesso tempo, così diffuso, ma anche così “filosoficamente ripugnante”.
Gli uomini cadono e si rialzano, e quando lo fanno, va tributato loro lo stesso rispetto, perchè il merito, è merito: la “riabilitazione”, nel nostro sistema giuridico, esiste proprio per quello
Riuscire a trovare un punto di equilibrio sarebbe, comunque, una cosa doverosa
Nello scenario politico, una “bandiera” liberale e popolare, europeista e moderata, non può assolutamente mancare, perchè dare voce e rappresentanza anche a chi crede in quelle “cose”, è un dovere
Un Berlusconi “padre nobile”, “formatore, motivatore e consigliere”.
Un nuovo leader. Bandiera (il simbolo, insomma), e nome diversi. Un nuovo radicamento territoriale. Battaglie concrete._
Una liberatoria ventata di freschezza per ridare nuova vitalità ad una nuova stagione di impegno e di idee..
Non ho idea se accadrà . Non riesco nemmeno ad immaginare se possa nascere un “contenitore” alternativo. Si possono osservare gli eventi e, qua e là , piantare qualche piccolo semino per la più incendiaria delle “idee”…
Merito e legalità .
Mercato e solidarietà .
Efficenza ed efficacia
Rispetto delle “assonanze” ma anche delle “diversità ”
Tradizioni ma anche tanta modernità .
La Patria di chi la ama…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
NON SOLO LA POSIZIONE IMBARAZZANTE DEL MARITO, MA ANCHE IL SUO RUOLO DIRIGENZIALE IN UNA SOCIETA’ ACCUSATA DI FORNIRE SOLDATI MERCENARI IN LIBIA
Elisabetta Trenta è la ministra della Difesa in quota MoVimento 5 Stelle nel governo Conte che ieri ha giurato davanti al presidente della Repubblica e poi si è riunito per il primo consiglio dei ministri.
Nel marzo scorso si era parlato del suo passato politico nel centrodestra e del marito ai vertici dell’ufficio Segre-Difesa che cura i contratti delle forze armate.
Oggi il Fatto Quotidiano parla del suo ruolo di altissimo dirigente (program manager) con la cooperazione di SudgestAid, una società senza scopo di lucro —in orbita ateneo Link, e di recente al centro di scambi di quote fra la pubblica Formez e Consedin —e che promuove la ricostruzione anche burocratica in Paesi devastati dai conflitti bellici.
Le Point, giornale francese, scrive che la società Sudgestaid del ministro fornisce mercenari in Medio Oriente, circostanza smentita dall’interessata.
Scrive Carlo Tecce con Stefano Feltri sul giornale di Travaglio:
Quattro anni fa, la prima commessa per la formazione dei dipendenti nel governatorato di Dhi Qar —dove l’Italia ha la base di Nassiriya —fu attribuita a SudgestAid, che coinvolse la Link.
Per anni presidente, adesso Trenta è membro del comitato direttivo di Consortium for research on intelligence and security services,che per gestione e personale è organica ancora alla Link di Scotti, fucina di collaboratori e suggeritori di Luigi Di Maio.
Il consorzio Criss — formato da una dozzina di società — opera sempre nel settore della sicurezza. Il settimanale francese Le Point insinua che SudgestAid abbia “reclutato mercenari in Medio Oriente”. E la Trenta smentisce sdegnata.
Che c’entrano i mercenari con la carriera di Trenta?
Il legame è Gianpiero Spinelli, ex paracadutista della Folgore, che di mestiere fa il contractor, il combattente in zone di guerra per società private. I quattro militari italiani sequestrati in Iraq nel 2004 erano colleghi di Spinelli. Tre furono liberati, il quarto era Fabrizio Quattrocchi, che fu ammazzato con una brutale esecuzione ripresa in un celebre e tremendo video
Spinelli ha più volte spiegato che i militari privati rappresentano l’azione esterna di un esercito: “L’11 Settembre, quando ho visto gli aerei che si conficcavano nelle Torri, mi sono detto: non posso più stare a guardare. Ognuno deve fare la sua parte”.
Oggi Spinelli frequenta la Link e —come SudgestAid o la fondazione Icsa che fu guidata dall’ex ministro Marco Minniti —è presente nel consorzio Criss con Stam, soluzioni terrestri, aeree e marittime.
Trenta, scrive il Fatto, ora è costretta — senza indugi — a lasciare gli incarichi in SudgestAid, nel consorzio Criss e in ogni progetto di Link University per allontanarsi dal conflitto di interessi che i 5 Stelle contestano ai concorrenti politici.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
E’ UNO DEI VERI PADRONI DEL M5S, NULLA SI MUOVE SENZA L’ ASSENSO DEL GRANDE FRATELLO
Tommaso Labate sul Corriere della Sera si diletta oggi in un ritratto di Rocco Casalino, che è diventato nuovo portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Nel racconto c’è anche una curiosa descrizione del cosiddetto trucchetto che Casalino utilizza per tattare con i big dell’informazione
In bacheca, fino ad allora, ha una serie di collaborazioni con riviste di gossip, la conduzione di un programma su Tele Lombardia e, ovviamente, quella partecipazione al Gf.
Dopo le elezioni del 2013, da una stanzetta del Senato fa fuori uno dopo l’altro tutti i membri dello staff comunicazione. Se nel destino c’era scritto che dovesse rimanerne uno solo, tra gli spin doctor pentastellati, l’Highlander è «Rocco». Ed è proprio la scalata senza fare prigionieri a regalargli i galloni dell’«intoccabile» anche tra i parlamentari.
«Sentite Rocco», «Parla con Rocco», «Hai già chiesto a Rocco?» diventano messaggi preimpostati sui telefonini degli eletti che rispondono alle richieste dei giornalisti. «Rocco», intanto, ha congegnato un trucchetto con cui tentare di trattare da pari a pari anche coi big dell’informazione.
Funziona così: lui garantisce una partecipazione di Di Maio o Di Battista a uno show e, poco prima della diretta, gela autori e conduttori con un WhatsApp a freddo.
«Mi spiace, non veniamo più». Da lì parte una trattativa. E, trattativa dopo trattativa, il mito di «Casalino» si accresce e si allarga, come la fama di Enea all’inizio dell’Eneide.
Anche i nemici gli riconoscono un pregio. Al contrario di quelli che fanno i deboli coi forti e i forti coi deboli, più è alto l’interlocutore, più Casalino si sente pronto a un braccio di ferro.
In tanti, da questo punto divista, hanno notato una clamorosa somiglianza tra lui e Renzi. Il modo di entrare a Palazzo Chigi, nonostante le macroscopiche differenze del caso, è stato più o meno lo stesso.
Sul modo di uscirne, dirà la storia.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
PECCATO, FOSSERO ALMENO STATI AFRICANI, IL CAZZARO AVREBBE POTUTO FARE UNA DIRETTA FB CONTRO GLI INVASORI DEI FARAGLIONI
Una coppia di turisti tedeschi, un uomo di 40 anni e una donna di 35, originari di Friburgo, è stata denunciata a piede libero dalla polizia di Stato a Capri con l’accusa di furto in concorso ai danni di un operaio napoletano. Il fatto è accaduto su un aliscafo di linea da Napoli a Capri.
La vittima, che si stava recando sull’isola per lavoro, all’arrivo a Capri si è accorta di non avere più il portafogli con all’interno circa 50 euro.
Immediatamente ha fermato una pattuglia di poliziotti del commissariato diretto dal vice questore aggiunto Maria Edvige Strina che si trovava in servizio di controllo al porto di Capri, segnalando l’accaduto e indicando coloro che riteneva fossero gli autori del furto.
Alla vista degli agenti i due turisti hanno tentato di disfarsi del portafogli gettandolo in un cassonetto dei rifiuti.
Portafogli che è stato subito recuperato e consegnato al legittimo proprietario che ha presentato regolare denuncia, mentre la coppia è stata deferita all’autorità giudiziaria.
(da agenzie)
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Giugno 2nd, 2018 Riccardo Fucile
VERONESE E CATTOLICO A MODO SUO E’ UN ACCUMULATORE DI POLTRONE: PARLAMENTARE, VICESINDACO DI VERONA, VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA, VICESEGRETARIO FEDEREALE DELLA LEGA
Fa il tifo per Orban e per l’Hellas Verona, la “squadra a forma di svastica” – come cantano gli ultrà pro-Hitler della curva Sud dove il neoministro è presenza fissa da quando era giovane.
Oltre a quella per Vladimir Putin ha un’ammirazione politica per il Front National di Marine Le Pen e va fiero di essere stato – da europarlamentare – tra gli artefici dell’ “alleanza storica” tra il partito dell’estrema destra francese e la Lega.
Una bella medaglia per uno che, sul tema immigrazione, agita da sempre lo spauracchio della “sostituzione etnica”, che parla di “annacquamento devastante dell’identità del Paese che accoglie”, che come gli imprenditori della paura associa il calo della natalità in Italia al fenomeno migratorio qui inteso come “invasione”, termine mantra dei leghisti e dei neofascisti.
Trentotto anni, laurea in scienze politiche, sposato con doppio rito (tridentino, celebrato da don Wilmar Pavesi sacerdote pre-conciliare vicino ai tradizionalisti cattolici; e civile, celebrato dall’ex sindaco di Verona Flavio Tosi con Matteo Salvini testimone).
Paladino degli ultracattolici veronesi nella città dove la “difesa delle tradizioni” è sempre stata appannaggio di un fronte che vede mischiarsi le associazioni iper-religiose e l’estrema destra dell’odio e dell’intolleranza.
Eccolo, il neo ministro della famiglia e della disabilità Lorenzo Fontana. Il “più a destra” del governo Conte, come l’hanno già definito.
Un predestinato della politica, alla quale si avvicina a 16 anni folgorato dalla Lega Nord. A 22 anni è già consigliere della terza circoscrizione del comune di Verona, a 27 anni consigliere comunale e a 29 anni entra nel Parlamento Europeo dove viene rieletto (farà due mandati) nel 2014 quando la Lega entra nel Gruppo Enf (Europa delle Nazioni e delle Libertà ) con il Front National.
Fontana, “veronese e cattolico” come si presenta su Twitter, è accumulatore di incarichi: parlamentare, vicesindaco di Verona, vicepresidente della Camera dei deputati, vice segretario federale della Lega.
Il suo pedegree? Quello tipico del veronese di destra: posizioni molto radicali su aborto, diritti delle donne, diritti Lgbt e richiedenti asilo, anti immigrazionista. Per il giovane ministro salviniano Islam e terrorismo sono due concetti dilatabili fino a essere quasi sovrapponibili.
Fontana è amico e sostenitore del sindaco Federico Sboarina con cui lo scorso febbraio ha partecipato al “Festival per la vita” (organizzato da Pro Vita vicina a Forza Nuova) e ha applaudito l’arrivo del “Bus per la Libertà “, un pullman con la scritta “Non confondete l’identità sessuale dei bambini”.
Il ministro, nella città scaligera, è conteso da altre due associazioni: Fortezza Europa (“Festung Europa”, in tedesco, era il termine impiegato dalla propaganda del Terzo Reich durante la Seconda guerra mondiale per indicare l’Europa nazista: la parte di Europa continentale dominata dalla Germania in contrapposizione con gli alleati anglosassoni). E l’ultracattolica e destrorsa Reazione Identitaria.
A novembre 2017 Fontana ha portato i suoi saluti a un discusso convegno per avvocati organizzato proprio da Fortezza Europa (valido per crediti formativi forensi): tema, la legittima difesa.
La curva, la politica, la Lega, l’ultradestra. E ora al governo.
(da “La Repubblica”)
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