Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
TONINELLI: “MA LA MISURA E’ COLMA, NON POSSIAMO FARCI CARICO SOLO NOI”… GIUSTO, PORTALI IN UNGHERIA, POLONIA, SLOVACCHIA E COMPAGNI DI MERENDE DI SALVINI…E ATTENTO: AL PRIMO RIFIUTO DI INTERVENTO SCATTA UN’ALTRA DENUNCIA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
“La nostra Guardia costiera ha risposto alle chiamate provenienti da quattro imbarcazioni e sta andando a recuperare circa 500 naufraghi nel mare libico”.
L’Italia continua a fare la sua parte nel salvataggio in mare dei migranti, con i mezzi della Guardia costiera che presto prenderanno a bordo per portarli a terra anche i 41 naufraghi rescuperati dalla Trenton, la nave della Marina americana che nel suo viaggio ha lasciato in mare 12 cadaveri.
“L’Italia è sempre stata e rimane in prima linea quando si tratta di salvare vite umane – sottolinea Toninelli – ma così non si può andare avanti. La misura è colma. Non è accettabile che l’Italia sia l’unica a farsi carico di questa emergenza. Ora, dopo l’intervento della Spagna, aspettiamo un segnale forte dalla Ue”.
Perchè non li manda in Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca?
La Spagna ha accolto i migranti della Aquarius, mentre una soluzione è arrivata anche per il caso della nave Trenton, della Us Navy statunitense.
I 41 superstiti del naufragio di martedì, che ha causato almeno 12 morti lasciati andare alla deriva dai marinai americani, approderanno in Italia tra sabato e domenica su mezzi della Guardia costiera. Il trasbordo nelle prossime ore nei pressi di Lampedusa. L’Italia ha infatti risposto positivamente alla richiesta dell’ambasciata Usa e ha assunto il coordinamento dei soccorsi. Sarà individuato nelle prossime ore il “porto sicuro” – comunque in Italia – in cui far sbarcare le persone soccorse in mare.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
“NON CI SARA’ SOLO LUI, MA ANCHE I SUOI SEGUACI”
Il noto fotografo Oliviero Toscani dal proprio profilo Twitter ha sferrato un duro attacco nei confronti del leader leghista criticato da più parti per quanto accaduto con la vicenda della nave Aquarius.
Su Twitter Toscani scrive: “Sono fiero di avere capito fin da subito, tempo fa, quanto fosse cretino Matteo Salvini. E naturalmente cretino rimane. Quando ci sarà il prossimo processo di Norimberga non solo lui ma anche i suoi seguaci collaborazionisti saranno sul banco degli imputati Aquarius”.
Solo pochi giorni fa dai microfoni della trasmissione di Radio 24 La Zanzara Toscani aveva detto: “Salvini? Vuole tagliare i soldi ai migranti, ma stia attento che prima o poi gli taglieranno le palle”.
Nei giorni scorsi era stata la cantante Rossana Casale ad attaccare Salvini augurandosi che i suoi figli venissero imbarcati sulla nave Aquarius.
Non meno tenero anche lo scrittore Roberto Saviano che aveva definito “banditi” Salvini e Toninelli. Così come Gino Strada che aveva detto che non avrebbe mai immaginato di vedere ministri razzisti in Italia.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
IL PROBLEMA E’ COSA ANDREMMO A REALIZZARE: FORSE ALTRI LAGER COME QUELLI IN LIBIA? … L’IPOCRISIA DI FINANZIARE GOVERNI DELINQUENZIALI
Blindare le frontiere esterne, attraverso la creazione di hotspot nei Paesi di origine.
È la proposta, anticipata da HuffPost, con cui Giuseppe Conte è “sbarcato” a Parigi per il vertice della “riconciliazione”, o comunque dell'”armistizio” con la Francia e il suo presidente, Emmanuel Macron.
L’istituzione di hotspot nei Paesi africani d’origine – non solo la Libia ma anche quelli sahariani, come il Niger – per chiudere la rotta verso il Mediterraneo tutelando, al tempo stesso, le vite dei migranti.
È con questa proposta che il premier italiano si presenta al pranzo con l’inquilino dell’Eliseo.
La proposta, spiegano le stesse fonti, è una soluzione all’emergenza migranti da attuare nel breve periodo in vista di una riforma – che l’Italia vuole radicale e che costituisce il dossier principale del vertice a Parigi – del Regolamento di Dublino, la convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri dell’Unione europea.
La riforma del sistema comune di asilo, detto di Dublino dal regolamento che lo norma e che scarica sui Paesi di primo arrivo gli oneri legati all’accoglienza dei rifugiati, è sul tavolo da molto tempo a Bruxelles, ma le posizioni dei Paesi Ue sono diverse e finora i tentativi di fare una sintesi non sono riusciti.
La proposta di mediazione avanzata dalla presidenza bulgara, che prevede i ricollocamenti obbligatori dei richiedenti asilo solo in casi estremi e con varie subordinate, non è passata nel Consiglio Affari Interni riunitosi a Lussemburgo, per l’opposizione dei Paesi mediterranei, tra cui l’Italia.
Hotspot europei nei Paesi di origine: è l’elemento-cardine della proposta italiana, che chiama tutti i Paese dell’Unione ad una responsabilità condivisa che guarda alle frontiere Sud come ad una priorità condivisa e che, come tale, ha bisogno di risorse adeguate e indirizzi operativi che riguardino anche la gestione dei soccorsi in mare.
Della creazione di hotspot nei Paesi di origine e di transito si parla da almeno un anno. Era stato proprio il presidente francese a parlarne il 27 luglio 2017:
“Questa estate la Francia creerà alcuni hotspot in Libia”, aveva detto Macron pochi giorni dopo aver messo l’uno di fronte all’altro a Parigi Fayez al-Serraj, il primo ministro del governo di Tripoli riconosciuto internazionalmente, e Khalifa Haftar, l’uomo forte di Bengasi e capo delle milizie fedeli al parlamento di Tobruk.
Un annuncio cui non seguirono mai fatti concreti, ma che venne subito interpretata come un tentativo scalzare l’Italia nella gestione della crisi di cui approfittano i trafficanti di uomini che sfruttano i flussi migratori e presentarsi come attore capace di raggiungere l’obiettivo che Roma ha finora mancato: stabilizzare il Paese.
L’obiettivo dell’Italia è “blindare” le frontiere esterne, inserendo tra i Paesi di origine, dove realizzare gli hotspot europei, anche quelli che fino a poco tempo fa erano considerati Paesi di transito: Libia e Tunisia, come avevano anticipato da HuffPost fonti diplomatiche italiane.
La nostra vocazione mediterranea diventa patrimonio europeo, o sarà destinata a sfiorire come le primavere arabe: è una delle convinzioni che sta dietro il viaggio “riconciliatore” di Conte.
L’altra convinzione è che di fronte alla strutturalità del fenomeno migratorio non reggono politiche emergenziali fondate solo o comunque essenzialmente sull’aspetto securitario.
Ecco allora riemergere la necessità di un “patto euro-mediterraneo” che non lasci sola l’Italia a farsi carico dei salvataggi in mare, e dell’accoglienza, e, con una visione più lungimirante, riporti a Bruxelles.
Non sarà sbocciato un amore, tra Francia e Italia, ma i sorrisi, le pacche sulle spalle e, infine, le parole in conferenza stampa congiunta, stanno a significare che la ricomposizione c’è stata, e a Parigi si è celebrato un matrimonio d’interessi.
A sancirlo sono le parole del capo dello Stato francese, all’insegna dell’intesa ritrovata: “Non dimentichiamo cosa l’Italia ha dovuto subire sul fronte dell’immigrazione. L’Europa è mancata sui migranti e sulla zona euro, su questo abbiamo trovato convergenze. Serve la volontà di agire insieme, la risposta giusta è europea ma quella attuale è inadeguata. Il sistema di solidarietà attuale non funziona. Porteremo avanti una profonda riforma di Dublino”. Ma puntualizza: “L’Italia ha avuto arrivi massicci di migranti. Ma se l’Italia nei 4 primi mesi del 2018 ha avuto 18.000 domande d’asilo, la Francia ne ha avute 26.000”.
“La Francia e l’Italia devono affrontare quest’emergenza migranti e dobbiamo dare risposte insieme. C’è una comune responsabilità e una comune volontà di agire, di avere più umanità e più efficacia”, annota ancora Macron.
“C’è una volontà di lanciare iniziative concrete che consentano di prevenire questi flussi, e di avere una risposta umanitaria che deve iniziare prima che queste persone prendano il mare”, spiega.
Convergenza sui migranti confermata da Conte: “Dobbiamo cambiare strategia, rafforzando la salvaguardia della vita umana”.
C’è però un punto, sostanziale, che il vertice della riconciliazione ha lasciato in sospeso.
Che cosa dovranno essere questi hotspot europei, e in cosa si dovranno distinguere da ciò che oggi, in Libia ad esempio, sono i centri di detenzione nei quali, come ampiamente documentato da rapporti di Ong e associazioni per i diritti umani, e da centinaia di testimonianze, drammatiche, di persone che da quei lager sono riuscite a scappare.
Ma chi sarà chiamato, concretamente, a gestire quegli hotspot?
E ancora: quale voce in capitolo, decisionale, avranno agenzie Onu quale l’Unhcr? Non basta: la maggior parte dei Paesi nordafricani o subshariani considerati Paesi di origine, sono retti da regimi dispotici, che certo non hanno brillato quanto a rispetto dei diritti umani.
I soldi necessari per aprire questi hotspot saranno destinati a loro?
Per convincere tali regimi ad assecondare questa linea italo-francese, magari anche europea, si chiuderanno ambedue gli occhi, come è stato fatto con la Turchia di Erdogan, sulle pratiche che in quei centri saranno utilizzate?
Insomma, si fa presto a dire e titolare: hotspot, c’è l’accordo tra Italia e Francia. Il problema è cosa andremo a realizzare. I precedenti dovrebbero inquietare.
Secondo Amnesty International, ad esempio, i governi europei pur di impedire le partenze sostengono attivamente le autorità locali nel trattenere le persone in Libia.
“Centinaia di migliaia di rifugiati e migranti intrappolati in Libia sono in balia delle autorità locali, delle milizie, dei gruppi armati e dei trafficanti spesso in combutta per ottenere vantaggi economici. Decine di migliaia di persone sono imprigionate a tempo indeterminato in centri di detenzione sovraffollati e sottoposte a violenze ed abusi sistematici”, ha dichiarato John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa.
“I governi europei non solo sono pienamente a conoscenza di questi abusi, ma sostengono attivamente le autorità ‘ libiche nell’impedire le partenze e trattenere le persone in Libia. Dunque, sono complici di tali crimini”, ha aggiunto.
Secondo Amnesty, dalla fine del 2016 gli Stati membri dell’Unione europea e soprattutto l’Italia hanno attuato una serie di misure destinate a sigillare la rotta migratoria attraverso la Libia e da qui nel Mediterraneo centrale, con scarsa attenzione alle conseguenze per le persone intrappolate all’interno dei confini della Libia, dove regna l’anarchia.
In un rapporto del luglio 2017, Oxfam ha documentato che l’84% delle persone intervistate ha dichiarato di avere subito trattamenti inumani tra cui violenze brutali e tortura, il 74% ha dichiarato di aver assistito all’omicidio o alla tortura di un compagno di viaggio, l’80% di aver subito la privazione di acqua e cibo e il 70% di essere stato imprigionato in luoghi di detenzione ufficiali o non ufficiali.
Hotspot non può essere sinonimo, mascherato, di “lager”.
E gli accordi che andranno presi con i Paesi di origine (allargati a Libia e Niger) non deve significare sostenere, economicamente e politicamente, signori della guerra camuffati da statisti.
Tra questi Paesi di origine c’è il Sudan, sul cui presidente pende un mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte di giustizia de l’Aia per crimini di guerra e contro l’umanità : sarà uno dei gestori locali di un eventuale hotspot europeo?
Un rapporto di Concord (Confederazione Ong europee per l’aiuto e lo sviluppo) Italia e Cini(Coordinamento italiano Ong internazionali) -documenta una verità inquietante : l’unica “industria” in crescita grazie ai fondi europei in Africa è quella detentiva (prigioni, centri di detenzione, polizia anti-migranti, addirittura contractors ad hoc…).
“Rispondendo alle priorità politiche europee e concentrandosi su misure di repressione, i progetti possono effettivamente alimentare una governance inadeguata, incoraggiando attività di contrabbando e traffico più rischiose, facilitando l’industria detentiva e la violazione dei diritti umani, limitando l’impatto economico positivo della migrazione regolare, alimentando lo scontento popolare e l’instabilità locale, e impedendo ai rifugiati di ottenere la protezione di cui hanno bisogno.”, evidenziavano gli estensori del rapporto.
Mettere in sicurezza le frontiere esterne dell’Europa non può essere cercata facendo strame dei diritti umani, altrimenti si è complici di gendarmi, generali, dittatori, rais che si sono arricchiti sulla pelle, e non è una metafora, dei loro popoli.
Uno dei Paesi dove dovrebbero insediarsi hotspot europei, secondo il “patto” Conte-Macron, è il Niger.
In un report non lontano nel tempo, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) denunciava: “I giovani africani diretti in Europa venduti per 200-500 dollari”.
Nel suo rapporto Oim non tralascia nulla.
Nei centri di transito a Niamey o Agadez in Niger, gli operatori di Oim hanno ascoltato le testimonianze di moltissimi giovani sulla via di ritorno dalla Libia.
Non solo libici sono coinvolti in questi loschi, disumani affari ma spesso anche africani — soprattutto nigeriani e ghanesi — collaborano con i boss della nostra ex colonia.
Altri migranti, invece, sono costretti a svolgere attività come guardiani oppure prestare assistenza ai trafficanti nei mercati degli schiavi, dove non sono in “vendita” solamente uomini, anche donne, che vengono ceduti a singoli individui.
Cosa significa hotspot in questa tragedia? Ora il “patto “Conte-Macron andrà verificato nei fatti. A Bruxelles, certamente, ma soprattutto nel Mediterraneo, nei rapporti con i Paesi in cui dovrebbero essere insediati gli hotspot.
Questione di volontà politica ma anche di adeguate risorse finanziarie.
Nei giorni scorsi l’Italia ha messo una riserva formale sul bilancio dell’Unione europea, chiedendo alla commissione garanzie che vi siano soldi sufficienti e disponibili per il Fondo per l’Africa, lo strumento finanziario usato per i progetti comunitari con la Libia.
Da oggi, questa richiesta dovrebbe essere sostenuta anche dalla Francia. Così come, confidano all’HuffPost fonti della Farnesina, il presidente francese sarà chiamato a coordinare l’iniziativa transalpina in Libia, evitando di operare forzature unilaterali come quelle che hanno segnato gli ultimi mesi, suscitando il disappunto di Roma. Voltar pagina, in Libia, significa anche non contrapporre Total all’Eni.
È la diplomazia degli affari, bellezza. Che troppo spesso ha cancellato quella dei diritti.
In questo, gli hotspot battezzati a Parigi saranno un severo banco di prova.
(da “Huffingtonpost“)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
SUI NUMERI DELL’ACCOGLIENZA, SUL DIRITTO INTERNAZIONALE PER IL SOCCORSO IN MARE E SUL SEDICENTE “ASSE DEI VOLENTEROSI” IL PREMIER FRANCESE METTE ALL’ANGOLO IL LEGHISTA, CONTE INCASSA
Volti distesi, parole di stima e amicizia, l’invito a prossime occasioni di incontro per marciare insieme per riformare l’Europa sull’immigrazione e sulla governance. Emmanuel Macron e Giuseppe Conte incedono sui convenevoli per marcare la ricucitura nei rapporti fra Italia e Francia, ma nel corso della conferenza stampa c’è un altro protagonista, assente, che viene preso di mira dalle bordate del presidente francese: Matteo Salvini.
Sono tre le stoccate di Macron al vice premier e ministro dell’Interno.
La prima stoccata, sulle “false verità ” sui numeri dell’accoglienza.
L’Italia ha avuto arrivi massicci di migranti, ha sopportato il peso della pressione migratoria dal nord Africa, ma questo soprattutto nel 2015 e nel 2016, mentre nel 2018 gli sbarchi si sono ridotti del 77%.
“La Francia non trae profitto da questa situazione” ha detto Macron, snocciolando i dati. “Se l’Italia nei 4 primi mesi del 2018 ha avuto 18.000 domande d’asilo, la Francia ne ha avute 26.000”.
Quindi “molti fanno errori confondendo le cifre, perchè la Francia non è un Paese di primo arrivo, ma è un Paese a cui donne e uomini che hanno trovato un primo rifugio chiedono poi asilo. La Francia, come l’Italia, deve gestire questa crisi migratoria e dobbiamo dare risposte insieme”.
La seconda stoccata, sul soccorso in mare. Macron afferma che “quando una nave arriva nelle vostre acque ve ne dovete prendere carico. La Francia rispetterà sempre il diritto internazionale. La difficoltà dell’Italia non può risolversi bypassando il diritto internazionale ma con un approccio cooperativo Ue”.
Il riferimento è inevitabilmente al caso Aquarius, su cui nei giorni scorsi Macron aveva detto che l’Italia aveva tenuto un comportanto “cinico e irresponsabile”.
La terza stoccata, sull’asse dei volenterosi Austria-Germania-Italia: “Diffido di queste formule che non ci hanno portato mai tanta fortuna nella storia” dice Macron.
Proprio sul presunto accordo Salvini-Seehofer, Macron spiega che “ogni Paese ha dei capi di stato e di governo: l’Italia ne ha uno, la Germania ha un capo di governo. Se i Paesi si mettono d’accordo è a questo livello che accade. Finora non abbiamo ancora cambiato le Costituzioni. Bisogna avere un approccio conforme, una situazione europea che possa convincere tutti. Se poi il ministro dell’Interno italiano ha contatti privilegiati con alcuni in Europa è una fortuna per noi, per trovare soluzioni e portare più solidarietà . È una buona notizia per tutti”, ha aggiunto rispondendo a una domanda sui contatti tra Salvini e alcuni paesi come l’Ungheria di Orban.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
A CATANIA, PREFETTURA, CROCE ROSSA E GDF HANNO RECUPERATO 300 PAIA DI SCARPE DA DONARE AI PROFUGHI DELLA DICIOTTI, NON AVEVANO NEANCHE QUELLI… E QUALCHE INFAME PARLA DI PACCHIA
Altro che pacchia. Neppure le scarpe hanno.
Tanto che a Catania la Guardia di Finanza, su richiesta urgente della prefettura, ha consegnato alla Croce Rossa Italiana circa 300 paia di scarpe da donare ai migranti arrivati al porto con la nave Diciotti.
Scalzi, impauriti, stanchissimi.
Eccoli qui i migranti che non vogliamo più accogliere. Figure disperate mentre vanno avanti le operazioni di identificazioni. Ma poi c’è un cuore, il cuore nostro, che va oltre le regole imposte, le cattiverie, la politica come strumento di divisione.
E alla Prefettura di Catania e alla Croce Rossa e alla Guardia di Finanza, fuori dalla burocrazia, dalle norme, è venuto in mente che questa gente in attesa non aveva scarpe. E le scarpe hanno rimediato. Per trecento. GPer gli altri 600 vedremo, ma intanto è un gesto. Un gesto forte.
Le scarpe raccontano.
Lo scriveva su Globalist Delia Vaccarello raccontantando quello che accade a Kabul. “Davanti alla moschea di Kabul Imam Zaman, bombardata il 25 agosto da un commando dell’Isis, c’è una montagna di scarpe mutilate, spaiate, senza più padrone. Sono delle trenta vittime? Degli ottanta feriti? Di coloro che sono fuggiti scalzi in preda al panico al boato della prima granata? Le scarpe orfane restano legate indissolubilmente ai piedi che le hanno indossate per recarsi al tempio a recitare i versi della preghiera del venerdì. Le scarpe sanno, conoscono i segreti del corpo che solo i veri ciabattini riescono a penetrare. Le scarpe di Kabul li custodiranno per sempre, non correranno più per le strade del mondo. Non correranno più il rischio di essere usate e trasformate come la vita sa fare.Nelle moschee, se indossi calzature pregiate, puoi temere di non trovarle al tuo ritorno. E invece le scarpe orfane sono schermate da una protezione invisibile. Nessuno osa toccarle. Nel corso dell’attacco alla moschea sciita messo a segno anche da due kamikaze nessuno ha più pensato alle scarpe lasciate fuori dal tempio per rispetto verso lo spazio sacro. Chi ha potuto è fuggito a piedi nudi. (…)
La scarpa è legata alla vita dei corpi, e per questo può profanare. Ma ora non più. Ora, che le storie sono raccontate dall’usura delle suole, dalla povertà dei materiali, dall’eccezionalità delle fibbie ancora lucide di un solo paio, tra le 150, che deve aver protetto i piedi di una ragazza; ora, anche le scarpe sono sacre, sono tempio.
Le scarpe narrano. Ai profughi che hanno perso tutto restano le scarpe per fuggire.
La fotografa Shannon Jensen ha immortalato le scarpe dei sudanesi in fuga dal terrore e le immagini sono state utilizzate dalla campagna di Medici senza Frontiere “Milioni di passi”.
I passi di chi ha le scarpe per scappare dalla guerra. L’artista messicana Elina Chauvet ha raccontato per prima attraverso una installazione di scarpe rosse, simbolo della vitalità stroncata, lo strazio e la tragedia del femminicidio. Le scarpe narrano anche quando non ci sono. S
ono scalzi i migranti che approdano con i barconi sulle nostre coste e ricevono tutti le stesse scarpe, uguali, anonime.
Scarpe straniere per i loro piedi, come loro lo sono ancora — stranieri e smarriti – per la terra che hanno iniziato a calpestare”.
(da Globalist)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
SECONDO L’OSSERVATORIO SUI CONTI PUBBLICI 800 MILIONI QUEST’ANNO E 3,7 MILIARDI NEL 2019
Quanto costerà all’Italia la fine del Quantitative Easing annunciata ieri da Mario Draghi?
Mentre per BTP, mutui e tassi la questione è diversificata, per i conti pubblici il prezzo da pagare lo ha calcolato l’Osservatorio sui Conti Pubblici di Carlo Cottarelli, secondo il quale la fine del piano costerà 800 milioni di interessi in più da pagare quest’anno, circa 3,7 nel 2019.
Risorse con le quali — a titolo di esempio — Luigi Di Maio avrebbe potuto finanziare il superamento della legge Fornero.
In queste condizioni la manovra per il 2019 non potrà essere finanziata tutta in deficit, nè rinunciare a coperture certe.
«Non sarei troppo pessimista», dice invece alla Stampa il capoeconomista di Intesa Sanpaolo Gregorio De Felice. «Da ottobre il piano andrà avanti altri tre mesi e per un ammontare lievemente più alto di quello che avevamo previsto», ovvero quindici miliardi al mese e non dieci.
«Contribuirà in positivo anche il reinvestimento dei titoli già in portafoglio. Ciò detto, è vero: stiamo entrando in una nuova era». Il piano è stato un enorme vantaggio per gli Stati, ma anche per molte grandi aziende quotate che emettono obbligazioni, acquistate a mani basse da Francoforte.
In ogni caso, spiega oggi Il Sole 24 Ore, il presidente Mario Draghi ha rafforzato la forward guidance annunciando l’arrivo del primo rialzo dei tassi più arretrato delle attese prevalenti che puntavano a metà anno, non avverrà prima dell’estate inoltrata 2019 perchè «almeno» fino ad allora resteranno i livelli attuali di 0%, 0,25% e -0,40%.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
LA QUOTA SI ASSESTA AL 25,7%
L’Italia si conferma maglia nera in Europa per la quota di Neet, i giovani tra i 18 e 24 anni che non hanno un lavoro nè sono all’interno di un percorso di studi.
È quanto emerge dai nuovi dati diffusi da Eurostat, che vedono il nostro Paese primeggiare nel 2017 nella classifica europea, con una percentuale del 25,7% (era il 26% nel 2016), a fronte di una media europea del 14,3%.
Una percentuale simile si registra a Cipro, dove i Neet sono il 22,7%, seguono poi Grecia (21,4%), Croazia (20,2%), Romania (19,3%) e Bulgaria (18,6%). Un tasso Neet superiore al 15% è stato registrato anche in Spagna (17,1%), seguito da Francia (15,6%) e Slovacchia (15,3%).
Al contrario, la percentuale più bassa di Neet si registra nei Paesi Bassi (5,3%), davanti a Slovenia (8%), Austria (8,1%), Lussemburgo e Svezia (entrambi a 8,2%), Repubblica Ceca (8,3 %), Malta (8,5%), Germania (8,6%) e Danimarca (9,2%). circa 1 su 5 a Cipro (22,7%), Grecia (21,4%), Croazia (20,2%) , Romania (19,3%) e Bulgaria (18,6%).
A livello Ue, nel 2017 circa 5,5 milioni di giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni (pari al 14,3%) non erano nè occupati nè in istruzione o formazione.
(da agenzie)
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
IL M5S NON VUOLE DEDICARLA A “UN RAZZISTA” MA STA AL GOVERNO COI PEGGIORI RAZZISTI, IL PD SI ACCODA DIMENTICANDO DI QUANDO BERLINGUER SI VEDEVA CON IL LEADER DEL MSI, LA MELONI LO PROPONE PER LUCRARCI QUANDO ALMIRANTE DICEVA L’OPPOSTO DI QUANTO SOSTIENE LEI
I fatti li conoscete: il consiglio comunale di Roma ha approvato una proposta di Fdi di titolare una strada a Giorgio Almirante, storico segretario del Msi, con il voto determinante del M5s.
La sindaca Raggi, assente alla votazione, ha prima dichiarato che il Consiglio è sovrano, poi ha annunciato che bloccherà la proposta attraverso una mozione che vieterà di dedicare strade a chi si è macchiato di dichiarazioni e atti razzisti (collegandosi all’adesione di Almirante alla Rsi).
La vicenda mette in evidenza tre paradossi.
Faccio una prima premessa, così evitiamo equivoci: chi scrive ha militato 22 anni nel Msi e non certo su posizioni “almirantiane”.
Seconda premessa: ad Almirante sono dedicate decine di strade in tutta la Penisola, quindi non rappresenta certo una novità .
Terza premessa: ad Almirante non sarebbe fregato nulla di una strada a suo nome, ma di vedere portare avanti i punti cardine del Msi che non a caso era declinato in Movimento SOCIALE Italiano, non quindi destra reazionaria, becera e asociale come quella attuale.
Veniamo al primo paradosso che induce a fragorose risate.
Sentire rifiutare la dedica di una strada a un personaggio in quanto “razzista” proprio da coloro che SI SONO ALLEATI AI RAZZISTI per una poltrona è tragicomico. Soprattutto perchè le scelte e gi errori di Almirante sono stati conseguenza di eventi storici passati mentre quelle grilline sono attuali.
Almirante, in una celebre intervista al Corriere disse, ricostruendo gli anni della sua adesione alla Rsi: “In quel regime [quello fascista] sono nato e cresciuto, ad esso avevo creduto fino a ignorare o a scusare i suoi errori. Potevo abbandonarlo nel momento della sua disfatta? Il mio passato è stato quello. Non posso rinnegarlo.”
Nessuno può dire che nel programma e nei comportamenti del Msi nel dopoguerra vi sia mai stata la rivendicazione delle odiose leggi razziali, anzi semmai l’opposto.
Come fino agli ultimi anni del partito non vi furono mai iniziative politiche “razziste” contro i primi immigrati che si affacciavano in Italia.
Il M5s ha il diritto ovviamente di dedicare le strade romane a chi pare a loro, ma per negarle trovino altra motivazione perchè chi si fa interprete di istanze razziste NON HA TITOLO per giudicare gli altri .
Secondo paradosso
Il Pd è insorto a ruota, un po’ per attaccare i grillini, un po’ per giustificare che sono ancora al mondo. Ma sentire a distanza di 40 anni la solita litania da “DURI E PURI” contro un uomo politico che il loro segretario Berlinguer incontrava di nascosto per evitare la guerra civile in Italia, con grande senso dele istituzioni da parte di entrambi, è vecchia politica.
Oggi il tema è chi sta coi poveri e chi coi ricchi del mondo, chi è razzista e chi no, il fascismo e il comunismo non c’entrano una mazza.
Almirante e Berlinguer oggi starebbero dalla stessa parte, almeno su questi temi.
Quando a sinistra (e a destra) lo capiranno sarà sempre troppo tardi.
Terzo paradosso
“La destra o è coraggio o non è, è libertà o non è, è nazione o non è, la destra o è Europa o non è.” Così si esprimeva Giorgio Almirante, disegnando una Europa unita, contrapposta agli imperialismi politici e finanziari Usa e Sovietico.
Oggi vuole dedicargli una strada, lucrando sul suo nome, un partito che nega l’Europa in nome di un sovranismo d’accatto e di un becero nazionalismo da avanspettacolo, che ha come riferimento un ex agente del Kgb che ha accompagnato la Russia dal regime comunista a una oligarchia antidemocratica in mano a personaggi che hanno lucrato sull’energia trasferendo gli utili in conti esteri.
Tutto l’opposto dei punti cardine del Msi di Giorgio Almirante, per non ricordare l’assoluta assenza di temi come la partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese nel programma della sedicente “destra” italiana.
Se volete ricordare Giorgio Almirante invece che pensare alle strade sarebbe meglio cercaste di ritrovare la VIA maestra: merito, legalità , socialità , solidarietà , Europa.
Per quelle non serve una targa, basta la vista buona.
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Giugno 15th, 2018 Riccardo Fucile
“IO NON SONO BUONO, SOLO SOLO UNO CHE CREDE NELLA GIUSTIZIA”… “IL CASO AQUARIUS, ROBA DA VERGOGNARSI DI ESSERE ITALIANI”
Lui non si arrende alla vulgata xenofoba.
Il comico Giobbe Covatta è dal 1994 in Amref, Ong che si occupa di salute in Africa coinvolgendo direttamente le comunità locali nei propri progetti, aiutando l’organizzazione a raggiungere i propri scopi prestandovi il proprio tempo come testimonial.
L’attore ancora oggi prova a sensibilizzare gli italiani sul tema con i suoi spettacoli. Ad esempio nell’ultimo, “La Divina Commediola”, si è dedicato ai diritti dei minori, soprattutto del terzo mondo. E’ perciò sicuramente una persona che può spiegarci cosa sta avvenendo tra i nostri connazionali, che una volta sentivano molto di più lo spirito di accoglienza e oggi dibattono invece di respingimenti.
A fine mese, il 21 giugno, parteciperà al dibattito “Voci di confine: la migrazione è una storia da raccontare. Per davvero” , organizzato proprio da Amref e dal Comune di Milano nella Sala Alessi di Palazzo Marino dalle 9 alle 13.30.
L’obiettivo del convegno è quello di organizzare una comunicazione corretta sulle storie dei migranti. A tale scopo si terranno 3 panel: “Una corretta comunicazione sulla migrazione: atto di responsabilità e di impegno politico”; “Al confine tra opinione pubblica e narrazione mainstream: studi, riflessioni e nuove strategie possibili”; “Voci di confine: la migrazione è una storia da raccontare. Per davvero”. Oltre a Covatta parteciperanno, tra gli altri, l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino, il direttore di Amref Guglielmo Micucci, Luigi Manconi, direttore dell’Unar e Giusi Nicolini, già sindaca di Lampedusa e premio Unesco per la Pace, Abenet Berhanu, direttore Amref Health Africa Uganda, Tana Anglana, esperta migrazioni e sviluppo, Chiara Ferrari, Ipsos — Social and Opinion Research e il reporter Saverio Tommasi.
Risponde al telefono mentre sta parcheggiando. «Fino a poco tempo fa si parlava più tranquillamente di solidarietà , ma ora siamo passati a un clima in cui non ti danno solidarietà nemmeno per farti lasciare bene la macchina. Poco fa un signore non voleva concedermi di spostare la sua automobile di mezzo metro per farmi posare la mia in maggiore comodità . Figurati chiedere a persone del genere un impegno sociale. Ormai chiedere solidarietà è fantascienza, è chiaro che spopolano i fascisti in un clima di questo genere».
Sono molti anni che lei si impegna con Amref. Attualmente qual è la sua attività nell’organizzazione? Si definisce “buonista”?
«Collaboro dal 1994, avevamo cominciato in 3 ed ora siamo tanti. Forse sono l’ultimo rimasto del nucleo iniziale. Mi occupo di documentari e comunicazione sull’Africa. Difficile farlo se non vai in quei posti con una bandiera di una Ong che ti protegge. E’ l’unico modo per farsi recepire come estranei ai conflitti in corso lì.
La parola “buonista” è diventata di moda solo negli ultimi anni. Ormai sembra quasi che essere buoni sia una cattiveria. Io non è che sono buono, sono solo uno che crede nella giustizia. E credo che le situazioni africane siano ingiuste, per motivi storici. Ma ormai c’è totale mancanza di memoria. E nessuno si chiede più il perchè delle cose. Da bambini ci si chiedeva perchè esistono le nuvole, i grandi non lo fanno più. Figurati se ci si chiede il perchè delle guerre. Non chiederselo porta all’ignoranza sul tema che vediamo oggi”.
Cosa non si racconta oggi delle migrazioni, e come andrebbe affrontata la comunicazione su questo tema?
«In primo luogo si parla troppo di “invasioni”. In tutta l’Europa i rifugiati sono il 6 per cento, e in Italia il numero è ancora più ridicolo (2,4 per cento secondo l’Unhcr, ndr). Sarebbe bello piuttosto raccontare qualcosa sulle persone che vengono da noi.
E la storia dovrebbe cominciare parlando del Paese da cui parte il migrante. Perchè la maggior parte della gente, se chiedessimo dove si trovano il Mali o il Burkina Faso, non saprebbe proprio rispondere. Già anni fa durante la crisi del Biafra non si sapeva nulla di quella zona.
Dovremmo per esempio apprendere che fino all’altro ieri il Congo era il giardino privato di Leopoldo II. Posti dove l’occidente ha fatto carne da macello e dove piazzavamo governanti comandati a bacchetta, a nostro piacimento, dove decidevamo noi il prezzo a cui venderci le noccioline
Abbiamo davvero una memoria a brevissimo termine, massimo a 10 giorni. Nello sputtanare questo pianeta abbiamo avuto moltissimi vantaggi, loro nessuno. Piuttosto, hanno subito la perdita delle materie prime, come l’acqua. Li abbiamo devastati e non vogliamo che escano da lì, e addirittura devono fare molta attenzione quando escono. Dobbiamo chiederci il perchè una donna incinta voglia attraversare il deserto e salire poi su un barcone per arrivare in Europa! Sono queste le domande che dovremmo porre agli italiani, dopo avergli raccontato tutta la storia. Essendo questioni di difficile comprensione vanno raccontate cercando di non essere pallosi. Io i libri pallosi li leggo, anche con gli sbuffi di mia moglie che mi vede tanto impegnato. E poi con i miei spettacoli provo a innescare un po’ di curiosità sui temi di cui ho letto».
Secondo lei le Ong che salvano i migranti sono “vicescafisti” come dice Salvini e “taxisti del mare” come dice Di Maio?
«Sono polemiche prive di supporto logico. Come si fa a chiamare vicescafista un volontario che salva vite? Quante condanne hanno avuto le Ong? Nemmeno una. Se qualcuno ci marcia è nelle istituzioni, non certo nelle Ong. Magari i farabutti ci sono, ma in accordo col ministero degli Interni! Basta seguire il corso del denaro per trovare il figlio di puttana che sta rubando. Qualcosa che mi puzza nel mondo del volontariato l’ho anche trovato e ho anche detto quello che dovevo dire a chi mi puzzava. Ma non mi viene assolutamente voglia di generalizzare».
Però oggi la maggioranza degli italiani la pensa come Di Maio e Salvini. O anche peggio. Eravamo un popolo di emigrati e accogliente, meno di 30 anni fa accoglievamo gli albanesi nelle nostre case. Ora siamo diventati gente rabbiosa, che sui social si augura la morte di chi attraversa il Mediterraneo…Cos’è successo? E chi ne ha più responsabilità ?
«Penso sia colpa dell’informazione distorta, ma non quella ufficiale. Parlo di quella boschiva, quella su internet. Umberto Eco ricordava che in rete un premio Nobel e un idiota totale hanno lo stesso peso, e questo è un problema. C’è un clima fortemente individualista, è finito il “noi”, c’è solo l’”io”. Eppure noi, diversamente dall’80 per cento del resto del pianeta, viviamo nella parte del mondo benestante. Il sottoproletariato di una volta (fabbriche e campi) non c’è più, si è trasformato in quelli che vengono da noi senza diritti, voce e visibilità . E noi, con la nostra mentalità piccolo-borghese, ci comportiamo con loro come la borghesia della prima rivoluzione industriale con i poveri di allora.
Poi è anche colpa di una logica di mercato che si è spostata verso la totale inutilità , verso esigenze assolutamente inventate. Ci siamo spostati verso consumi del tutto futili che ci hanno instupidito. Il mercato ci porta verso dinamiche sbagliate come quelle dell’obsolescenza programmata e dei combustili fossili. Il problema del petrolio andrebbe risolto anche perchè l’Africa sarebbe senza debiti se non ne acquistasse, e ne comprano a strafottere. Le energie rinnovabili potrebbero essere il futuro del continente».
Lei come la definirebbe questa ondata emotiva rabbiosa? Razzismo? xenofobia? Stupidità ? Cecità ? O altro?
«Io lo definirei razzismo, che sostanzialmente è legato al classismo, come spiegavo. Siamo spaventati dai poveri. Quando li guardiamo non pensiamo ad aiutarli indipendentemente da dove provengano. Vediamo solo un disperato e giriamo al largo. Strano. Per gli italiani una volta l’ospite era sacro. Ora invece c’è questo atteggiamento da piccolo-borghesi che, in preda al panico, hanno paura di essere contagiati da quel povero proveniente da un altro Paese».
Secondo lo scrittore Catozzella, gli italiani oggi guardano i migranti con sospetto perchè si vergognano del loro passato di emigrazione. Esiste secondo lei un problema storico nel modo in cui guardiamo lo straniero?
«Certamente, l’Italia ha uno storia quasi sanguinolenta di emigrazione che viene da lontanissimo. Il Belgio accoglieva gli italiani che andavano in mineria. Storie simili avvenivano in America. Personalmente cerco di informarmi ancora proprio su quegli eventi, cerco di capire. Però per me è difficile dire se davvero c’è il tipo di meccanismo psicologico nell’italiano, occorrerebbe uno psicoanalista per capirlo».
Come possiamo porre rimedio a questo razzismo? Secondo lei si può rovesciare questa egemonia culturale antibuonista cioè “stronzista”? E se sì, come?
«Penso la questione si possa risolvere con l’informazione, invitando a non smettere di porsi e porre domande. Dialogando, con la forza delle idee. E tutto questo deve transitare per i luoghi preposti perchè questo accada, ovvero la scuola, i giornali, le televisioni. Ma se questi presidi sono dominati dal razzismo e non dalla libertà , finisce la possibilità di crescita. Così rischiamo di finire in Turchia o in Ungheria. Più elimini i momenti di confronto e più le cose peggiorano».
Che ne pensa del comportamento del governo italiano in merito al caso Aquarius?
«Mi vergogno come un ladro. Mi mette a disagio pensare che il mio Paese possa fare cose del genere. Il comportamento di chi non fa entrare navi in Italia con 130 bambini a bordo è grave quanto quello di chi va in Africa a commettere atti di pedofilia. Eventuali critiche all’Europa sulla gestione delle migrazioni non possono passare sulla loro pelle di quelle persone».
Ha paura delle politiche migratorie che il governo Conte potrebbe mettere in atto d’ora in avanti, in particolare di quelle del ministro Salvini
«Mi preoccupano, in effetti. Mi spaventa l’idea che il popolo condivida certe posizioni. Non perchè penso che possa succedere qualcosa a me in particolare, ma perchè mi spaventa l’idea che possiamo finire a vivere in un paese razzista. Mi spaventa che qualcuno possa decidere chi può e chi non può stare in Italia e avere diritti. Nessun eletto dovrebbe arrogarsi questo tipo di scelte».
Nel M5s, che contiene al suo interno diverse anime, qualcuno (come Fico) storce il naso di fronte alle esibizioni muscolari xenofobe di Salvini. Però per ora questi “dissidenti” si espongono poco. Crede che sia possibile appellarsi alla parte migliore del M5s o pensa che sia inutile, perchè tanto obbediscono come in una setta? Come valuta in generale il movimento fondato da Grillo e Casaleggio?
«Storcono il naso ma poco altro. Ormai hanno messo il culo là sopra e non credo vogliano rialzarlo. Non ho idea se possano cambiare. Mandare a fanculo la gente è la cosa più facile che si può fare. Se poi però vai al potere e dai fuoco a tutto, forse avevi detto solo cazzate fino a quel momento. Io non sono d’accordo per esempio contro il limite di legislature. Per me la politica non solo è un mestiere, ma è il mestiere più difficile del mondo. Pensi a Berlinguer, a Moro, mica facevano i salumieri. Lo statista non pensa alle prossime elezioni, ma alle prossime generazioni. L’elettorato grillino invece penso che non solo potrebbe essere recuperato, ma che dovrebbe essere riportato verso un’ambito di politica organizzata, culturalmente più strutturata».
A proposito di partiti, qualcuno dice che allo “stronzismo” antimigranti di Salvini sono state aperte le porte da Minniti, quindi dal Pd. Che non bloccava le navi ma metteva direttamente i migranti nei lager libici. Cosa ne pensa? Più in generale, pensa che ci sia stata un’abdicazione ai valori di solidarietà verso i più deboli da parte di chi su quei valori aveva fondato la sua parte politica
«Penso di sì, la sinistra probabilmente ha abdicato ai propri valori. Il Governo Renzi ha fatto pochissimi aumenti di decimali nei fondi destinati alla cooperazione internazionale. Siamo distanti dall’obiettivo dello 0,7 per cento, senza contare che nei soldi stanziati c’è dentro la spesa militare. Se noi mandiamo centinaia di soldati a presidiare le frontiere invece di cooperanti poi i risultati saranno ovviamente negativi. Abbiamo fatto gli accordi per gli Obiettivi del Millennio con l’Onu, ma non abbiamo dato una lira».
Esempi di integrazione riuscita in Italia ne esistono, se pensiamo al caso di Riace. Quali potrebbero essere le politiche migliori da attuare in merito all’integrazione delle diverse culture nel nostro Paese, più in generale?
«L’ultima volta che hanno chiesto a un comico di dare soluzioni ai problemi, è andata così così…. tocca ai politici prescrivere terapie. Le diagnosi però possono anche spettare ai comici; mi permetto di prendermi questa responsabilità ».
(da “L’Espresso”)
argomento: radici e valori | Commenta »